SENTENZA TRIBUNALE DI BARI N. 4043 2024 – N. R.G. 00007819 2014 DEL 01 10 2024 PUBBLICATA IL 03 10 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI II SEZIONE CIVILE
in persona del Giudice dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente SENTENZA
nella causa iscritta al n. r.g. 7819/2014 promossa
da
rappresentato e difeso, giusta mandato in atti, dagli avv.ti NOME COGNOME
COGNOME e NOME COGNOME;
OPPONENTE
contro
, rappresentata e difesa, giusta mandato in atti, dall’avv. NOME COGNOME
OPPOSTO
CONCLUSIONI
Parte opponente ha concluso come da verbale d’udienza del 13.03.2024, che si intende qui integralmente richiamato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione notificato in data 05.05.2014, ha proposto opposizione avverso l’atto di precetto, notificatogli in data 08.04.2014 da , con il quale gli è stato intimato il pagamento della somma di €8.588,73 a titolo di assegno di mantenimento dovuto in forza della convenzione di separazione personale dei coniugi, omologata con decreto del Tribunale di Bari n. 130/09 R,G. del 25.05.2009. A fondamento dell’opposizione, ha eccepito l’infondatezza dell’intimazione relativamente all’importo di €1.541,94, in quanto già oggetto di altro precetto attualmente sub iudice ; nel merito, ha precisato di aver integralmente corrisposto quanto dovuto, avendo legittimamente provveduto a decurtare l’importo di €529,00 pari al mantenimento a favore della figlia, oramai autosufficiente. Da ultimo, ha eccepito l’abnormità della somma pretesa quale onorario per l’atto di precetto, in quanto di gran lunga superiore rispetto ai parametri previsti
ex lege ; ritenendone sussistenti i presupposti, ha concluso, preliminarmente, per la sospensione dell’efficacia esecutiva del precetto opposto e, nel merito, per l’accoglimento dell’opposizione.
2. Costituendosi con comparsa depositata in data 30.06.2014, ha, preliminarmente, eccepito l’inammissibilità dell’opposizione per tardività, in relazione alle censure proposte ex art. 617 c.p.c. Nello specifico, ha eccepito l’irrilevanza della circostanza relativa all’autosufficienza economica della figlia, poiché questione sottoposta nel procedimento di divorzio pendente e non ancora decisa. Ha confermato, altresì, la sussistenza di un precedente atto di precetto avente ad oggetto le differenze dei medesimi ratei relativi ai mesi di maggio e giugno 2012, ma ha precisato che il giudizio risulta ancora pendente a causa dello smarrimento, da parte della Cancelleria immobiliare, dell’originale del titolo esecutivo e che prosegue limitatamente alla decisione in punto di spese. Ha riferito, pertanto, di aver notificato un nuovo atto di precetto per lo stesso importo, oltre agli altri ratei maturati successivamente, per evitare che la propria posizione creditoria sia pregiudicata dalla stasi del precedente giudizio. In ogni caso, ha eccepito la tardività ex art. 617 c.p.c. di tale motivo di opposizione, nonché della censura inerente alla quantificazione dell’onorario – per la quale è stato precisato, tuttavia, che il quantum è stato erroneamente indicato in €600,00 in luogo dell’importo corretto di €300,00. Ha concluso, dunque, per il rigetto dell’avversa opposizione.
3. Con deposito del 25.01.2018 l’opponente ha chiesto dichiararsi la cessata materia del contendere, assumendo il raggiungimento di un accordo con controparte, in merito alla compensazione di un controcredito dallo stesso vantato. La ha contestato l’operatività della compensazione opposta, escludendo il raggiungimento di alcun accordo in merito.
4. La causa, istruita essenzialmente sulla scorta della produzione documentale versata in atti, è stata rinviata all’udienza del 13.03.2024 dove, sulle conclusioni come in epigrafe precisate, è stata riservata per la decisione, con concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
1. Va osservato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di parte opponente, non può dichiararsi la cessazione della materia del contendere per intervenuto accordo tra le parti.
Il ha sostenuto che, in ragione di un proprio controcredito di €25.700,51 nei confronti della ex coniuge, quest’ultima avrebbe dichiarato di voler opporre in compensazione il proprio credito portato nell’atto di precetto oggi opposto, compensazione che veniva accettata dall’odierno opponente. Sulla base di tale accordo, ha insistito per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
A fronte di ciò, la difesa di parte opposta ha contestato l’avversa ricostruzione, precisando che la corrispondenza prodotta da controparte non era finalizzata al raggiungimento di un accordo di
2.
compensazione, quanto, piuttosto, ad una ‘ tregua dalle azioni esecutive ‘ (vedasi verbale d’udienza del 26.01.2018), in ragione del fatto che il credito asseritamente vantato dal essendo ancora sub iudice , non poteva in ogni caso essere oggetto di compensazione.
