Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28532 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28532 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2025
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI (ART. 617 C.P.C.)
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
Ad. 22/10/2025 C.C.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
R.G. n. 19807/2023
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 19807 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE ING. NOME FORNA- CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante tempore , NOME COGNOME NOME
RAGIONE_SOCIALE, (C.F.: pro o NOME COGNOME (C.F.: PLL
rappresentata e difesa dall’avvocat CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), rappresentata nel presente giudizio da RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona dei rappresentanti per pro- cura NOME COGNOME e NOME COGNOME
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
COGNOME NOME NOMEC.F.: CODICE_FISCALE)
avvocato costituito personalmente ai sensi dell’art. 86 c.p.c.
-controricorrenti-
nonché
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, (P_IVA: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
RAGIONE_SOCIALE -società con socio unico (P.I.: P_IVA) e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE (P.I.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore
NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-intimati- per la cassazione della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 409/2023, pubblicata in data 31 marzo 2023; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del
22 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel corso di una procedura esecutiva per espropriazione immobiliare promossa nei suoi confronti da NOME COGNOME, e nella quale sono intervenuti gli ulteriori creditori RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, nonché RAGIONE_SOCIALE, la società debitrice esecutata RAGIONE_SOCIALE. ing. NOME COGNOME di RAGIONE_SOCIALE (per brevità, anche solo RAGIONE_SOCIALE) ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso il decreto di trasferimento in favore di NOME di uno dei lotti degli immobili pignorati.
L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Ricorre RAGIONE_SOCIALE, sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE (rappresentata da
RAGIONE_SOCIALE), nonché NOME COGNOME.
Ric. n. 19807/2023 – Sez. 3 – Ad. 22 ottobre 2025 – Ordinanza – Pagina 2 di 12
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ed il controricorrente COGNOME hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
1. Va, in primo luogo , dichiarata l’inammissibilità della costituzione della parte controricorrente RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, cui ha dichiarato di intendere subentrare, a seguito di fusione per incorporazione (avvenuta già dal mese di ottobre 2024, con efficacia dal mese di novembre 2024), con atto di intervento depositato, peraltro, solo in prossimità della data dell’adunanza camerale del 22 ottobre 2025 (atto di intervento datato e depositato in data 21 ottobre 2025), RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE.
In caso di proposizione del ricorso (e/o del controricorso) a mezzo di procuratore (generale o speciale), ai sensi dell’art. 77 c.p.c., la produzione del relativo documento che contenga la procura è indispensabile per la verifica del corretto conferimento dei poteri, sostanziali e processuali, al procuratore, a norma dell’art. 77 c.p.c. e, in mancanza, il ricorso (o il controricorso) è inammissibile; il vizio è sempre rilevabile di ufficio (diversamente da quanto avviene in caso di costituzione del legale r appresentante dell’ente o di soggetto al quale il potere di rappresentanza deriva direttamente dall’atto costitutivo o dallo Statuto, soggetto a specifiche forme di pubblicità) e non basta che colui che si qualifica come rappresentante dell’ente in forza di una procura notarile ne indichi gli estremi, in quanto, se l’atto non è stato proAVV_NOTAIOo, resta ferma l’impossibilità di verificare il
potere rappresentativo del soggetto (giurisprudenza risalente e costante di questa Corte, cui intende darsi continuità; cfr., ex multis : Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2033 del 25/01/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 24893 del 15/09/2021; Sez. 5, Ordinanza n. 576 del 15/01/2021; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11898 del 07/05/2019; Sez. 2, Sentenza n. 4924 del 27/02/2017; Sez. 3, Sentenza n. 21803 del 28/10/2016; Sez. 3, Sentenza n. 16274 del 31/07/2015; Sez. L, Sentenza n. 23786 del 21/10/2013; Sez. 1, Sentenza n. 1345 del 21/01/2013; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 9091 del 05/06/2012; Sez. 3, Sentenza n. 13207 del 26/07/2012; Sez. 1, Sentenza n. 22009 del 19/10/2007; Sez. 1, Sentenza n. 10122 del 02/05/2007; Sez. 3, Sentenza n. 11285 del 27/05/2005; Sez. 3, Sentenza n. 11188 del 26/05/2005).
Nella specie, l’intimata RAGIONE_SOCIALE risulta partecipare al presente giudizio a mezzo della rappresentante RAGIONE_SOCIALE, che a sua volta si è costituita, con il controricorso, nelle persone di NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali si qualificano procuratori speciali (quindi rappresentanti volontari) di detta ultima società e, in tale qualità, hanno sottoscritto il mandato difensivo al difensore per la presente fase, ai sensi dell’art. 365 c.p.c.. L ‘atto di procura speciale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME, non è stato, però, né indicato, né, tanto meno, proAVV_NOTAIOo in giudizio (ed è appena il caso di osservare che nessun rilievo può avere, in proposito, la circostanza che il COGNOME risulti legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, in quanto tale società non è costituita in proprio nel presente giudizio, ma a mezzo della rappresentante RAGIONE_SOCIALE) .
Il controricorso è, pertanto, inammissibile, così come, esclusivamente in conseguenza di tanto, la stessa successiva costituzione della società RAGIONE_SOCIALE, che ha incorporato
l’intimata e controricorrente RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in prossimità dell’adunanza camerale.
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 617 cpc e 618 cpc in relazione alla normativa disciplinante la causa di opposizione agli atti esecutivi quanto ai presupposti (motivo ex art. 360 n. 3 cpc) (motivo 1 della sentenza: anomala sovrapposizione di procedimenti; motivo 2 sentenza: deprezzamento del bene; motivo 3 della sentenza; conflitto di interessi) ».
La società ricorrente deduce che « l’opposizione agli atti esecutivi può essere proposta non solo in caso di irregolarità formale degli atti stessi, ma anche nei casi di inopportunità dell’atto, di illegittimità o di incongruità dello stesso », precisando che « i vizi formali, di cui stiamo parlando, sono la serie di fatti, a giustificazione della opposizione, che costituiscono l’alterazione del regolare funzionamento della gara, attraverso anomalie procedimentali documentalmente accertate (al contrario di quanto dichiara la sentenza impugnata), in contrasto con quanto sostiene il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che considera del tutto ‘in conferenti’ ed irrilevanti la sovrapposizione delle procedure esecutive » e che « in realtà le predette irregolarità ed anomalie non possono ritenersi inconferenti ed irrilevanti poiché costituiscono irregolarità/inopportunità/illegittimità di conAVV_NOTAIOe che vanno ad inficiare il regolare svolgimento della vendita dell’immobil e, la libera determinazione del prezzo dell’immobile venduto (e poi trasferito) e la regolarità delle operazioni di vendita ».
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, le censure, così come formulate, non appaiono cogliere adeguatamente ed integralmente l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, essenzialmente fondata sull’esclusione dell’assunto di una aggiudicazione avvenuta per un prezzo incongruo, soprattutto in considerazione del notevole
scarto, in maggiorazione, tra il prezzo base della vendita ed il prezzo di aggiudicazione conseguente ai rilanci avvenuti nel corso della gara.
In ogni caso, le pretese irregolarità del procedimento di vendita devono effettivamente ritenersi denunciate in modo non sufficientemente specifico da parte ricorrente e, in particolare, quelle sintetizzate dalla stessa ricorrente nel ricorso (tra cui la « anomala sovrapposizione di procedure », il « deprezzamento del bene », così come la circostanza che « l’aggiudicatario era soggetto irreperibile e sotto accertamento di residenza da parte del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da ben 4 anni », « la partecipazione alle offerte di un prestanome », la sussistenza di una « procedura espropriativa per pubblica utilità da parte del RAGIONE_SOCIALE » e il « conflitto di interessi tra i creditori »), non costituiscono, in sé considerate, motivi di illegittimità degli atti esecutivi.
Tanto meno può condividersi l’assunto per cui le circostanze di fatto poste a sostegno dell’opposizione avrebbero inciso « sul regolare svolgimento dell’asta e sulla libera determinazione del prezzo che poteva essere ricavato, nonché sul pregiudizio che ne ha riportato il debitore, a causa di un prezzo ‘pilotato’ con aste andate deserte … … e poi successivamente ed improvvisamente, quando il prezzo si era abbassato, con le predette offerte al rialzo, da parte di questi soli due offerenti », avendo -come già chiarito -il giudice del merito escluso che vi fossero elementi di prova sufficienti a comprovare le ipotesi di illegittimità dell’aggiudicazione formulate (in verità anche in modo estremamente generico, oltre che non adeguatamente provate) dalla ricorrente, e ciò sulla base di accertamenti di fatto fondati sulla valutazione delle prove (e, in particolare, sul rilievo della notevole superiorità dell’importo del prezzo di aggiudicazione rispetto a quello a base della vendita, segnale di un effettivo fisiologico svolgimento della relativa procedura competitiva) e
sostenuti da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
Con il secondo motivo si denunzia « omessa motivazione della sentenza in relazione alla sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c.. Violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 295 c.p.c. (motivo ex art. 360 n. 3 cpc). Errore in fatto ed in diritto. Travisamento dei fatti da parte della sentenza impugnata ».
La società ricorrente deduce che il giudizio avrebbe dovuto essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in attesa della definizione di un procedimento penale pendente (a seguito di denuncia sulla illegittimità ed illiceità delle conAVV_NOTAIOe dei partecipanti all’asta ).
Anche questo motivo è inammissibile, prima anche che in-fondato.
La censura difetta, in primo luogo, di specificità, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., sia con riguardo all’indicazione degli esatti termini, sia con riguardo al richiamo del contenuto degli atti processuali con i quali era stata deAVV_NOTAIOa davanti al giudice di merito la questione della pretesa sussistenza di una ipotesi di pregiudizialità necessaria e dell’attuale pendenza del procedimento penale (che il giudice di merito ha dato atto essere invece stato oggetto di archiviazione).
In ogni caso, è da escludere in radice ogni pregiudizialità, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., tra il giudizio civile di opposizione agli atti esecutivi, anche relativo alla legittimità dell’aggiudicazione, e quello penale per l’accertamento di eventuali cond otte penalmente rilevanti nell’ambito delle procedure di vendita, non essendo prevista nell’attuale assetto ordinamentale la cd. ‘ pregiudiziale penale ‘, sostanzialmente invocata dal ricorrente, atteso che « in applicazione del nuovo codice di procedura penale il rapporto tra processo civile e penale si configura in termini di pressoché completa autonomia e separazione, nel senso che,
ad eccezione di alcune e limitate ipotesi di sospensione del giudizio civile, previste dall’art. 75, comma 3, c.p.p., detto processo deve proseguire il suo corso senza essere influenzato da quello penale e il giudice civile accerta autonomamente i fatti e la responsabilità con pienezza di cognizione, senza essere vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale, sicché non è tenuto a sospendere il giudizio in attesa della definizione del processo penale in cui si sia proceduto ad una valutazione di risultanze probatorie in senso parzialmente difforme », come avvenuto nella specie (Cass., Sez. L, Sentenza n. 4758 del 10/03/2015; Sez. L, Sentenza n. 1095 del 18/01/2007; nel medesimo senso, cfr., ex multis : Cass., Sez. 2, Sentenza n. 6478 del 25/03/2005; Sez. 3, Sentenza n. 15112 del 17/06/2013; Sez. L, Sentenza n. 287 del 12/01/2016; Sez. 3, Sentenza n. 16893 del 25/06/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 12164 del 07/05/2021).
Con il terzo motivo si denunzia « violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 586 cpc (motivo 360 n. 3 cpc). Documento decisivo, notiziato nel corso del giudizio ed il cui contenuto si è reso noto soltanto dopo la sentenza di opposizione ex art. 617 c.p.c. ».
La società ricorrente deduce che la vendita avrebbe dovuto essere sospesa ai sensi dell’art. 586 c.p.c. in quanto il prezzo dell’immobile sarebbe stato notevolmente inferiore a quello giusto.
Il motivo è inammissibile.
L’art. 586 c.p.c. consente al giudice dell’esecuzione di « sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto », una volta « avvenuto il versamento del prezzo e verificato l ‘ assolvimento dell ‘ obbligo posto a carico dell’aggiudicatario dall ‘ articolo 585, quarto comma ».
Nella specie, le censure poste a base del motivo di ricorso in esame non possono ritenersi, a giudizio di questa Corte,
sufficientemente specifiche, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., in particolare nel richiamo alle ragioni per cui il prezzo di aggiudicazione dovrebbe ritenersi, in concreto, notevolmente inferiore a quello giusto, e neanche nell’indicazion e dell’effettivo e decisivo rilievo, in tale ottica, dei documenti che si assumono non adeguatamente valutati dal giudice di merito. Le suddette censure si risolvono, in definitiva, nella contestazione del medesimo accertamento di fatto operato dal giudice di merito in relazione all’assoluta congruità del prezzo di aggiudicazione, accertamento che, come si è già visto in relazione al primo motivo, risulta fondato sulla valutazione delle prove e sostenuto da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, onde, come tale non è sindacabile nella presente sede.
