Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22869 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 22869 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14989/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dal AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), con studio in Roma, al INDIRIZZO
Ricorrente
Contro
NOME (cf. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in CasertaINDIRIZZO presso lo studio degli AVV_NOTAIO.ti NOME AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE) ed NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE), dai quali è rappresentato e difeso controricorrente
avverso la sentenza n. 4794/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI pubblicata il 30.12.2022
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
con sentenza n. 1451 del 2016 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in funzione di Giudice del lavoro, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME volta all’accertamento dell’illegittimità, per interposizione illecita ex l. n. 1369 del 1960 e l.196 del 1997 ed ex d.lgs n. 276 del 2003, dei due contratti per prestazioni di lavoro a termine, uno interinale per prestazione di lavoro temporaneo, l’altro di somministrazione lavoro, entrambi prorogati, complessivamente per il periodo che andava dal 13.2.2003 al 15.1.2005, stipulati con la RAGIONE_SOCIALE, con RAGIONE_SOCIALE quale utilizzatrice, che avevano visto il COGNOME sempre svolgere le ordinarie mansioni di portalettere, con le conseguenze del ripristino immediato del rapporto di lavoro e il pagamento di tutte retribuzioni maturate dalla richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione
Il COGNOME proponeva appello con il quale censurava detta pronuncia per aver definito la controversia sulla base di una ritenuta risoluzione per mutuo consenso, del quale non vi era alcun presupposto, se non il mero trascorrere del tempo, in assenza di comportamenti o indici significativi di una sua volontà abdicativa e riproponeva i motivi di illegittimità dei contratti a tempo determinato stipulati, per assoluta genericità delle causali e assenza di qualsivoglia prova del nesso causale con la sua specifica assunzione a termine evidenziando la mancanza del requisito dell’occasionalità del lavoro, avendo sempre svolto le mansioni di portalettere, ricollegabili ad esigenze stabili dell’azienda e che comunque le disposte proroghe dei contratti di somministrazione erano state illegittime.
La Corte d’appello di Napoli con sentenza n. 4794/2022 pubblicata il 30.12.2022 accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la sussistenza di un rapporto di
lavoro subordinato tra le parti sin dal 13 febbraio 2003, ordinandone a RAGIONE_SOCIALE l’immediato ripristino, con le precedenti mansioni e alle medesime condizioni e condannava la parte appellata al risarcimento del danno in favore di NOME COGNOME, nella misura di 4 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sino al saldo. La Corte territoriale ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non avesse dato prova della effettività delle causali indicate nei contratti, stante l’inammissibilità della prova orale articolata dalla società in maniera generica e tautologica, con conseguente illegittimità dei termini apposti ai contratti, rispettivamente interinale per fornitura di lavoro temporaneo e di somministrazione a termine, azionati.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidato ad un unico motivo.
Il COGNOME replica con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE deduce ex art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 2697 c.c., nonché degli artt. 115, 116 e 244 c.p.c. anche in relazione alla complessiva, conseguente violazione dell’art. 24 Cost. per non aver ammesso la prova testimoniale articolata dalla Società relativamente alla sussistenza delle ragioni giustificative legittimanti il ricorso ai contratti di lavoro temporaneo e di somministrazione e dei relativi rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi inter partes, e, conseguentemente, erroneamente ritenendo che la Società non avesse fornito prova sufficiente di tale circostanza e, quindi, del nesso causale tra tali esigenze e il ricorso ai contratti di lavoro interinale, di somministrazione ed alle conseguenti prestazioni lavorative a tempo determinato. In particolare, in relazione al primo contratto, stipulato per la causale ‘casi previsti dal CCNL punte di più
intensa attività’, premesso che la possibilità di far ricorso alla fornitura di lavoro temporaneo per tale causale era espressamente prevista dall’accordo collettivo stipulato in data 4.12.2002, RAGIONE_SOCIALE evidenzia che la società utilizzatrice è tenuta a dimostrare solo che l’utilizzazione del lavoro temporaneo è conforme alla legge, rispondente cioè ad una delle causali previste dal CCNL o dalla stessa legge n. 196/1997. Con riferimento poi all’ulteriore contratto di somministrazione evidenzia che il riferimento, contenuto nell’art. 20 comma 4, d .lgs n. 276/2003, a ‘ragioni tecnico produttive organizzative o sostitutive’ è volto ad assicurare che il contratto di somministrazione sia funzionalmente connesso ad un reale ed effettivo interesse organizzativo dell’utilizzatore e che il controllo del Giudice deve limitarsi a verificare se tale interesse tecnico organizzativo esista in concreto senza potersi spingere a valutare nel merito l’opportunità della scelta dell’utilizzatore, come normativamente previsto dal successivo art. 27, comma 3. Quanto alla causale sottesa al contratto di somministrazione de quo, la ricorrente deduce che dalla sua mera lettura emergevano le ragioni specifiche, concrete e circostanziate per le quali RAGIONE_SOCIALE aveva avuto l’esigenza di assumere il COGNOME ossia quella di far fronte ad ‘una temporanea carenza di organico dovuta ai processi di Mobilità nazionale del personale e della riammissione in servizio del personale già assunto a termine’ e che ‘l’esplicito riferimento alle ‘ ragioni di carattere organizzativo e produttivo derivanti dagli Accordi del 29 luglio 2004 stipulati tra RAGIONE_SOCIALE e le OO.SS. a livello nazionale in materia di Recapito e di Riequilibrio e Sviluppo Occupazionale. In ragione di quanto sopra e con specifico riferimento alle esigenze di copertura del servizio di Recapito, la presente fornitura è finalizzata alla copertura di assenze di carattere strutturale derivanti dall’implementazione dell’accordo di cui trattasi, allo scopo di garantire l’ottimale copertura del servizio di recapito’ rende palesi
ed esplicite le ragioni giustificative del ricorso alla somministrazione’. Lamenta, pertanto, l’erroneità delle conclusioni cui è pervenuta la Corte distrettuale posto che: a) la presenza degli accordi di cui sopra è, di per sé, sufficiente a dimostrare l’effettiva sussistenza del processo di riorganizzazione e, quindi, l ‘effettiva sussistenza della causale dedotta nel contratto; b) la società aveva articolato richieste istruttorie assolutamente idonee a dimostrare l’esistenza di tale nesso causale.
2. Il motivo è inammissibile atteso che le formulate doglianze, dietro lo schermo della denunzia di violazione di norme di diritto, si sostanziano, in realtà, nella mera richiesta di un diverso accertamento del fatto operato dalla C orte d’appello, in tal modo involgendosi un’indagine non rientrante però nei limiti strutturali e funzionali del giudizio di cassazione.
Quanto alla dedotta violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. va, infatti, precisato che essa si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse o non avesse assolto tale onere, poichè in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 n. 5 c.p.c. (ex multis Cass. n. 17313 del 19/08/2020, Rv. 658541-01, Cass. n. 13395 del 29/05/2018, Rv. 649038-01, Cass. n. 15107 del 17/06/2013, Rv. 626907-01). Nel caso di specie, la stessa parte ricorrente riconosce ove deduce che ‘la società utilizzatrice è tenuta a dimostrare solo che l’utilizzazione del lavoro temporaneo è conforme alla legge’ e che ‘la società utilizzatrice è tenuta a dimostrare solo che l’utilizzazione del lavoro temporaneo è avvenuto in ragione delle ipotesi previste’ – che l ‘onere dell a prova della effettività della causale posta a base dell’impiego del
lavoratore temporaneo ricade sull’utilizzatrice che ha inteso avvalersene. Se, infatti, è senz’altro vero che il controllo giudiziario sulle ragioni che consentono il ricorso a tale rapporto lavorativo a termine deve limitarsi all’accertamento della loro esistenza effettiva, nel caso di specie la Corte distrettuale, in base all’indagine compiuta sul piano probatorio, ha motivatamente escluso proprio l’effettiva esistenza di tali ragioni. Nessuna inversione dell’onere probatorio e, dunque, violazione dell’art. 2967 c.c., nel senso sopra precisato, è, pertanto, ravvisabile nella sentenza impugnata. Quanto all’accertamento in fatto della ricorrenza delle condizioni che giustificavano il ricorso al lavoro temporaneo, attraverso la valutazione e l’apprezzamento del complessivo materiale probatorio acquisito al giudizio, esso, come detto, appartiene alla competenza esclusiva del giudice del merito sindacabile, in questa sede, solo entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 n. 5 c.p.c.
4. Va, inoltre, precisato che il giudizio sulla superfluità o genericità della prova testimoniale è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico (così Cass. n. 34189 del 21/11/2022, Rv. 666179-01 e Cass. n. 18222 del 10/09/2004; Cfr. anche Cass. Sez. Un. n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 -02, che ha precisato che ‘il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione’.
4.1. Nel presente caso, il giudice del gravame, nel motivare la propria decisione, ha puntualizzato , quanto al primo contratto, stipulato nella forma del lavoro internale ex l. n. 196/97, con causale di ‘ punte di più intensa attività ‘, che ‘ la prova testimoniale articolata dalla società datoriale (Cap. 6: ‘vero che effettivamente nel periodo di cui al contratto di somministrazione la convenuta ha registrato un incremento dell’attività, e ciò si è verificato anche con riferimento all’ufficio cui era adibito il ricorrente?’) è all’evidenza generica e valutativa, laddove la parte resistente avrebbe dovuto dimostrare, attraverso dati puntuali e non affermazioni di principio, l’incremento di attività nel settore del recapito in relazione all’ambito operativo dell’ufficio cui era adibito il COGNOME ‘; in riferimento al secondo contratto, stipulato nel vigore del d.lgs n. 276 del 2003, ‘p er ragioni di carattere organizzativo e produttivo derivanti dagli Accordi del 29.7.2004 in materia di Recapito e di Riequilibrio e Sviluppo Occupazionale. In ragione di quanto sopra e con specifico riferimento alle esigenze di copertura del servizio di recapito, la presente fornitura è finalizzata alla copertura di assenze di carattere strutturale derivanti dall’implementazione dell’accordo di cui trattasi, allo scopo di garantire l’ottimale copertura del servizio di recapito ‘ che ‘ l’onere di provare la sussistenza in concreto delle ragioni legittimanti il ricorso al contratto di somministrazione (compendiate nell’esigenza di riequilibrio territoriale della distribuzione dei dipendenti delle RAGIONE_SOCIALE secondo le previsioni di cui all’accordo sindacale del 2004), e quindi l’effettiva sussistenza della necessità sia di sostituire personale del recapito, assente per malattia o infortunio, sia di coprire alcune vacanze di posto determinate da trasferimenti interni all’azienda, andava assolto attraverso un’idonea prova, eventualmente di tipo testimoniale’, laddove, ‘in assenza di qualsivoglia prova documentale, la prova orale articolata dalla società resistente si appalesa del tutto inidonea a fornire il nesso causale tra
l’assunzione del ricorrente e l’attuazione dell’accordo sindacale. Al riguardo i capp. da 10 a 18 della memoria di costituzione di primo grado spiegano l’accordo sindacale (invero emergente per tabulas), mentre per il resto è sufficiente, al fine di definire l’incongruenza e la tautologia della prova che si pretende specifica, la lettura del cap. 19, così impostato: ‘Vero che per quanto riguarda l’UP di Teano, nelle more dell’attuazione dei processi di mobilità di cui al citato accordo sindacale, si era venuta a creare l’esigenza di poter disporre di un’ulteriore risorsa? Pertanto, al fine di garantire la piena efficienza del servizio di recapito – nell’attesa di poter disporre, a seguito del completamento dei suddetti processi, di una risorsa a tempo indeterminato – la convenuta ha fatto ricorso ad un contratto di somministrazione di lavoro? Ed invero il ricorrente è stato effettivamente utilizzato al fine di coprire le assenze di carattere strutturale derivanti dall’implementazione di tale accordo?’ Appare evidente, allora, che il richiamo generico all’accordo sindacale rendeva necessario esplicitare e chiarire con ben altra puntualità sul piano probatorio quantomeno i caratteri dell’ottimale copertura del servizio di recapito, alle cui esigenze era finalizzata l’assunzione dell’odierno appellante ‘. Come emerge da tali considerazioni gli argomenti usati dalla Corte danno logicamente conto delle ragioni del rigetto dell’istanza istruttoria, legate alla genericità delle circostanze articolate dalla società posto che i capitoli di prova su cui era richiesto l’esame dei testimoni, come (parzialmente) riprodotti dal ricorrente nella parte relativa ai ‘fatti della causa essenziali’ ai nn da 1 a 19 contengono solo asserzioni sull’esistenza di ‘un incremento di attività’ o di ‘assenze di carattere strutturale’ e nessun dato o riferimento specifico. Va, infatti, sottolineato che nei contratti di lavoro a tempo determinato, soddisfa il requisito di specificità la causale giustificativa che faccia riferimento a “picchi produttivi”, ossia alla intensificazione dell’attività, quando sia accompagnata da altri dati di conoscenza
che consentano la individuazione della ragione organizzativa ed il controllo della sua effettività, nonché del rapporto di causalità con l’assunzione (Così Cass. n. 77 del 04/01/2019, Rv. 652447 -01).
5. Del pari inammissibile risulta il motivo nella parte in cui lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., norme che, peraltro, nemmeno vengono evocate nella illustrazione, posto che per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892 del 2016). La doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è, infine, ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia
dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.
Il ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di COGNOME NOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, così deciso nella Adunanza Camerale della Sezione RAGIONE_SOCIALE