Ebbene, si osserva che, in base alla documentazione depositata in atti da parte opponente, non è possibile ravvisare un raggiunto accordo circa l’estinzione della pretesa creditoria azionata dalla con il precetto oggi opposto.
In primo luogo, va evidenziato che la comunicazione via fax del 07.03.2017, con la quale la difesa della opposta ha asseritamente dichiarato di voler opporre in compensazione il proprio controcredito derivante dal mancato pagamento di assegni di mantenimento, è formulato in maniera assai generica, di talché non è possibile concludere per la volontà di estinguere per compensazione proprio il credito di cui all’intimazione di pagamento del 08.04.2014. Testualmente, infatti, viene riferito che ‘ solo per assegni divorzili non corrisposti da giugno 2015, il credito ammonta ad ad oggi a €22.000, mentre per le altre differenze e per spese legali non corrisposti ammonta a non meno di €10.000, il tutto per €32.000 come minimo, ad oggi .’ Il riferimento che la fa agli assegni divorzili ‘ da giugno 2015 ‘ non consente neppure di includere in tali voci di credito le mensilità oggetto della presente opposizione, che riguardano, invece, il periodo compreso tra maggio 2012 e gennaio 2013.
Peraltro, in disparte ogni valutazione circa la possibilità di opporre in compensazione crediti rinvenienti dal mantenimento dei figli – aventi natura alimentare -, va osservato che non vi è prova che i titoli giudiziari, posti a fondamento del controcredito del siano divenuti definitivi; ed anzi, tale circostanza è fermamente contestata dalla difesa di parte opposta. In assenza dell’intervenuto giudicato su tale pretesa, va esclusa la possibilità di opporre in compensazione tale voce di credito, poiché difetta il requisito della certezza e della esigibilità dello stesso; tanto è stato confermato in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui ‘ la compensazione, legale o giudiziale, rimane impedita tutte le volte in cui il credito opposto in compensazione sia stato ritualmente contestato in diverso giudizio non ancora definito, risultando a tal fine irrilevante l’eventuale sentenza di merito o provvedimento di condanna, anche se immediatamente esecutivi, emessi in quel giudizio, perché non consentono di ritenere integrato il requisito della definitività dell’accertamento, e dunque della certezza del controcredito.’ (ex multis, Cass. n. 4313/2019)
La mancata prova circa l’estinzione del credito precettato non consente, in definitiva, di dichiarare cessata la materia del contendere.
Nel merito, l’opposizione è parzialmente fondata per i motivi che si espongono.
3. Va precisato che l’opposizione proposta dal va integralmente qualificata quale opposizione ex art. 615 c.p.c., in quanto le contestazioni sollevate non attengono a profili di regolarità
formale dell’atto, quanto, piuttosto, all’infondatezza del diritto dell’istante a procedere ad esecuzione forzata. In particolare, con riguardo alla contestazione circa le somme precettate a titolo di compenso, poiché abnormi rispetto alle tariffe professionali, la giurisprudenza ha precisato che ‘l’opposizione a precetto può configurare sia l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., sia l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. a seconda che il debitore contesti l’ammontare della somma con esso ingiunta, ovvero ne chieda la nullità per vizi formali: in entrambi i casi si contesta comunque il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. Nel caso in cui si contesti l’erronea applicazione della tariffa forense, si configura comunque l’atto di opposizione all’esecuzione, dal momento che esso investe la sfera del diritto sostanziale del creditore ponendo in discussione il diritto a conseguire il credito’ (Cass. n. 6102/2013)
4. Tanto premesso, è infondata la censura relativa alla non debenza delle somme dovute a titolo di mantenimento della figlia, in ragione dell’autonomia economica dalla stessa raggiunta.
Occorre osservare, infatti, che al mutamento sopravvenuto delle condizioni economiche ed individuali della famiglia, che presenta, senz’altro, una sua rilevanza al fine della quantificazione in concreto dell’assegno di mantenimento, non può attribuirsi carattere dirimente nel giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c.; trattasi, infatti, di circostanze che, in quanto attinenti ad una richiesta di modifica delle condizioni del mantenimento, vanno fatte valere nel relativo giudizio di divorzio. A medesime conclusioni è giunta, con orientamento oramai costante, la Corte di Cassazione, che in diverse occasioni ha ribadito che ‘ con l’opposizione ai precetto relativo a crediti maturati per il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, determinato a .favore del figlio in sede di separazione o di divorzio, possono essere dedotte soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti, da farsi valere col procedimento di modifica delle condizioni della separazione di cui all’art. 710 c.p.c o del divorzio di cui all’art. 9 della legge n. 898 del 1970. ‘ (Cass. n. 17689/2019, richiamata, da ultimo, in Cass. n. 27602/2020).
Ne consegue l’infondatezza del predetto motivo di opposizione.
5. Parimenti infondata è la contestazione sulla non debenza della somma di €1.541,94, in quanto già precettata con atto di intimazione del 03.07.2012.
In primo luogo, va precisato che va ritenuta legittima la rinnovazione di un atto di precetto, quand’anche il primo sia ancora efficace, poiché al creditore va in ogni caso riconosciuto il diritto di proseguire l’azione esecutiva sino a quando il credito – portato dal titolo esecutivo- non sia stato integralmente soddisfatto (vedasi, tra le altre, Cass. n. Cass. 9 maggio 2006, n. 10613; Cass. 7 agosto 2012, n. 14189). Ne consegue che, nonostante la pendenza del giudizio esecutivo, il creditore può notificare un secondo atto di intimazione per il pagamento del credito portato dal medesimo titolo, purché ciò non comporti un ingiustificato incremento e duplicazione delle spese precettate.
A tali conclusioni è giunta, tra le altre, Cass. n. 19876/2103: ‘invero (come testualmente si esprime, da ultimo, Cass. 23 ottobre 2012, n. 18161): è giurisprudenza costante di questo giudice di legittimità, cui va assicurata continuità, che la pendenza del procedimento esecutivo non preclude ne’ rende inutile la reiterazione dell’atto processuale che vi dà inizio, al fine di porre al riparo la concreta attuazione della pretesa esecutiva dai possibili insuccessi conseguenti ad eventuali vizi di precedenti atti: pertanto, il creditore può validamente notificare al debitore il precetto per l’esecuzione di un titolo esecutivo sulla base del quale egli abbia già promosso azione esecutiva ancora pendente nel momento della notifica del successivo precetto (Cass. 2 marzo 2007, n. 4963; Cass. 22 luglio 1991, n. 8164)’ (Cass. n. 19876/2013)
Poiché è incontestato che la creditrice non abbia – nell’odierno atto di precetto – richiesto spese e onorari relativi all’intimazione del 03.07.2014 – essendosi esclusivamente limitata a richiedere il saldo dell’assegno di mantenimento per le mensilità di maggio e giugno 2012, va dichiarata l’integrale legittimità dell’azione intrapresa e, dunque, dell’atto di precetto in questa sede opposto.
6. Fondata è, al contrario, l’eccepita abnormità del credito precettato a titolo di onorario.
Secondo parte opponente, infatti, la creditrice opposta ha intimato, a titolo di competenze per l’atto di precetto, l’importo di €600,00 in forza del D.M. n. 140/2012. Ha contestato, da una parte, il quantum preteso e, dall’altra, la disciplina ministeriale correttamente applicabile nella fattispecie de quo, precisando che al momento della notifica dell’atto di precetto era già entrato in vigore il D.M. n. 55/2014.
Tali conclusioni appaiono condivisibili.
Con riferimento alla disciplina ratione temporis applicabile, si osserva che il DM n. 55/2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 77 del 02.04.2014, è entrato in vigore in data 03.04.2014. Ne consegue che, considerando la data di notifica al debitore (08.04.2014), la disciplina applicabile era quella del D.M. n. 55/2014 e non quella di cui al D.M. n. 140/2012.
Relativamente al quantum , occorre osservare che la creditrice opposta, nella propria comparsa di costituzione e risposta, ha precisato che l’importo di €600 indicato in precetto è frutto di un errore materiale, dovendosi ritenere intimato, al contrario, il minor importo di €300.
Ebbene, secondo le tabelle ministeriali ratione temporis vigenti, il parametro medio del compenso professionale per la redazione dell’atto di precetto di importo pari ad €8.588,73 (scaglione da €5.201 a €26.000) è di €225, determinazione dalla quale non vi è ragione di discostarsi.
Ne consegue che, alla stregua dei rilievi che precedono, l’opposizione risulta fondata limitatamente agli onorari per l’atto di precetto e, per l’effetto, va dichiarata la nullità ed inefficacia parziale dell’atto di precetto opposto per l’importo di €375,00 ( dato dalla differenza del compenso di €600 precettato e l’importo di €225,00 effettivamente dovuto).
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, ‘l’eccessività della somma portata nel precetto non travolge questo per l’intero, ma ne determina la nullità o inefficacia parziale per la somma eccedente, con la conseguenza che l’intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta, alla cui determinazione provvede il giudice, che è investito di poteri di cognizione ordinaria a seguito dell’opposizione in ordine alla quantità del credito.’ .
7. In ragione del parziale accoglimento dell’opposizione e in considerazione dell’intervenuto mutamento della normativa applicabile per i compensi professionali nelle more tra la redazione dell’atto e la notifica del precetto, le spese possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bari, seconda sezione civile, in persona del Giudice Unico dott.ssa NOME COGNOME definitivamente pronunciando, ogni diversa e ulteriore istanza, eccezione e deduzione disattesa, così giudica:
1. Accoglie l’opposizione per quanto di ragione e, per l’effetto, dichiara la nullità ed inefficacia parziale dell’atto di precetto notificato in data 08.04.2014 limitatamente all’importo di €375,00;
2. Spese compensate.
Così deciso in Bari l’01.10.2024
Il Giudice NOME COGNOME