Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7909 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7909 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/03/2024
ORDINANZA
Oggetto
LOCAZIONE USO DIVERSO
Accordo modificativo del contratto Opponibilità della locazione ex art. 2923 – Rilevanza della disposta modificazione
R.G.N. 25135/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/10/2023
Adunanza camerale sul ricorso 25135-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante ‘ pro tempore ‘, domiciliat a presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dei propri procuratori speciali, NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE IN ROZZANO, RAGIONE_SOCIALE;
– intimati –
Avverso la sentenza n. 4527/20 del Tribunale di Milano, depositata il 22/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 04/10/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 4527/20, del 22 luglio 2020, del Tribunale di Milano che ne ha respinto l’opposizione agli atti esecutivi proposta avverso l’ordine di liberazione dell’im mobile sito in Milano, in INDIRIZZO, dalla stessa condotto in locazione, escludendo l’opponibilità del contratto, ex art. 2923 cod. civ., nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, resasi aggiudicataria del medesimo immobile all’esito di procedu ra per espropriazione immobiliare instaurata a carico della locatrice, società RAGIONE_SOCIALE
Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essersi opposta all’ordine di liberazione, emesso su istanza del professionista delegato alla vendita e custode giudiziario dell’immobile suddetto, AVV_NOTAIO.
A sostegno dell’iniziativa assunta ex art. 617 cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE deduceva che, ai fini dell’opponibilità della locazione ai
sensi dell’art. 2923 cod. civ., veniva in rilievo -innanzitutto in relazione alla verifica dell ‘ anteriorità del contratto rispetto al pignoramento (trascritto il 6 giugno 2017), ma anche per stabilire se il canone pattuito potesse considerarsi ‘vile’ o meno unicamente il contratto concluso il 15 gennaio 2002. Priva di rilievo, infatti, doveva ritenersi la scrittura privata modificativa del 9 febbraio 2017, con la quale, a fronte dell’avvenuta riduzione dei vani locati (3,5 e non gli iniziali 5), era stato fissato un nuovo canone mensile di € 1.091,66.
Nella fase sommaria del giudizio di opposizione, oltre a costituirsi in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE (cessionaria del credito azionato in via esecutiva nei confronti della società locatrice RAGIONE_SOCIALE), interveniva pure il RAGIONE_SOCIALE Rozzano , sostenendo di vantare anch’esso un credito verso il debitore esecutato.
Respinta l’istanza di sospensione dell’ordine di liberazione (con decisione poi confermata in sede di reclamo ex art. 669terdecies cod. proc. civ.), nelle more dell’istaurazione del giudizio di merito veniva data esecuzione all’ordine stesso. Radicato il giudizio di merito (nel quale interveniva la società RAGIONE_SOCIALE, resasi nel frattempo aggiudicataria dell’immobile, in virtù di decreto di trasferimento adottato dal giudice dell’esecuzione), esso veniva riunito ad altro già pendente innanzi al Tribunale milanese, avente ad oggetto lo sfratto per morosità già intimato, all’odierna ricorrente, dal predetto AVV_NOTAIO.
Ciò premesso, provvedendo in via definitiva sulla proposta iniziativa ex art. 617 cod. proc. civ., l’adito giudicante la rigettava, escludendo la sussistenza dei presupposti -di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 2923 cod. civ. affinché la locazione immobiliare potesse essere opposta all’acquirente società RAGIONE_SOCIALE.
A tale esito esso perveniva sul presupposto che l’assetto negoziale rilevante, ai fini della verifica dei requisiti di opponibilità
della locazione, come delineati dalla norma suddetta, fosse quello risultante dalla scrittura modificativa e non dal solo testo originario del contratto, rilevando che tale scrittura, oltre a risultare priva di data certa (non potendo utilmente desumersi da quella del deposito del bilancio societario presso il registro RAGIONE_SOCIALE imprese), contemplava un canone da ritenersi ‘vile’.
Avverso la sentenza del Tribunale ambrosiano ha proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di quattro motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dei principi generali in materia di collegamento negoziale unilaterale.
Si censura, in particolare, la decisione del giudice di merito di ritenere -sul presupposto che la verifica della sussistenza dei requisiti per l’opponibilità della locazione, ex art. 2923 cod. civ., andasse operata con riferimento all’assetto negoziale r isultante sia dal testo originario del contratto, sia dalla sua modificazione del 2017 -che l’inopponibilità di quest’ultima fosse idonea a determinare l’inefficacia relativa dell’intero rapporto contrattuale.
Assume, per contro, la ricorrente che un negozio modificativo ad effetti non novativi -quale la sentenza impugnata ha ritenuto la scrittura del 2017 -presenta un collegamento negoziale necessario e unilaterale con il contratto originario, che pertanto conserva la propria individualità e autonomia rispetto al quale il negozio modificativo si pone in un rapporto di accessorietà e di dipendenza funzionale. Di conseguenza, le vicende relative al negozio modificativo, si tratti di invalidità, di risolubilità o di inefficacia (fattispecie, quest’ultima, alla quale dovrebbe ricondursi l’inopponibilità ex art. 2923 cod. civ., che altro non è
se non un’ipotesi di ‘inefficacia relativa’), restano estranee al contratto originario.
Il contratto concluso nel 2002, dunque, risultando di data certa anteriore al pignoramento e contemplando un canone non ‘vile’, rimarrebbe opponibile all’aggiudicatario.
A conferma di tale assunto, la ricorrente richiama l’interpretazione che la giurisprudenza di legittimità ha fornito dell’art. 1599, comma 1, cod. civ., norma secondo cui la locazione immobiliare è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all’alienazione della cosa. Secondo questa Corte, infatti, l’acquirente della ‘ res locata ‘ è terzo rispetto al contratto, sicché non gli sono opponibili gli accordi verbali in deroga al contenuto dell’originario contratto di data certa, che non risultino anche essi da scrittura di data certa; ciò che equivale a ritenere -sostiene la ricorrente -che ‘mentre la locazione, se stipulata in data certa anteriore all’acquisto, è indubbiamente opponibile all’acquirente, le successive modifiche non saranno al medesimo opponibili quando prive di data certa’, rimanendo, dunque, il contratto opponibile nel suo contenuto originario.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione, rispettivamente, dell’art. 2704 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ.
Si censura la decisione assunta dal Tribunale di Milano nel ritenere priva di data certa la suddetta pattuizione modificativa del contratto di locazione, nel contempo, però, precludendo all’odierna ricorrente di provarne attraverso l’escussione di testi, su specifico capitolo di prova -l’anteriorità rispetto al pignoramento, in difetto di preclusioni all’ammissione della prova testimoniale derivanti dalla natura e dall’oggetto del contratto stesso.
Così provvedendo, infatti, la sentenza impugnata avrebbe contravvenuto all’art. 2704 cod. civ., come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la non computabilità, riguardo ai terzi, della data di una scrittura privata, della quale non sia stata autenticata la sottoscrizione, non concerne il negozio, ma solo la data della scrittura stessa, sicché il negozio e la sua stipulazione possono essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti i mezzi consentiti dall’ordiname nto, salvo le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del negozio.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
La sentenza impugnata, in questo caso, è censurata per non aver ammesso l’esame di testi proprio su quelle circostanze la cui mancata prova ha indotto il Tribunale ambrosiano ad affermare la natura ‘vile’ del canone di locazione, come rideterminato nella scrittura modificativa del 2017.
La prova testimoniale, infatti, era diretta a dimostrare che alcuni vani dell’immobile condotto in locazione da RAGIONE_SOCIALE fossero stati locati, a far data dal febbraio 2017, a due ulteriori società, e dunque a comprovare come la riduzione del canone a caric o dell’odierna ricorrente corrispondesse all’avvenuta limitazione dell’oggetto della locazione (3,5 vani, in luogo dei cinque originariamente detenuti dalla conduttrice). In questo modo, tuttavia, il Tribunale di Milano avrebbe contraddetto il principio, affermato da questa Corte, secondo cui la mancata assunzione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza, qualora il giudice tragga conseguenze dalla mancata osservanza dell’onere sancito dall’art. 2697 del cod. civ., ancorché la parte avesse offerto di adempierlo.
3.4. Il quarto motivo, infine, denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui, pur ritenendo il numero di vani nella disponibilità del conduttore ridotto a 3,5, e dunque assumendo tale dato a parametro per valutare la congruità del nuovo canone mensile ( pattuito in € 1.091,66), afferma che ciò non ne esclude il carattere ‘vile’.
A tale conclusione, in particolare, il Tribunale di Milano è pervenuto -muovendo dalla constatazione che il contratto del 2002 prevedeva, per la locazione di un immobile di cinque vani, un canone annuale di € 42.000,00 in base a quella che definisce ‘una banale operazione matematica: € 42.000,00 : 5 vani = € 8.400,00 × 3,5 vani = € 29.400,00 : 12 mesi = € 2.450,00, pari a circa due volte e mezzo il canone mensile pattuito nel febbraio 2017’. In questo modo, osserva sempre la sentenza impugnata, la misura vile del canone sarebbe del tutto evidente e ciò sia in termini assoluti, sia assumendo come parametro la precedente locazione, ‘essendo fatto notorio che è un importo di € 1.091,00 mensili per un ufficio in INDIRIZZO a Milano, di oltre mq. 200, sia inferiore almeno della metà rispetto al giusto prezzo di mercato’.
Orbene, tale motivazione, solo in apparenza matematica, risulterebbe -secondo la ricorrente -‘manifestamente illogica e comunque oggettivamente incomprensibile’, e ciò per una pluralità di ragioni.
In primo luogo, perché il giudice di merito ha ritenuto di assumere come parametro del proprio calcolo matematico i vani dell’immobile sul presupposto, del tutto arbitrario, che presentassero la medesima metratura quadrata. In secondo luogo, perché esso ha inteso fare riferimento a un supposto ‘fatto
notorio’, rendendo, però, una motivazione contraddittoria, avendo rapportato il canone mensile di € 1.091,66 ad un immobile ‘di oltre mq. 200’ e non alla minore estensione che presentavano i soli vani oggetto della scrittura modificativa del 2017. In terzo luogo, perché ha omesso di esaminare i plurimi elementi fattuali secondo cui, per mq. 70,64 (tale essendo divenuta l’estensione della ‘ res locata ‘ a seguito della suddetta scrittura modificativa), il canone di locazione mensile era in linea non solo con i valori OMI dell’RAGIONE_SOCIALE, ma anche con le condizioni di mercato, come evincibile dalle inserzioni di agenzie immobiliari versate in atti. Infine, perché il Tribunale di Milano ha preteso di applicare la nozione di ‘fatto notorio’ con riferime nto ad elementi valutativi che implicano cognizioni particolari o che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati, elementi rispetto ai quali, quindi, la previsione di cui all’art. 115, comma 2, cod. proc. civ. non può operare.
Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con distinti controricorsi, le società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
Sono rimasti solo intimati la società RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
La ricorrente e la controricorrente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria
Non consta, invece, la presentazione di conclusioni da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va rigettato.
9.1. Il primo motivo è in parte non fondato e in parte inammissibile.
9.1.1. Nello scrutinarlo, occorre muovere dalla constatazione che esso pone una duplice questione: da un lato, se la verifica dei requisiti di opponibilità della locazione -in particolare, in relazione al carattere ‘vile’ , o meno, del suo canone -andasse condotta con riferimento al contenuto del contratto come risultante da tale pattuizione ‘integrativa’ del 9 febbraio 2017; dall’altro, se l’ eventuale inopponibilità di tale pattuizione si ‘estend esse ‘ anche al contratto originario, o, al contrario, se esso restasse autonomamente opponibile alla procedura, a norma dell’art. 2923 cod. civ.
Si tratta, a ben guardare, di questioni che -come risulta dalle pagg. 7 e 8 del presente ricorso –RAGIONE_SOCIALE ebbe a porre sin dal proprio atto di opposizione. Nello stesso, infatti, essa ebbe a svolgere, innanzitutto, un a domanda (definita come ‘principale’) volta a far accertare e dichiarare l’opponibilità del contratto di locazione ‘così come integrato nella scrittura privata del 9 febbraio 2017 alla procedura esecutiva n. 1381/2017 e all’acquirente dell’immobile pignorato’, con conseguente necessità di ‘revocare l’ordine di liberazione dell’immobile pignorato emesso in data 14 marzo 2019’. Nondimeno, in ‘via subordinata’, per l’ipotesi in cui si fosse ritenuta inopponibile la scrittura del 9 febbraio 2017, RAGIONE_SOCIALE chiedeva ‘accertare l’opponibilità del contratto di locazione sottoscritto in data 15 gennaio 2002’ (e, dunque, nel suo testo originario), sempre al
medesimo effetto di ‘revocare l’ordine di liberazione dell’immobile pignorato’.
9.1.2. Ciò chiarito, mentre in relazione alla prima RAGIONE_SOCIALE due questioni il presente motivo ricorso si presenta non fondato, in ordine alla seconda esso risulta, invece, inammissibile.
9.1.2.1. In merto alla prima questione, infatti, occorre muovere dal rilievo che la sentenza impugnata qualifica -con acquiescenza RAGIONE_SOCIALE odierne controricorrenti (e quindi con statuizione, sul punto, ormai irretrattabile) -la pattuizione sopravvenuta nel 2017, rispetto al contratto concluso nel 2002, come avente natura non ‘novativa, bensì meramente modificativa’.
Orbene, proprio la ritenuta natura non novativa della pattuizione ‘ de qua ‘ impedisce di fare applicazione del principio secondo cui ‘all’acquirente all’asta pubblica, in virtù di una vendita forzata di una cosa locata anteriormente al pignoramento, sono opponibili, nei limiti posti dalla norma contenuta nel quarto comma dell’ar t 2923 cod. civ., soltanto le locazioni in corso e non anche quelle ormai esaurite o sostituite da altro rapporto locatizio nuovo ed indipendente dal precedente’ (Cass. Sez. 3, sent. 4 maggio 1962, n. 864, Rv. 251382-01).
Inoltre, proprio la riconosciuta natura ‘modificativa’ della pattuizione ‘ integrativa ‘ del 2017 consente di rispondere all’interrogativo se la verifica dei requisiti di opponibilità della locazione -in particolare, in relazione al carattere ‘vile’ , o meno, del suo canone -andasse condotta con riferimento al contenuto del contratto, come risultante da tale pattuizione ‘integrativa’ , oppure alla stregua del suo testo originario.
Sul punto deve rilevarsi, infatti, che se è il pignoramento, come è stato affermato da questa Corte, a porre ‘il vincolo di
devoluzione effettiva del patrimonio del debitore al soddisfacimento del creditore ‘ , è, appunto, ‘ in tale momento ‘ che ‘ si cristallizza la situazione giuridica opponibile ai creditori pignoranti e ai terzi che dall’esecuzione forzata acquisiscano diritti’, sicché, ‘nel caso di locazione concernente i beni pignorati anteriore al pignoramento, l’adeguatezza del prezzo che l ‘art. 2923 cod. civ. pone, insieme ad altre, come condizione per l’applicabilità alla particolare situazione del generale principio emptio non tollit locatum -va considerata con riferimento alla data del pignoramento e non a quella della stipulazione del contratto’ (Cass. Sez. 3, sent. 20 aprile 1982, n. 2462, Rv. 420318-01). Se, dunque, tale verifica va condotta con riguardo alla situazione esistente al momento del pignoramento (nella specie, trascritto nel giugno 2017), punto di riferimento per il suo espletamento non può che essere il contenuto che, per effetto di sopravvenute pattuizioni modificative, il contratto presenti a tale data. Ne segue che la questione della certezza della data rispetto al pignoramento doveva effettuarsi con riferimento al momento della scrittura modificativa.
9.1.2.2. Quanto, invece, alla seconda censura (quella relativa alla possibilità di ritenere, comunque, opponibile il testo ‘originario’ del contratto), essa si rivela inammissibile.
Invero, la doglianza dell’odierna ricorrente si risolve, sostanzialmente, nell’addebitare al Tribunale di Milano di nulla aver disposto su quella domanda ‘subordinata’ che essa RAGIONE_SOCIALE rammenta di aver proposto con la propria opposizione ex art. 617 cod. proc. civ.
Una simile censura, tuttavia, avrebbe richiesto -nella presente sede di legittimità -l’evocazione dell’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., ‘ sub specie ‘ di violazione dell’art. 112
cod. proc. civ., ciò che, però, non risulta avvenuto nel presente caso.
Né, d’altra parte, sarebbe possibile ‘riqualificare’ la presente censura nei termini della denuncia, appunto, di una omissione di pronuncia, giacché la praticabilità di un’operazione siffatta risulta preclusa dalla constatazione che difetta, nella specie, la condizione a ciò necessaria, ovvero che ‘il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione’, dovendosi, per contro, dichiarare lo stesso inammissibile, in tutti quei casi -qual è pure quello in esame, in cui RAGIONE_SOCIALE ha lamentato ‘ violazione e/o falsa applicazione dei principi generali in materia di collegamento negoziale unilaterale ‘ -in cui il ricorrente ‘sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge’ (Cass. Sez. Un., sent. 24 luglio 2013, n. 17931, Rv. 627268-01; in senso analogo, tra le altre, Cass. Sez. 2, ord. 7 maggio 2018, n. 10862, Rv. 648018-01).
9.2. Il secondo motivo è inammissibile.
9.2.1. Vero è, infatti, che questa Corte -come sottolinea la ricorrente -ha affermato, in tema di data della scrittura privata, che ‘qualora manchino le situazioni tipiche di certezza contemplate dall’art. 2704, comma 1, cod. civ., ai fini dell’opponibilità della data ai terzi , è necessario che sia dedotto e dimostrato un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento’, con la conseguenza ‘che tale dimostrazione può anche avvalersi di prove per testimoni o presunzioni’, sempre ‘che esse evidenzino un fatto munito della specificata attitudine’, e ‘non anche quando tali prove siano rivolte, in via indiziaria e induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul
documento’ (cfr. Cass. Sez. 5, ord. 19 luglio 2023, n. 21446, Rv. 668535-01).
Tale rilievo, tuttavia, non giova alla ricorrente, nel senso che non comporta l’accoglimento del motivo con cui essa lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale, volta a dimostrare che la data della scrittura modificativa fosse quella del 9 febbraio 2017, e dunque l’anteriorità della scrittura stessa al pignoramento. Considerato, infatti, che il Tribunale milanese è giunto a negare l’opponibilità del pignoramento sulla base di una ‘ ratio ‘ aggiuntiva (e alternativa), ovvero che il canone di locazione rideterminato nella suddetta scrittura privata -a prescindere dall’anteriorità della stessa rispetto al pignoramento -dovesse considerarsi ‘vile’, nonché considerato che tale ‘ ratio ‘ resiste alle censure oggetto dei motivi terzo e quarto, tanto basta per ritenere inammissibile il motivo che qui si esamina. Difatti, l’omessa ammissione della prova testimoniale (o di altra prova) può essere denunciata per cassazione ‘solo nel caso in c ui esso investa un punto decisivo della controversia’, ovvero quando la prova alla quale non sia stato dato ingresso sarebbe stata tale ‘da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità’, la ‘ ratio decidendi ‘ sulla quale si basa la sentenza impugnata, privandola di fondamento (da ultimo, Cass. Sez. 6-1, ord. 17 giugno 2019, n. 16214, Rv. 654713-01).
9.3. Considerazioni analoghe a quelle appena svolte comporta no l’inammissibilità pure del terzo motivo di ricorso.
9.3.1. Anche in questo caso, infatti, la circostanza oggetto della prova alla quale non si è dato corso risulta priva del carattere della decisività, perché la sentenza impugnata ha espressamente affermato che, pur a ritenere che il numero di vani nella disponibilità del conduttore si fosse ridotto a 3,5 (ciò che era,
appunto, il ‘ thema probandum ‘ al quale non è stato dato ingresso), e dunque assumendo tale dato a parametro per valutare la congruità del nuovo canone mensile, pattuito in € 1.091,66, ciò non ne esclude il carattere ‘vile’.
9.4. Il quarto motivo, infine, non è fondato.
9.4.1. Infatti, sebbene la motivazione della sentenza impugnata non sia scevra da profili di criticità (soprattutto là dove rapporta il canone mensile di € 1.091,66 ad un immobile ‘di oltre mq. 200’, che è la misura dell’intero immobile, e non dei soli 3,5 vani dei quali la stessa sentenza assume -in ipotesi -che l’odierna ricorrente abbia conservato la disponibilità) , essi non integrino quei deficit che possano far qualificare la stessa come meramente apparente. Siffatta evenienza, per vero, va ormai circoscritta ai casi di motivazione ‘recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito da l giudice per la formazione del proprio convincimento’ (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01, nonché, più di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977, Rv. 6541450), o affetta da ‘irriducibile contraddittorietà’ (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 64582801; Cass. Sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, n. 22598, Rv. 65088001), ovvero connotata da ‘affermazioni inconciliabili’ (da ultimo, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 649628-01).
Né, d’altra parte, il vizio motivazionale potrebbe essere affermato sul rilievo che la locazione mensile -secondo quanto sostiene la ricorrente -era in linea non solo con i valori OMI dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma anche con le condizioni di mercato, come evincibile dalle inserzioni di agenzie immobiliari versate in atti. Difatti, perché si abbia motivazione apparente occorre che il
vizio ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata’ (Cass. Sez. Un., sent. n. 8053 del 2014, cit.), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass. Sez. 1, ord. 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata nonché, più di recente, Cass. Sez. 1, ord. 3 marzo 2022, n. 7090, Rv. 664120-01).
Infine, neppure può accogliersi la censura secondo cui il Tribunale di Milano ha preteso di applicare la nozione di ‘fatto notorio’ con riferimento ad elementi valutativi che implicano cognizioni particolari o che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati. Difatti, questa Corte ha ritenuto -diversamente da quanto afferma la ricorrente -che ‘l’acquirente della cosa pignorata può liberarsi dall’obbligo di rispettare la locazione stipulata anteriormente al pignoramento ove dimostri che il canone locativo è inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni; a questo scopo egli può avvalersi di presunzioni, ed il giudice può ritenere notorio il giusto canone, sollevando in tale evenienza l’acquirente da qualsia si onere probatorio al riguardo: il ricorso o meno al notorio costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità’ (Cass. Sez. 3, sent. 3 agosto 2005, n. 16243, Rv. 584976-01).
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico della ricorrente e liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20
febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, condannando la società RAGIONE_SOCIALE a rifondere, alle società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate, per la prima, in complessivi € 10.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge, nonché, per la seconda, in complessivi € 7.200,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della