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Opposizione atti esecutivi: l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione conferma l’inammissibilità di un appello proposto contro una sentenza di primo grado che aveva accolto un’opposizione atti esecutivi. La Suprema Corte ribadisce che, in base al principio dell’apparenza, tali sentenze non sono appellabili ma impugnabili solo con ricorso diretto per cassazione. L’impugnazione è stata giudicata manifestamente infondata, con condanna della società ricorrente al pagamento di sanzioni per lite temeraria.

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Opposizione atti esecutivi: l’appello è inammissibile

Nel complesso mondo della procedura civile, la scelta del corretto mezzo di impugnazione è un passo cruciale che può determinare l’esito di una controversia. Un errore in questa fase può portare all’inammissibilità del gravame, vanificando le ragioni di merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale riguardo all’opposizione atti esecutivi, chiarendo in modo definitivo quale sia l’unica via percorribile per contestare la sentenza di primo grado.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un’azione esecutiva intrapresa da una società creditrice, cessionaria di un credito, nei confronti di una società debitrice. L’azione si concretizzava nella notifica di un atto di precetto e in un successivo pignoramento immobiliare.
La società debitrice si opponeva a tali atti instaurando due distinti procedimenti davanti al Tribunale. Il Tribunale, nel giudizio relativo all’opposizione al pignoramento, accoglieva le ragioni della debitrice, dichiarando l’inefficacia del pignoramento stesso.

Ritenendo errata tale decisione, la società creditrice proponeva appello davanti alla Corte d’Appello territoriale. Quest’ultima, tuttavia, non entrava nel merito della questione, dichiarando l’appello inammissibile. La motivazione? La sentenza del Tribunale era stata emessa in un giudizio qualificabile come opposizione atti esecutivi, una tipologia di causa per cui la legge non prevede l’appello, ma unicamente il ricorso diretto in Cassazione.

Il Ricorso in Cassazione e l’Opposizione Atti Esecutivi

Non arrendendosi, la società creditrice ha impugnato anche la decisione della Corte d’Appello, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte, però, ha rigettato il ricorso, definendolo manifestamente infondato e confermando in toto la decisione dei giudici d’appello.

La Corte ha evidenziato come la qualificazione dell’azione data dal primo giudice sia determinante per individuare il corretto mezzo di impugnazione. Questo è il cosiddetto “principio dell’apparenza”.

Il Principio dell’Apparenza nella Scelta dell’Impugnazione

La giurisprudenza consolidata, richiamata nell’ordinanza, afferma che l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento deve basarsi esclusivamente sulla qualificazione dell’azione data dal giudice che ha emesso la sentenza, a prescindere che tale qualificazione sia corretta o meno.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente rilevato che il Tribunale si era pronunciato su un’opposizione agli atti esecutivi (disciplinata dall’art. 617 c.p.c.). Le sentenze che decidono questo tipo di controversie, per espressa previsione dell’art. 618 c.p.c., non sono appellabili, ma possono essere impugnate soltanto con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente esercitato il proprio potere di qualificazione dell’azione, basandosi sugli atti processuali e sulla tempistica di proposizione dell’opposizione. La qualificazione come opposizione atti esecutivi era inequivocabile e, di conseguenza, l’appello era palesemente inammissibile. I giudici di legittimità hanno sottolineato che non sussistevano margini per opinare diversamente.

L’errore procedurale commesso dalla società ricorrente è stato quindi fatale. L’aver proposto appello invece del ricorso diretto in Cassazione ha precluso ogni possibilità di riesame della decisione di primo grado. La Corte ha inoltre giudicato l’impugnazione non solo infondata, ma anche strumentale e dilatoria, condannando la ricorrente al pagamento di sanzioni pecuniarie ai sensi dell’art. 96 c.p.c., sia a favore della controparte che della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rappresenta un importante monito sull’importanza della corretta qualificazione dell’azione e sulla conseguente scelta del mezzo di impugnazione. Confondere un’opposizione all’esecuzione (che contesta il diritto stesso di procedere, art. 615 c.p.c.) con un’opposizione atti esecutivi (che contesta la regolarità formale degli atti, art. 617 c.p.c.) ha conseguenze procedurali drastiche. La decisione della Cassazione solidifica il principio secondo cui le sentenze emesse ai sensi dell’art. 618 c.p.c. sono soggette unicamente al vaglio di legittimità, saltando il grado d’appello. Un errore su questo punto non solo comporta la chiusura del processo, ma può anche esporre la parte a sanzioni per abuso dello strumento processuale.

Qual è il mezzo corretto per impugnare una sentenza su un’opposizione agli atti esecutivi?
L’unico mezzo di impugnazione previsto dalla legge è il ricorso diretto per cassazione. La sentenza non è appellabile.

Cosa succede se si propone appello invece del ricorso per cassazione?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la corte non esamina il merito delle questioni sollevate e la sentenza di primo grado diventa definitiva, senza possibilità di ulteriori riesami.

Cos’è il ‘principio dell’apparenza’ nelle impugnazioni?
È un principio secondo cui la scelta del tipo di impugnazione da proporre deve basarsi sulla qualificazione giuridica che il giudice di primo grado ha dato all’azione nel suo provvedimento, anche se tale qualificazione fosse teoricamente errata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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