Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34157 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34157 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5383/2024 R.G. proposto da : COGNOME e COGNOME elettivamente domiciliati in Lentini INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende con procura in atti.
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RICORRENTE – contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in RAGUSA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende con procura in atti.
CONTRORICORRENTE – avverso la sentenza di Corte d’appello di CATANIA n. 1999/2023, depositata il 24/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1999/2023, la Corte d’appello di Catania , in integrale riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di accertamento dell’usucapione proposta da RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE relativamente ad una fascia di terreno di mq. 1200,00 sita in Scordia, posta a confine tra le rispettive proprietà, e ha ordinato il rilascio del fondo in favore della RAGIONE_SOCIALE, dichiarando assorbita la domanda di rivendica proposta dalla società. Il giudice distrettuale ha ritenuto che dall’esame della consulenza di parte, con la quale erano state prodotte le vedute satellitari dei luoghi di causa, risultasse che il tratto di terreno in questione era libero e sgombro già nel 2007 e privo di recensioni e che anche nel 2003 il fondo non era recintato; ha osservato che, in occasione di due sopralluoghi effettuati nel 1993 e nel 2004, il CTU incaricato nella procedura di pignoramento all’esito della quale la resistente si era aggiudicata il complesso immobiliare, aveva confermato che l’immobile era libero, per cui era irrilevante che i ricorrenti avessero coltivato l’appezzamento di terreno. Solo nel 2018 l’attrice aveva mostrato di volerlo utilizzare in via esclusiva, ma provocando la reazione della RAGIONE_SOCIALE, che aveva sporto denuncia penale.
Per la cassazione della sentenza Nella Lapis Febronia e NOME COGNOME hanno proposto ricorso affidato a due motivi; la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ha depositato memoria illustrativa.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 948, comma primo, 2697, 2729, 1158, 1140, 1141 c.c. e 112 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito abbia accertato l’appartenenza della striscia di terreno in capo alla società resistente sulla perizia stragiudiziale del 2018 prodotta dalla stessa interessata e dalla due
CTU espletate sul mandato del tribunale di Catania, sezione fallimentare, nel corso della procedura a carico dell’originario titolare all’esito della quale il complesso immobiliare era stato aggiudicato alla RAGIONE_SOCIALE senza considerare che la perizia stragiudiziale non può valere come prova a favore di chi l’abbia prodotta e che le CTU svolte tra parti diverse da quelle del giudizio costituiscono meri argomenti di prova, da cui peraltro non erano emersi indizi chiari, univoci e concordanti circa il fatto che l’immobile non era recintato. Il primo motivo è infondato.
Diversamente da quanto dedotto, la Corte distrettuale ha utilizzato le perizie in atti non per accertare la proprietà dell’imm obile in capo alla società , ma per negare l’eserc izio di un possesso esclusivo del cespite da parte dei ricorrenti, che avevano sostenuto, contrariamente al vero, di averlo posseduto in modo esclusivo, avendolo anche recintato.
Sono perciò inconferenti i rilievi svolti dai ricorrenti per ciò che concerne l’utilizzazione di prove indirette ai fini dell’accertamento della titolarità della porzione di suolo in contestazione, essendo evidente che sia le due perizie espletate nella procedura fallimentare, sia la perizia stragiudiziale depositata dalla società convenuta non hanno costituito la base conoscitiva per la pronuncia sulla rivendica in deroga alla cd. probatio diabolica , ma sono state utilizzate esclusivamente per la ricognizione dello stato di fatto per il periodo durante il quale i ricorrenti avevano sostenuto di aver utilizzato in via esclusiva la superficie asseritamente usucapita, per averla anche recintata.
Era emerso che sia nel 2003 che nel 2007 il suolo era libero, sgombro e privo di recensioni a riprova che non era stato oggetto di impossessamento da parte dei ricorrenti.
La pronuncia si fonda, peraltro, sui rilievi fotografici dello stato di fatto, muniti di val enza probatoria ai sensi dell’art. 2712 c.c. .
Non sussisteva alcuna preclusione per l’utilizzo delle due c.t.u. e della perizia di parte in modo da stabilire quale fosse la situazione dei luoghi nel periodo che veniva in considerazione ai fini dell’eventuale usucapione. E’ consentito porre a fondamento della decisione una perizia stragiudiziale, anche se contestata dalla controparte, attesa l’esistenza, nel vigente ordinamento, del principio del libero convincimento del giudice (Cass. 26550/2011; Cass. 33503/2018; Cass. 25593/2023); del pari le consulenze svolte in un giudizio tra parti diverse sono elementi con valore indiziario che legittimamente il giudice ha ritenuto utili per la decisione (Cass. 31312/2021; Cass. 8496/2023).
Il secondo motivo denuncia la violazione degli articoli 922, 1158, e 2967 c.c., sostenendo che l ‘ aver i ricorrenti eccepito l’intervenuta usucapione dei beni non poteva attenuare l’onere probatorio a carico della società, che ne aveva rivendicato la titolarità in virtù del solo decreto di aggiudica.
Il motivo è fondato.
La Corte di merito, respinta la domanda riconvenzionale di usucapione, ha dichiarato assorbito il secondo motivo di gravame con cui era stato censurato il rigetto della domanda di rivendica, ma ha parimenti ordinato il rilascio del suolo in favore della società, sottraendosi al dovere di accertare, secondo le regole generali, l’appartenenza del bene in capo alla società.
L ‘eccezione di usucapione può, secondo l’orientamento tuttora prevalente, al più attenuare l’onere probatorio dell’azione ex art. 948 c.c., ma occorre pur sempre valutare almeno il titolo di acquisito dell’attore per verificare se questi, quale effettivo proprietario, abbia diritto al rilascio.
Si sostiene invero che nell’azione per rivendicazione l’onere della cd. “probatio diabolica” incombente sull’attore si attenua quando il convenuto si difenda deducendo un proprio titolo d’acquisto che non sia in contrasto con l’appartenenza del bene rivendicato ai danti
causa dell’attore, ma anche in siffatta evenienza detto onere può ritenersi assolto, in caso di mancato raggiungimento della prova dell’usucapione, con la dimostrazione della validità del titolo di acquisto da parte del rivendicante e dell’appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere (Cass. 8215/2016; Cass. 15539/2015, Cass. 25598/2010; nel senso invece che l’eccezione di usucapione non attenua l’onere probatorio della rivendic a Cass. 28865/2021).
Non è, quindi, necessario prendere posizione sul quesito di cui dà conto l’ ordinanza n. 14134/2022 in ordine agli elementi probatori che il rivendicante è tenuto ad offrire in giudizio allorquando il convenuto abbia proposto una domanda o un’eccezion e di usucapione, poiché, come detto, la Corte di merito non ha effettuato alcuna valutazione degli atti di acquisito o delle difese dei ricorrenti, essendosi ritenuta assolta dal compito di svolgere, in proposito, ogni ulteriore approfondimento.
E’ perciò accolto il secondo motivo di ricorso, con l’assorbimento del primo motivo. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione