Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2265 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2265 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 790/2023) proposto da:
AVV. RENATO COGNOME rappresentato e difeso da se stesso ai sensi dell’art. 86 c.p.c. e con indicazione di domicilio digitale all’indirizzo PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
U.T.G. di Napoli, in persona del Prefetto p.t.;
–
intimato – avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 5117/2022, pubblicata il 23 maggio 2022;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 24 ottobre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal ricorrente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di pace di Napoli, decidendo – con sentenza n. 43526/2020 -sull’opposizione formulata da COGNOME NOME avverso il verbale di accertamento del 30.03.2019 con la quale gli veniva irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 52,00 (oltre spese di accertamento) in ordine alla violazione dell’art. 7, commi, lett. f), e 15, c.d.s. (consistita nell’aver sostato con il veicolo
R.G.N. 790/2023
C.C. 24/10/2024
SANZIONI AMMINISTRATIVE
di sua proprietà in INDIRIZZO senza esporre il titolo di pagamento), la respingeva.
Detta sentenza veniva confermata dal Tribunale di Napoli con sentenza n. 5177/2022, il quale ravvisava l’infondatezza di tutti i motivi formulati, con particolare riferimento sia al mancato soddisfacimento dell’onere probatorio da considerarsi incombente sull’appellante circa la sussistenza dei presupposti per l’esonero dall’obbligo di cui all’art. 7, comma 8, c.d.s. sulla strada oggetto dell’accertamento, sia alla prospettata carenza di potere del soggetto responsabile del procedimento di emissione dell’elaborazione meccanografica notificata ed impugnata innanzi al Prefetto.
Il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza di appello, affidandolo a due motivi.
L’intimato Prefetto non ha svolto attività difensiva.
Il Consigliere delegato dal Presidente della Sezione, in persona del dr. NOME COGNOME ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., sul presupposto della ravvisata inammissibilità e, comunque, manifesta infondatezza di tutte le censure.
Il citato avvocato ricorrente, con istanza sottoscritta da se stesso, quale difensore di se stesso ex art. 86 c.p.c., ha chiesto decidersi il ricorso in virtù del comma 2 dell’indicato art. 380 -bis c.p.c.
Il giudizio è stato, conseguentemente, fissato per l’adunanza camerale nelle forme dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘ nullità della sentenza, falsa ed errata applicazione di legge, carente istruttoria, ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c. comma 1, n. 3,4 e 5 in relazione al combinato disposto degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c. e 97 disp. att. c.p.c. dal momento che il Tribunale d’Appello ha basato la propria decisione su un suo precedente senza alcuna attenzione ai rilievi istruttori del giudizio utilizzando pertanto la propria scienza privata ‘.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza, falsa ed errata applicazione di legge, carente istruttoria, ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3 e 5 in relazione all’art. 2697 c.c., 115 c.p.c. in relazione all’affermato non raggiungimento della prova in merito alla contestazione dei poteri del funzionario indicato quale responsabile del procedimento sanzionatorio non contestata dalla controparte ‘.
Rileva il collegio che la proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. deve essere confermata nella soluzione prospettata sulla base delle condivisibili motivazioni con la stessa svolte, in ordine alle quali il ricorrente non ha contrapposto -con la memoria depositata idonee argomentazioni atte a confutarle al fine di raggiungere una diversa soluzione.
Osserva, infatti, il collegio che il primo motivo si profila manifestamente privo di fondamento.
Invero, il Tribunale di Napoli, lungi dal far ricorso alla propria scienza privata, ha rilevato – richiamando la costante giurisprudenza di questa Corte che l’odierno ricorrente non aveva specificamente dedotto, con particolare riguardo al requisito riportato nell’art. 7, comma 8, c.d.s., in quali termini si sarebbe dovuta ritenere l’insussistenza delle condizioni per esonerare il Comune di Napoli dall’obbligo di cui alla disposizione normativa appena citata (ove non direttamente prevista dalla legge), così ritenendo che il COGNOME non aveva adeguatamente assolto l’onere probatorio contrario su di lui incombente.
Peraltro, il giudice di appello ha evidenziato -a conforto della sussistenza, invece, delle condizioni in questione -che, alla stregua dei rilievi avanzati dall’Avvocatura dello Stato, dalla consultazione del piano regolare del Comune di Napoli (disponibile su sito internet del Comune di Napoli), era emerso che INDIRIZZO (la strada in cui era stata accertata la violazione a carico dell’odierno ricorrente) trovavasi, per l’intero suo tracciato, nel centro storico e, quindi, in zona ‘INDIRIZZO‘, donde l’accertata sussistenza dell’eccezione prevista dalla seconda parte del comma 8 dell’art. 7 c.d.s., in applicazione della
quale il citato Comune non era tenuto ad istituire aree destinate al parcheggio libero in prossimità di detta strada urbana.
Quindi, il Tribunale partenopeo -oltre a non fare alcuno specifico riferimento ad un suo precedente (attività peraltro legittima ove motivatamente condivisa), ma richiamando, anzi, appropriatamente la giurisprudenza di questa Corte -ha applicato correttamente l’art. 2697 c.c. e ha fatto legittimamente ricorso, d’ufficio, alle previsioni del vigente P.R.G. del Comune di Napoli (aventi forza di legge), facendo ricorso al principio generale ‘iura novit curia’ (cfr. Cass. n. 2719/1974; Cass. n. 777/1987 e Cass. n. 308/2019).
Altrettanto manifestamente privo di fondamento è il secondo motivo.
Va, al riguardo, rilevato che il giudice di appello -con accertamento di fatto, insindacabile nella presente sede di legittimità -ha, respingendo l’eccezione dell’attuale ricorrente (già appellante), verificato che il responsabile del procedimento sanzionatorio in questione era effettivamente il tenente colonnello NOME COGNOME
Di seguito, lo stesso Tribunale ha correttamente precisato che non poteva avere alcuna valenza in senso contrario il decreto sindacale acquisito in giudizio, il quale nulla dimostrava in ordine alla carenza di potere del responsabile del procedimento individuato nella suddetta persona, posto che il conferimento dell’incarico di dirigente del ‘Servizio Gestione Sanzioni Amministrative’ in capo al dr. NOME COGNOME non comportava che quest’ultimo dovesse essere il responsabile di ogni procedimento sanzionatorio istruito dal servizio cui era preposto, senza possibilità di delegare l’assegnazione di determinati procedimento e l’adozione dei provvedimenti finali ad altri funzionari addetti a quel servizio.
In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Poiché l’intimato Prefetto non ha svolto attività difensive in questa sede, non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, così come non può -pur in presenza della conformità della decisione alla proposta di cui all’art. 380 -bis c.p.c. -disporsi la condanna prevista dall’art. 96, comma 3, c.p.c., mentre trova applicazione
quella al pagamento della somma indicata al successivo comma dello stesso articolo 96, quantificata nella misura di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., della somma di euro 500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile