Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3484 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3484  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18706/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  in  carica, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente –
avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  d’APPELLO  di  FIRENZE  n. 216/2022 depositata il 07/02/2022.
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 29/11/2023, dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE,  qualificandosi  cessionaria  dei  crediti  della  RAGIONE_SOCIALE,  procedette  a  notificare  un  atto  di  precetto  e  un successivo  atto  di  pignoramento  immobiliare  nei  confronti  della RAGIONE_SOCIALE
Entrambi gli atti furono opposti dalla RAGIONE_SOCIALE, con distinte procedure di  sospensione e  instaurazione di due  diversi giudizi  di merito,  che  procedettero  separatamente  dinanzi  al  Tribunale  di Siena.
Il Tribunale, nella causa di opposizione all’atto di pignoramento, svoltasi  nella  contumacia  della  RAGIONE_SOCIALE,  dante  causa dell’odierna ricorrente RAGIONE_SOCIALE, omessa la riunione con il procedimento di opposizione al precetto, con sentenza n. 1016/2017 pubblicata il 18/10/2017 decise l’opposizione avverso il pignoramento immobiliare, accogliendola.
La Corte d’appello di Firenze, nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE,  con  sentenza  n.  216/2022  pubblicata  il  07/02/2022,  ha dichiarato  inammissibile  l’appello ,  ritenendo  che  la  sentenza  di primo  grado  fosse  stata  pronunciata  in  causa  di  opposizione  agli atti esecutivi e, quindi, impugnabile direttamente in cassazione.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, con atto affidato a sei motivi, la RAGIONE_SOCIALE cessionaria dei crediti della RAGIONE_SOCIALE.
Risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Entrambe  le  parti  hanno  depositato  memoria  per  l’adunanza camerale del 29/11/2023, alla quale la causa è stata trattenuta per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I  motivi  di  ricorso  censurano  come  segue  la  sentenza  della Corte territoriale.
R.g. n. 18706 del 2022
Ad. 29/11/2023; estensore: NOMECOGNOME
I)  violazione e falsa applicazione di legge artt. 39, 112 e 132 cod.  proc.  civ .  in  relazione  all’art.360,  comma 1,  nn.  3  e  4  cod. proc.  civ.  La  società  ricorrente,  sostiene  che  vi  sia  un  vizio  nella sentenza  impugnata,  per  non  essere  stata  dichiarata, ex art.  39 cod.  proc.  civ.,  la  litispendenza  tra  la  causa  recante  n.  633/2015 RG  e  la  causa  recante  n.  3332/2015  RG  innanzi  al  Tribunale  di Siena).
II) violazione e falsa applicazione di legge artt. 101, 132, 153, 183 e 190 cod. proc. civ ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e 4 c.p.c. La RAGIONE_SOCIALE sostiene l’irritualità e comunque l’illegittimità della  dichiarazione  della  sua  contumacia,  causata  da  omissioni imputabili all’ufficio giudiziario.
III)  v iolazione  e  falsa  applicazione  di  legge  dell’art.  615  c od. proc. civ . in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. La RAGIONE_SOCIALE deduce che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che il Tribunale di Siena avesse pronunciato su un’opposizione agli atti esecutivi e non su un’opposizione di merito
IV)  v iolazione  e  falsa  applicazione  dell’art.  66 r.d.  n.  267  del 1942. La RAGIONE_SOCIALE contesta la questione degli effetti della revocatoria sulle varie cessioni di credito che avevano condotto alla titolarità del credito azionato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
V) violazione e falsa applicazione di legge, art. 96 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. La ricorrente deduce la sussistenza dei presupposti per la condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite, in quanto essa aveva instaurato il secondo giudizio, quello deciso con sentenza n. 1016 del 2017 del Tribunale di Siena, nella piena consapevolezza della preventiva instaurazione di altro giudizio di opposizione, abusando in tal modo dello strumento processuale.
VI) violazione e falsa applicazione di legge, art. 91  cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. La RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE chiede la revoca della condanna alle spese quale conseguenza della riforma della sentenza della Corte territoriale.
In via preliminare il Collegio osserva che il Presidente di sezione delegato  ha  emanato  proposta  di  definizione  accelerata,  in  data 17/06/2023,  sulla  base  di  mancanza  degli  elementi  autentici  di identificazione della copia della sentenza allegata al ricorso e di « di manifesta infondatezza, siccome il dirimente terzo motivo, relativo all’assorbente rilievo di inammissibilità dell’appello per qualificazione dell’azione ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. ».
RAGIONE_SOCIALE con atto del 19/09/2023, e quindi tempestivamente,  ha  chiesto  la  decisione,  senza  nulla  dedurre  in ordine alla mancanza di segni di autenticazione nella sentenza della Corte  territoriale  e  si  è  riportata  ai  motivi  originari  del  ricorso. Soltanto  successivamente  alla  proposizione  del  ricorso  sono  stati prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE documenti ai fini della procedibilità, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., con efficacia asseritamente sanante del profilo formale.
Il Collegio ritiene che allo stato la causa può essere decisa sulla base del criterio della ragione più liquida, prescindendosi dalla questione, pure astrattamente rilevabile d’ufficio, relativa alla regolarità formale della copia originariamente depositata della sentenza in atti, che è priva di numero di identificazione e di data di pubblicazione, sulla quale questa Corte si è di recente pronunciata con diversi provvedimenti (Cass. n. 5771 del 24/02/2023 Rv. 666908 -01; Cass. n. 26597 del 14/09/2023), tutti di ambito camerale, posto che la questione, di particolare rilevanza di diritto, è destinata a essere trattata in pubblica udienza di prossima fissazione.
L’istanza di decisione depositata dalla RAGIONE_SOCIALE non ha in alcun modo argomentato in ordine ai motivi di ricorso e alla prospettata ragione  di  manifesta  infondatezza dell’impugnazione ,  sui  quali  la proposta del Presidente delegato si era pure pronunciata, rilevando
la questione assorbente dell’ infondatezza dell’impugnazione di legittimità, in quanto la sentenza della Corte territoriale ha ritenuto che quella di primo grado fosse una sentenza pronunciata in unico grado,  ai  sensi  dell’art.  618  cod.  proc.  civ.  e quindi  impugnabile soltanto con ricorso straordinario per cassazione.
In ricorso, peraltro, la RAGIONE_SOCIALE non riporta alcuna parte della sentenza n. 1016 del 2017 del Tribunale di Siena dalla quale poter desumere che il Tribunale avesse deciso su di un’opposizione all’esecuzione , o di merito, e che quindi l’impugnazione in appello fosse corretta. In atti, invero, risulta allegata la sentenza del Tribunale di Siena, molto concisa, che reca nell’intestazione la dizione « opposizione all’esecuzione » di per sé non dirimente, trattandosi verosimilmente di stampigliatura posta dalla cancelleria, e che si conclude con dispositivo di dichiarazione di inefficacia del pignoramento (in quanto la RAGIONE_SOCIALE non aveva la titolarità del credito non essendone la cedente RAGIONE_SOCIALE a sua volta titolare).
La giurisprudenza di questa Corte afferma che (quale espressione di un orientamento costante e stabile si vedano Cass. n. 12872 del 22/06/2016 Rv. 640421 – 01 e Cass. n. 11012 del 14/05/2007 Rv. 597778 – 01) l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio dell’apparenza, e cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione effettuata dal giudice che ha emanato il provvedimento, sia essa corretta o meno, e a prescindere dalla qualificazione che ne abbiano dato le parti; tuttavia, occorre altresì verificare se il giudice che ha pronunciato il provvedimento abbia inteso effettivamente qualificare l’azione proposta, o se abbia inteso compiere, con riferimento ad essa, una affermazione meramente generica e in tal caso, ove si ritenga che il potere di qualificazione non sia stato esercitato dal giudice a quo , esso può essere legittimamente
esercitato dal giudice ad quem , e ciò non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità’ stessa dell’impugnazione.
Nella  specie,  alla  pag.  6  della  sentenza  impugnata,  la  Corte territoriale  ha  inequivocabilmente  qualificato  la  sentenza  di  primo grado come emessa all’esito di un giudizio di opposizione agli atti esecutivi ,  sulla  base  dell’avvenuta  proposizione  della  causa  dopo l’udienza  di  cui  all’art.  618 ,  comma  1,  codice  di  rito  e  in  forza dell’intestazione dell’ atto di opposizione (quale «agli atti esecutivi»).
In tal modo il giudice di merito ha esercitato con motivazione logica e scevra di vizi, sulla base degli atti di cui esso disponeva e in considerazione evidente dei tempi di proposizione dell’opposizione, il proprio potere di qualificazione dell’azione proposta  e  non  sussistono  margini,  allo  stato  e  stante  l’ambito proprio del giudizio di legittimità, per opinare diversamente.
Deve, inoltre, ribadirsi che l’avvenuta proposizione del ricorso ordinario per cassazione avverso la sentenza d’appello non vale a rimettere in termini ai fini dell’impugnazione straordinaria, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Costituzione, avverso la sentenza di merito pronunciata in unico grado (in tema, sebbene nella vigenza dell’oramai abrogato art. 348 ter cod. proc. civ. e del testo previgente dell’art. 348 bis cod. proc. civ., si veda Cass. n. 9868 del 15/04/2021 Rv. 661143 – 01).
Il ricorso deve, pertanto, essere ritenuto  manifestamento infondato ,  con  esonero  dall’esame  dei  singoli  motivi,  stante  la radicale infondatezza dell’impugnazione .
Il ricorso è, pertanto, rigettato.
Le  spese  di lite di questa  fase  di legittimità  seguono  la soccombenza  della  RAGIONE_SOCIALE  e sulla  base  dell’attività  processuale espletata,  in  relazione  al  valore  della  controversia,  sono  liquidate come da dispositivo.
La manifesta infondatezza e strumentalità, perché proposta con fini  dilatori,  dell’impugnazione da  parte  della  RAGIONE_SOCIALE  rende sussistenti i presupposti per la comminatoria della sanzione di cui all’art. 96, comma 3, cod. proc. civ. (sui cui presupposti si rinvia a Cass. n. 26545 del 30/09/2021 Rv. 665014 – 02), il cui importo è liquidato, in dispositivo, nella stessa misura delle spese processuali.
Ritiene, inoltre, il Collegio che sussistano i presupposti per l’emanazione di condanna ai sensi dell’art. 96, comma 4, codice di rito, in favore della Cassa delle ammende, in considerazione della conclusione del giudizio in senso conforme alla proposta di definizione accelerata del Presidente delegato, che faceva in ogni caso perno sulla manifesta infondatezza dell’impugnazione di legittimità in quanto proposta avverso sentenza d’appello resa in causa di opposizione agli atti esecutivi, il cui importo è liquidato in dispositivo (sui presupposti applicativi della sanzione di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. si vedano Sez. U n. 27195 del 22/09/2023 Rv. 668850 – 01 e Cass. n. 27947 del 04/10/2023 (Rv. 669107 – 01) , in ragione della metà dell’importo delle spese processuali.
L a decisione di inammissibilità dell’impugnazione comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di  contributo  unificato  pari  a  quello  per  il  ricorso,  a  norma  del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio  di  legittimità,  che  liquida  in  Euro  6.000,00  per  compensi, oltre  alle  spese  forfettarie  nella  misura  del  15  per  cento,  agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché
al pagamento di euro 6.000,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ. e di euro 3.000,00 ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito  dall’art.  1,  comma  17 ,  della  l.  n.  228  del  2012,  dà  atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte  della ricorrente,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Corte  di