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Onere prova ferie: la Cassazione chiarisce i ruoli

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16603/2024, si è pronunciata su un caso riguardante la richiesta di un lavoratore per un inquadramento superiore e il pagamento dell’indennità per ferie non godute. Pur ribadendo il moderno principio secondo cui l’onere prova ferie spetta al datore di lavoro, che deve dimostrare di aver invitato il dipendente a usufruirne, la Corte ha respinto il ricorso. La decisione si fonda sull’accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, secondo cui il lavoratore non aveva inizialmente provato il mancato godimento delle ferie, condizione necessaria affinché l’onere si sposti sull’azienda.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere prova ferie: la Cassazione sposta il peso sul datore di lavoro

L’ordinanza n. 16603/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: l’onere prova ferie non godute. Sebbene la pronuncia confermi un orientamento sempre più consolidato, che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di dimostrare di aver messo il dipendente nelle condizioni di fruire del proprio diritto al riposo, il caso specifico offre spunti di riflessione sull’iter probatorio che il lavoratore deve comunque avviare. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti di causa

Un lavoratore ha agito in giudizio contro la propria azienda, una società concessionaria del servizio di riscossione tributi, chiedendo il riconoscimento di un inquadramento professionale superiore per il lungo periodo dal 1990 al 2002. Oltre alle conseguenti differenze retributive, il dipendente domandava il risarcimento del danno per usura psicofisica, derivante dal mancato godimento di ferie e permessi tra il 1996 e il 2002.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. In particolare, i giudici di merito hanno ritenuto, sulla base delle testimonianze, che le mansioni svolte non fossero riconducibili alla qualifica superiore di quadro direttivo, ma si limitassero ad attività d’ordine e di sportello. Riguardo alle ferie, la Corte territoriale ha rigettato la domanda di indennità sostitutiva per assenza di prova del mancato godimento da parte del lavoratore.

La decisione della Cassazione e l’onere prova ferie

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, affidandosi a quattro motivi. La Corte Suprema ha esaminato e respinto tutti i motivi, confermando la decisione d’appello.

Il punto di maggior interesse giuridico riguarda il terzo motivo, relativo all’indennità sostitutiva per le ferie non godute. La Cassazione coglie l’occasione per riepilogare l’evoluzione della giurisprudenza in materia. Se in passato l’onere della prova gravava interamente sul lavoratore, un orientamento più recente, allineato ai principi della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha modificato radicalmente questa impostazione.

Oggi, il diritto alle ferie è considerato fondamentale e irrinunciabile. Di conseguenza, è il datore di lavoro che deve sopportare l’onere prova ferie. Specificamente, l’azienda deve dimostrare di:
1. Aver invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario anche formalmente.
2. Averlo avvisato in modo chiaro e tempestivo che, in caso di mancata fruizione, tali ferie sarebbero andate perse al termine del periodo di riferimento.

Nonostante questo principio innovatore, la Cassazione ha respinto il ricorso. Perché? La ragione risiede nel fatto che la Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su un “accertamento in fatto non censurabile in questa sede di legittimità”. In altre parole, i giudici di merito avevano stabilito che il lavoratore non aveva nemmeno adempiuto al suo onere iniziale di allegare e provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero il mancato godimento delle ferie. Senza questo primo passo da parte del dipendente, l’inversione dell’onere a carico del datore di lavoro non può scattare.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione, pur rigettando il ricorso, fornisce una motivazione dettagliata che chiarisce la distribuzione dell’onere probatorio. Il diritto alle ferie retribuite è fondamentale e irrinunciabile, e l’obbligo di garantirne la fruizione è in capo al datore di lavoro. Questo obbligo non è passivo, ma attivo: l’azienda deve agire per sollecitare il dipendente al riposo, informandolo delle conseguenze in caso di inerzia.

La perdita del diritto alle ferie e alla relativa indennità sostitutiva può verificarsi solo se il lavoratore, deliberatamente e con piena consapevolezza delle conseguenze, sceglie di non goderne, pur essendo stato messo nelle condizioni di farlo. È proprio questa la prova che il datore di lavoro deve fornire per liberarsi dall’obbligo di pagamento.

Tuttavia, il meccanismo processuale richiede che sia il lavoratore, che agisce in giudizio per ottenere l’indennità, a dare l’impulso iniziale, provando il presupposto della sua domanda: l’effettivo mancato godimento del riposo. Solo una volta che questo fatto è stato provato dal lavoratore, l’onere si sposta sul datore di lavoro, che dovrà dimostrare di aver adempiuto ai suoi obblighi di informazione e invito.

Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha ritenuto che il lavoratore non avesse superato questo primo scoglio probatorio. La Corte di Cassazione, non potendo riesaminare nel merito le prove, ha dovuto prendere atto di questa valutazione e confermare la sentenza impugnata, escludendo così le violazioni di legge denunciate.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un’importante guida pratica per datori di lavoro e dipendenti. Per le aziende, emerge la necessità cruciale di adottare procedure chiare e documentabili per la gestione delle ferie. Non è sufficiente concederle passivamente, ma è indispensabile invitare attivamente i dipendenti a fruirne e avvisarli formalmente della loro possibile perdita. Conservare traccia scritta di queste comunicazioni (email, lettere, piani ferie firmati) diventa un elemento essenziale per difendersi in un eventuale contenzioso.

Per i lavoratori, la sentenza ricorda che, nonostante la protezione rafforzata del diritto alle ferie, l’azione legale richiede un onere probatorio iniziale. È necessario essere in grado di dimostrare, con ogni mezzo di prova (testimoni, documenti, buste paga), di non aver potuto godere del riposo previsto, prima che l’onere della prova si sposti sulla controparte.

A chi spetta l’onere della prova per le ferie non godute?
Secondo i principi più recenti, una volta che il lavoratore ha provato il mancato godimento, spetta al datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver messo il dipendente nelle condizioni di fruire delle ferie, invitandolo a goderne e avvisandolo del rischio di perderle.

Perché il ricorso del lavoratore è stato respinto nonostante i nuovi principi sull’onere della prova?
Il ricorso è stato respinto perché la Corte d’Appello ha stabilito, con un accertamento di fatto non riesaminabile dalla Cassazione, che il lavoratore non aveva superato il suo onere probatorio iniziale, cioè non aveva dimostrato di non aver goduto delle ferie. Questa prova è il presupposto necessario perché l’onere si sposti sul datore di lavoro.

Cosa deve fare un datore di lavoro per non dover pagare l’indennità sostitutiva per le ferie?
Deve dimostrare di aver adempiuto a un obbligo attivo di informazione. In particolare, deve provare di aver invitato il lavoratore a godere delle ferie e di averlo avvisato in modo chiaro e tempestivo che, in caso di mancata fruizione, le avrebbe perse al termine del periodo di riferimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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