Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29025 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29025 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
Oggetto:
intermediazione finanziaria
AC -22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 08707/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE NOME, rappresentata e dife sa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, giusta procura allegata al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Genova n. 922/2020, pubblicata il 7 ottobre 2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di Savona che aveva respinto la sua domanda, formulata contro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (in prosieguo, breviter : ‘la banca’) , avente a oggetto il risarcimento del danno derivante dalla dedotta violazione degli obblighi contrattuali ricadenti sull’ intermediario finanziario in conseguenza di un contratto di investimento mobiliare avente a oggetto, a partire dal l’ aprile 2007, l’acquisto di derivati regolamentati, terminato nel novembre 2011, con perdite che la cliente imputava a responsabilità della banca, sia per aver eseguito disposizioni impartite dal di lei marito, sia per aver violato gli obblighi informativi, sia per aver consentito sconfinamenti passivi del conto corrente di appoggio, contribuendo in tal modo ad aggravare la perdita; il Tribunale aveva, altresì condannato, la ricorrente a pagare alla banca la somma di euro 20.147,73, pari al saldo passivo del conto corrente di appoggio.
La banca ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che la cliente era investitore qualificato, avendo svolto personalmente numerose operazioni di trading sin dal 2002, successivamente anche con modalità on-line , acquisendo un profilo di rischio elevato; b) che non sussisteva alcuna responsabilità
dell’ intermediario per omissioni informative, siccome la documentazione versata in atti dalla banca dimostrava l ‘ avvenuta consegna alla cliente sia del documento sui rischi generali che della specifica illustrazione delle caratteristiche del prodotto finanziario derivato, sia del questionario di profilazione, sia l’avvenuto costante aggiornamento della redditività dell’ investimento tramite informazione on-line ; c) che nessuna necessità vi era di aprire un conto di affidamento accessorio all’ investimento in derivati, siccome non vi era stata nella specie alcuna accensione di un nuovo finanziamento, ma la provvista derivava da ricavi già ottenuti dall’investitrice in passati investimenti presso lo stesso intermediario; d) che non sussisteva alcun obbligo della banca di chiudere il conto di appoggio in presenza di perdite, sia perché ciò non era contrattualmente previsto, sia perché la circostanza avrebbe potuto addirittura aggravare la posizione debitoria della cliente.
4. La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
a) Primo motivo: «1) Violazione degli artt. 21 e 23 del T.U.F. e degli artt. 30 e 47 del Regolamento Consob 11522/98 in relazione all’art. 360 n. 3», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di rilevare che il contratto quadro di negoziazione sottoscritto tra le parti non contemplava alcun finanziamento a favore della cliente, sicché la banca non avrebbe potuto concedere alcun fido di fatto sul conto di appoggio per consentire l’operatività del rapporto di investimento mobiliare, né avrebbe potuto consentire la prosecuzione dell’ attività in presenza di perdite che avevano azzerato la provvista esistente sul conto.
Il motivo è inammissibile perché mostra di non cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata, come sopra sintetizzato. La Corte territoriale ha accertato, in fatto, che la provvista iniziale dell’ investimento in derivati, iniziato nell’aprile 2007, era ricollegabile a un saldo attivo di pregressi investimenti, iniziati tra le parti in forza di un rapporto risalente al 2002. Proprio da tale accertamento fattuale, la Corte territoriale ha negato che, nella specie, si fosse in presenza di un finanziamento concesso all’ investitore, e ha conseguentemente escluso l’ applicazione della normativa invocata come lesa anche nel motivo in esame. La censura mostra di non confrontarsi con tale motivazione, ma finisce apoditticamente (in memoria) per assumere come fatto pacifico che il contratto quadro non prevedesse alcun finanziamento, senza in alcun modo corroborare tale qualificazione con argomenti idonei a dimostrarla, e per presupporre che nella fattispecie si sia in presenza di un iniziale nuovo finanziamento, in ciò non confutando nei modi consentiti in questa sede l’accertamento contenuto nel provvedimento impugnato.
b) Secondo motivo: «2) Violazione degli artt. 21 TUF e degli artt. 28 e 29 c. I Delibera CONSOB 11522/1998 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha escluso la violazione degli obblighi informativi ricadenti sulla banca, allorquando essa ha omesso di segnalare l’ inadeguatezza delle operazioni anche dal punto di vista quantitativo, a nulla rilevando che le singole operazioni potessero essere conosciute dalla cliente mediante la consultazione del saldo on-line , e a nulla rilevando la
sottoscrizione da parte della cliente di un documento in cui si riconosceva operatore qualificato.
Il motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza. Esso è inammissibile laddove, sotto l’apparente deduzione del vizio di falsa applicazione della normativa indicata come lesa, tenta in effetti di sovvertire l’ accertamento fattuale operato concordemente dai giudici del merito, secondo il quale alla cliente erano stati consegnati tutti i documenti obbligatori per la forma di investimento effettuata e che essa fosse in grado, tramite il trading on-line , di consultare quotidianamente il conto titoli e di avvedersi, perciò, in tempo reale della variazione della redditività dell’ investimento. Tale accertamento fattuale ha condotto i giudici del merito a escludere che, nella specie, vi fosse violazione degli obblighi informativi ricadenti sull’ intermediario, senza che tali obblighi siano stati in alcun modo male interpretati rispetto ai canoni astratti di riferimento.
La censura è, invece, infondata nella parte in cui contesta l’ attribuzione alla cliente della qualifica di operatore qualificato. Invero, posto che -come si evince dalla lettura di pag. 18 dello stesso ricorso -è incontestato che la cliente abbia sottoscritto un documento dove si dava atto della propria qualifica di operatore qualificato, trova applicazione la condivisibile giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 3962 del 19/02/2018; id. Ordinanza n. 8343 del 04/04/2018) secondo cui l a dichiarazione scritta di appartenenza alla categoria dell’operatore qualificato rilasciata dall’investitore costituisce una dichiarazione di scienza fornita di valenza probatoria, che vale a esonerare l’intermediario dall’obbligo di effettuare per proprio conto ulteriori verifiche al riguardo, gravando sull’investitore l’onere di provare elementi
contrari emergenti dalla documentazione già in possesso dell’intermediario; onere che la censura in esame non deduce nemmeno di aver adempiuto, limitandosi a dichiarare sussistente una giurisprudenza a sé favorevole che, tuttavia, non è riferita all’operatore qualificato, ma alla ben diversa ipotesi in cui si pretenda di attribuire tale qualifica a un cliente che abbia semplicemente fornito indicazione di alta esperienza nel questionario di profilazione (da ultimo, Sez. 1, Ordinanza n. 7412 del 20/03/2024).
Terzo motivo: « 3) Violazione dell’art. 28 c III regolamento CONSOB n. 11522/98 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di rilevare che la banca aveva il preciso obbligo di informare, pressoché quotidianamente, la cliente dell’avvenuto azzeramento della provvista e della conseguente circostanza che il conto operava a debito.
Il motivo è inammissibile per concomitanti diverse ragioni: da un canto, non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha accertato che la cliente avesse modo di accertarsi in tempo reale on-line della variazione del livello di redditività dell’ investimento ; d’altro canto, tenta di sovvertire tale accertamento, pretendendo di dare per pacifico che sussistesse per la banca un obbligo di informare quotidianamente l’ investitore, e parimenti pretendendo da questa Corte un non consentito riesame del fatto, atteso che in nessun modo si spiega come tale preteso carattere incontestato emerga dagli atti di causa o dal comportamento della controparte.
Quarto motivo di ricorso: « 4) Violazione dell’art. 23 c VI D.L. n. 58/98 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc », deducendo
l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di rilevare che la banca, che ne era onerata, aveva mancato di dimostrare di avere adempiuto a tutte le obbligazioni poste a suo carico anche in relazione alla doverosità della chiusura del rapporto di investimento conseguente alla passività del conto di appoggio.
Il motivo è inammissibile, oltre che per le concomitanti e reiterate ragioni indicate a confutazione delle precedenti censure, anche perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha escluso l’ an dell’ inadempimento, con il ché all’evidenza non può avere alcuna rilevanza la considerazione in tema di causazione o con-causazione del danno, in thesi derivante dal l’ inadempimento, che nella specie è stato escluso.
Quinto motivo di ricorso: « 5) Violazione dell’art. 115 cpc in relazione al n. 4 art. 360 cpc», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di considerare che una repentina chiusura del conto e dell’ operatività del rapporto di investimento avrebbe ridotto la perdita subita dalla cliente alla sola somma versata alla RAGIONE_SOCIALE di compensazione e garanzia, laddove nella specie la normale operatività concessa aveva aggravato le perdite finanziarie, come documentalmente provato in atti e non esaminato dal giudice territoriale.
Sesto motivo di ricorso: «6) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5) cpc», deducendo l’omesso esame del documento versato in atti che dimostrava le perdite certificate dal capital gain dal gennaio 2009 sino alla chiusura del rapporto nel novembre 2011.
Il quinto e il sesto motivo sono scrutinabili insieme, poiché inammissibili per la medesima ragione: essi pretendono da questa Corte di rieditare l’accertamento in fatto, effettuato in maniera identica dai giudici del merito (per cui è applicabile, quanto al vizio motivazionale, la preclusione da ‘ doppia conforme’) , secondo cui nessuna incidenza causale ha avuto la mancata interruzione del rapporto sulla causazione delle perdite, attribuibili invece alla volontà della cliente -e del suo delegato a operare sul conto -di continuare a investire nell’operazione , nonostante l’ acclarata e comunicata perdita incrementale subita, laddove, in relazione alla pretesa falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., la censura è ancora totalmente versata in fatto, pretendendo da questa Corte di sindacare la selezione del materiale probatorio effettuata dal giudice del merito, senza previamente contestare l’ applicazione dei criteri ermeneutici o la violazione dei criteri legali di gerarchia delle prove.
Il ricorso va, quindi, complessivamente rigettato.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese della presente fase di legittimità, che
liquida in complessivi euro 7.200,000, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME