Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5490 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5490 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31860/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1090/2019 depositata il 01/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
La corte d’appello di Bologna, con sentenza in data 1-4-2019, ha respinto il gravame di RAGIONE_SOCIALE, debitrice principale, e di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, fideiussori, in ordine alla decisione con la quale il tribunale di Reggio Emilia ne aveva disatteso le istanze di revoca di un decreto ingiuntivo ottenuto nei loro confronti dalla Banca popolare dell’Emilia -Romagna, per scoperto di conto corrente e mancato rimborso di rate di mutuo.
La sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
La banca ha replicato con controricorso e memoria.
Ragioni della decisione
I. -Col primo mezzo i ricorrenti denunziano la violazione o errata applicazione degli artt. 2710 cod. civ., 116, 116, 633 e 634 cod. proc. civ., 50 del d.lgs. n. 385 del 1995 (cd. T.u.b.) per avere la corte d’appello affermato che l’estratto autentico del libro giornale sezionale, prodotto in giudizio dalla banca, era idoneo a sostenere l’ingiunzione.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, visto che entrambe le sentenze, di primo grado e d’appello, hanno rigettato l’opposizione affermando che il credito era stato provato in forza degli elementi acquisiti nel giudizio, a cognizione piena, introdotto con l’opposizione stessa.
II. -Col secondo mezzo i ricorrenti denunziano la violazione o errata applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. per avere la corte d’appello ritenuto insussistente l’onere della banca di provare il credito in presenza di una contestazione solo generica e formale, errando in tal modo nel qualificare come appunto meramente formale l’eccezione che in proposito era stata avanzata dagli opponenti al decreto ingiuntivo.
Il motivo è inammissibile perché allude a un supposto inadempimento del criterio di ripartizione dell’onere della prova nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, motivato sulla scorta di una errata affermazione di genericità della contestazione.
Per converso occorre osservare che l a corte d’appello si è uniformata all’insegnamento secondo il quale in sede di opposizione al decreto ingiuntivo trovano applicazione le consuete regole di ripartizione dell’onere della prova rispetto al credito, con la conseguenza che l’opposto, pur assumendo formalmente la posizione di convenuto, riveste la qualità di attore in senso sostanziale, sicché spetta a lui provare nel merito i fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio.
Peraltro, è vero che la corte d’appello, nel riferimento a quanto sottolineato da alcune decisioni di questa Corte di legittimità (si cita Cass. Sez. 1 n. 14640-18), ha aggiunto che nella specie l’opposizione era stata incentrata su contestazioni solo generiche e formali, come quella sull’ inutilizzabilità a tal fine degli estratti conto certificati.
Ha però osservato che al fondo dell’opposizione erano state poste altre contestazioni -di mancanza di previsione scritta del tasso d’interesse praticato ovvero di mancanza di documentazione scritta comprovante il credito -che, in disparte la genericità, erano poi risultate smentite ‘dalla produzione della banca di tutta la documentazione pertinente’.
In tal modo la corte territoriale, per quanto sinteticamente argomentando, ha mostrato di dedurre la prova del credito non dal criterio di non contestazione, ma dall ‘esame diretto di ‘tutta la
documentazione pertinente’ depositata dalla banca quale soggetto onerato , in piena coerenza col criterio di riparto di cui all’art. 2697 cod. civ.
III. -Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 112, 113 e 115 cod. proc. civ. e l’ omesso esame di fatto decisivo a proposito della contestazione in tema di nullità delle fideiussioni per violazione del d.lgs. n. 287 del 1990, avvenuta non semplicemente nella comparsa conclusionale per il giudizio di primo grado (come affermato dalla corte d’appello), sebbene già in sede di precisazione delle conclusioni .
Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato, essendo sufficiente correggere la motivazione della sentenza.
La corte d’appello ha ritenuto la ‘assoluta novità’ e quindi ‘la tardività’ delle questioni sollevate ‘per la prima volta con la comparsa conclusionale in appello’ sulla nullità delle fideiussioni in quanto rilasciate sulla base di uno schema contrattuale standard predisposto dall’RAGIONE_SOCIALE. Ha aggiunto che ‘tale questione nuova, su cui al difesa della appellata non ha certamente potuto difendersi, in quanto illustrata nelle difese finali in appello, deve ritenersi tardiva e inammissibile e non può certo essere r itenuta rilevabile d’ufficio’.
I ricorrenti oppongono due cose:
che la questione era stata sollevata ‘col foglio di precisazione delle conclusioni depositato telematicamente in data 10.12.2018 e richiamato nel corso dell’ultima udienza del(l’) 11.12.2018′; foglio nuovamente depositato in data 17-12-2018 a seguito del rifiuto della cancelleria di accettarlo e del provvedimento in data 11-12-2018 della stessa corte d’appello ;
che la questione era rilevabile anche d’ufficio.
Deve però osservarsi che:
la prima specificazione è del tutto irrilevante, dal momento che in ogni caso nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove (art. 345 cod. proc. civ.) e men che meno tali domande possono proporsi in sede di precisazione delle conclusioni; ed è sicuramente
nuova la domanda che in appello -come nel caso concreto – si sia aggiunta a una di quelle principali fuori dei casi eccezionalmente previsti dalla seconda parte del primo comma dell’art. 345 cod. proc. civ. ;
-la seconda, sebbene imponendo una correzione della motivazione della sentenza d’appello, è in ogni caso astratta dal contesto che emerge da codesta, e quindi non assume alcuna rilevanza.
-Va qui precisato che le nullità negoziali, che non siano state rilevate d’ufficio in primo grado, sono suscettibili di tale rilievo in grado di appello o in cassazione (come in linea generale affermato da Cass. Sez. U n. 26242-14 e da Cass. Sez. U n. 7294-17), a condizione che i relativi fatti costitutivi siano stati ritualmente e tempestivamente allegati dalle parti (v. Cass. Sez. 3 n. 20713-23).
Nel caso concreto è decisivo osservare che l ‘apprezzamento di una presunta contrarietà alla normativa cd. antitrust del contratto di fideiussione a valle di asserite intese anticoncorrenziali era precluso, perché la parte interessata non aveva dedotto -per quel che emerge dalla sentenza e per quanto d’altronde ammesso dagli stessi ricorrenti – la conformità delle clausole contrattuali al modello TARGA_VEICOLO, né prodotto il modello medesimo, nell’ambito del giudizio di primo grado.
Non tanto in sé la domanda di nullità, quanto piuttosto i fatti costitutivi di essa non risulta che fossero stati ritualmente e tempestivamente dedotti; e solo questo rileva per confermare la statuizione finale della corte d’appello, ancorché errata e suscettibile di correzione – nell ‘affermazione generale circa l’impossibilità di rilevare d’ufficio una nullità contrattuale.
V. -Col quinto motivo è dedotta la violazione degli artt. 112, 113 e 115 cod. proc. civ. e l’ omesso esame di fatto decisivo nella parte in cui l’impugnata sentenza ha ritenuto tardive le eccezioni di difetto di potere o di conflitto di interessi del soggetto che aveva sottoscritto le fideiussioni per conto della RAGIONE_SOCIALE, quando invece -si dice – codeste erano state formulate già nella citazione in opposizione della stessa RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile perché completamente generico.
Secondo quanto indicato nel ricorso (pag. 25) la citazione n opposizione aveva alluso ‘al fatto che il sig. NOME COGNOME, all’epoca presidente del c.d.a. della fideiubente non avesse il potere di rilasciare fideiussioni a nome della società ‘; questo semplicemente perché la società ‘era retta da un consiglio di amministrazione il quale, con verbale di assemblea del 02.04.2002 aveva delegato al presidente il potere di compiere alcuni atti ma non quello di rilasciare fideiussioni’ .
Il riferimento non consente in alcun modo di cogliere l’ ambito contenutistico dei poteri del presidente che, nell’ottica di parte, sarebbe stato oggetto di limitazione.
VI. -Anche il quinto motivo è inammissibile per genericità.
Si denunzia la violazione degli artt. 112, 113 e 115 cod. proc. civ. per omessa pronunzia in ordine all’eccezione di nullità delle clausole vessatorie di cui al contratto di finanziamento n. 0029/3602279, formulata in atto di citazione e riproposta in appello. Ed è vero che della questione in esame non v’è traccia nell’impugnata sentenza.
Tuttavia, il ricorso pecca di specificità con riguardo alla eccezione a suo tempo prospettata e riproposta in appello.
Dal ricorso si evince semplicemente che nell’atto di citazione e poi anche in appello era stata dedotta ‘l’inoperatività delle clausole vessatorie’ contenute nel contratto per la ‘manca ta specifica sottoscrizione ai sensi dell’art. 1341, 2° comma, c.c.’ .
Quali fossero tuttavia codeste clausole non è dato capire.
L’indicazione di ciò che era stato dedotto è dunque evanescente al punto di non consentire alla Corte di stabilire se in effetti l’omissione di pronuncia della sentenza d’appello abbia avuto un’ efficacia causale tale da indurre alla cassazione della sentenza.
La domanda che si limiti a sostenere la nullità parziale di un contratto per l’esistenza di clausole vessatorie, senza indicare quali siano le dette clausole, è inammissibile perché generica.
E per consolidata giurisprudenza, l’omessa pronuncia, qualora abbia a oggetto una domanda inammissibile, non costituisce vizio della sentenza, e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per cassazione, in quanto, alla proposizione di una tale domanda, non consegue l’obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito (v. Cass. Sez. 6-1 n. 24445-10, Cass. Sez. 1 n. 22874-18, Cass. Sez. 5 n. 20363-21).
VII. -Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alle spese processuali, che liquida in 9.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione