Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3357 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3357 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 9508/2018 proposto da:
NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente Contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrenti –
Avverso la sentenza del la Corte d’appello di Messina n. 881/2017 depositata il 18/09/2017.
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del l’11 gennaio 2024.
Onorari avvocato
Udito la Sostituta Procuratrice Generale NOME COGNOME la quale, riportandosi alle conclusioni scritte depositate per l’udienza, ha chiesto che la Corte dichiari inammissibili o, in subordine, respinga il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Messina, con sentenza 2444/2009, ha condannato NOME COGNOME a corrispondere all’AVV_NOTAIO COGNOME euro 35.594,40, a saldo delle competenze professionali al medesimo dovute per la difesa della convenuta in otto giudizi.
Interposto gravame da NOME COGNOME, in qualità di erede della convenuta, nel contraddittorio delle parti, la Corte d’appello di Messina, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la decisione di primo grado, dopo avere disatteso, per quanto ancora rileva, le doglianze dell’appellante in punto di: (i) incompetenza per territorio del Tribuna di Messina a favore del Tribunale di Barcellona PG, luogo di residenza della debitrice; (ii) eccezione di prescrizione presuntiva; (iii) erroneo riconoscimento a favore de ll’attore da parte del primo giudice della somma di euro 43.847,80 per il giudizio (n. r.g. 1408/1971) articolatosi prima dinanzi al Tribunale di Messina e quindi riassunto presso il Tribunale di Barcellona PG; (iv) rigetto della domanda riconvenzionale della convenuta di restituzione delle somme che l’attore aveva percepito quale distrattario a titolo di spese, comprese quelle di c.t.u., che la cliente sosteneva di avere pagato direttamente.
Per la cassazione della sentenza d’appello, NOME COGNOME ricorre con cinque motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione degli artt. 18, cod. proc. civ., 33, comma 2, lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005,
1182, cod. civ., 2697, cod. civ. -censura l’errore di diritto della sentenza impugnata che ha disatteso l’eccezione della convenuta di incompetenza per territorio del giudice adìto per essere competente il tribunale di Barcellona PG -sezione distaccata di Lipari -quale giudice del luogo di residenza della debitrice, dovendosi anche tenere conto anche del foro del consumatore posto che non è contestato che il cliente dell’avvocato ha la qualità di ‘consumatore’.
Il secondo motivo -violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., del d.m. n. 585 del 1994 sulle tariffe professioni forensi. Motivazione della sentenza per relationem -censura la sentenza di appello che ha aderito alla pronuncia di primo grado senza esaminare le puntuali critiche che l’appellante aveva rivolto alla domanda di controparte, accolta dal Tribunale.
Il terzo motivo -‘ v iolazione dell’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c. -in relazione all’art. 112 c.p.c. all’art. 115 c.p.c. all’art. 345 comma 3° c.p.c. -all’art. 232 c.p.c., e all’art. 2697 c.c. errore processuale della Corte d’appello sulle istanze istruttorie di prova a sostegno della domanda riconvenzionale ‘ -censura la sentenza impugnata che ha deciso l’eccezione di insussistenza del credito del professionista richiamando il principio di discrezionalità del giudice di merito sull’ ammissione delle prove, ma ha trascurato che la convenuta aveva dedotto prove orali decisive perché idonee a dimostrare che essa aveva integralmente pagato gli onorari dell’avvocato con rimesse in contante o a mezzo di assegno.
Il quarto motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 116, cod. proc. civ., 2697, cod. civ. -addebita alla Corte d’appello di avere confermato il rigetto della domanda riconvenzionale della convenuta volta ad ottenere il rimborso delle somme che l’attore aveva incamerato a titolo di spese quale distrattario, comprese le spese di c.t.u. che erano state sostenute direttamente dalla cliente, la
quale, a supporto di tale linea difensiva, aveva prodotto in giudizio le fatture dei consulenti tecnici d’ufficio.
Il quinto motivo -violazione dell’art. 2956, primo comma, cod. civ. -censura la sentenza impugnata che ha rigettato l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito del l’attore per l’attività svolta in alcuni giudizi, eccezione che la convenuta aveva sollevato senza muovere alcuna contestazione sul credito e, quindi, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, senza ammettere implicitamente la mancata estinzione dell ‘ obbligazione.
Il primo motivo non è fondato.
6.1. In primo luogo, con riferimento al l’invocato foro del consumatore, è principio di diritto consolidato (Sez. 3, Sentenza n. 385 del 11/01/2007, Rv. 595598 – 01), al quale va data continuità, che l ‘ eccezione di incompetenza territoriale ex art. 1469bis , terzo comma, num. 19, cod. civ., (applicabile ratione temporis in quanto il giudizio è cominciato con atto di citazione notificato il 26/03/2003, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 206 del 2005), che , nelle controversie tra consumatore e professionista, prevede la competenza territoriale esclusiva ed inderogabile del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, deve essere tempestivamente sollevata, ex art. 38, primo comma, cod. proc. civ., entro la prima udienza di trattazione, potendo altrimenti la Corte di cassazione, investita da ricorso sulla questione di competenza, rilevare d ‘ ufficio l ‘ avvenuto consolidamento della competenza territoriale del giudice adito.
Nel caso in esame, la convenuta non ha tempestivamente sollevato la relativa eccezione, formulandola per la prima volta in sede di legittimità, e nemmeno ha provato la qualità di consumatrice.
6.2. In secondo luogo, questa Corte ha enunciato il principio in base al quale l’ eccezione d ‘ incompetenza territoriale derogabile, ai fini
della sua ammissibilità, deve essere svolta, con l ‘ indicazione di tutti i fori concorrenti, ovvero per le persone fisiche, con riferimento, oltre ai fori speciali ai sensi dell ‘ art. 20, cod. proc. civ., anche a quelli generali, stabiliti nell ‘ art. 18, cod. proc. civ. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13202 del 16/06/2011, Rv. 618339; in termini: Sez. 6 -3, Ordinanza n. 6380 del 14/03/2018, Rv. 648441).
Nel caso in esame, l’eccezione d’incompetenza per territorio sollevata in comparsa di costituzione e risposta non prendeva posizione sul cd. forum contractus facoltativo, ai sensi dell ‘ art. 20, cod. proc. civ., che fa riferimento al luogo in cui il contratto è stato concluso, sicché la relativa eccezione deve ritenersi tardiva perché sollevata dalla convenuta per la prima volta in sede di appello.
In relazione a questa critica, la statuizione del giudice di merito è conforme a diritto, e va soltanto corretta nella parte in cui disattende il motivo di appello sul (mero) rilievo del difetto di prova dei fatti costitutivi dell ‘eccezione di incompetenza territoriale.
7. Il secondo motivo è infondato.
7.1. Il vizio di motivazione apparente ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all ‘ interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ( ex multis , Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639, che, in motivazione , richiama Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145).
7.2. Nella specie, la sentenza d’appello – la cui motivazione è chiara -lungi dall’omettere di pronunciare sul motivo di appello in punto di quantum della pretesa del creditore, tratta tale profilo di critica alle pagg. 6 e 7.
Il terzo motivo è inammissibile.
8.1. La censura ad esso sottesa non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata.
La ricorrente, infatti, non si è confrontata con il passaggio argomentativo della sentenza (pag. 7) secondo cui, nel giudizio di appello, la parte può chiedere l’ammissione di nuove prove, ai sensi dell’art. 345, cod. proc. civ., ‘ ma non può riproporre istanze istruttorie espressamente o implicitamente disattese dal giudice di primo grado, senza espressamente censurare -con motivo di gravame -le ragioni per le quali la sua istanza è stata respinta, ovvero dolersi della omessa pronuncia al riguardo’.
Il quarto motivo non è fondato.
9.1. È principio consolidato (cfr. Cass. 4/05/2023, n. 11671; in termini, ex multis , Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020, Rv. 658541, che, in motivazione , menziona Cass 05/09/2006, n. 19064, Cass. 10/02/2006, n. 2935) che art. 2697 c.c. viene in considerazione solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in base alla scissione della fattispecie in fatti costitutivi e mere eccezioni (Cass. 13395/2018; Cass. 26769/2018), non quando, sulla base del materiale istruttorio, abbia ritenuto provato il credito in contestazione, nell’esercizio del potere di prudente apprezzamento delle risultanze processuali (Cass. 18092/2020; Cass. 13395/2018; Cass. 15107/2013)».
A proposito delle censure di cui agli artt. 116, cod. proc. civ., 2697, cod. civ., vale l’insegnamento delle Sezioni unite di questa
Corte (Cass. Sez. U., 30/09/2020, n. 20867, che menziona: Cass. Sez. U., 05/08/2016, n. 16598; Cass. Sez. U., 27/12/2019, n. 34474, con richiami pure a Cass. 19/06/2014, n. 13960, e a Cass. 20/12/2007, n. 26965), secondo cui «n tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione».
9.2. Nella specie, il ricorrente intende ottenere una diversa ricostruzione dei fatti di causa, censurando l’accertamento di fatto operato dal giudice di merito che ha negato che la convenuta avesse provato i fatti costitutivi della domanda riconvenzionale.
Si tratta di una critica inammissibile in ragione del fatto che l’ipotetica erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa, non integra il vizio di violazione di legge.
Il quinto motivo è inammissibile per difetto di specificità.
10.1. In disparte l’errone o riferimento a lla violazione dell’art. 2956, cod. civ., là dove invece la parte avrebbe dovuto evocare l’art. 2959, cod. civ., poiché contesta l’apprezzamento da parte del giudice
di merito delle dichiarazioni della convenuta debitrice a proposito dei crediti ex adverso vantati, si rammenta l’indirizzo di questa Corte (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18631 del 30/06/2021, Rv. 661730; Sez. 2, Sentenza n. 22118 del 16/10/2006, Rv. 592615) secondo cui «In tema di prescrizioni presuntive, l ‘ indagine sul contenuto delle dichiarazioni della parte (o del suo comportamento processuale), al fine di stabilire se importino o meno ammissione della mancata estinzione del debito agli effetti dell ‘ articolo 2959 c.c., dà luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato sulle ragioni all ‘ uopo adottate dal giudice del merito, in quanto confacenti e coerenti».
10.2. Ciò precisato sul piano dei princìpi, nel nostro caso il ricorso avrebbe dovuto riportare il motivo di appello (il secondo) per dimostrare che alla Corte di merito era stato chiesto di verificare che il tipo di contestazione sollevata dal debitore non implicasse ammissione di non estinzione dell’obbligazione .
Questo onere di specificità, tuttavia, non è stato assolto dal ricorrente che, prima, a pag. 7 del ricorso, si limita ad una generica deduzione e, dopo, nell ‘ illustrazione del quinto motivo di ricorso, richiama l’eccezione di prescrizione presuntiva così come formulata in comparsa di costituzione e risposta in primo grado (cfr. pagg. 24 e 25 del ricorso per cassazione), senza trascrivere il secondo motivo di appello, almeno per la parte di rilievo.
In conclusione, respinti il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, dichiarati inammissibili il terzo e il quinto motivo, il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.500,00, più euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 11 gennaio 2024.