Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1120 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1120 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
sul ricorso 28916/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti – avverso la sentenza del TRIBUNALE di ROMA n. 13622/2020 depositata il 06/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE ricorre a questa Corte per sentire cassare l’epigrafata sentenza con la quale il Tribunale di Roma, in accoglimento del gravame proposto dal RAGIONE_SOCIALE Flaminio, ha riformato l’impugnata decisione di primo grado che aveva respinto la domanda del Consorzio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE ed ha condannato quest’ultima al pagamento in favore dell’istante degli oneri consortili dovuti in quanto proprietaria di un’area ricadente nel perimetro consortile.
Il Tribunale ha motivato il proprio deliberato sull’assunto che nella specie si dovesse riconoscere, in adesione ai precedenti di questa Corte, un consorzio di urbanizzazione; e, più in dettaglio, facendo leva sulla considerazione che dall’esame delle disposizioni statutarie e, segnatamente, della norma, tra esse, che prevede che facciano parte del consorzio le persone fisiche o giuridiche che abbiano in proprietà lotti di terreno siti nel comprensorio, «si evince che appare essere stata formalizzata la coincidenza fra status di consorziato e titolarità di immobili ricompresi nel territorio consortile», di guisa che la mera condizione proprietaria, «considerato altresì che l’adesione appare non essere facoltativa, ma obbligatoria, come si ricava dal fatto che il venditore deve inserire nel contratto di vendita, con obbligo di trascrizione, il vincolo di partecipazione al consorzio», è di per sé foriera di un vincolante obbligo contributivo per tutti i partecipanti, che non può restare inevaso per il fatto che in sede di trasferimento non si sia dato corso agli adempimenti pubblicitari a tal fine previsti.
L’odierno ricorso della RAGIONE_SOCIALE si vale di dodici motivi, seguiti da memoria, ai quali resiste il Consorzio con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta un vizio di omessa pronuncia poiché il decidente d’appello, benché fosse stato sollecitato in tal senso dalla parte appellata aveva omesso di pronunciare sull’eccepita inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348bis cod. proc. civ. in allora vigente -ed il secondo motivo di ricorso -con cui si lamenta un vizio di omessa motivazione sull’omessa pronuncia denunciata con il primo motivo -sindacabili congiuntamente per unitarietà della censura, sono entrambi insuscettibili di disamina, l’uno perché l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito ( ex plurimis , Cass., Sez. III, 16/10/2024, n. 26913) -si che ne va dichiarata l’inammissibilità -, l’altro, perché, non sussistendo il vizio denunciato, nessun obbligo motivazionale al riguardo può risultare evaso, sicché esso resta conseguentemente assorbito.
Il terzo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 348bis e 348ter cod. proc. civ. perché il giudice d’appello avrebbe dovuto pronunciare l’inammissibilità del gravame in quanto alla luce della giurisprudenza sulla materia del contendere l’impugnazione non aveva una ragionevole probabilità di essere accolta -è inammissibile perché implicante una valutazione in fatto.
Si è già, infatti, condivisibilmente affermato da questa Corte, sulla premessa che la valutazione demandata dalla norma ha i tratti propri di un apprezzamento di fatto sul merito della pretesa azionata, che la scelta del giudice d’appello di definire il giudizio prendendo in esame il merito della pretesa azionata, sia con il rigetto che con l’accoglimento, non può dirsi proceduralmente viziata sul
presupposto che si sarebbe dovuta affermare l’inammissibilità per assenza di ragionevole probabilità di accoglimento, sicché, ove il giudice non ritenga di assumere la decisione ai sensi dell’art. 348ter , comma 1, cod. proc. civ. la questione di inammissibilità resta assorbita dalla sentenza che definisce l’appello, che è l’unico provvedimento impugnabile, ma per vizi suoi propri, in procedendo o in iudicando , e non per il solo fatto del non esservi stata decisione nelle forme semplificata, e ciò non solo se pronuncia finale sia comunque di rigetto del gravame, ma anche se esso venga accolto (Cass., Sez. VI-IV, 29/11/2021, n. 37272).
4. Il quarto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ. perché il giudice d’appello, delibando l’appello, non ne avrebbe preliminarmente dichiarato l’inammissibilità per difetto di specificità in quanto l’appellante, nell’introdurre il proprio atto di gravame, si era limitato a riproporre le questioni originarie senza offrire una specifica motivazione afferente alla sentenza impugnata -è inammissibile per difetto di autosufficienza, dato che il ricorrente ha riportato in ricorso le proprie censure sul punto, ma non ha riprodotto i motivi di gravame di controparte.
Si impone allora ancora di osservare, come più volte già si è fatto con riferimento alla specie che ne occupa, che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione trova applicazione anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali siano contestati errori da parte del giudice di merito, sicché, ove si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., conseguente alla mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, il ricorrente deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte, posto che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito,
riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare, a pena, appunto, di inammissibilità, il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, proprio per assicurare il rispetto del principio di autosufficienza di esso ( ex plurimis Cass., Sez. I, 23/12/2020, n. 29495).
5.1. Il quinto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 36, 37, 38, 1332, 1418 cod. civ. e dell’art. 18 Cost., nonché degli artt. 1101, 1104, 1105, 1115, 1117, 1123, 1130, 1136 cod. civ., degli artt. 63, 67 e 68 e 69 disp. att. cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. perché il giudice d’appello sarebbe caduto in errore nel ritenere che l’Associazione appellante fosse un consorzio di urbanizzazione e non una semplice associazione non riconosciuta, sicché a contrastarne perciò la natura di ente di fatto su base associativa, desumibile, tra l’altro, dalle norme statutarie, che riproducono in più luoghi il lemma associazione, dalla mancanza di contestazioni avversarie, dall’inesistenza di qualsiasi relazione di comunione, dalla particolare destinazione urbanistica del compendio ed ancora dall’inesistenza di qualsiasi servizio collettivo, non sarebbero bastati i precedenti inappropriatamente richiamati da questa Corte, tanto più se si fosse considerato che per le modalità di acquisizione del cespite in proprietà non era neppure sostenibile che la ricorrente fosse potuta entrare a far parte dell’associazione senza manifestare la propria volontà di aderirvi -; il sesto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 36, 37, 38, 1332, 1362, 1363, 1370, 1371 e 1418 cod. civ. e dell’art. 18
Cost. perché il giudice d’appello, pervenendo alla conclusione di ritenere nella specie sussistente un consorzio di urbanizzazione, non avrebbe esaminato correttamente lo statuto dell’associazione o, comunque, non lo avrebbe interpretato in adesione alle regole di ermeneutica risultanti dalle norme richiamate -; ed il settimo motivo di ricorso -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo perché il giudice d’appello, non identificando correttamente l’associazione, sarebbe pure incorso nell’omesso esame di un fatto decisivo -esaminabili congiuntamente, afferendo, essi, tutti al medesimo tema decisionale, si prestano ad una comune valutazione di inammissibilità in quanto, più generalmente, volti a sollecitare una rinnovazione del sindacato fattuale del giudice di merito, laddove questo ha ritenuto di ravvisare la sussistenza nella specie non un associazione non riconosciuta, ma di un consorzio di urbanizzazione, a tacitare ogni contraria riserva, bastando, poi, rammentare che l’accertamento così operato non è rimeditabile in questa sede afferendo alla sfera degli apprezzamenti in fatto che competono al giudice di merito e che non sono ordinariamente censurabili per cassazione se non nei limiti in cui può farsi ancora valere un vizio motivazionale.
5.2. Più in dettaglio va poi ancora rilevato, quanto alla doglianza esternata, tra le altre, nel quinto motivo, circa il fatto che l’adesione al consorzio della ricorrente non sarebbe avvenuta in base ad una manifestazione di volontà in tal senso, che l’allegazione, da un lato, non si rivela concludente, dall’altro non risulta debitamente coonestata in punto di autosufficienza. Sotto il primo profilo si impone di osservare che anche nell’ottica della sua contrattualizzazione, che ha segnato il definitivo tramonto della costruzione basata sulla figura dell’ obbligatio propter rem , l’adesione al consorzio prende pur sempre forma per mezzo della semplice
conclusione del contratto di acquisto di un bene ricadente nel perimetro consortile, si chè essa è, insieme, effetto di una pattuizione statutaria e dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volontà del nuovo acquirente di partecipare al consorzio (Cass., Sez. II, 23/05/2024, n. 14407); sotto il secondo non si può fare a meno di notare, per quel che è dato apprendere dagli atti di causa consultabili, che la ricorrente è divenuta proprietaria del cespite in forza di una sequenza negoziale che ha visto la successione di una serie di atti non meglio specificati nel loro contenuto, sì che, avuto riguardo alla natura derivativa dell’acquisto da essa in ultimo operato e all’effetto traslativo, oltre che dei diritti, anche degli obblighi che di regola in tali casi si produce, non è dato comprendere se e in che termini vi sia stata effettivamente la mancata manifestazione di consenso allegata con il motivo. Parimenti, quanto alle allegazioni che si leggono nel sesto e nel settimo motivo, il giudizio di inammissibilità analogamente si impone, per un verso, perché la denuncia dell’errore ermeneutico non segue il rigido protocollo previsto dalla giurisprudenza di questa Corte ( ex plurimis , Cass., Sez. III, 28/11/2017, n. 28319) e, per l’atro, perché all’evidenza non ricorre il vizio motivazionale denunciato se il fatto, pur esaminato, sia interpretato diversamente da quanto auspicato dalla parte.
6. L’ottavo motivo di ricorso -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo perché il giudice d’appello, ritenendo vincolanti gli obblighi consortili anche nei confronti della ricorrente, non avrebbe offerto alcuna motivazione al riguardo e, segnatamente, con riguardo al fatto che RAGIONE_SOCIALE non era a conoscenza di tali obblighi posto che essa non aveva avuto alcuna relazione diretta con il soggetto originariamente gravato -debitamente ricondotto nell’alveo più appropriato dell’errore processuale, é inammissibile in quanto
non si allinea sul punto all’esatto tenore della sentenza impugnata e dunque difetta di specificità.
Benché, per quanto occorrer serva a rettificare il percorso motivazionale, debba più in generale rilevarsi che la fonte degli obblighi del consorziato non discende dal titolo di proprietà -e quindi, può aggiungersi, da una obligatio propter rem atipica -ma, come si è detto, dalla contrattualizzazione dell’obbligo, va in ogni caso osservato che, seppur facendo appello ad orientamenti giurisprudenziali risalenti nel tempo, la sentenza si è data comunque cura di spiegare come nella specie si fosse «formalizzata la coincidenza fra status di consorziato e titolarità di immobili ricompresi nel territorio consortile» e su questa premessa, nonché sulla considerazione che l’art. 3 dello statuto associativo «precisa altresì che “in caso di trasferimento a qualsiasi titolo dei loro immobili i consorziati sono tenuti a menzionare nell’atto il trasferimento con obbligo di trascrizione del vincolo di partecipazione al Consorzio”», dandone comunicazione al medesimo Consorzio -rendendo sul punto quella motivazione che la ricorrente reputa omessa e, più in particolare chiarendo che è l’acquisto del bene che rende il proprietario parte del consorzio -ha conclusivamente osservato che «gli adempimenti prescritti per la vendita, in caso di omissione, non possono spiegare effetto al fine di escludere la maturazione dell’obbligo alla contribuzione degli oneri in capo all’acquirente, considera altresì che l’adesione appare non essere facoltativa ma obbligatoria, come si ricava dal fatto che il venditore deve inserire nel contratto di vendita, con obbligo di trascrizione, il vincolo di partecipazione al consorzio».
Il nono motivo di ricorso -con cui si lamenta la nullità dell’impugnata sentenza per violazione degli artt. 1101, 1104, 1105, 1115, 1117, 1123, 1130, 1136 cod. civ., degli artt. 63, 67 e 68 e 69
disp. att. cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. perché il giudice d’appello avrebbe ritenuto applicabili alla specie le norme sulla comunione quantunque nella specie non vi fosse prova della sua esistenza -è inammissibile in quanto non si allinea sul punto all’esatto tenore della sentenza impugnata e dunque difetta di specificità.
Richiamando, per vero, la fattispecie del consorzio di urbanizzazione il Tribunale, facendo tesoro degli insegnamenti sul punto già enunciati da tempo dalla giurisprudenza di questa Corte, ha rammentato che «i consorzi si caratterizzano anche per un forte profilo di realità, in quanto il singolo associato inserendosi nel sodalizio onde beneficiare dei vantaggi offertigli, assume obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni», sicché, ove la disciplina dei medesimi non abbia titolo nella volontà delle parti, si rendono applicabili le disposizioni più confacenti alla regolamentazione degli interessi coinvolti dalla controversia che, nel caso in cui il consorzio abbia ad oggetto la gestione di beni e i servizi comuni, devono individuarsi nelle norme concernenti il condominio ( ex plurimis , Cass., Sez. II, 3/10/2022. n. 28611), donde la formulata censura non coglie perciò nel segno.
8. Il decimo motivo di ricorso -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. perché il giudice d’appello non avrebbe indicato in base a quali norme il credito reclamato potesse ritenersi provato -; e l’undicesimo motivo di ricorso -con cui si lamenta un vizio di omessa motivazione perché il giudice d’appello avrebbe omesso qualsiasi motivazione sul punto della prova del credito azionato -esaminabili congiuntamente in quanto esternanti la medesima lagnanza, sono entrambi inammissibili in quanto, a fronte della motivazione resa sul punto dal
decidente («con riguardo alla prova del credito, esso di rinviene nelle delibere consortili, che come nella comunione sono fonte di prova del credito»), le contestazioni declinate sono generiche e meramente tautologiche, onde esse violano manifestamente il precetto della specificità del motivo di ricorso.
Il dodicesimo motivo di ricorso -con cui si lamenta la nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 96 e 132 cod. proc. civ. perché erroneamente il giudice d’appello avrebbe riformato la sentenza appellata nella parte in cui questa aveva pronunciato la condanna dell’attore per lite temeraria -è assorbito fondandosi esso sul presupposto della ritenuta fondatezza dell’odierno ricorso.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile quanto al primo motivo ed ai motivi da 3 ad 11, mentre vanno giudicati assorbiti il secondo ed il dodicesimo motivo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il primo motivo ed i motivi dal terzo all’undicesimo ed assorbiti i motivi secondo e dodicesimo; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 900,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il