Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3033 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3033 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16847/2021 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO rappresentato e difeso da sé stesso
-ricorrente-
SARACINO NOME
-intimata- avverso ORDINANZA di TRIBUNALE LATINA n. 4035/2020 depositata il 15/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avvocato NOME COGNOME ha proposto domanda al Tribunale di Latina, ai sensi dell’art. 14 del d. lgs. 150 del 2011, al fine di ottenere la liquidazione di onorari professionali di avvocato maturati per la difesa di NOME COGNOME in un giudizio di divorzio, definito con sentenza n. 75 del 10 gennaio 2018. Costituitasi, la COGNOME ha eccepito, in via preliminare, che la richiesta di controparte era infondata, trattandosi di prestazione giustificata dai rapporti personali con il COGNOME, con il quale aveva instaurato un rapporto di convivenza, essendo nata anche una figlia.
Il Tribunale, raccolto l’interrogatorio formale del ricorrente, ha rigettato la domanda, rilevando che il legale non aveva vinto la presunzione di gratuità della prestazione, giustificata dal comprovato rapporto personale con la Saracino. Contro la decisione, il Mantovano ha proposto ricorso affidato a due motivi. Con il primo motivo si denuncia la nullità della ordinanza in quanto il procedimento, seppure poi definito dal Tribunale in composizione collegiale, era stato trattato dal giudice monocratico, dinanzi al quale si era tenuta l’udienza di comparizione. Il medesimo giudice monocratico, inoltre, aveva ammesso e raccolto l’interrogatorio formale del ricorrente, per poi trattenere il provvedimento in riserva. Seguiva il provvedimento collegiale, oggetto della presente impugnazione. Si sostiene che l’ iter seguito era in contrasto con l’art. 14 del d. lgs. n. 150 del 2011, che impone la designazione originaria del collegio, dinanzi al quale deve svolgersi l’intera trattazione, compresa l’udienza di comparizione. Con il secondo motivo il ricorrente censura il merito della decisione, deducendo l’inesistenza dei presupposti, di fatto e giuridici , della convivenza, il che impediva l’applicazione della regola iuris applicata dal provvedimento al fine di negare il diritto del professionista ai compensi.
La Saracino resta intimata.
In prossimità dell’udienza camerale il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è fondato. Il collegio intende dare continuità al principio, stabilito da Cass. n. 13856/2022, seguita da Cass. n. 25882/2023 e più recentemente da Cass. n. 23862/2024 in controversia fra le stesse parti, secondo cui «Le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati sono
soggette al rito di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 e sono trattate e decise dal tribunale in composizione collegiale, salva la delega al singolo giudice per l’espletamento degli incombenti istruttori, sicché, ove la decisione sia deliberata in camera di consiglio da un collegio composto da giudici che non hanno assistito alla discussione della causa, si configura la violazione dell’art. 276 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza» (Cass. n. 13856/2022). Sulla scia di Cass., S.U., n. 12609/2012, tale ultima pronunzia ha chiarito in motivazione che « l’art. 3 del medesimo d.lgs., al comma 2, prevede, oltre alla designazione del giudice relatore, la sola delega da parte del presidente a uno dei componenti del collegio dell’assunzione dei mezzi istruttori, con la conseguenza che le restanti attività devono svolgersi davanti all’intero collegio, in particolare la discussione della causa e la precisazione delle conclusioni (cfr. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite n. 12609/2012, che sottolinea come, anche alla luce della relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 150/2011, i processi in materia di liquidazione degli onorari degli avvocati “devono essere trattati in composizione collegiale”)».
Nel caso in esame, invece, in contrasto con tali principi, la decisione è stata sì assunta dal collegio, ma essa è intervenuta al termine di un procedimento svoltosi dinanzi al giudice monocratico. In altre parole, il collegio è intervenuto solo in fase decisoria, a seguito della rimessione della causa ad opera del giudice monocratico, dinanzi al quale furono precisate le conclusioni.
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo. L’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Latina va conseguentemente cassata, con rinvio della causa al medesimo Tribunale, che provvederà alla rinnovazione della discussione e della decisione della stessa causa in composizione collegiale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Latina in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda