Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4807 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4807 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
Oggetto: NOME
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1105/2021 R.G. proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in Roma, alla INDIRIZZO
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n. 233/2020 della Corte d’Appello di Messina, pubblicata in data 28/05/2020, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/02/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con atto di citazione del 28/2/2011, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Barcellona P.G., NOME COGNOME perché venisse dichiarata la non opponibilità a lui della sentenza n. 87/1986, resa dalla Pretura di Lipari in data 31 dicembre 1986, registrata in Lipari il 23 febbraio 1987 al numero 17 serie 4 Atti Giudiziari, e non trascritta, con la quale era stata dichiarata la proprietà, in capo alla stessa, per intervenuta usucapione di due appezzamenti di terreno, siti in Lipari-Panarea, in mappa al foglio 12 particelle 340 e 342, che egli aveva acquistato con atto pubblico del 13/1/2005, trascritto il 14/2/2005, e, in via gradata, perché venisse riconosciuta e dichiarata l’invalidità e/o inefficacia della citata sentenza Pretura di Lipari.
Costituitasi in giudizio, NOME COGNOME chiese il rigetto delle domande attoree e propose domanda riconvenzionale volta ad accertare l’acquisto del diritto di proprietà dei due appezzamenti di terreno in Lipari-Panarea, per intervenuta usucapione.
Il Tribunale di Barcellona P.G., con sentenza n. 321/2015, accolse la domanda dell’attore, dichiarando la non opponibilità a lui della sentenza n. 87/1986 dell’allora Pretura di Lipari, perché non trascritta, e rigettò, invece, la domanda riconvenzionale della convenuta per mancato assolvimento dell’onere probatorio.
Il giudizio di gravame, incardinato da NOME COGNOME che insistette sulla richiesta di opponibilità a NOME COGNOME della sentenza n. 87/1986, ancorché non trascritta, e propose domanda riconvenzionale di usucapione, insistendo sulle prove già articolate in primo grado e non assunte, si concluse, nella resistenza di NOME COGNOME che propose appello incidentale nella parte in cui il
giudice aveva omesso di dichiarare invalida e/o inefficace nei propri confronti la sentenza n. 87/1986 del Pretore di Lipari, e nella parte in cui aveva liquidato le spese, con la sentenza n. 233/2020, con la quale la Corte d’Appello di Messina dichiarò inammissibile l’appello incidentale di NOME COGNOME per tardività e, in accoglimento del primo motivo d’appello principale, dichiarò l’opponibilità al medesimo della sentenza n. 87/1986 della Pretura di Lipari, condannandolo alle spese di giudizio.
Contro la predetta sentenza, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati anche con memoria. NOME COGNOME ha resistito con controricorso e, nelle more del presente giudizio, è deceduta come attestato da certificato prodotto in atti.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., con conseguente violazione dell’art. 346 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di circostanze di fatto che erano state oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano dichiarato inammissibile per tardività l’appello incidentale spiegato dal ricorrente, siccome costituitosi in cancelleria il 23/2/2016, a fronte di una prima udienza indicata in citazione per la data del 1/3/2016, senza avvedersi che la comparsa, ancorché denominata appello incidentale, conteneva soltanto la riproposizione ex art. 346 cod. proc. civ. di questioni (l’assenza di trascrizioni pregiudiziali con conseguente buona fede dell’acquirente; la necessità di far accertare l’usucapione nei confronti del COGNOME; la non agevole individuazione delle parti convenute nella sentenza da opporre), che erano state già
avanzate in primo grado ed esaminate, con giudizio positivo, dal giudice di primo grado, avendo questi ritenuto impossibile individuare in modo non equivoco le parti della sentenza da opporre, e che andavano considerate ammissibili senza limite temporale.
1.2 Il primo motivo è fondato.
Infatti, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni non accolte, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perché assorbite o anche quelle esplicitamente respinte qualora l’eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta per altre ragioni, o le questioni superate o assorbite nella sentenza di primo grado, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 1, 23/09/2021, n. 25840; Cass., Sez. 1, 16/6/2020, n. 11653; Cass., Sez. U, 25/5/2018, n. 13195).
E ciò deve fare, come chiarito da Cass., Sez. U, 21/3/2019, n. 7940, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado.
Ciò comporta che i giudici di merito hanno errato allorché hanno dichiarato l’inammissibilità delle difese dell’appellato, vittorioso in primo grado, considerandole tardive, per essersi il predetto costituito in cancelleria il 23/2/2016, a fronte di una prima udienza fissata per il 1/3/2016, senza che rilevi la qualificazione data dalla parte all’atto, ben potendo i giudici procedere alla sua riqualificazione (in questi termini, per il caso inverso, applicabile a
maggior ragione alla specie, Cass., Sez. 3, 3/11/2020, n. 24456, secondo cui, qualora la parte comunque vittoriosa per altre ragioni abbia devoluto la cognizione al giudice d’appello di un’eccezione di merito respinta in primo grado, erroneamente indicandola come mera riproposizione e non come gravame incidentale condizionato, si può procedere alla sua riqualificazione in applicazione del principio della idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ.).
2. Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 342 primo comma, cod. proc. civ., con riguardo alla violazione del precetto di cui al n. 2 della stessa norma da parte dell’appellante principale, in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 cod. proc. civ., e, di conseguenza, la violazione dell’art. 2909 cod. civ. per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello omesso di prendere atto dell’inammissibilità dell’atto d’appello, nella parte in cui si era contrapposto alla sentenza di primo grado – nella parte in cui aveva affermato che nella sentenza dichiarativa dell’usucapione non si individuavano agevolmente le parti -, limitandosi ad asserire che detto titolo individuava, invece, tutti i convenuti proprietari, ai quali la notifica era stata fatta per pubblici proclami e richiamando per relationem l’atto di citazione del giudizio di usucapione; di valutare il fatto che il predetto atto indicava nomi di convenuti di cui non si conoscevano nè le generalità, nè le residenze, e che erano diversi da quelli, indicati, invece, in modo completo nell’atto di compravendita del ricorrente; di valutare l’invalidità della notificazione per pubblici proclami effettuata nel giudizio di usucapione, siccome rivolta a soggetti non identificati, nè identificabili, alcuni dei quali oltretutto deceduti.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta, infine, la violazione degli artt. 132 e segg., 150, 156 e segg., 163 e 164 cod. proc. civ., nonché degli artt. 2909, 2644, 2651 e 2653 n. 1 e segg. cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito accolto il primo motivo di appello principale e dichiarato l’opponibilità a NOME della sentenza n. 87/1986 dell’allora Pretura di Lipari, depositata il 31/12/1986, sostenendo che la sentenza accertativa dell’usucapione, quand’anche non trascritta, prevale sul titolo di acquisto a titolo derivativo, senza considerare che l’opponibilità del titolo è problema diverso dalla natura originaria o derivativa del modo di acquisto.
Il ricorrente ha, sul punto, evidenziato come l’azione volta all’accertamento dell’acquisto della proprietà per usucapione debba essere rivolta nei confronti dei vecchi proprietari rimasti inerti e che, nel caso di specie, i convenuti citati non erano i proprietari dei beni contesi, essendo tali coloro che glieli avevano alienati, come risultante dall’atto pubblico di vendita, tant’è che la vendita era stata regolarmente trascritta. Questa circostanza era stata accertata dal giudice di primo grado ed era passata in giudicato, mentre i giudici d’appello non l’avevano valutata, benché riproposta in appello e illegittimamente obliterata. La stessa notifica per pubblici proclami doveva considerarsi nulla, in quanto i destinatari non risultavano identificati e in quanto non risultava neppure l’inserzione della stessa nei fogli di annunci legali delle province ove risiedono i destinatari, con la conseguenza che la sentenza era nulla e, come tale, inopponibile a chiunque. Infine, l’art. 2653, n. 1, cod. civ. smentiva il fatto che la domanda di usucapione non dovesse essere trascritta.
4.1 Il secondo e terzo motivo, da trattare congiuntamente, in quanto afferenti alla medesima questione della non corretta
instaurazione del giudizio riguardante l’accertamento dell’usucapione, sono fondati.
Occorre preliminarmente evidenziare come possa senz’altro ammettersi azione ordinaria promossa in separato giudizio dal terzo il quale, non minacciato dall’esecuzione della sentenza resa inter alios , voglia ottenere l’accertamento della sua non conformità a diritto. Ciò in quanto l’opposizione di terzo ordinaria è un mezzo di impugnazione facoltativo (ossia necessario solo per intaccare la sentenza tra le parti, ma non se si voglia solo difendere in qualunque sede il proprio diritto). Pertanto, chi è soggetto all’efficacia di accertamento (ma non mai al giudicato, essendo rimasto terzo rispetto al primo giudizio) può tentare di far rovesciare quell’accertamento semplicemente dimostrando, nel nuovo processo, la sua ingiustizia, e liberamente adempiendo a tale compito con piena esplicazione del diritto di difesa. Il terzo, quindi, può ben chiedere, con azione diretta in separato giudizio, l’accertamento dei propri autonomi diritti, cioè statuizioni nuove e di contenuto diverso rispetto a quelle della sentenza resa tra le altre parti e contro la quale avrebbe potuto proporre opposizione (in questi termini Cass., Sez. 2, 27/12/2017, n. 30941; anche Cass., Sez. 2, 14/5/2003, n. 7404; secondo cui il litisconsorte pretermesso, che non abbia esperito il rimedio straordinario dell’opposizione di terzo avverso la sentenza che pregiudichi un suo diritto, può esercitare l’azione ordinaria al fine di ottenere un accertamento dal quale risulti la non conformità a diritto della pronunzia; Cass., Sez. U, 26/07/2002, n. 11092; Cass., Sez. 3, 13/07/1992, n. 8485. Si veda anche Cass., Sez. U, 23/1/2015, n. 1238, secondo cui il litisconsorte necessario pretermesso – come anche il terzo titolare di diritto autonomo e incompatibile, il falsamente rappresentato e il titolare di status incompatibile con quello accertato tra altre parti -, che ai sensi dell’art. 404 cod.
proc. civ. è ammesso all’opposizione ordinaria avverso la sentenza resa in un giudizio inter alios , può anche proporre una azione di accertamento autonoma della sua posizione, ma, sino al passaggio in giudicato della sentenza che riconosca la situazione come da lui dedotta, gli è preclusa ogni tutela, anche cautelare, avverso l’efficacia esecutiva o gli affetti esecutivi o accertativi derivanti dalla sentenza inter alios non opposta).
4.2 Venendo al merito, si osserva come i giudici di merito abbiano fondato l’accoglimento del gravame, incentrando tutto il ragionamento sulla prevalenza di titoli contrastanti e sulle norme in tema di trascrizione.
Partendo, infatti, dal presupposto che la trascrizione di cui all’art. 2651 cod. civ. abbia natura di pubblicità notizia, in quanto assolve allo scopo di garantire completezza ai pubblici registri, e che essa, a differenza di quanto avviene per gli acquisti a titolo derivativo, non rilevi ai fini dell’opponibilità ai terzi, i giudici hanno escluso che la mancata trascrizione della sentenza accertativa dell’usucapione sia vanificata da eventuali successivi acquisti di terzi trascritti nei pubblici registri, in quanto il conflitto tra l’acquirente a titolo derivativo e quello per usucapione è sempre risolto a favore del secondo, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione e dall’anteriorità della trascrizione della stessa o della relativa domanda, essendo diretto il principio della continuità delle trascrizioni, dettato dall’art. 2644 cod. civ., soltanto a dirimere conflitti tra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa.
Alla stregua di queste considerazioni, i giudici hanno dunque ritenuto prevalente, sull’acquisto derivativo in capo al ricorrente, la sentenza di usucapione in favore della RAGIONE_SOCIALE.
L’argomentazione offerta in sentenza non tiene, però, conto del fatto che l’appellante -attore si era doluto della nullità del processo
esitato nel riconoscimento dell’intervenuta usucapione in favore di NOME COGNOME rimasta insindacata nella sentenza impugnata, nonostante l’esame della validità dei titoli di acquisto contrapposti preceda logicamente e giuridicamente la verifica sul meccanismo di operatività delle trascrizioni in caso di acquisti a titolo derivativo od originario, la quale non può che susseguire al primo.
Posto che, al pari del rimedio dell’opposizione ordinaria di terzo, cui può assimilarsi l’azione di accertamento della inopponibilità della sentenza passata in giudicato, il ricorrente aveva dimostrato di rivestire la posizione di terzo, rispetto ad essa, in quanto titolare di un diritto autonomo e, al contempo, incompatibile con il rapporto giuridico accertato dalla sentenza stessa, sì da esserne pregiudicato pur senza essere soggetto agli effetti del giudicato (Cass., Sez. 1, 21/2/2019, n. 5244; Cass., Sez. 3, 8/11/2007, n. 23289), spettava alla Corte territoriale prendere posizione sugli aspetti della pronuncia da cui tale pregiudizio derivava e che potevano attenere sia ad errores in iudicando , sia ad errores in procedendo , purché concernenti personalmente il terzo, come nel caso paradigmatico dell’opposizione proposta dal litisconsorte necessario pretermesso (in tema di opposizione ordinaria si veda, Cass., 1/7/1998, n. 4616; Cass., Sez. 2, 19/4/2000, n. 5126).
Che poi il vizio denunciato, ossia l’essere stato il giudizio di usucapione incardinato nei confronti di soggetti non identificati ed evocati in giudizio mediante notifica per pubblici proclami invalida, attenga ad aspetto analogo a quello della violazione del litisconsorzio necessario, appare evidente, ove si consideri che, nell’ipotesi in cui si rivendichi a qualunque titolo la proprietà di un bene, l’azione deve necessariamente essere proposta nei confronti di chi lo possiede o ne è proprietario all’atto della domanda, e non anche dei precedenti danti causa, che non hanno veste di litisconsorti necessari (Cass., Sez. 6-2, 4/10/2018, n. 24260),
principio questo che vale naturalmente anche per la domanda diretta all’accertamento dell’usucapione di un bene, la quale richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l’usucapione si sarebbe verificata, in quanto comporta l’accertamento di una situazione giuridica (usucapione e proprietà esclusiva) confliggente con quella preesistente (comproprietà degli altri) della quale il giudice può solo conoscere in contradditorio di ogni interessato (Cass., Sez. 2, 14/6/2018, n. 15619; Cass., Sez. 2, 08/06/1994 , n. 5559; Cass., Sez. 2, 04/12/1982, n. 6606; Cass., Sez. 2, 20/10/1981 n. 5478; Cass., Sez. 2, 24/06/1974, n. 1910; Cass., Sez. 2, 26/03/1976, n. 1085).
Nè può dirsi che l’avvenuta notifica della citazione mediante pubblici proclami sani la mancata individiduazione dei litisconsorti necessari, posto che, in tema di notificazioni per pubblici proclami (art. 150 cod. proc. civ.), la mancata specificazione delle generalità dei destinatari comporta l’inesistenza dell’atto e della relativa vocatio in ius tutte le volte in cui tale tipo di notificazione sia reso necessario da difficoltà dovute all’elevato numero dei destinatari (nel qual caso è onere del notificante procedere alla specifica individuazione di ciascuno di essi), ma non anche quando esso sia conseguente a difficoltà nella identificazione stessa di tutti i possibili destinatari (Cass., Sez. 1, 4/1/2005, n. 121; Cass., Sez. 1, 3/7/1998, n. 6507).
Considerato che i giudici di merito hanno del tutto pretermesso l’esame di queste pioritarie questioni, le censure devono trovare accoglimento.
In conclusione, dichiarata la fondatezza dei tre motivi, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20/2/2025.