Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14154 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14154 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8514/2023 R.G. proposto da COGNOME NELLA QUALITA’ DI EREDE BENEFICIATA DI COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO DELL’EDIFICIO IN AVELLINO, INDIRIZZO.
33-35, in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 1019/2023 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, depositata il giorno 8 marzo 2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio tenuta il giorno 8 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso « ex artt. 615 e 669-ter cod. proc. civ. », il Condominio dell’edificio ubicato in Avellino, alla INDIRIZZO
(in appresso, per brevità: il Condominio) chiese la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo (la sentenza n. 1469/2015 del Tribunale di Avellino) in virtù del quale NOME COGNOME nella qualità di erede beneficiata di NOME COGNOME aveva notificato nei suoi confronti precetto al pagamento della somma totale di euro 17.704,28.
Con ordinanza resa il 7 marzo 2016 l’adito Tribunale di Avellino accolse la domanda cautelare, come formulata.
NOME COGNOME nella anzidetta qualità, propose istanza di declaratoria di inefficacia di tale provvedimento cautelare per mancata introduzione del giudizio di merito nei sessanta giorni dallo stesso.
Instaurato il contraddittorio, il Tribunale di Avellino, con ordinanza del 13 marzo 2017 rigettò la richiesta, condannando l’istante alle spese di lite e ai danni per responsabilità processuale aggravata.
La decisione in epigrafe indicata ha disatteso l’appello interposto da NOME COGNOME avverso siffatta ordinanza.
A suffragio del dictum , la Corte napoletana ha rilevato che « è pacifico e documentato che il Condominio abbia instaurato il giudizio di merito – di opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. al diritto di NOME COGNOME di procedere ad esecuzione in forza della sentenza n. 1469/2015 – con atto di citazione notificato il 4.05.2016 e dunque entro il termine di sessanta giorni dal provvedimento cautelare del 7.03.2016. In funzione di tale opposizione, il Condominio aveva infatti già chiesto ed ottenuto in via cautelare la sospensione provvisoria dell’esecutività del titolo. Non c’è dubbio che giudizio cautelare e giudizio di merito abbiano lo stesso oggetto ».
Rigettato l’appello, la Corte ha regolato le spese del grado secondo soccombenza, non ravvisando i presupposti per adottare le pronunce ex artt. 94 e 96 cod. proc. civ. invocate dal Condominio.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME nella citata qualità, affidandosi a quattro motivi.
r.g. n. 8514/2023 Cons. est. NOME COGNOME
Resiste, con controricorso, il Condominio. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
All’esito dell’adunanza camerale sopra indicata, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo prospetta « violazione e falsa applicazione dell’art. 669 -bis cod. proc. civ. ».
Nel ribadire la sopravvenuta inefficacia dell’ordinanza cautelare, la ricorrente sostiene che la Corte territoriale abbia errato « nel ritenere che il giudizio di merito si sia correttamente instaurato laddove è pacifico che l’atto di citazione in opposizione al precetto è stato notificato al procuratore costituito e non alla parte personalmente, oltre ogni termine di legge » e « nel dichiarare che il giudizio cautelare e quello di merito avrebbero lo stesso oggetto, in quanto un’attenta lettura delle carte processuali certamente avrebbe portato a tutt’altra decisione, posto che il Condominio nel procedimento R.G. 1996/2016 del Tribunale di Avellino mai ha chiesto la conferma del provvedimento di sospensione, nemmeno enunciato nel corpo dell’atto ».
1.1. Il motivo è inammissibile.
La doglianza, per come articolata, si profila inosservante del principio di specificità (altrimenti detto « di autonomia ») sancito, a pena di inammissibilità del ricorso, dalle prescrizioni dettate dall’art. 366, primo comma, numm. 4 e 6, cod. proc. civ., declinate, nella loro concreta operatività, alla stregua delle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza.
Siffatti criteri, come scolpiti dal giudice sovranazionale, sono realizzati con la trascrizione essenziale e per la parte d’interesse -degli atti e dei documenti richiamati (dei quali deve invece escludersi
la necessità di una integrale riproduzione), in guisa da contemperare il fine legittimo di semplificare (e non già pregiudicare) lo scrutinio del giudice di legittimità e, allo stesso tempo, garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ( ex multis, Cass. 14/03/2022, n. 8117; Cass. 04/02/2022, n. 3612; Cass. 03/03/2023, n. 6524).
Nella specie, l’applicazione di tali princìpi esigeva, per la ricorrente, un’illustrazione adeguata del contenuto del ricorso cautelare ante causam e dell’atto di citazione in opposizione, onde porre in condizione questa Corte di poter vagliare la correttezza della valutazione operata dal giudice territoriale di identità dell’oggetto tra giudizio cautelare e giudizio di merito e di teleologica funzionalizzazione della richiesta di sospensione dell’esecutività del titolo alla causa di opposizione, cioè a dire degli argomenti su cui si fonda la sentenza qui gravata.
Orbene, una rappresentazione del genere non si riscontra nel ricorso in scrutinio, nel quale sono riprodotte unicamente le conclusioni rassegnate nella citazione in opposizione, senza l’esposizione degli elementi conformativi della domanda in tal guisa spiegata e senza alcuna descrizione del contenuto del ricorso cautelare, dato di necessario raffronto ai fini in discorso: sicché resta preclusa a questa Corte una sufficiente conoscenza del fatto processuale.
2 . L’inammissibilità del primo motivo, con la conseguente definitiva affermazione della tempestiva instaurazione del giudizio di merito, rende irrilevante l’indagine sulla natura, conservativa o anticipatoria, del provvedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ,
Resta pertanto assorbita la disamina del secondo motivo, con cui, per violazione dell’art. 669 -novies , primo comma, cod. proc. civ., parte ricorrente ha sostenuto la prima delle due opzioni ermeneutiche.
Argomentazione comunque – lo si osserva per mero dovere nomofilattico – non conforme a diritto.
r.g. n. 8514/2023 Cons. est. NOME COGNOME
Al riguardo, va infatti ribadito – in linea di continuità ed in convinta adesione con Cass., Sez. U, 23/07/2019, n. 19889 – che la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo contemplata dall’art. 615, primo comma, cod. proc. civ., avente contenuto e finalità di inibitoria della esecuzione come specificamente minacciata con il precetto opposto, mira ad anticipare l’effetto finale proprio della azione di cognizione cui accede quale misura interinale, cioè la declaratoria di inesistenza di tale diritto di agire in executivis .
Il terzo motivo censura la condanna ex art. 96 cod. proc. civ. emessa con l’ordinanza del 13 marzo 2017 (di rigetto della istanza di declaratoria di inefficacia), per difetto dei presupposti, oggettivi e soggettivi, integranti responsabilità processuale aggravata.
3.1. Il motivo è inammissibile.
A tacer della formulazione in termini del tutto astratti e generici, esso muove censura ad una statuizione contenuta nella ordinanza già oggetto di appello, non nella sentenza in questa sede impugnata.
E tanto senza considerare che « l’accertamento della responsabilità aggravata, che ricorre quando la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, rientra nei compiti del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato » (così, tra le tante, Cass. 04/03/2022, n. 7222).
Con il quarto motivo, parte ricorrente assume che l’impugnata sentenza debba essere riformata anche in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio, dacché « l’ordinanza che accoglie il ricorso cautelare non contiene una statuizione sulle spese, che devono essere liquidate con la sentenza che definisce il merito », e rileva altresì che la condanna irrogata « è iniqua, spropositata e non rispettosa dei valori tabellari ».
4.1. Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
Infondato in quanto, in coerenza con il carattere anticipatorio che la connota, l’ordinanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo
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correttamente reca la regolamentazione delle spese del procedimento cautelare, giusta l’art. 669 -octies , settimo comma, cod. proc. civ..
Inammissibile nella parte in cui si duole dell’entità della condanna, poiché la lagnanza si appalesa del tutto generica ed indeterminata, senza nemmeno la indicazione dei presunti errori (circa, ad esempio, l’individuazione dello scaglione tariffario da applicare o delle voci da riconoscere) inficianti la liquidazione.
Vanno infine disattese le richieste avanzate da parte controricorrente di condanna ex artt. 94 e 96 cod. proc. civ. di NOME COGNOME in proprio, non ravvisandosi un contegno di quest’ultima qualificabile come non improntato alla normale prudenza e diligenza o addirittura come informato a mala fede o colpa grave.
Dirimente appare, al fine di escludere detti stati soggettivi, la considerazione della assoluta peculiarità della controversia, ovvero il fatto che l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo non è stata formulata nel corpo di (ed unitamente ad) una opposizione dispiegata nei modi e con le forme di cui all’art. 615, primo comma, cod. proc. civ., bensì con ricorso ante causam , ovvero anteriormente alla notifica della citazione prevista quale atto introduttivo della lite dal richiamato art. 615, primo comma, del codice di rito: questione del tutto inedita, sulla quale non constano precedenti di nomofilachia.
Il ricorso è rigettato.
Il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza.
Atteso il rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dell ‘ art. 13.
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P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione in favore di parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.600 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione
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