SENTENZA TRIBUNALE DI FIRENZE N. 2689 2025 – N. R.G. 00004107 2022 DEPOSITO MINUTA 31 07 2025 PUBBLICAZIONE 31 07 2025
N. R.G. 4107/2022
cui sono riuniti i procedimenti RG. n. 4269/2022; n. 8582/2022 e n. 11598/2022
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE
III Terza sezione CIVILE
Il Tribunale, nella persona della Dott.ssa NOME COGNOME in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di I Grado iscritta al N. R.G. 4107/2022, cui sono riuniti i procedimenti RG. n. 4269/2022, n. 8582/2022 e n. 11598/2022, promossa da:
(C.F. e P.IVA
e
(C.F.
P.
, rappresentati e difesi, anche disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dei medesimi in Firenze, INDIRIZZO C.F.
OPPONENTI
CONTRO
(C.F. ), in persona del sindaco pro tempore , rappresentata e difesa congiuntamente e/o disgiuntamente dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’Avvocatura della Città Metropolitana di Firenze ed elett ivamente domiciliati presso l’Ufficio delle predetta, in Firenze, INDIRIZZO INDIRIZZO
NONCHÉ CONTRO
, (C.F. e P.IVA
), rappresentata e
P.
difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO
OPPOSTE
Oggetto: OPPOSIZONE ALL’ESECUZIONE EX ART. 615 C.P.C. E AGLI ATTI ESECUTIVI EX ART. 617 C.P.C.
Causa ritenuta in decisione sulla base delle seguenti
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per
‘ Voglia l’Ill.mo Giudice adito ogni contraria istanza disattesa ed in accoglimento di tutte le opposizioni riunite, proposte ai sensi dell’art. 615 e 617 c.p.c, accertare, l’illegittimità, infondatezza dei ruoli (n. 2021/000770 – n. 2021/001555 – n. 2022/002759 -n. 2021/005307) e delle conseguenti cartelle di pagamento (n. NUMERO_CARTA), dichiarando che la e l’ , in persona dei rispettivi Legali Rappresentanti pro tempore, non hanno diritto a procedere ad esecuzione nei confronti della società essendo i ruoli e le cartelle illegittimi ed infondati per tutti i motivi già indicati nei relativi atti di opposizione. In ogni caso con vittoria di spese e competenze del presente giudizi o’ .
Per la
:
‘ si insiste, ogni diversa e contraria domanda ed eccezione disattesa, nelle CONCLUSIONI già rassegnate in ciascuno dei quattro giudizi pendenti nei rispettivi atti di costituzione e risposta della qui presente comparente, ai quali integralmente si rimanda, con vittoria di competenze e oneri di legge spettanti, appunto, ai sottoscritti Avvocati dipendenti pubblici, conclusioni da intendersi ulteriormente specificate con riguardo all’altra controparte che, laddove dovessero emergere nel giudizio de quo vizi tali da inficiare la cartella oggetto di opposizione, unitamente a tutti i restanti giudizi e, quindi, la riscossione del credito di questo Ente, la stessa CMF risulterebbe parte lesa, riservandosi fin da subito di azionare ogni più idonea forma di tutela. Si rammenta, infatti, che per quanto riguarda la cartella esattoriale tutto ciò che va dalla sua formazione, all’emissione, notifica ed atti interruttivi della prescrizione, è di competenza della , e non della , mentre compete a questo Ente tutto ciò che attiene alle fasi precedenti la creazione della cartella di pagamento, precisamente fino
all’iscrizione a ruolo dei titoli esecutivi in questione concernenti le residue somme a titolo di spese legali che, ancora oggi, sono rimasti insoluti. La cartella esattoriale, definita -nel proprio sito istituzionale dalla stessa come ‘cartella di pagamento’, rappresenta un atto amministrativo caratterizzata da evidenti finalità di riscossione tramite il ruolo. Tale incarico viene affidato al ‘concessionario’ , il quale avrà l’onere di notificare (art. 25, D.P.R. n° 602/73) il provvedimento esattivo ed, eventualmente, di iniziare azioni esecutive o cautelari del credito ai danni del cittadino contribuente. Pertanto, Voglia L’Ill.mo Giudice adito tenere conto anche di questo ai fini dell’attribuzione delle spese di lite dei presenti giudizi, con ogni consequenziale pronuncia ai fini dell’attribuzione delle spese di lite nell’eventualità che venisse in questa sede accertata la sussistenza di vizi tali da in ficiare le impugnate cartelle ed imputabili all e, quindi, tali da inficiare il credito vantato dalla CMF avverso , riservando la ogni più opportuna azione di tutela in separata sede avverso l’Agente prepos to alla riscossione. In ogni caso, con vittoria di spese di giudizio ed oneri da liquidarsi ex D.M. n. 55/2014, senza applicazione di I.V.A. e C.P.A. (trattandosi di contenzioso gestito da avvocatura interna), ma gravati di oneri previdenziali e assistenzi ali corrispondenti agli oneri riflessi, oneri da riconoscersi all’avvocato dipendente dell’Ente pubblico in sostituzione delle voci accessorie applicabili ai legali liberi professionisti (cfr. in merito Tar Piemonte n. 1104/2017, Tar Emilia-Romagna n.151/2016, Tar Emilia Romagna n. 3/2016), oltre IRAP ‘.
Per
:
‘ Voglia l’Ill.mo Giudice adito
A) nel merito, respingere la domanda per i motivi di cui in comparsa;
B) in via subordinata, respingere la domanda avanzata da parte attrice perché infondata in fatto ed in diritto, ovvero dichiarare, nei confronti dell’ , infondata la domanda per carenza di legittimazione passiva del soggetto deputato alla riscossione del credito vantato dall’Ente impositore.
In ogni caso, con vittoria di spese e competenze come per legge. . ‘
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione
Con atto di citazione notificato a mezzo PEC, in data 6 aprile 2022, la e
proponevano opposizione ex art. 615 e 617 c.p.c. avverso la cartella di
pagamento n. NUMERO_CARTA notificata da (di seguito, per brevità, ) sulla base delle somme iscritte a ruolo dalla
(d’ora in avanti più brevemente CMF) e riguardanti ‘ quota residua spese di giudizio liquidate nella sentenza n. 1978/2020 del Tribunale di Firenze ‘.
In seguito, all’udienza del 19 settembre 2023, venivano riunite alla presente procedura altri tre procedimenti contrassegnati con RG. n. 4269/2022; n. 8582/2022 e n. 11598/2022 ed aventi ad oggetto l’impugnativa di altre tre cartelle esattoriali -rispettivamente n. NUMERO_CARTA n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA anch’esse portanti un credito per ‘ quota residua spese di giudizio ‘ liquidate in altre sentenze rese tra le medesime parti.
In tutte le cartelle notificate, provvedeva a richiedere il rimanente delle spese legali liquidate in varie sentenze del Tribunale e/o della Corte d’Appello di Firenze senza però ulteriormente specificare di quali tipologia di spese si trattasse e, in molti casi, errando nell’indicazione deg li estremi dei titoli esecutivi.
Quindi, impugnava le cartelle sostenendo di aver totalmente adempiuto al rimborso delle spese processuali liquidate e di aver omesso di versare oneri accessori poiché, essendo la CMF difesa da avvocati facenti pa rte dell’Avvocatura interna, non era dovuta né IVA né CPA, non essendo i procuratori dell’Ente liberi professionisti iscritti alla . L’opponente proponeva anche opposizione agli atti esecutivi contestando la regolarità formale e sostanziale de lle cartelle impugnate posto che i titoli esecutivi per i quali l’ente creditore aveva formato il ruolo non erano stati correttamente riportati: indicava, infatti, come autorità giudiziaria emittente, il Tribunale di Firenze, anziché la Corte d’Appell o di Firenze (cfr. RG. 4107/2022; 4269/2022; 11598/2022).
Inoltre, l’odierna attrice contestava anche la nullità delle cartelle per difetto di motivazione in violazione dell’art. 3 L. 241/1990 in quanto nelle cartelle non vi sarebbe nessuna indicazione rispetto alla normativa di riferimento e ai criteri in concreto applicati per la determinazione delle somme intimate.
La CMF si costituiva in tutti e quattro i giudizi chiedendo il rigetto dell’opposizione in quanto infondata in fatto e in diritto e ribadendo la legittimità della pretesa creditoria perché fondata su validi titoli esecutivi.
Sosteneva l’opposta che, in tutte le sentenze poste alla base delle cartelle impugnate, il Giudicante avrebbe condannato al pagamento delle spese processuali che
comprenderebbero gli oneri riflessi spettanti agli avvocati dipendenti degli Enti pubblici e ciò anche se le formule usate per la condanna alle spese parlano nella quasi totalità dei casi di ‘ c.a.p. e i.v.a. secondo legge’ e in un caso di ‘ oltre il 15% sp ese generali e accessori di legge’.
La comparente, altresì, ammetteva l’errore compiuto dall’agente della riscossione nella denominazione dell’ufficio giudiziario emittente i titoli esecutivi ma sosteneva che, per il principio della conservazione degli atti giuridici ex art. 156, comma 3, c.p.c., tale vizio risulterebbe sanato proprio dalla presentazione dell’opposizione.
Infine, circa il vizio di motivazione delle cartelle lamentato dall’opponente, CMF affermava di aver correttamente illustrato la propria pretesa nella lettera di ‘ Richiesta spese legali ‘ indirizzata alla debitrice in data 18 settembre 2020 e che l’asserita carente motivazione delle cartelle sarebbe, a limite, addebitabile a .
In data 4 ottobre 2023, si costituiva eccependo, nel mer ito, l’infondatezza dell’opposizione e, in via subordinata, il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto, a suo dire, l’agente della riscossione non avrebbe alcuna responsabilità in merito alle somme iscritte a ruolo e, fino ad un eventuale provvedimento di discarico, sarebbe obbligato a portare a compimento l’esazione.
La causa, quindi, era istruita documentalmente non avendo le parti formulato specifiche richieste istruttorie e, all’udienza di precisazione delle conclusioni tenutasi il 4 febbra io 2025, veniva trattenuta in decisione con termini per il deposito di memorie conclusionali e repliche. In via preliminare va respinta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva avanzata da .
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Cor te, infatti, l’accertamento circa la legitimatio ad causam deve concernere la coincidenza, dal lato attivo, tra il soggetto che propone la domanda e il soggetto che nella domanda stessa si afferma titolare del diritto e, da quello passivo, tra il soggetto contro il quale la domanda è proposta e quello che nella domanda è affermato soggetto passivo del diritto, o comunque responsabile della violazione del diritto stesso (si veda ex multis Cass. Civ. ordinanza n. 15952 del 16/06/2011, Cass. Civ. sentenza n. 6132 del 06/03/2008).
Senza dubbio, le opposizioni proposte sono rivolte all’ Riscossione in quanto titolare dell’azione esecutiva e, quindi, interessato a resistere, in ragione dell’incidenza che un’eventuale pronuncia di annullamento della cartella può avere sul rapporto esattoriale.
Passando ai motivi d’opposizione, va analizzata l’eccezione di nullità delle cartelle avanzata da i n quanto prive degli elementi che permettono l’esatta identificazione del titolo esecutivo, requisito indispensabile perché il precetto, cui la cartella esattoriale può essere equiparata, possa raggiungere il suo scopo di preannunciare l’azione esecutiva.
Secondo l’opposta, il principio di conservazione degli atti giuridici imporrebbe di verificare se l’atto abbia comunque raggiunto il suo scopo e, nel caso di specie, la nullità risulterebbe sanata dalla proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi. La tesi è fondata: l’opponente, infatti, nonostante le inesattezze contenute nelle cartelle esattoriali è riuscito comunque a venire a conoscenza della pretesa e a proporre compiutamente le sue difese. Lo stesso dicasi relativamente al lamentato vizio di motivazione delle cartelle che non ha pregiudicato il diritto di difesa di parte opponente.
Nondimeno, anche se sanati ex art. 156, comma 3, c.p.c., i vizi presenti nelle cartelle notificate potranno essere valutati nell’ottica della condanna alle spese dell’ agente della riscossione che ha formato l’atto viziato.
Ciò premesso, il fulcro dei motivi d’opposizione riguarda il quesito di diritto se l’opponente sia o meno tenuto a rifondere a CMF gli importi da quest’ultima iscritti a ruolo a titolo di oneri rifles si per i contributi CPDEL spettanti all’avvocato dipendente pubblico in luogo di IVA e CPA dovuti all’avvocato del libero foro.
A tale quesito va data una risposta negativa e ciò a prescindere dalla concreta formulazione adottata nei vari titoli esecutivi posti alla base delle cartelle impugnate: perciò le considerazioni che seguono valgono per ognuna delle quattro cartelle oggetto dei quattro procedimenti riuniti.
L’opposizione, quindi, per i motivi di seguito illustrati, è fondata e va accolta.
La discipl ina dei compensi professionali dei legali dipendenti della P.A. è regolata dall’art. 9 del D.L. n. 90 del 2014, dai contratti collettivi nonché dai regolamenti interni dei vari enti. Detta disciplina è peculiare rispetto a quella degli altri pubblici dipendenti in quanto il trattamento economico degli avvocati pubblici si compone di due diverse voci: l’una retributiva fissa costituita dallo stipendio tabellare, l’altra attinente ai compensi maturati in giudizio, di natura variabile perché dipendente dalle sorti del contenzioso.
Nel caso in esame, poi, trova applicazione, ratione temporis, la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (entrata in vigore il 1° gennaio 2006) che, all’art. 1 comma 208 rubricato ” Contenimento oneri personale avvocatura interna della amministrazioni pubbliche “, dispone: ” le somme finalizzate alla corresponsione dei compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro “.
L’articolo citato ha introdotto una deroga alla disposizione dell’art. 2115, comma 3, del Codice civile che sanziona con la nullità qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza posti a carico del datore di lavoro.
In virtù dell’art. 1 comma 208 cit., quindi, le somme spettanti a titolo di compensi professionali dovuti all’avvocatura interna del personale delle regioni e delle autonomie locali sono do vute al lordo degli oneri contributivi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro (cd. oneri riflessi) che, conseguentemente, vengono a gravare anch’essi sul dipendente con una riduzione della misura netta del suo trattamento retributivo.
Il legislatore, quindi, ha operato una traslazione degli oneri previdenziali riflessi dal datore di lavoro al lavoratore nell’intento dichiarato di contenere la spesa pubblica mentre, prima della finanziaria del 2006, il compenso dei difensori dell’ente vi ttorioso era pari alle spese di lite liquidate e il pagamento della relativa contribuzione era a carico dell’amministrazione pubblica.
Una scelta legislativa siffatta, senza dubbio, pone il professionista dipendente dell’Ente pubblico in una situazione diversa rispetto al resto dei pubblici dipendenti e degli e agli avvocati del libero foro ma tale differenza è stata giudicata costituzionalmente legittima dalla Consulta con la sentenza n. 33/2009 nella quale si afferma: ‘ non ricorre alcuna violazione neppur e dell’art. 3 Cost. sotto entrambi i profili enunciati. Con riferimento alla parità di trattamento, il personale dell’avvocatura interna delle pubbliche amministrazioni è il solo che percepisce i suddetti compensi, sicché manca un tertium comparationis su cui operare il raffronto con il trattamento economico riservato agli altri dipendenti dell’amministrazione. Né sussiste la manifesta irragionevolezza che si assume desunta dalla sottoposizione alla medesima imposizione di compensi di diversa natura e funzione, perché – nell’ottica della traslazione degli oneri previdenziali -è del tutto irrilevante la derivazione di quei compensi dalla condanna di controparte alle spese del giudizio, piuttosto che dalla loro compensazione tra le parti ‘.
Tale interpretazione è stata confermata sia dalla successiva giurisprudenza contabile (vedi deliberazione della Corte dei conti a Sezioni Riunite n. 33/2010), che dal costante orientamento di legittimità (Vedi Cass. Civ. Sez. 2, Ordinanza n. 3242 del 05/02/2024; Cass.
Civ., sez. l., sentenza n. 31989 del 05/07/2018, Cass. Civ. Sez. l. sentenza n. 16579 del 05/07/2017; Cass. Civ., sez. l., sentenza n. 29375 del 14/11/2018).
Le decisioni richiamate da parte opposta, invece, comprese la sentenza n. 5754 del 2023 del Consiglio di Stato e l’ordinanza n. 3592 del 6 febbraio 2023 delle Sezioni Unite della Cassazione, pur disponendo il rimborso degli oneri riflessi a favore degli enti pubblici vittoriosi, non riguardano precipuamente la questione della fondatezza della pretesa della P.A. di ottenere a carico della controparte tale pagamento, evidentemente per mancanza di una specifica contestazione sul punto.
Dall’anzidetta traslazione degli oneri previdenziali dal datore di lavoro al lavoratore consegue che gli oneri rif lessi non possono essere una voce da aggiungere alle spese liquidate all’ente vittorioso e posto a carico della controparte.
D’altronde, il principio di cui all’art, 91 c.p.c., prevedendo la condanna alle spese della parte soccombente, mira a realizzare il principio per cui la parte vittoriosa si deve trovare nella stessa situazione in cui si sarebbe trovata qualora avesse avuto soddisfazione dei propri diritti senza la necessità dell’intervento giudiziale. Si tratta, quindi, di una somma che deve essere pagata alla parte, e non al suo difensore; anche nel caso di distrazione ai sensi articolo 93 c.p.c., è un rimborso delle spese che la parte ha sostenuto (o, in quest’ultimo caso, che avrebbe dovuto sostenere) per la difesa in giudizio. Siccome la parte, nel caso dell’avvocato dipendente pubblico, è la Pubblica Amministrazione, la quale, in forza dell’art. 1 comma 208, legge finanziaria 2006, non ne sopporta l’onere, che è a esclusivo carico del lavoratore, gli oneri riflessi non sono dovuti dal soccombente: l’accollo contributivo è a integrale carico del lavoratore per la parte relativa ai predetti compensi. (Vedi bella giurisprudenza di merito Trib. Benevento n. 352 del 5/04/2024; Tribunale di Catania n. 4500 del 24/09/2024; Tribunale di Torina n. 640 del 4/6/2021).
Da ultimo, la Suprema Corte, con la sentenza n. 4399 del 19/02/2025, ha ribadito la correttezza di tale meccanismo decidendo che ‘ in tema di compensi professionali spettanti agli avvocati interni alle amministrazioni pubbliche, nei casi regolati ratione temporis dall’art. 1, comma 208, della l. n. 266 del 2005, gli oneri contributivi sono posti a carico dei dipendenti cui vengono distribuiti gli importi riconosciuti a titolo di rimborso delle spese di lite, sicché – trattandosi di somme che attengono al rapporto retributivo del difensore con il proprio ente di appartenenzaè infondata la pretesa della P.A. di ottenere a carico della controparte soccombente il pagamento degli oneri riflessi ‘.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo in base al D.M. n. 55/2014, in considerazione del valore complessivo delle cause riunite, compreso tra € 5.201 e € 26.000 e secondo i parametri medi per la fase di studio, introduttiva e decisionale e minimi per la fase istruttoria in quanto meramente documentale.
P.Q.M.
Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda istanza ed eccezione così provvede:
-ACCOGLIE l’opposizione dichiarando l’inesistenza del diritto dell’opposta a procedere ad esecuzione forzata relativamente alla cartelle n. NUMERO_CARTA, n. NUMERO_CARTA, n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA e, per l’effetto, ne ordina il discarico dal ruolo;
– CONDANNA, in solido,
e
alla rifusione in favore degli opponenti delle spese di lite che si liquidano in € 4.237,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA secondo legge.
Firenze, 31/7/25
Il Giudice Dr.ssa NOME COGNOME