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Onere prova lavoratore agricolo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5404/2025, ha rigettato il ricorso di un lavoratore agricolo contro l’ente previdenziale. Il caso riguardava la mancata iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli. La Corte ha stabilito che l’onere della prova lavoratore agricolo ricade interamente su quest’ultimo, che deve dimostrare l’effettiva esistenza del rapporto di lavoro, non potendosi limitare a contestare la legittimità dell’atto amministrativo di cancellazione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova lavoratore agricolo: la Cassazione ribadisce i principi

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta su un tema cruciale per il settore agricolo: la ripartizione dell’onere della prova lavoratore agricolo nelle controversie relative all’iscrizione negli elenchi di categoria. La decisione chiarisce che, anche a fronte di una cancellazione da parte dell’ente previdenziale, spetta sempre al lavoratore dimostrare l’effettiva esistenza del rapporto di lavoro e delle giornate lavorate.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla domanda di un lavoratore agricolo volta a ottenere l’iscrizione negli elenchi annuali per 102 giornate lavorative relative all’anno 2012. Tale richiesta era stata rigettata sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello. I giudici di merito avevano sottolineato come l’oggetto del giudizio non fosse la legittimità dell’atto amministrativo di cancellazione, bensì l’esistenza stessa del rapporto di lavoro. In questo contesto, avevano ritenuto che il lavoratore non avesse fornito prove sufficientemente specifiche, a maggior ragione in presenza di un verbale ispettivo che contestava analiticamente la veridicità del rapporto.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il lavoratore ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su tre motivi principali:

1. La violazione dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione.
2. L’omessa valutazione della carenza di motivazione nell’atto di cancellazione dall’elenco.
3. L’errata applicazione delle regole sull’onere della prova lavoratore agricolo, che a suo dire era stato ingiustamente addossato sulle sue spalle.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto i motivi di ricorso infondati, rigettando integralmente le pretese del lavoratore e confermando la linea dei precedenti gradi di giudizio.

Le Motivazioni

Nel motivare la propria decisione, la Corte ha innanzitutto esaminato congiuntamente i primi due motivi, relativi alla presunta illegittimità dell’atto amministrativo. Gli Ermellini hanno chiarito un punto fondamentale: il fulcro del processo non è la legittimità formale dell’atto con cui l’ente previdenziale nega l’iscrizione, ma la sostanza del rapporto di lavoro. L’iscrizione negli elenchi, infatti, non costituisce prova piena del diritto, ma rappresenta una mera ‘agevolazione probatoria’. Di conseguenza, il lavoratore non può limitarsi a contestare l’atto amministrativo, ma deve fornire la prova concreta e fattuale di aver effettivamente svolto l’attività lavorativa.

Per quanto riguarda il terzo motivo, la Corte ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’onere della prova lavoratore agricolo per dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro in agricoltura è sempre a suo carico. Citando precedenti sentenze, la Cassazione ha affermato che spetta a chi agisce in giudizio per il riconoscimento di un diritto fornire gli elementi di prova necessari a sostenerlo. In questo caso, le prove fornite dal ricorrente sono state giudicate troppo generiche per superare le risultanze di un verbale ispettivo contrario e analitico.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando di fatto il lavoratore al pagamento delle spese e confermando i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui, nelle dispute previdenziali del settore agricolo, non è sufficiente l’iscrizione pregressa o la contestazione formale di un atto amministrativo. È indispensabile che il lavoratore sia in grado di fornire prove concrete, specifiche e circostanziate dell’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, superando eventuali elementi contrari emersi in sede ispettiva.

A chi spetta l’onere della prova in una causa per l’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta interamente al lavoratore. Egli deve dimostrare con prove concrete l’effettiva esistenza e durata del rapporto di lavoro per cui chiede il riconoscimento.

L’iscrizione negli elenchi agricoli costituisce una prova definitiva del rapporto di lavoro?
No. L’iscrizione e le vicende ad essa collegate hanno solo una funzione di ‘agevolazione probatoria’. Ciò significa che facilitano la prova, ma non la sostituiscono. Se il rapporto viene contestato, il lavoratore deve comunque fornire prove concrete.

Qual è l’oggetto principale del giudizio in questi casi: l’atto amministrativo o il rapporto di lavoro?
L’oggetto principale del giudizio non è la legittimità dell’atto amministrativo di cancellazione o mancata iscrizione, ma la sussistenza effettiva del rapporto di lavoro. La verifica giudiziale si concentra sulla realtà dei fatti lavorativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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