Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20368 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20368 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
composta dai signori magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME. COGNOME
Consigliera
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 27368 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto da
NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA RAGIONE_SOCIALE.p.A. (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tem- pore
COGNOME NOME NOMEC.F.: non indicato)
COGNOME NOME NOMEC.F.: non indicato)
NOME COGNOME (C.F.: non indicato)
intimati- per la cassazione della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 2007/2022, pubblicata in data 12 settembre 2022; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 10 luglio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Oggetto:
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI (ART. 617 C.P.C.)
Ad. 10/07/2024 C.C.
R.G. n. 27368/2022
Rep.
Fatti di causa
Per quanto emerge dal ricorso, NOME e NOME COGNOME hanno proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso l’ordinanza di assegnazione emessa dal giudice dell’esecuzione in un procedimento esecutivo promosso, nelle forme del pignoramento presso terzi, da NOME COGNOME. L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Torre Annunziata.
Ricorre NOME COGNOME, sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME (quale erede di NOME COGNOME, deceduto nelle more del giudizio).
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
Esso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c..
Tale requisito è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 -01; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 -01; Sez. 6 – 3, Sentenza n.
Ric. n. 27368/2022 – Sez. 3 – Ad. 10 luglio 2024 – Ordinanza – Pagina 2 di 10
16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 -01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 -01; Cass., Sez. U, Sentenza n. 30754 del 28/11/2004). Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.
Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto (che risulta effettuata semplicemente riproducendo quella contenuta nella sentenza impugnata), non presenta tale contenuto minimo.
Manca una chiara e adeguata indicazione delle vicende del processo esecutivo nell’ambito del quale è stata avanzata l’opposizione oggetto del presente giudizio, ivi inclusa la precisa indicazione delle parti del medesimo, nonché del contenuto dei relativi atti processuali rilevanti: ciò non consente a questa Corte una adeguata valutazione delle censure svolte in relazione alla decisione impugnata e impedisce l’esame nel merito del ricorso.
Quanto appena osservato sulla radicale inammissibilità del ricorso assorbe ogni altra questione, anche in relazione alla effettiva legittimazione (sostanziale e processuale) delle parti per
la presente fase del giudizio e le questioni in essa poste (che restano, pertanto, impregiudicate).
Per completezza di esposizione, può, comunque, rilevarsi che i singoli motivi del ricorso sono essi stessi inammissibili e/o manifestamente infondati in diritto (e, come tali, anch’essi inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis , comma 1, n. 1, c.p.c.), per le ragioni di seguito esposte.
2.1 Con il primo motivo del ricorso si denunzia « error in procedendo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) e per error in iudicando (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) violazione di legge e dell’ art 112 cpc (art. 360, 1 comma, n. 4 c.p.c. ). L’ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal dagli atti processuali ».
La ricorrente censura la decisione del tribunale nella parte in cui quest’ultimo ha ritenuto inammissibile la sua opposizione agli atti esecutivi, in relazione al profilo relativo alla deAVV_NOTAIOa impignorabilità dei beni assoggettati all’azione esecutiva per la pretesa violazione dell’art. 1923 c.c., affermando che la questione avrebbe dovuto essere fatta valere mediante opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., prima della definizione del processo esecutivo.
La ricorrente fa presente di avere, in realtà, già proposto, prima dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione che ha definito il processo esecutivo, l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., per far valere l’impignorabilità dei beni assoggettati all’azione esecutiva; ciò nonostante, aggiunge, il giudice dell’esecuzione, per quanto reso eAVV_NOTAIOo di tale opposizione, già pendente in fase contenziosa, non aveva sospeso il processo esecutivo e, senza neanche delibare la sua istanza di sospensione, aveva proceduto all’assegnazione dei crediti pignorati. Sostiene che tali circostanze processuali le avrebbero consentito di proporre nuovamente una opposizione volta a fare valere la medesima impignorabilità, questa volta ai sensi dell’art. 617
c.p.c., avverso l’ordinanza di assegnazione che ha definito la procedura esecutiva.
Si tratta di assunti manifestamente infondati.
2.1.1 Non vi è dubbio che l’impignorabilità dei beni (di qualunque natura) assoggettati all’azione esecutiva può e deve essere fatta valere dal debitore mediante l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615, comma 2, c.p.c., e che tale opposizione può essere proposta esclusivamente nel corso del processo esecutivo e non è più ammissibile dopo la definizione di quest’ultimo ( ex multis : Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 15822 del 06/06/2023, Rv. 667838 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 12690 del 21/04/2022, Rv. 664812 -01; Sez. 3, Sentenza n. 4505 del 24/02/2011, Rv. 617249 -01; Sez. 3, Sentenza n. 12099 del 19/08/2003, Rv. 565928 -01; Sez. 3, Sentenza n. 5077 del 05/04/2001, Rv. 545617 -01; Sez. 1, Sentenza n. 1150 del 11/02/1999, Rv. 523130 – 01).
Sotto tale aspetto, la decisione impugnata risulta del tutto conforme ai consolidati principi di diritto affermati da questa Corte, che il ricorso non offre ragioni idonee ad indurre a rimeditare. D’altra parte, l’assunto della ricorrente (secondo cui a tali principi dovrebbe derogarsi qualora sia stata già proposta nel corso del processo esecutivo l’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. per far valere l’impignorabilità) determinerebbe una inutile duplicazione di azioni giudiziarie con il medesimo oggetto, dal momento che la tutela del debitore che abbia già regolarmente proposto l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615, comma 2, c.p.c., onde far valere l’impignorabilit à dei beni (di qualunque natura) assoggettati all’azione esecutiva, senza però ottenere, per qualunque ragione, la sospensione del processo esecutivo, è assicurata dalla possibilità che tale opposizione venga accolta, anche successivamente all’assegnazione dei beni pignorati ed alla definizione del processo esecutivo, e anche a prescindere dall’impugnazione dei
provvedimenti del giudice dell’esecuzione che hanno disposto in tal senso, in tal modo determinando, sia pure ex post , l’inefficacia di tutti gli atti esecutivi compiuti (fatti salvi solo gli eventuali diritti dell’aggiudicatario, ai sensi dell’art. 2929 c.c., questione che, peraltro, nella specie non viene neanche in rilievo, trattandosi, per quanto è dato comprendere dalla pur lacunosa esposizione contenuta nel ricorso, di espropriazione di crediti presso terzi).
2.1.2 Né potrebbe ritenersi censurabile con l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. l’omessa decisione, da parte del giudice dell’esecuzione, in ordine all’istanza di sospensione dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 624 c.p.c., eventualmente avanzata dal debitore esecutato in relazione all’opposizione già pendente, in quanto ogni questione in proposito può (e deve) essere fatta valere esclusivamente con il reclamo al collegio di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. e non può essere oggetto di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c..
Tanto meno potrebbero essere deAVV_NOTAIOi nel presente giudizio di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., il cui oggetto è limitato alla legittimità dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione, eventuali vizi procedurali attinenti allo svolgimento del giudizio di merito a cognizione piena relativo alla richiamata opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c.. Anche sotto tali profili, il motivo di ricorso in esame risulta, quindi, manifestamente infondato.
2.2 Con il secondo motivo si denunzia « violazione di legge (art. 1923 cc in relazione all ‘ art. 547 cpc e articoli dal 1362 al 1371 cc ovvero in relazione all’interpretazione positiva associata alla dichiarazione del terzo ed in relazione all’ articolo 549 c.p.c. per omesso giudizio di accertamento essendo sorte specifiche contestazioni ».
La ricorrente contesta la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto corretta la valutazione del giudice dell’esecuzione in ordine al carattere positivo della dichiarazione di quantità resa dalla società terza pignorata.
Sostiene in proposito che dalla dichiarazione in questione emergeva che oggetto del pignoramento erano polizze di assicurazione sulla vita ( rectius : i crediti derivanti da tali polizze), non pignorabili ai sensi dell’art. 1923 c.c., e che ciò avrebbe impedito di attribuire carattere positivo alla stessa o, quanto meno, avrebbe imposto, in presenza di contestazioni in ordine alla pignorabilità dei crediti dichiarati esistenti, di far luogo al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, ai sensi dell’art . 549 c.p.c., impedendo l’assegnazione di quei crediti.
Anche questo motivo è manifestamente infondato.
2.2.1 In primo luogo, è agevole osservare che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, dalla dichiarazione di quantità resa dalla società terza pignorata, come trascritta nello stesso ricorso, non emerge affatto che i crediti delle debitrici esecutate da questa dichiarati sussistenti nei propri confronti derivassero da polizze di assicurazione sulla vita e, quindi, che si trattasse di crediti impignorabili ai sensi dell’art. 1923 c.c..
2.2.2 In ogni caso, è assorbente la considerazione che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte (che il ricorso non offre ragioni idonee ad indurre a rimeditare), le questioni relative alla pignorabilità dei crediti assoggettati ad azione esecutiva son o del tutto estranee all’oggetto del giudizio (o, comunque, del procedimento) di accertamento dell’obbligo del terzo di cui all’art. 549 c.p.c. (in qualunque forma esso si svolga), in quanto l ‘eventuale impignorabilità del credito aggredito in via esecutiva non fa venir meno il carattere di positività della dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell ‘ art. 547 c.p.c., salva la facoltà del debitore esecutato di proporre l ‘ opposizione all ‘ esecuzione, prevista dall ‘ art. 615 c.p.c., per far valere la predetta
impignorabilità (giurisprudenza costante: ex multis , cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 28625 del 13/10/2023, Rv. 668952 -01; Sez. 3, Sentenza n. 3987 del 12/02/2019, Rv. 652487 -01; Sez. 6-3, Ordinanza n. 23631 del 28/09/2018, Rv. 650882 -01; Sez. 3, Sentenza n. 4212 del 23/02/2007, Rv. 595615 -01; Sez. L, Sentenza n. 6667 del 29/04/2003, Rv. 562536 -01; Sez. 3, Sentenza n. 9623 del 15/11/1994, Rv. 488614 -01; Sez. U, Sentenza n. 9407 del 18/12/1987, Rv. 456541 – 01).
Nella specie, quindi, risulta correttamente valutata come positiva la dichiarazione di quantità resa dal terzo, mentre ogni questione in ordine alla pignorabilità dei crediti aggrediti in via esecutiva non poteva farsi valere né mediante il procedimento di accertamento dell’obbligo del terzo di cui all’art. 549 c.p.c., né mediante l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. avverso la successiva ordinanza di assegnazione emessa dal giudice dell’esecuzione, in difetto di sospensione del proc esso esecutivo, ma solo mediante l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. (che, peraltro, nella specie, come afferma la stessa ricorrente, era stata del resto tempestivamente proposta: così restando esclusa l’eccezionale facoltà di ulteriore impugnazione, ammessa, a particolari condizioni, da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17878 del 31/08/2011, Rv. 619433 – 01), come correttamente ritenuto dal tribunale nella sentenza impugnata. 2.3 Con il terzo motivo si denunzia « violazione dell’ art. 2909 cod. civ. in relazione all’ art. 360, n. 3, c.p.c. consistente nel mancato rilievo, anche di ufficio, di un contrasto di giudicati tra la sentenza impugnata ».
La ricorrente sostiene che l’impignorabilità dei crediti assoggettati ad azione esecutiva dal creditore procedente era stata già accertata in forza di precedenti sentenze pronunciate tra le medesime parti e passate in giudicato, nell’ambito di altri precedenti processi esecutivi.
Il motivo è inammissibile, prima che manifestamente infondato.
2.3.1 In primo luogo, il ricorso non è sufficientemente specifico nell’indicare gli estremi identificativi dei giudizi e delle decisioni da cui deriverebbe il deAVV_NOTAIOo giudicato, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. e, già per ciò solo, le censure in esame non potrebbero ritenersi ammissibili.
2.3.2 In ogni caso, è assorbente la considerazione che, come si è ampiamente fin qui esposto, poiché la questione della pignorabilità dei crediti assoggettati ad azione esecutiva dal creditore procedente non può ritenersi deducibile nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di assegnazione pronunciata dal giudice dell’esecuzione, ma solo con l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. (nella specie effettivamente già proposta e, per di più, secondo quanto pare emergere dagli atti, ancora pendente) anche un eventuale giudicato (per quanto non adeguatamente documentato nella presente fase del giudizio) in ordine alla suddetta pignorabilità non potrebbe avere alcun rilievo ai fini dell’esito della presente controversia; d’altra parte (come correttamente rilevato anche nella sentenza impugnata) un siffatto giudicato potrebbe avere rilievo nel giudizio di opposizione all’esecuzione anteriormente proposto, il cui esito positivo per le debitrici ese cutate determinerebbe comunque l’inefficacia di tutti gli atti del processo esecutivo, anche a prescindere dall’esito della presente opposizione.
2.3.3 È, infine, appena il caso di ribadire quanto già chiarito con riguardo al precedente motivo del ricorso, e cioè che le questioni relative al mancato accoglimento dell’istanza di sospensione dell’esecuzione, in correlazione all’opposizione pendente sulla pignorabilità dei crediti aggrediti in via esecutiva, non possono essere oggetto del presente giudizio, potendo essere fatte valere esclusivamente con il rimedio del reclamo di cui all’art. 669 terdecies c.p.c., e che non ha alcun fondamento giuridico neanche la pretesa di un accertamento dell’obbligo del
terzo, ai sensi dell’art. 549 c.p.c., in relazione alla medesima pignorabilità, trattandosi di questione del tutto estranea all’oggetto del relativo procedimento.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, con distrazione in favore del difensore della controricorrente, che ha reso la dichiarazione di anticipo ai sensi dell’art. 93 c.p.c. .
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi € 6.600,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO ai sensi dell’art. 93 c.p.c..
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma
1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-