Con il quarto motivo si denunzia « lite temeraria violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 96 c.p.c. e dei suoi presupposti violazione dell’ art. 2697 c.c. e violazione dell’ art. 24 Costituzione (motivo ex art. 360 c.p.c. n. 3) ».
La società ricorrente contesta la propria condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. da parte del giudice di merito . Il motivo è infondato.
Il tribunale ha disposto la condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., della società opponente, integralmente soccombente nel giudizio di merito, sulla base della seguente motivazione: « La palese infondatezza delle domande attoree, fondate su argomentazioni prive di riscontro nella realtà della documentazione acquisita al processo, e peraltro riproposte in questa sede nonostante il loro rigetto in sede esecutiva, evidenzia la responsabilità aggravata, ai sensi dell ‘ art. 96 comma 3 c.p.c., della società attrice e si risolve in vero e proprio abuso del processo ». Si tratta di una motivazione che giustifica sufficientemente la condanna inflitta alla parte soccombente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., oggetto di un potere discrezionale del giudice
del merito, al quale è rimesso l’accertamento di fatto in ordine alla sussistenza della « violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall ‘ art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della ‘ potestas agendi ‘ con un ‘ utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato », cioè della mala fede o colpa grave della parte, indice di abuso dello strumento processuale, che costituisce il presupposto di detta condanna (per tutte, cfr., Cass., Sez. U, Sentenza n. 22405 del 13/09/2018; Sez. U, Ordinanza n. 32001 del 28/10/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 4430 del 11/02/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 36591 del 30/12/2023) ed in relazione al quale accertamento è, di conseguenza, consentito, in sede di legittimità, il solo controllo sull’esistenza ed adeguatezza della motivazione.
Nella specie, il giudice del merito ha ravvisato un sostanziale abuso dello strumento processuale nella completa mancanza di prove a sostegno delle circostanze di fatto adAVV_NOTAIOe a base dell’opposizione e nella non ragionevole prosecuzione della stessa, anche quando erano ormai state rese esplicite all’opponente (da parte del giudice dell’esecuzione, in sede di valutazione sommaria) e, pertanto, erano agevolmente percepibili, le ragioni per cui un suo accoglimento sarebbe stato del tutto improbabile (sulla co nfigurabilità dell’abuso del processo in caso di « insistenza colpevole in tesi giuridiche già reputate manifestamente infondate dal primo giudice », ovvero, in generale, in argomenti la cui inconsistenza giuridica può essere agevolmente apprezzata dalla parte, in modo da evitare la prosecuzione del giudizio, anche in sede di gravame, come in caso di « palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione »: Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 34429 del 25/12/2024, oltre alle già richiamate Cass., Sez. U, Sentenza n. 22405 del 13/09/2018; Sez. U, Ordinanza n. 32001 del 28/10/2022; Sez.
3, Ordinanza n. 4430 del 11/02/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 36591 del 30/12/2023).
In tale ottica, a giudizio di questa Corte, la motivazione alla base della statuizione impugnata -ferma restando, ovviamente, la piena garanzia per la parte dell’insopprimibile diritto di far valere in giudizio le proprie ragioni, attraverso gli strumenti processuali ad essa consentiti dall’ordinamento, purché l’utilizzazione degli stessi non risulti, appunto, in concreto abusiva, in quanto connotata da mala fede o colpa grave -rispetta senz’altro, quanto meno, il cd. minimo costituzionale, atteso che pro porre un’opposizione esecutiva fondata « su argomentazioni prive di riscontro nella realtà della documentazione acquisita al processo e proseguirla anche quando appare evidente che essa non può avere ragionevoli margini di accoglimento, costituisce certamente una conAVV_NOTAIOa inquadrabile nell’abuso dello strumento processuale.
Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo (in favore del solo controricorrente COGNOME, in ragione della già precisata irregolarità della costituzione in giudizio dell’altra soci età controricorrente).
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente COGNOME, liquidandole in complessivi € 7.000,00, oltre €
200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 22 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME