Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21417 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21417 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17963/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di eredi NOME COGNOME e quest ‘ ultimo anche in proprio, rappresentati e difesi dall ‘ avv. NOME COGNOME (c.f.: CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege – controricorrente – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Genova n. 737/2023 del 20/6/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la memoria della controricorrente;
RILEVATO CHE
-col decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo n. 18/2002, emesso in data 18 gennaio 2002, il Tribunale di Sanremo, accogliendo l ‘ istanza di Intesa BCI Gestione Crediti S.p.A., ingiungeva ad NOME COGNOME in qualità di debitore principale, nonché a NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di fideiussori, il pagamento della somma complessiva di € 99.667,62 (pari a Lire 192.983.422);
-in forza del suddetto titolo monitorio, la creditrice avviava la procedura esecutiva immobiliare R.G.E. n. 76/2002 presso il medesimo Tribunale, sottoponendo a pignoramento l ‘ immobile di proprietà della Li Vigni, sito in Sanremo;
-avverso il decreto ingiuntivo, gli ingiunti proponevano opposizione ex art. 645 c.p.c.; all ‘ esito del giudizio, il Tribunale di Sanremo, con la sentenza n. 84/2006, depositata in data 6 febbraio 2006, revocava il decreto ingiuntivo e condannava comunque gli opponenti al pagamento della somma di € 98.673,90, oltre a interessi nella misura convenzionale a decorrere dal 13 dicembre 2001 sino al saldo;
-la decisione veniva impugnata dagli opponenti e la Corte d ‘ appello di Genova, con la sentenza n. 572 del 21 maggio 2012, riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, condannando gli appellanti, in solido, al pagamento della somma di € 62.149,51 oltre a interessi (importo che risultava essere la sommatoria dei saldi debitori -pari a € 52.918,17 – di alcuni conti correnti, nei quali erano confluite le spettanze della banca per due prestiti d ‘ uso d ‘ oro, e di quanto ancora dovuto alla stessa banca a titolo di rimborso per un finanziamento di £ 50.000.000: rimborso che doveva essere ancora onorato per € 9.231,34);
–NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione della sentenza ora menzionata; resisteva RAGIONE_SOCIALE (incorporante della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di procuratrice della RAGIONE_SOCIALE, a sua volta cessionaria dei crediti di Intesa Gestione Crediti S.p.A.;
-questa Corte, con l ‘ ordinanza n. 15461 del 22/6/2017, rigettava il ricorso;
-dopo la decisione d ‘ appello, in data 27 ottobre 2012, NOME COGNOME provvedeva al versamento della somma complessiva di € 67.308,95, richiedendo alla controparte di conoscere l ‘ ammontare degli interessi residui; la creditrice, con comunicazione del 1° ottobre 2012, quantificava il debito residuo in € 161.421,83, successivamente ridotto a € 94.112,88 al 30 settembre 2014, oltre interessi maturandi;
-a fronte di tale conteggio, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615 c.p.c., con ricorso depositato in data 23 dicembre 2014, e poi introducevano il giudizio di merito dinanzi al Tribunale di Imperia con atto di citazione del 16 aprile 2015; si costituiva RAGIONE_SOCIALE in qualità di mandataria della RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti originariamente vantati da Intesa BCI Gestione Crediti S.p.A.RAGIONE_SOCIALE
-il Tribunale, con la sentenza n. 58/2018 del 31 gennaio 2018, rigettava l ‘ opposizione e condannava gli opponenti al pagamento delle spese di lite;
-veniva proposta impugnazione dinanzi alla Corte d ‘ appello di Genova; interrotto il processo a seguito del decesso di NOME COGNOME e riassunto dagli eredi NOME COGNOME (quale erede di NOME COGNOME) e NOME COGNOME (in proprio e quale erede di NOME COGNOME), la Corte di merito, con la sentenza n. 737 del 20 giugno 2023, rigettava l ‘ appello, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando gli appellanti alla rifusione delle spese del grado;
-avverso tale sentenza, NOME e NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione, fondato su cinque articolati motivi;
-resisteva con controricorso doNext RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in qualità di mandataria della RAGIONE_SOCIALE
-la controricorrente depositava memoria ex art. 380bis .1, comma 1, c.p.c.;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 26/6/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-«Con il primo motivo, sub lettera A), si denuncia la violazione dell ‘ art. 24 c.1 Cost, art. 81 c.p.c. e artt. 1264 e 2697 c.c. art. 58 TUB, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto la Corte d ‘ appello ha erroneamente ritenuto che la mera avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco sia di per sé sufficiente a dimostrare la cessione dei crediti vantati da IntesaBCI Gestione Crediti nei confronti degli odierni ricorrenti. Si denuncia altresì la violazione nonché violazione dell ‘ artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 111, comma 6, Cost. in relazione all ‘ art. 360 c.p.c., n. 5 c.p.c. per aver omesso la Corte di Appello di indagare sul contenuto dell ‘ atto di cessione in blocco di cui alla produzione doc. 3 della comparsa di costituzione e risposta di RAGIONE_SOCIALE nel procedimento di appello, e verificare i criteri di identificazione dei crediti ceduti che in esso si trovavano elencati.»;
-la censura – con cui si prospetta l ‘ omessa dimostrazione, da parte della controricorrente, della propria legittimazione ad agire in executivis e, cioè, della titolarità del credito azionato, derivante da cessione ex art. 58 TUB – è inammissibile, prima che infondata;
-difatti, nella parte in cui l ‘ eccezione degli odierni ricorrenti, formulata per la prima volta in grado d ‘ appello, mira a contestare il diritto di RAGIONE_SOCIALE di agire in executivis , essa costituisce un nuovo motivo di opposizione ex art. 615 c.p.c., inammissibile perché nel giudizio di merito dell ‘ opposizione esecutiva possono essere esaminate soltanto le ragioni di opposizione già proposte col ricorso
iniziale al giudice dell ‘ esecuzione ( ex multis , da ultimo, Cass. Sez. 3, 31/03/2025, n. 8419, Rv. 674237-01);
-nella parte in cui, invece, l ‘ eccezione è volta a contestare la legittimazione della RAGIONE_SOCIALE (subentrata a Intesa Gestione Crediti già nel primo grado) a contraddire nel giudizio di cognizione e, cioè, a negare alla medesima la qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso (il credito), la stessa è manifestamente infondata, atteso che tale qualità è stata riconosciuta, con decisione passata in giudicato, da Cass. Sez. 1, 22/6/2017, n. 15461, che rigettando il ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e, quindi, confermando il rigetto dell ‘ appello – ha definito la controversia di opposizione a decreto ingiuntivo riconoscendo «RAGIONE_SOCIALE (incorporante della RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di procuratrice della RAGIONE_SOCIALE, a sua volta cessionaria dei crediti di Intesa Gestione Crediti s.p.a.»;
-«Con il secondo motivo, sub lettera B – a), viene denunciata invece la violazione dell ‘ art. 474 c.p.c. in relazione all ‘ art. 360 c.p.c., n. 3 c.p.c. nonché violazione dell ‘ artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 111, comma 6, Cost. in relazione all ‘ art. 360 c.p.c., n. 5 c.p.c. per aver la Corte di Appello individuare gli ‘ interessi convenzionali ‘ attraverso un ‘ analisi degli atti del secondo grado rg. 372/2007, quando la stessa sentenza che aveva concluso tale giudizio aveva richiamato la fase di primo grado per determinarne il contenuto, e pertanto era agli atti e documenti di quest ‘ ultima che il Giudice dell ‘ impugnata sentenza doveva riferirsi per svolgere detto accertamento.»;
-il motivo è inammissibile;
-oltre a presentare le evidenti lacune insite nel continuo rinvio ad atti dei gradi di merito – non adeguatamente riportati e illustrati nel ricorso introduttivo (in violazione dell ‘ art. 366 c.p.c.) – la censura è formulata in maniera generica ed è inconcludente;
-difatti, i ricorrenti sostengono apoditticamente che, «sebbene al Giudice debba riconoscersi ampi poteri di indagine nell ‘ interpretazione del titolo esecutivo, è altrettanto vero che tale potere deve comunque rimanere ancorato a quanto in esso è statuito», senza però spiegare quali limiti avrebbe travalicato il giudice di merito; si afferma che «il Collegio, nell ‘ indagare quali fossero gli ‘ interessi convenzionali ‘ , avrebbe dovuto fare riferimento esclusivamente a quanto contenuto nella sentenza 84/2006, potendo al più estendere il proprio campo di indagine agli atti e documenti riversati nel relativo giudizio», ma non si chiarisce né il contenuto della richiamata sentenza, né quali elementi estranei al giudizio sarebbero stati acquisiti;
-qualora poi la parte intendesse affermare che solo la pronuncia di opposizione a decreto ingiuntivo poteva essere vagliata come titolo esecutivo e non anche quella d ‘ appello, la censura sarebbe manifestamente infondata, attesa la successione delle pronunce e la reciproca integrazione delle medesime in base a generali principî di diritto processuale;
-palesemente inammissibile è la deduzione del vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., che, a fronte di una ‘ doppia conforme ‘ , non può essere prospettato a norma dell ‘ art. 360, comma 4, c.p.c. (che ricalca il previgente art. 348ter , ultimo comma, c.p.c.);
-«Con il terzo motivo, sub lettera B-b), si denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché art. 111, comma 6, Cost. e art. 132, n. 4, c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 c.p.c., n. 5 c.p.c., nella parte della sentenza in cui la Corte di Appello ha sostenuto che la banca nel conteggiare gli interessi maturati sul credito relativo al prestito d ‘ uso d ‘ oro si era attenuta al tasso ivi pattuito senza indicare da quali elementi ha tratto la prova di quanto affermato e ha omesso di considerare e valutare circostanze di segno opposto.»;
-«Con il quarto motivo, sub lettera B-c), si denuncia la violazione dell ‘ art. 1284, comma 3, c.c., in relazione all ‘ art. 360 in. 3 c.p.c. Con
tale motivo di ricorso si domanda che la sentenza di appello venga cassata nella parte in cui ha riconosciuto la validità degli interessi ultralegali in assenza di prova scritta.»;
-«Con il quinto motivo, sub lettera B-d), si denuncia la violazione dell ‘ art. 1284, comma 3, c.c., violazione dell ‘ art. 1224 c.c. e 1284 1c. c.c. in relazione all ‘ art. 360 in. 3 c.p.c., per aver la Corte di Appello applicato il tasso convenzionale remuneratorio successivamente alla mora e per non aver rilevato che il tasso applicabile, in assenza di previsione di un interesse di mora, doveva essere ex lege quello legale.»;
-le censure, che possono essere unitariamente considerate, sono inammissibili per plurime ragioni;
-innanzitutto, il ricorso sconta una grave carenza espositiva (in violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.), posto che le questioni fatte oggetto dei motivi non sono illustrate né nel loro contenuto, né, soprattutto, in relazione alla loro introduzione come motivi di opposizione e alle decisioni assunte nel corso della causa;
-del pari inammissibile è la deduzione della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (pag. 20: «Italfondiario ha mancato completamente di assolvere a tale onere probatorio. Il Collegio, dunque, non disponeva di alcun elemento per sostenere, così come invece ha fatto, che la banca nel conteggiare gli interessi maturati sul credito relativo al prestito d ‘ uso d ‘ oro si era attenuta al tasso ivi pattuito»): «In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad
alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall ‘ art. 116 c.p.c.» e «la doglianza circa la violazione dell ‘ art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ‘ prudente apprezzamento ‘ , pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.» (Cass. Sez. U., 30/09/2020, n. 20867, Rv. 659037-01 e 659037-02);
-sono, infine, inammissibili le censure concernenti la pretesa violazione dell ‘ art. 1284, comma 3, c.c. in relazione alla determinazione degli interessi, posto che – come già rilevato dai giudici di merito – ogni questione relativa alla sussistenza ed entità del credito indicato dal titolo esecutivo giudiziale doveva essere fatta valere nell ‘ ambito del giudizio in cui lo stesso si è formato (che, come detto, si è concluso con la decisione di Cass. Sez. 1, 22/6/2017, n. 15461);
-in conclusione, il ricorso dev ‘ essere respinto e la sentenza impugnata va confermata;
-al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo e tenuto conto della nota spese;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di
merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 7.655,00 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, qualora dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione