Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13837 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N. 14303/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. da procura allegata al controricorso, domicilio digitale come in atti
NOME COGNOME come – controricorrente –
e contro
COGNOME NOME e NOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 727/2023 del Tribunale di Venezia, pubblicata in data
19.4.2023;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 26.3.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di precetto del 12.4.2016, NOME COGNOME intimò a NOME COGNOME il pagamento dell’importo di € 1.377,18, derivante da condanna per le spese di lite nel procedimento avanti il Giudice di Pace di Venezia, come da sentenza n. 27/15. Seguì atto di pignoramento presso terzi, notificato il 7.7.2016, nei confronti di NOME COGNOME quale titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE e terzo debitor debitoris ; la procedura venne rubricata al N. 1907/2016 R.G.E. dinanzi al Tribunale di Venezia ed in essa intervenne il creditore NOME COGNOME In data 11.9.2016, il COGNOME propose opposizione agli atti esecutivi, lamentando la nullità della notificazione dell’atto di precetto, avvenuta presso la residenza del padre ove l’opponente dichiarava di non avere mai risieduto o dimorato, e di tutti gli atti successivi. Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 22.11.2016, ri gettò l’istanza di sospensione, stante la tardività dell’opposizione, e procedette all’assegnazione ai creditori delle somme pignorate, concedendo termine per l’instaurazione del giudizio di merito. Espletato l’incombente dal COGNOME e nella resistenza del COGNOME e del COGNOME, con sentenza n. 1126/2018 del 30.05.2018 il Tribunale di Venezia, cosi decise: ‘1) accoglie l’opposizione ex art. 617 c.p.c. proposta da COGNOME NOME avverso il precetto e il pignoramento iscritto al RGE 1907/2016 e accerta e dichiara la nullità della notifica del precetto e del pignoramento e degli atti esecutivi successivi; 2) condanna COGNOME NOME e COGNOME NOME in solido tra loro al pagamento delle spese di lite in favore di NOME NOME pari ad euro 4.835,00 per competenze, euro 236,00 per spese oltre rimborso forfettario spese, iva e ca come per legge con distrazione delle stesse in favore del procuratore dichiaratosi antistatario ‘. Questa Corte di
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cassazione, adita da NOME COGNOME e NOME COGNOME con ordinanza n. 39966/2021 accolse però il ricorso da questi proposto, cassando la sentenza impugnata e disponendo l’integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo pignorato.
Riassunta la causa dal COGNOME ed espletato l’incombente, con sentenza del 19.4.2023 il Tribunale di Venezia rigettò l’opposizione perché tardivamente proposta. Osservò il Tribunale che, a fronte di precetto notificato il 12.4.2016 e di pignoramento presso terzi notificato il 9.7.2016, il COGNOME aveva depositato il ricorso ex art. 617 c.p.c. solo in data 11.9.2016, quindi ben oltre i venti giorni dal primo atto di esecuzione, se nullo, oppure dal giorno in cui l’opponente ha avuto conoscenza, anche di fatt o, dell’atto .
Avverso detta sentenza, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi, cui resiste con controricorso NOME COGNOME gli altri intimati non hanno svolto difese. Il collegio ha riservato il deposito entro sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver il Tribunale erroneamente ritenuto tardiva l’opposizione ex art. 617 c.p.c. proposta da esso COGNOME.
1.2 Con il secondo motivo si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per non aver il Tribunale considerato la nullità delle notifiche dell’atto di precetto e dell’atto di pignoramento presso terzi.
2.1 Il ricorso è inammissibile.
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Va al riguardo rilevato che – benché nel ricorso sembri prospettarsi la stessa inesistenza della notifica dell’atto di pignoramento, dal che potrebbe ricostruirsi una opposizione comunque tempestiva, posto che il pignoramento in tal caso non sarebbe mai venuto in essere (v. Cass. n. 32804/2023) dall’esame di quest’ultimo (prodotto dal controricorrente) tanto può escludersi, perché la notifica venne effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c. presso la vecchia sede dell’attività gestita dal COGNOME: dunque, potrebbe al più discutersi della nullità della notifica del pignoramento presso terzi (posto che non ne risulta documentato il perfezionamento), non già di inesistenza.
Non è superfluo evidenziare che si tratta di questione molto rilevante, perché dall’esame degli atti legittimamente consultabili da questa Corte di legittimità risulta che il luogo della notifica del precetto e quello dello stesso pignoramento non coincidono, per quanto il ricorrente, tacendo sul punto, lasci intendere il contrario.
2.2 Diviene dunque essenziale conoscere cosa il COGNOME avesse dedotto nel ricorso ex art. 617 c.p.c. dell’11.9.2016, ma il riferimento ad esso, operato solo a p. 3 del ricorso per cassazione, è del tutto laconico e insufficiente, specie al lume della constatata (dal Tribunale) natura ondivaga della indicazione della data di conoscenza di fatto della pendenza dell’esecuzione, evidentemente da individuarsi quale dies a quo per la verifica della tempestività della spiegata opposizione.
È ben vero che il precetto venne notificato in luogo apparentemente in alcun modo riferibile al Barbato, ma altrettanto non può dirsi per il pignoramento (v. supra ), sicché tale aspetto è dirimente: il vizio della notifica del precetto avrebbe
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dovuto tempestivamente denunciarsi entro i venti giorni dalla conoscenza del primo atto di esecuzione ex art. 617, comma 2, c.p.c., ma a fronte dell’accertamento del Tribunale, nulla di specifico può desumersi dal ricorso stesso (ciò prim’ancora di considerare un pur sussistente difetto di specificità delle censure).
Il ricorso, pertanto, difetta di autosufficienza , in violazione dell’art. 366, comma 1, nn. 3 e 6, c.p.c., non consentendo a questa Corte di verificare, dalla mera sua lettura, la decisività delle censure proposte.
3.1 In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Nulla va disposto nel rapporto con gli intimati, che non hanno svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 2.400,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario generale in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di
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contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data