LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Opposizione all’esecuzione: il termine lungo di 6 mesi

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso perché tardivo, chiarendo un punto cruciale sui termini di impugnazione. In una controversia nata da una servitù di passaggio, un’ordinanza del giudice dell’esecuzione è stata qualificata come decisione su un’opposizione all’esecuzione. La Cassazione ha stabilito che il termine ‘lungo’ per impugnare la successiva sentenza d’appello è di sei mesi (e non un anno), poiché il giudizio di opposizione era iniziato dopo la riforma del 2009, anche se la procedura esecutiva originaria era precedente. La decisione sottolinea che l’opposizione è un giudizio distinto dall’esecuzione ai fini del calcolo dei termini.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Opposizione all’esecuzione: la Cassazione chiarisce il termine di 6 mesi per l’impugnazione

Quando si parla di opposizione all’esecuzione, la tempestività delle azioni legali è fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale riguardo ai termini per impugnare le decisioni in questa materia, stabilendo che il termine ‘lungo’ è di sei mesi, anche se la procedura esecutiva originaria era iniziata prima della riforma del 2009 che ha introdotto tale scadenza. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche di tale principio.

I fatti di causa

Tutto ha origine da una lunga controversia relativa a una servitù di passaggio. Nel 2002, la Corte d’Appello condannava alcuni proprietari a ripristinare il passaggio pedonale e carrabile a favore dei vicini. Poiché la sentenza non veniva spontaneamente eseguita, nel 2009 i vicini avviavano un’azione esecutiva.

Durante un sopralluogo, l’ufficiale giudiziario notava che le siepi e le fioriere oggetto della condanna erano state sostituite da un muretto con ringhiera, che sembrava restringere il passaggio. Il giudice dell’esecuzione, dopo un’istruttoria, nel 2013 ne ordinava la demolizione. Contro questa ordinanza, i proprietari condannati proponevano appello, sostenendo che il giudice avesse ecceduto i suoi poteri.

Dopo un complesso iter giudiziario, che includeva un primo ricorso in Cassazione (sentenza n. 27185/2016), la Corte d’Appello, in sede di rinvio, stabiliva nel gennaio 2020 che il muretto era in realtà conforme a quanto prescritto dalla sentenza originaria. Contro questa nuova decisione, gli eredi dei proprietari originari proponevano ricorso per cassazione.

La qualificazione del provvedimento come opposizione all’esecuzione

Il punto di svolta del caso è stata la qualificazione giuridica dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 2013. La Cassazione, già nella sua sentenza del 2016, aveva chiarito un principio fondamentale: quando un provvedimento del giudice dell’esecuzione non si limita a dettare le modalità operative (come demolire, dove spostare, etc.), ma decide sulla portata sostanziale del diritto di procedere all’esecuzione, esso acquista la natura di una sentenza.

In pratica, decidendo che il nuovo muretto violava il diritto dei vicini e andava demolito, il giudice non stava solo dirigendo l’esecuzione, ma stava risolvendo una contestazione sul merito. Tale provvedimento, quindi, doveva essere considerato come una decisione su una vera e propria opposizione all’esecuzione e, come tale, impugnabile con l’appello.

Il termine di impugnazione e la decisione della Cassazione

Il ricorso del 2020 è stato però dichiarato inammissibile dalla Cassazione per un motivo puramente procedurale: la tardività. La sentenza della Corte d’Appello era stata pubblicata il 23 gennaio 2020, mentre il ricorso era stato notificato il 23 ottobre 2020.

La Corte ha applicato l’art. 327 c.p.c., che prevede un ‘termine lungo’ per l’impugnazione di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. Anche tenendo conto della sospensione dei termini processuali per l’emergenza COVID-19 (64 giorni), il ricorso risultava notificato oltre la scadenza.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è di grande interesse perché chiarisce come si individua la normativa applicabile ai termini di impugnazione. La legge n. 69 del 2009 ha ridotto il termine lungo da un anno a sei mesi per i giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore.

I ricorrenti, probabilmente, ritenevano si applicasse il vecchio termine di un anno, dato che la procedura esecutiva era iniziata nel 2009, prima dell’entrata in vigore della riforma. La Cassazione, tuttavia, ha specificato che l’opposizione all’esecuzione è un giudizio autonomo e distinto dalla procedura esecutiva.

L’inizio (l’incipit) del giudizio di opposizione non è la data di avvio dell’esecuzione, ma l’atto con cui si contesta il diritto a procedere. In questo caso, l’opposizione è iniziata con l’appello contro l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, proposto nel 2013, e quindi ben dopo l’entrata in vigore della legge del 2009. Di conseguenza, il termine applicabile era quello più breve di sei mesi.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche:
1. Natura del provvedimento: Un’ordinanza del giudice dell’esecuzione che risolve contestazioni sul diritto di procedere o sull’estensione del titolo esecutivo ha natura di sentenza e va impugnata come tale, attraverso un’apposita opposizione.
2. Calcolo dei termini: Per determinare il termine di impugnazione applicabile (un anno o sei mesi), bisogna guardare alla data di inizio del giudizio di opposizione, non a quella della procedura esecutiva. L’opposizione è un processo a sé stante, e la sua data di ‘nascita’ determina le regole procedurali da seguire, inclusi i termini per i gravami successivi.

Qual è il termine per impugnare una sentenza che decide su un’opposizione all’esecuzione?
Secondo l’ordinanza, per i giudizi di opposizione iniziati dopo l’entrata in vigore della Legge n. 69/2009, il termine ‘lungo’ per l’impugnazione previsto dall’art. 327 c.p.c. è di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.

Come si determina l’inizio del giudizio di opposizione per calcolare il termine di impugnazione?
La Corte di Cassazione chiarisce che l’inizio del giudizio di opposizione non coincide con l’avvio della procedura esecutiva. Esso va individuato nell’atto che introduce la contestazione sulla portata del titolo esecutivo, che nel caso di specie era l’appello avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 2013.

Un’ordinanza del giudice dell’esecuzione può essere considerata una sentenza appellabile?
Sì. Quando l’ordinanza non si limita a definire le modalità dell’esecuzione ma risolve contestazioni sulla portata sostanziale del titolo esecutivo (cioè sul diritto stesso di procedere), acquista natura di sentenza e diventa impugnabile con i mezzi ordinari, come l’appello, in quanto decisione su un’opposizione all’esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati