Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2428 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2428 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17746/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 6/2022 depositata il 10/01/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
─ Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la pronuncia resa dal Tribunale di Macerata con cui quest’ultimo aveva a sua volta rigettato l’opposizione proposta dai detti COGNOME e COGNOME -quali fideiussori della debitrice principale RAGIONE_SOCIALE – contro il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti su ricorso di RAGIONE_SOCIALE.p.a. per la somma di euro 40.232,43, oltre interessi: credito derivante dal saldo debitore di un conto corrente con collegati conti anticipi e da un contratto di finanziamento chirografario.
2.- La Corte di appello respingeva il gravame osservando che: a) risultavano depositati da parte della banca nel giudizio di opposizione tutti gli estratti conto relativi all’intero periodo di durata del rapporto di c/c intrattenuto con la società RAGIONE_SOCIALE che così aveva integrato la produzione documentale già effettuata a corredo della richiesta monitoria (i rapporti bancari intrattenuti in c/c, il finanziamento, le certificazioni ex art. 50 TUB e gli atti di fideiussione); b) non risultava una specifica contestazione delle singole annotazioni contabili quanto agli importi ingiunti e ai documenti allegati; c) gli opponenti non avevano provveduto a disconoscere i documenti contrattuali ma solo ad asserire che non ne sarebbero stati firmati tutti i fogli onde la banca avrebbe potuto
sostituirli; e) gli opponenti si erano limitati a sollevare solo generiche eccezioni sull’applicazione di un’illegittima capitalizzazione di interessi passivi, senza specificare quali tra le partite annotate negli estratti conto fossero ritenute illegittime, quali sarebbero gli interessi applicati e le commissioni non specificamente pattuite e quali gli errori nella contabilizzazione del conto corrente. Rigettava pertanto la richiesta di ammissione di CTU contabile in quanto ritenuta esplorativa.
3.- La sentenza è stata impugnata dai fideiussori COGNOME e COGNOME con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, al quale ha resistito RAGIONE_SOCIALE s.p.a. quale mandataria della cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE incorporata in RAGIONE_SOCIALE Le parti hanno depositato memoria.
4.E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c. La difesa di parte ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 633 comma 1 n.1 c.p.c. e dell’art. 50 d.lgs. n. 385/98, in quanto, confermando l’accertamento operato dal Tribunale, la Corte avrebbe ritenuto che la documentazione prodotta dalla banca già in sede monitoria fosse idonea ai fini dell’accoglimento della domanda di ingiunzione, mentre la banca non avrebbe fornito prova scritta dei crediti azionati, essendosi limitata a produrre dei meri saldaconto in luogo degli estratti certificati conformi alle scritture contabili richiesti dall’articolo 50 T.U.B.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2702, 1832 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.. in quanto la Corte di merito: a) avrebbe errato nel ritenere opponibile ai garanti la documentazione contrattuale prodotta dalla banca benché la stessa non fosse sottoscritta in ogni foglio ovvero recasse la firma della società correntista solo sull’ultima pagina,
non su ogni singola pagina, e non avrebbe considerato « l’eccezione di disconoscimento dei fogli non sottoscritti »; b) inoltre, quanto al mutuo, la Banca non avrebbe dimostrato di averlo effettivamente erogato nella misura contrattualmente prevista, non essendo sufficiente sottoscrivere il contratto di mutuo per far sorgere il credito, ma occorrendo pure erogare la somma mutuata, circostanza che non sarebbe stata provata; c) avrebbe erroneamente ritenuto provato il credito vantato benché la banca non avesse fornito la prova dell’invio mediante raccomandata degli estratti conto alla correntista ex articolo 1832 c.c. e dell’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura ai fini dell’eventuale contestazione circa l’an notazione delle voci di dare/avere ivi indicate; d) avrebbe « stravolto l’articolo 2697 c.c. » pretendendo che gli opponenti producessero le prove che il credito non era esistente quando era onere della banca, quale attore sostanziale, dimostrare il fondamento del suo credito: ove avesse applicato correttamente la norma la Corte territoriale avrebbe preso atto che la banca non aveva dimostrato la fondatezza del credito a fronte delle contestazioni mosse.
3.- Il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 61 c.p.c e 191 c.p.c.. in relazione all’art. 360 comma.1 n. 3 c.p.c. in quanto la Corte di merito non aveva ritenuto meritevole di accoglimento la richiesta della CTU contabile giudicandola esplorativa, nonostante i fideiussori avessero contestato gli estratti conto in modo dettagliato.
4.- La proposta ha il tenore che segue.
« è impugnata per cassazione la sentenza del 10 gennaio 2022 con cui la Corte di appello di Ancona ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la pronuncia resa dal Tribunale di Macerata il 26 aprile 2017; quest’ultimo aveva a sua volta rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo spiegata dai detti COGNOME e COGNOME contro il decreto ingiuntivo emesso nei
loro confronti su ricorso di RAGIONE_SOCIALE per la somma di euro 40.232,43, oltre interessi;
il credito azionato trae titolo da un contratto di conto corrente con collegati conti anticipi e da un contratto di finanziamento chirografario: NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano garantito il detto credito vantato dalla banca nei confronti dell’obbligata principale, RAGIONE_SOCIALE, prestando fideiussione;
il ricorso consta di tre motivi ed è resistito da controricorso di RAGIONE_SOCIALE.p.a.;
il primo motivo, con cui sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 633, comma 1, n. 1 e 50 t.u.b. (d.lgs. n. 385/1993) è inammissibile ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c.; infatti, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo a un ordinario giudizio di cognizione, teso ad accertare il fondamento della pretesa fatta valere e non se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa in relazione alle condizioni previste dalla legge: pertanto l’eventuale carenza dei requisiti probatori per la concessione del provvedimento monitorio può rilevare solo ai fini del regolamento delle spese processuali e la sentenza non può essere impugnata solo per accertare la sussistenza o meno delle originarie condizioni di emissione del decreto, se non sia accompagnata da una censura in tema di spese processuali (Cass. 23 luglio 2014, n. 16767; Cass. 15 luglio 2005, n. 15037): censura che nel caso in esame non è stata proposta;
il secondo mezzo prospetta la violazione degli artt. 2702, 1832 e 2697 c.c. ed esso pure appare inammissibile; la Corte di appello ha dato atto della produzione dell’intera serie degli estratti conto relativi al rapporto di conto corrente e dell’assenza di specifiche contestazioni che abbiano investito le varie annotazioni
contrabili: ora, in tema di contratti bancari regolati in conto corrente, la presunzione di veridicità delle scritturazioni del conto
quando il cliente, o il fideiussore del cliente, ricevuto l’estratto o documento equipollente, non sollevino specifiche contestazioni, trova applicazione anche qualora l’estratto conto non sia stato trasmesso con raccomandata o secondo le altre modalità indicate nel contratto, ma venga comunque portato a conoscenza del correntista o del fideiussore, a sostegno della pretesa di pagamento del saldo passivo, con la conseguenza che tale pretesa non può essere respinta in presenza di un generico diniego della posizione debitoria da parte dei destinatari della comunicazione, non accompagnato da specifiche contestazioni (Cass. 27 giugno 2023, n. 18352; cfr. pure: Cass. 23 dicembre 2020, n. 29415; Cass. 6 luglio 2000, n. 9008); la censura vertente sulla mancata sottoscrizione di alcuni documenti è anzitutto carente di autosufficienza, avendo mancato i ricorrenti di indicare la localizzazione degli scritti nei fascicoli processuali: il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso, infatti, nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto (Cass. 10 dicembre 2020, n. 28184; Cass. 7 marzo 2018, n. 5478);
la doglianza è inoltre preclusa in questa sede, dal momento che investe un accertamento di fatto (quello, espresso dal Tribunale e condiviso dalla Corte di appello, per cui «i contratti sono stati sottoscritti da RAGIONE_SOCIALE»: pag. 7 della sentenza impugnata), non sindacabile avanti al Giudice di legittimità;
la deduzione è infine non concludente, visto che gli istanti paiono far questione della mancata sottoscrizione di alcuni fogli del documento contrattuale (pag. 27 del ricorso): tuttavia, in ipotesi di dichiarazione sottoscritta, pur se contenuta in più fogli dei quali solo l’ultimo firmato, poiché la sottoscrizione, ai sensi dell’art. 2702 c.c., si riferisce all’intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene, la scrittura privata deve ritenersi valida ed efficace
nel suo complesso, rimanendo irrilevante la mancata firma dei fogli precedenti, con la conseguenza che, al fine di impedire che l’intero contenuto della scrittura faccia stato nei confronti del sottoscrittore, quest’ultimo ha l’onere di proporre querela di falso (Cass. 19 marzo 2019, n. 7681; Cass. 1 marzo 2007, n. 4886);
– quanto al terzo motivo, con cui è stata prospettata la violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 191 c.p.c., anch’esso è inammissibile; la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario (da ultimo: Cass. 13 gennaio 2020, n. 326; Cass. 21 aprile 2010, n. 9461;Cass. 5 luglio 2007, n. 15219): sicché è escluso, almeno di regola, che il giudizio circa la necessità o l’opportunità di ricorrervi sia sindacabile in sede di legittimità (Cass. 23 marzo 2017, n. 7472);
nel caso di specie la Corte di appello ha evidenziato che la nomina del c.t.u. non poteva aver luogo, non potendosi dar corso a un’indagine esplorativa;
d’altro canto, i ricorrenti asseriscono (pag. 33 del ricorso) che l’indagine dell’ausiliario avrebbe dovuto essere condotta sulla scorta dei «soli documenti prodotti nel processo dalla convenuta opposta» e di «quelli che sono opponibili agli attori opponenti e/o alla debitrice principale in quanto dagli stessi sottoscritti e/o ricevuti»: ma gli estratti conto e i documenti contrattuali prodotti in giudizio erano sufficienti a dar ragione della pretesa azionata, onde non vi era alcuna necessità di procedere a una rideterminazione del saldo;».
5.- Il Collegio condivide le conclusioni articolate ed esaustive circa l’inammissibilità dei motivi di cassazione proposti. D’altronde nella memoria i ricorrenti non aggiungono alcunchè di rilevante rispetto a quanto già illustrato nel proprio ricorso.
5.1 – Quanto al primo motivo, va ribadito che l’eventuale carenza dei requisiti probatori per la concessione del provvedimento monitorio può rilevare solo ai fini del regolamento delle spese processuali e la sentenza non può essere impugnata solo per accertare la sussistenza o meno delle originarie condizioni di emissione del decreto, se non sia accompagnata da una censura in tema di spese processuali, che qui non è stata sollevata.
5.2- Quanto al secondo motivo, a quanto efficacemente ed esaustivamente osservato nella proposta, può aggiungersi:
che la questione della mancata prova dell’erogazione del mutuo non risulta essere stata discussa nel giudizio di merito, sicchè va data continuità al principio per cui « ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa” (Cass. n. 2038/2019);
che la censura della statuizione della Corte circa la genericità della contestazione degli estratti conto prodotti (che rilevava come gli opponenti si fossero « limitati a sollevare solo generiche eccezioni sull’applicazione di un’illegittima capitalizzazione di interessi passivi, senza specificare quali tra le partite annotate negli estratti conto fossero ritenute illegittime, quali sarebbero gli interessi applicati e le commissioni non specificamente pattuite e quali gli errori nella contabilizzazione del conto corrente » v. pag. 8 sentenza gravata) risulta inammissibile in mancanza della specifica indicazione del dove e come detta «dettagliata»
contestazione sarebbe stata formulata, non essendo certo idoneo in tal senso il richiamo al contenuto della memoria ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c. (vedi memoria ex art. 378 c.p.c. pag. 8) ove i ricorrenti semplicemente ribadivano che sarebbero loro opponibili solo « i fogli che risulteranno sottoscritti da COGNOME NOME e/o COGNOME NOME e/o dalla RAGIONE_SOCIALE » e chiedevano ammettersi CTU per determinare l’effettivo saldo alla luce di contestazioni formulate come segue: « determinare l’ammontare degli interessi addebitati al tasso ultralegale senza che sussistesse alcuna pattuizione per iscritto; determinare la Commissione di Massimo Scoperto e/o Commissione sull’Accordato e/o qualsiasi altra Commissione applicata ed addebitata; determinare l’applicazione nelle operazioni di dare ed avere di valute fittizie in luogo delle valute effettive, metodo in base al quale la Banca consegue concretamente il risultato di protrarre fittiziamente i giorni solari del prestito, favorendo l’aumento degli interessi debitori per un periodo temporale in cui non vi è stato il prestito, quantificando gli interessi addebitati per valute fittiziamente appostate; determinare se vi è stata la violazione del ‘ tasso di soglia ‘ legalmente consentito, considerato che è opportuno individuare il tasso effettivo applicato, comprensivo delle spese, della commissione di massimo scoperto, dei prolungamenti per valuta fittizia e di ogni altro onere applicato dalla Banca»
c) che nessuna inversione dell’onere della prova risulta operata nella specie, la Corte di appello avendo considerato che l’opposta aveva assolto all’onere probatorio che le competeva , come risulta chiaramente dal passo che segue: « Dalle movimentazioni delle analitiche operazioni effettuate è stato, pertanto, possibile ricostruire l’andamento del conto, nonché l’entità del saldo passivo iniziale alla fine di ogni trimestre, in combinato con quanto emergente dalla restante documentazione contrattuale a corredo di ogni apertura di credito sottostante -in particolare
dalle condizioni di contratto timbrate e sottoscritte dalla RAGIONE_SOCIALE riportanti la corretta pattuizione di tassi di interesse superiori al saggio legale, nonché l’ammontare delle commissioni da applicare» ( sent. gravata pag. 7-8).
5.3- Quanto al terzo motivo, la censura è inammissibile poiché come già rilevato nella proposta di definizione anticipata, la valutazione in proposito appartiene al giudice di merito e non può essere sindacata in questa sede se non come vizio motivazionale, il che qui non è.
6.- Il ricorso va in conclusione dichiarato inammissibile.
7.- Le spese processuali seguono la soccombenza.
7.1- Considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c., come testualmente previsto dall’art. 380 bis ultimo comma (« Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 »). L’art. 96 terzo comma, a sua volta, così dispone: « In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» . Il quarto comma aggiunge: « Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000 ».
6.2- Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, si tratta di una disposizione (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione «altresì»). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale) » (Cass. Sez. Un. n.27433/2023, in motivazione).
6.3Quanto alla disciplina intertemporale sull’applicazione ai giudizi di cassazione delle disposizioni di cui all’art. 96 terzo e quarto comma c.p.c per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 bis nel testo riformato, le stesse Sezioni unite hanno affermato che « la predetta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 del Lgs. n. 149/2022 sia immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023. Ed infatti la norma di cui all’art. 380 bis c.p.c. (che nella parte finale richiama l’art. 96 commi 3 e 4) è destinata a trovare applicazione, come espressamente previsto dal co. 6 dell’art. 35 del D. Lgs. n. 149/2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio» (come, appunto, quello in esame) (Cass. Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione, principio ribadito da Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
6.4- In definitiva, i ricorrenti vanno condannati in solido tra loro, nei confronti della controricorrente al pagamento della
somma equitativamente determinata oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 2.500,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende. A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª