Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1434 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1434 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
COGNOME NOMECOGNOME
– intimato – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 3765/2022 depositata il 14/09/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29914/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in AVELLINO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato in data 16 maggio 2014 NOME COGNOME conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Avellino NOME COGNOME asserendo di essere proprietario del fondo sito in Mugnano del Cardinale (Av), alla località Ponticelli della estensione di are 6,50 distinto in catasto al fol. 1, p.lla 203 e chiedendo di accertare e dichiarare la detenzione sine titulo dell’immobile de quo posta in essere dal convenuto con condanna al rilascio dello stesso.
Si costituiva NOME COGNOME spiegando domanda riconvenzionale di usucapione del terreno de quo.
Il Tribunale di Avellino in accoglimento della domanda attorea condannava NOME COGNOME a rilasciare il fondo sopra indicato in favore di NOME COGNOME.
NOME COGNOME interponeva appello avverso tale pronuncia.
La Corte d’Appello rigettava l’appello evidenziando che la testimonianza di NOME COGNOME non era dirimente nel senso auspicato dall’appellante , il quale, peraltro, aveva ammesso in sede di interrogatorio formale l’iniziale detenzione della madre in virtù del mandato conferito dal fratello NOME e la circostanza che era stato proprio quest’ultimo a consegnare le chiavi per lo svolgimento dei poteri di gestione nella maniera più proficua. Inoltre, nella medesima circostanza aveva ammesso che, sebbene il fondo fosse gestito ed utilizzato prima dalla madre e poi da lui stesso, ciò era avvenuto sempre con il pieno riconoscimento del diritto di proprietà del fratello/zio NOME COGNOME
Infine, la domanda proposta da NOME COGNOME da qualificarsi quale domanda di rivendica era fondata sulla prova dell’acquisto della proprietà fino a risalire ad un’epoca antecedente al ventennio tale da costituire prova dell’acquisto a titolo originario. Non assumeva alcuna rilevanza nel giudizio la sentenza n. 616 del 2021 pronunciata dal Tribunale di Avellino con la quale era stata accolta la domanda di usucapione del terreno in contestazione nei confronti di NOME COGNOME.
Infatti, il consolidarsi del giudicato postulava l’identità d ei soggetti, del petitum e della causa petendi . Nella fattispecie, mancava il requisito dell’identità soggettiva, posto che, nel giudizio definito dal Tribunale di Avellino con la sentenza citata, la domanda di usucapione era stata proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME mentre in questa controversia, agiva NOME COGNOME.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo di ricorso.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 2697 c.c.
Secondo parte ricorrente la Corte d’Appello non a vrebbe valutato le conseguenze della sentenza del Tribunale di Avellino passata in giudicato che ha dichiarato l’usucapione in favore di NOME COGNOME in punto di invalidità della donazione disposta da NOME COGNOME in favore di NOME NOME atteso che gli
effetti dell’usucapione retroagiscono al momento dell’iniziale esercizio della relazione di fatto con il bene (Cass. 24 febbraio 2009 n.4434) a prescindere dalla trascrizione della domanda, trattandosi di acquisto a titolo originario, sicché il donante, nel momento in cui ha disposto del bene in favore dell’odierno appellato con atto di donazione, repertorio n.5651, raccolta n. 3546 redatto il 09.12.2013 per notar NOME COGNOME, registrato in S. Angelo dei Lombardi (Av) il 18.12.2013 al n. 3161 non era già più proprietario del bene. Per tale ragione non potrebbe dirsi assolta da parte del Canonico la c.d. probatio diabolica , avendo ricevuto il bene in forza di un atto di donazione nullo perché avente ad oggetto un bene non di proprietà del donante ma del COGNOME NOME, giusta sentenza passata in giudicato n. 616/2021, pronunciata dal Tribunale di Avellino in data 16.4.2021, pubblicata il 19.4.2021 (n. 5393/2013 RG).
1.1 L’unico motivo di ricorso è in ammissibile (v. art. 360 bis cpc e Sez. U – , Sentenza n. 7155 del 21/03/2017 Rv. 643549).
La sentenza del Tribunale di Avellino con la quale era stata accolta la domanda di usucapione del terreno in contestazione nei confronti di NOME COGNOME non è opponibile a NOME COGNOME che non ha partecipato al giudizio. Giova ribadire in proposito che: «L’autorità del giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone, quindi, che la causa precedente e quella in atto abbiano in comune, oltre ai soggetti, anche il “petitum” e la “causa petendi”, restando irrilevante, a tal fine, l’eventuale identità delle questioni giuridiche o di fatto da esaminare per pervenire alla decisione» (Sez. 1, Ord. n. 15817 del 2021).
D’altra parte , il ricorrente deduce unicamente che l’usucapione retroagisce al momento dell’iniziale relazione con il bene. A suo dire, ciò determinerebbe l’invalidità della donazione disposta da NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME a prescindere dalla trascrizione della domanda, infatti, trattandosi di acquisto a titolo originario travolgerebbe anche il suo atto di donazione.
La censura è inammissibile anche per altra ragione, in quanto il ricorrente non precisa in alcun modo da quando è iniziato a decorrere il suo possesso e in quale data è maturata l’asserita usucapione come riconosciuto nella sentenza impugnata, pertanto il motivo difetta di specificità. Inoltre, introduce una questione di diritto nuova non affrontata dalla sentenza impugnata e il ricorrente non indica in quale atto l’ha sollevata nel giudizio di merito.
Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, infatti, : «In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili
di ufficio» ( ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 61, Ord n. 15430 del 2018).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese non essendovi altre parti costituite oltre i ricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^