Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5776 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5776 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12424/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOMECOGNOME NOME , elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e
Oggetto:
Contratti
bancari
–
Opposizione a
precetto
–
Cessazione
materia del contendere
R.G.N. 12424/2021
Ud. 26/02/2025 CC
difende unitamente agli avvocati COGNOME e COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 5225/2020 depositata il 30/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 26/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 5225/2020, pubblicata in data 23 ottobre 2020, la Corte di Appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE e per essa di RAGIONE_SOCIALE quale mandataria ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 9880/2018, pubblicata il 14 maggio 2018, la quale, a propria volta, aveva respinto l’opposizione proposta dagli appellanti avverso il precetto loro notificato in data 29 luglio 2015 ad istanza di RAGIONE_SOCIALE e per essa da RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della somma di € 268.593,50 a titolo di rate del mutuo fondiario concluso tra le parti.
Come riferito nella decisione impugnata, NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano proposto opposizione al precetto deducendo la nullità dello stesso per assenza dell’ avviso ex art. 480, secondo comma, c.p.c., in violazione della modifica introdotta dall’art. 23 , D.L. 83/2015.
A seguito della regolare costituzione dell’opposta, nei termini concessi ex art. 183, sesto comma, c.p.c., gli opponenti avevano ulteriormente domandato di dichiarare la risoluzione del rapporto di
mutuo per inadempimento dell’opposta, consistente nell’aver omesso le informazioni in ordine all’ISC, precludendo in tal modo la possibilità di determinare l’effettivo costo del mutuo .
Il Tribunale di Roma, acquisita d’ufficio la copia del mutuo, aveva respinto l’opposizione.
Il Tribunale, quanto all’originario motivo di opposizione, aveva ritenuto valido il precetto opposto mentre, quanto alla domanda di risoluzione del mutuo, l’aveva qualificata come opposizione all’esecuzione e l’aveva , conseguentemente, ritenuta inammissibile, in quanto proposta per la prima volta nella memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c., peraltro osservando anche nel merito che la erronea quantificazione dell’ISC non rientrava tra le ipotesi di cui a ll’art. 117 , comma 6, TUB.
Pronunciandosi sui motivi di gravame proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME la Corte d’appello, in sintesi:
-ha escluso la possibilità di dichiarare la cessazione della materia del contendere come conseguenza dell’avvenuta rinuncia della banca appellata alla procedura esecutiva e della conseguente estinzione di quest’ultima , in quanto ha ritenuto che l’atteggiamento processuale delle parti fosse incompatibile con l’effettivo venir meno della materia del contendere ;
-ha dichiarato inammissibile l’appello in relazione al motivo con il quale si censurava la decisione di prime cure per aver ritenuto valido il precetto, in quanto ha osservato che -qualificata dal primo giudice tale opposizione come opposizione agli atti esecutivi senza che tale qualificazione fosse stata censurata -doveva trovare applicazione il disposto di cui all’art. 618, terzo comma, c.p.c.;
-ha disatteso l’appello in relazione al motivo con il quale veniva censurata la decisione di prime cure per aver dichiarato inammissibile la domanda di risoluzione del contratto di mutuo, affermando che la stessa -qualificabile quale opposizione all’esecuzione costituiva domanda radicalmente nuova, basandosi su fatti che non erano stati prospettati, neppure genericamente, nelle originarie allegazioni dell’opposizione.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE quale mandataria.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c.
I ricorrenti evidenziano preliminarmente che l’odierna controricorrente aveva immediatamente depositato la rinuncia alla procedura immobiliare, dopo aver ricevuto la notifica del l’opposizione proposta dai ricorrenti stessi, ‘nella quale si eccepiva il pagamento dell’importi dovuti mediante la stipula di un atto di surroga stipulato in data 17.2.2011 presso la sede della Unicredit SpA, nel quale erano indicate le modalità dell’erogazione a totale definizione del pregresso
debito dei deducenti con il rilascio della relativa quietanza a saldo da parte della Banca’ .
Argomentano, quindi, che la decisione impugnata si sarebbe basata sull’errato presupposto dell’assenza di una richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere tra le parti in ragione dell’avvenuta rinuncia della Banca alla procedura esecutiva , evidenziando che la rinuncia all’esecuzione doveva necessariamente estendere i propri effetti all’opposizione a precetto.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 183, 615, 617, 618 c.p.c.; 2697 c.c.
Si censura la decisione della Corte territoriale per avere respinto il gravame degli odierni ricorrenti, qualificando la doglianza originaria come opposizione agli atti esecutivi.
Dopo aver premesso che il contratto di mutuo che costituiva il titolo vantato dalla controricorrente era stato acquisito dal giudice di prime cure in corso di giudizio, i ricorrenti deducono che ‘il giudice avrebbe dovuto risolvere la controversia e giudicare con il materiale probatorio allegato e depositato dalla parti, e in particolare con la opposta, la quale, nella sua qualità di creditrice, aveva l’onere probatorio, che non poteva invertirsi, di dimostrare l’esistenza e l’entità dell’obbligazione vantata in perfetta mala fede, mai dimostrata nel corso del giudizio dell’opposizione’ e, ulteriormente, che ‘il Giudice, in violazione dei principi che regolano il processo e in particolare la corretta distribuzione degli oneri dimostrativi, non aveva alcun potere istruttorio di colmare la lacuna probatoria delle parti, in particolare della Banca intimante’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 183, VI comma cpc in
rapporto all’art. 360 n 3 e 5 cpc per omessa o insufficiente motivazione ‘ .
Si censura la sentenza impugnata in quanto la stessa avrebbe rigettato la domanda dei ricorrenti formulata nella istanza istruttoria ex art. 183 c.p.c., limitandosi a pronunciare sulla questione di inammissibilità della domanda per mutatio libelli .
I ricorrenti evidenziano di avere chiesto, in via principale, di dichiarare la nullità del precetto ‘che avrebbe dovuto essere esaminata e decisa prima di analizzare la domanda subordinata’ .
Deducono, ulteriormente, che la domanda da essi formulata non poteva essere considerata nuova.
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. In via generale deve rilevarsi la radicale inammissibilità dei riferimenti -contenuti in tutti i motivi -al disposto di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c. in relazione al carattere ‘insufficiente’ della motivazione.
Questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del
07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Nessuna di dette carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico ma comunque completo, univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili, dovendosi constatare che le doglianze del ricorso si sostanziano in una critica del merito della decisione.
2.2. Il primo mezzo di impugnazione, quanto al richiamo all’art. 360, n. 3), c.p.c., risulta ulteriormente inammissibile, in quanto radicalmente carente sul piano del rispetto del canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., operando un generico riferimento ad atti e documenti che non vengono né riprodotti né adeguatamente localizzati.
Solo per completezza, allora, si deve osservare che la decisione della Corte territoriale risulta pienamente conforme ai principi enunciati da questa Corte in tema di cessazione della materia del contendere sia con riguardo alla fattispecie generale (Cass. Sez. L, Sentenza n. 2063 del 30/01/2014; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5188 del 16/03/2015; Cass. Sez. L – Ordinanza n. 25625 del 12/11/2020), sia con riguardo alla specifica materia delle esecuzioni (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 351 del 10/01/2023; Cass. Sez. 3 Ordinanza n. 201 del 05/01/2023; Sez. 3 – Ordinanza n. 4855 del 23/02/2021), dovendosi notare che lo stesso ricorso deduce la presenza di una contestazione sull’ an della pretesa creditoria, la quale di per sé precludeva l’integrale cessazione della materia del contendere.
2.3. Quanto al secondo mezzo, lo stesso -comunque carente di specificità ex art. 366 c.p.c. -omette di confrontarsi con la ratio
decidendi della sentenza impugnata, la quale, da un lato, ha dichiarato inammissibile ex art. 618 c.p.c. l’ originaria opposizione, rilevando che la qualificazione della stessa da parte del giudice di prime cure come opposizione agli atti esecutivi non era stata impugnata dagli odierni ricorrenti, e, dall’altro lato, ha ribadito la declaratoria di inammissibilità della domanda svolta nelle memorie ex art. 183, sesto comma, c.p.c.
Era onere dei ricorrenti, quindi, censurare la duplice statuizione evidenziando il non corretto governo delle previsioni del codice di rito, e non invece diffondendosi -come invece è avvenuto -in una serie di non pertinenti deduzioni sul tema della distribuzione degli oneri probatori
2.4. Il terzo ed ultimo mezzo, sempre carente sul piano del rispetto dell’art. 366 c.p.c., ancora una volta non si confronta con la ratio decidendi adottata dalla Corte d’appello .
Quest’ultima, contrariamente a quanto dedotto nel motivo, non ha omesso di analizzare in via preliminare la domanda di nullità del precetto, ma ha rilevato l’inammissibilità del gravame per effetto dell’operare della preclusione di cui all’ art. 618 c.p.c. – in tal modo statuendo, seppure in rito, sullo specifico profilo – ed ha proceduto poi all’esame del motivo di gravame concernente l’ulteriore domanda formulata nel corso del giudizio di prime cure, conformandosi pienamente ai principi espressi in materia da questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015; Cass. Sez. U – Sentenza n. 22404 del 13/09/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26541 del 09/09/2022), di talché il motivo di ricorso, sotto tale profilo, risulta inammissibile anche ex art. 360bis, n. 1), c.p.c.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della
contro
ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 3.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima