Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29906 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 29906 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26388/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE . (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE C/O DOM DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
e
sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE CINDIRIZZO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE . (P_IVA) che la rappresenta e difende avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 326/2021 depositata il 17/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/10/2025 dal RAGIONE_SOCIALEere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza in data 20.6.2005 il Tribunale di Brescia condannava il Comune della medesima città a corrispondere all’RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 774,68 annui a titolo di indennizzo per l’occupazione dei locali destinati allo svolgimento delle sedute del RAGIONE_SOCIALE in forza del disposto di cui all’art. 29 d. P.R. 237/64. La predetta sentenza veniva impugnata dal Comune di Brescia assumendo l’inesistenza di un accordo con l’RAGIONE_SOCIALE
messa a disposizione dei locali stessi con conseguente impossibilità di addebitare ad esso Comune i relativi costi. Pur nella contestazione dell’assunto da parte dell’RAGIONE_SOCIALE stessa, la Corte d’Appello di Brescia accoglieva il gravame ritenendo inapplicabile al caso di specie il disposto del citato art.29 ed escludendo, dunque, l’obbligo del Comune di far fronte ai costi per l’occupazione.
Avverso tale pronuncia l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso in Cassazione, all’esito del cui procedimento questa Corte, con ordinanza n.26876/2018 cassava la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia indicando l’applicabilità dell’art. 29 d.p.r. 237/64 anche alle ipotesi in cui i locali dei RAGIONE_SOCIALE fossero ubicati all’interno di edifici demaniali e con obbligo per i Comuni stessi di far fronte agli oneri derivanti dalla messa a disposizione dei locali stessi.
A seguito di riassunzione del giudizio innanzi alla Corte di Appello di Brescia, la medesima, accogliendo solo parzialmente la domanda dell’RAGIONE_SOCIALE, disponeva l’obbligo di pagamento in capo al Comune di Brescia degli oneri di occupazione pretesi dal RAGIONE_SOCIALE, ma rideterminava la quantificazione della pretesa ancorandola alla dimensione dei soli locali utilizzati dalle sedute del RAGIONE_SOCIALE e non di quelli utilizzati dal RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale pronuncia ha proposto nuovamente ricorso per Cassazione l’RAGIONE_SOCIALE deducendo con unico motivo la violazione dell’art. 29 d.p.r. 237/64 e dell’art.9 l.191/75 in relazione all’art.113 c.p.c. e 360 c.1. n.3 c.p.c. e rilevando che erroneamente la Corte di Appello ha qualificato il RAGIONE_SOCIALE come estraneo al RAGIONE_SOCIALE pur essendone organo tecnico necessario.
Si è costituito in giudizio il Comune di Brescia proponendo, preliminarmente, ricorso incidentale assumendo che il giudice della
riassunzione ha attribuito alla decisione resa dalla Corte di Cassazione n.26876/2018 portata più estesa di quanto effettivamente statuito e lamentando, in particolare, che il giudice dell’impugnazione ha omesso di esaminare l’eccezione svolta già in sede di primo procedimento di appello e relativa al mancato svolgimento da parte dell’RAGIONE_SOCIALE di un preliminare procedimento che consentisse al Comune di scegliere alternativamente i locali da adibire alle sedute del RAGIONE_SOCIALE oppure corrispondere l’indennizzo per la messa a disposizione di edifici demaniali.
Ha chiesto inoltre che venga ritenuta corretta l’esclusione dell’indennizzo per i locali utilizzati dal RAGIONE_SOCIALE poiché l’art. 29 d.p.r. 237/64 faceva riferimento esclusivamente ai locali destinati alle sedute del RAGIONE_SOCIALE deducendo altresì che già il Tribunale di Brescia aveva indicato che il RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE costituivano entità autonome e distinte e che tale assunzione non è stata oggetto di impugnazione dovendosi ritenere coperta dal giudicato.
Fissata l’odierna adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memoria ex art.380 -bis.1 c.p.c.
Nell’imminenza dell’udienza odierna è sopravvenuto impedimento del relatore designato ed è stato designato altro relatore.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente esaminarsi il motivo di ricorso incidentale proposto da parte resistente.
Il Comune di Brescia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n.3 c.p.c. per violazione degli artt. 384 c.2. c.p.c.,112 c.p.c.,29 d.p.r. 237/64, 1 Protocollo Addizionale n.1 CEDU, 1286 c.c. e 1175 c.c.
Assume infatti parte resistente che la Corte d’Appello in sede di giudizio di rinvio non si è uniformata al principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con l’ ordinanza n.26876/2018 poiché, al contrario, ha attribuito all’ordinanza una portata più estesa di quanto in essa statuito.
Il motivo è infondato.
Ed infatti, se è pur vero che la citata ordinanza della Suprema Corte presuppone che il Comune avrebbe potuto offrire propri locali in via alternativa a quelli demaniali effettivamente poi utilizzati per le sedute dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nella stessa pronuncia si dà atto che ‘dalla sentenza emerge che il Comune avesse in qualche misura dedotto di aver assolto (o tentato di assolvere) all’obbligo di fornire locali alternativi a quelli della RAGIONE_SOCIALE‘; né ciò emerge dalla sentenza del Tribunale di Brescia ovvero dall’atto di appello avverso la stessa o, almeno, il ricorrente non indica con esattezza la collocazione dell’assunto nei propri atti processuali in violazione del disposto di cui all’art.366 n. 6 c.p.c.. In particolare, nell’atto di appello l’appellante si è limitato ad indicare quali potevano essere le modalità di messa a disposizione dei locali riconducibili al concetto di ‘fornitura’ dei locali ai sensi dell’art. 29 d.p.r. 27/64 da parte dell’amministrazione comunale e a rilevare l’assenza di un accordo tra esso ente e l’RAGIONE_SOCIALE.
Ne consegue che, come rilevato dalla medesima Corte di Cassazione, la previsione dell’indennizzo derivava e deriva dalla necessità di ribaltare in capo all’obbligato gli oneri della messa a disposizione dei locali stessi, indennizzo costituente una perdita economica da compensarsi tramite la corresponsione di un importo commisurato all’estensione ed entità dell’immobile sottratto alla funzione di caserma.
Il principio affermato dalla Corte e correttamente osservato in sede di giudizio di rinvio, dunque, implica che il Comune avrebbe potuto offrire locali alternativi, ma che in concreto ciò non è avvenuto con conseguente obbligo di corrispondere il dovuto indennizzo. Non può, dunque, il Comune dolersi in questa sede di non aver attivato il procedimento di offerta che era in propria disponibilità.
Tale considerazione esclude, pertanto, anche la violazione dell’art. 1 Protocollo Addizionale n.1 CEDU, relativo alla tutela della proprietà, atteso che l’art.29 citato indicava proprio la possibilità per la stessa amministrazione comunale di porre a disposizione propri locali senza subire le conseguenze del ribaltamento del costo di messa a disposizione da parte di altro ente.
Il ricorso incidentale deve essere, dunque, rigettato.
Passando all’esame del ricorso principale, con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione dell’art. 29 d.p.r. 237/64 e dell’art.9 l.191/75 in relazione all’art.113 c.p.c. e 360 c.1. n.3 c.p.c. rilevando che erroneamente la Corte di Appello ha qualificato il RAGIONE_SOCIALE come estraneo al RAGIONE_SOCIALE, pur essendone organo tecnico necessario.
Il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 27 d.p.r. 237/64 i RAGIONE_SOCIALE di leva erano ‘composti:
di un commissario di leva, presidente;
di un ufficiale dell’Esercito in servizio permanente, di grado non inferiore a capitano, perito selettore attitudinale membro;
di un ufficiale medico perito selettore attitudinale, membro;
di un commissario di leva o di un ufficiale dell’Esercito in servizio permanente o dell’ausiliaria, con funzioni di relatore e segretario senza voto…
Il RAGIONE_SOCIALE, con l’assistenza di un gruppo di periti selettori attitudinali, accerta il grado di idoneità somatica-funzionale e psicoattitudinale dei giovani all’impiego in incarichi del servizio militare.
Le decisioni del RAGIONE_SOCIALE di leva sono prese a maggioranza di voti’.
La disposizione, dunque, indica il RAGIONE_SOCIALE quale organo tecnico di necessario supporto alle valutazioni e decisioni del RAGIONE_SOCIALE; certamente, l’operatività del RAGIONE_SOCIALE era strettamente dipendente dalle operazioni svolte dal RAGIONE_SOCIALE.
Tuttavia, dal dettato letterale della norma il RAGIONE_SOCIALE risulta formalmente distinto dal RAGIONE_SOCIALE e solo tale da fornire assistenza a quest’ultimo. E sul punto già il Tribunale di Brescia ha ritenuto l’autonomia e la distinzione di tale organo rispetto al RAGIONE_SOCIALE stesso, valutazione non fatta oggetto di impugnazione innanzi alla Corte d’Appello.
E’ pur vero che la disposizione recita altresì che ‘Eventuali assenze, per legittimo impedimento, del presidente o dei membri del RAGIONE_SOCIALE di leva saranno ripianate, rispettivamente, con l’impiego di uno dei commissari di leva in servizio presso il locale Ufficio di leva, o dal capo gruppo selettore, o dal capo nucleo medico selettore’, ma ciò conferma la distinzione esistente tra i due organi che, pur compenetrati e funzionali ad un medesimo scopo, non possono ritenersi parte di un unicum.
Si osserva inoltre che l’art.29 d.p.r. 237/64 recita: ‘ e Amministrazioni comunali delle città ove hanno sede i RAGIONE_SOCIALE di leva di terra provvedono a fornire i locali per le sedute dei RAGIONE_SOCIALE stessi, gli oggetti di cancelleria e quanto è necessario per l’arredamento, la pulizia, il riscaldamento e l’illuminazione dei locali comunali suddetti. Le spese relative, comprese quelle del personale all’uopo occorrente, sono a carico delle Amministrazioni comunali.’
L’art.29 ha, quindi, previsto che le amministrazioni comunali individuano i locali per le sedute dei RAGIONE_SOCIALE ed ha fatto riferimento a questi soli organi, non ai selettori, pur indicati nel precedente articolo 27, di supporto al RAGIONE_SOCIALE.
In forza, peraltro, del criterio interpretativo di cui all’art.12 delle Disposizioni sulla legge in generale alla norma non può essere attribuito se non il significato fatto palese dalle parole utilizzate e dall’intenzione del legislatore.
Se dunque il legislatore ha distinto formalmente il RAGIONE_SOCIALE da quello del RAGIONE_SOCIALE ed ha indicato che le amministrazioni avrebbero provveduto a rendere disponibili i locali per le sedute dei RAGIONE_SOCIALE stessi e non per le operazioni utili o necessarie per lo svolgimento delle relative attività, non può che ritenersi che la norma abbia escluso in capo alle medesime amministrazioni l’onere di attivarsi per offrire locali diversi da quelli necessari per lo svolgimento delle sole sedute.
D’altra parte, la norma , ponendo un onere economico a carico delle amministrazioni stesse che avrebbero potuto provvedere all’adempimento di quanto dalla stessa previsto con immobili sia in loro disponibilità che da acquisire in locazione presso terzi, determina effetti incidenti anche sui bilanci delle stesse amministrazioni e come tale non può che interpretarsi con rigore.
Lo stesso art. 29 citato indica inoltre che le medesime amministrazioni avrebbero posto a disposizione anche ‘gli oggetti di cancelleria e quanto è necessario per l’arredamento, la pulizia, il riscaldamento e l’illuminazione dei locali comunali suddetti. Le spese relative, comprese quelle del personale all’uopo occorrente, sono a carico delle Amministrazioni comunali’.
Tale specificazione, che non include alcun riferimento ad altre attività anche ancillari a quelle del RAGIONE_SOCIALE, conferma che
l’estensione dell’obbligo di accollo delle spese riguardava esclusivamente quanto ivi espressamente indicato.
Né parte ricorrente chiarisce quale poteva essere una diversa ‘intenzione del legislatore’ ancorandola a sicuri argomenti testuali, ma solo proponendo una diversa lettura del dato testuale in considerazione della funzione strumentale dell’organo tecnico rispetto al RAGIONE_SOCIALE stesso, funzione che, per quanto sopra esposto, non supera il dato normativo.
Anche il ricorso principale deve dunque essere rigettato.
In considerazione della reciproca soccombenza, le spese processuali devono essere integralmente compensate.
Per quanto concerne il raddoppio del contributo unificato in caso di soccombenza, per quanto concerne la parte ricorrente non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
Le condizioni invece sussistono rispetto alla parte controricorrente e ricorrente incidentale, che pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 , se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale.
Compensa le spese processuali tra le parti.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale se dovuto.
Così deciso in Roma il 28.10.2025 nella Camera di RAGIONE_SOCIALE della Terza Sezione Civile.
Il Presidente Dr.ssa NOME COGNOME