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Onere probatorio rivendicazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34157/2024, chiarisce un punto fondamentale sull’onere probatorio rivendicazione. Nel caso di specie, una società costruttrice aveva chiesto la restituzione di un terreno a due privati, i quali avevano eccepito l’avvenuta usucapione. La Corte d’Appello aveva respinto l’usucapione e ordinato il rilascio, senza però valutare a fondo il titolo di proprietà della società. La Cassazione ha cassato la sentenza, stabilendo che il rigetto dell’eccezione di usucapione non esonera il giudice dal verificare la titolarità del bene in capo a chi agisce in rivendica, sebbene possa attenuare la cosiddetta ‘probatio diabolica’.

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Onere probatorio rivendicazione: quando l’usucapione non basta a vincere

L’azione di rivendicazione di un immobile rappresenta una delle tutele più forti per il diritto di proprietà, ma impone a chi la esercita un onere probatorio rivendicazione particolarmente gravoso, la cosiddetta probatio diabolica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 34157 del 2024) interviene a fare chiarezza su un aspetto cruciale: cosa accade a tale onere quando il convenuto si difende eccependo l’usucapione, ma la sua difesa viene respinta? La risposta della Suprema Corte è netta e fornisce indicazioni preziose per la gestione di queste controversie.

I Fatti di Causa: una striscia di terra contesa

La vicenda trae origine da una disputa tra una società di costruzioni e due privati cittadini per una fascia di terreno di circa 1200 mq, situata al confine tra le rispettive proprietà. I privati sostenevano di aver acquisito la proprietà di tale area per usucapione, avendola posseduta in modo esclusivo per oltre vent’anni. Di contro, la società costruttrice, che si era aggiudicata il complesso immobiliare adiacente in una procedura esecutiva, ne rivendicava la proprietà e chiedeva il rilascio del terreno.

La Decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello di Catania aveva riformato la sentenza di primo grado, respingendo la domanda di usucapione avanzata dai privati. I giudici avevano ritenuto, sulla base di consulenze tecniche e vedute satellitari, che il terreno fosse libero e non recintato in anni cruciali (2003 e 2007), smentendo quindi l’esistenza di un possesso esclusivo e continuato. Di conseguenza, la Corte aveva ordinato il rilascio del fondo in favore della società, dichiarando ‘assorbita’ la domanda di rivendica.

L’Onere probatorio rivendicazione secondo la Cassazione

I privati ricorrevano in Cassazione, lamentando principalmente due violazioni. La prima, relativa all’uso di perizie provenienti da altri giudizi, è stata ritenuta infondata. La seconda, invece, ha colto nel segno. I ricorrenti sostenevano che, nonostante il rigetto della loro eccezione di usucapione, la Corte d’Appello avrebbe dovuto comunque verificare se la società avesse assolto al proprio onere probatorio rivendicazione.

La Suprema Corte ha accolto questo secondo motivo, cassando con rinvio la sentenza. Il ragionamento dei giudici di legittimità è stato lineare e giuridicamente impeccabile.

Le Motivazioni

La Cassazione ha chiarito che il rigetto della domanda (o eccezione) di usucapione del convenuto non comporta automaticamente l’accoglimento della domanda di rivendicazione dell’attore. Sebbene l’orientamento prevalente ammetta che l’eccezione di usucapione possa attenuare la probatio diabolica, essa non la elimina del tutto. Il giudice, prima di ordinare il rilascio del bene, ha il dovere di accertare, secondo le regole generali, l’effettiva appartenenza del bene a chi lo rivendica.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva commesso un errore: dopo aver respinto la domanda di usucapione, aveva dichiarato assorbita la domanda di rivendica ma, contraddittoriamente, aveva ordinato il rilascio del terreno. Così facendo, ha concesso alla società la tutela tipica dell’azione di rivendicazione senza però averne verificato il presupposto fondamentale, ovvero la prova rigorosa della proprietà. Il giudice del rinvio dovrà quindi ora valutare il titolo di acquisto della società (il decreto di aggiudicazione) per verificare se, quale effettiva proprietaria, abbia diritto al rilascio del bene.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale a tutela della certezza dei diritti reali. L’onere probatorio rivendicazione rimane un pilastro dell’azione a difesa della proprietà. Anche quando le difese del convenuto si rivelano infondate, l’attore non è esonerato dal dimostrare la fondatezza del proprio diritto. La sentenza rappresenta un monito importante: il fallimento della prova di un acquisto per usucapione non si traduce in una prova automatica a favore della controparte. Ogni parte deve adempiere al proprio onere probatorio per vedere accolta la propria domanda.

Quando si agisce in rivendicazione, l’eccezione di usucapione del convenuto attenua l’onere della prova dell’attore?
Sì, secondo l’orientamento prevalente citato dalla Corte, l’eccezione di usucapione può attenuare l’onere probatorio (la cosiddetta ‘probatio diabolica’) a carico dell’attore, ma non lo elimina del tutto. L’attore deve comunque fornire la prova di un titolo di acquisto valido.

Se la domanda di usucapione del convenuto viene respinta, il giudice deve ordinare automaticamente la restituzione del bene?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il rigetto della domanda di usucapione non è sufficiente. Il giudice deve comunque procedere alla valutazione del titolo di proprietà dell’attore per accertare se quest’ultimo, quale effettivo proprietario, abbia diritto alla restituzione del bene.

È possibile utilizzare in un giudizio perizie (CTU) o consulenze di parte svolte in altri procedimenti?
Sì. La Corte conferma che le consulenze svolte in un giudizio tra parti diverse, così come una perizia stragiudiziale, costituiscono elementi con valore indiziario che il giudice può legittimamente utilizzare per formare il proprio convincimento, in base al principio del libero convincimento del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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