Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8644 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8644 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21700-2021 proposto da:
COGNOME, COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 28/2021 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 10/02/2021 R.G.N. 224/2019;
Oggetto
Rapporto di lavoro in agricoltura
Prestazioni.
Onere prova
R.G.N.21700/2021
COGNOME
Rep.
Ud.17/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con separati ricorsi, riuniti in corso di causa, gli odierni ricorrenti agivano per l’accertamento del loro diritto a ll’iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli e alle conseguenti prestazioni.
Il Tribunale di Gela rigettava le domande e la Corte di appello di Caltanissetta, con la sentenza qui impugnata, ha confermato la decisione di primo grado.
A fondamento del decisum , la Corte territoriale ha argomentato che le buste paga, le comunicazioni formate dal datore di lavoro e le deposizioni assunte in causa -generiche oltre che contraddittorie – non dimostravano in maniera rigorosa i rapporti di lavoro subordinato e non erano dunque idonee a vincere la presunzione di gratuità delle prestazioni rese in ambito familiare affectionis vel benevolentiae causa.
Chiedono la cassazione della sentenza le parti indicate in epigrafe, con due motivi.
L’INPS resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
6. Con il primo motivo, è dedotta la violazione degli artt. 2094, 2697, 2699, 2729, 2735 cod.civ., 115 e 116 cod.proc.civ. in merito all’onere probatorio gravante sul lavoratore dipendente in ipotesi di lavoro intercorrente tra familiari e all’efficacia probatoria delle risultanze ispettive.
7. La sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere insufficiente il materiale probatorio e non sufficientemente dimostrata la natura subordinata dei rapporti controversi. Le
testimonianze acquisite avevano confermato in maniera inequivocabile e puntuale, con cognizione diretta dei fatti di causa, i rapporti in agricoltura.
Con il secondo motivo è dedotto «omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti». La Corte di appello avrebbe proceduto alla valutazione delle prove testimoniali condizionata da un manifesto pregiudizio di inattendibilità dei testi.
I motivi possono congiuntamente esaminarsi, presentando analoghi ed evidenti profili di inammissibilità.
Anche il primo motivo, sub specie di violazione di legge, denuncia vizio di motivazione, non ammissibile in presenza di una sentenza cd. «doppia conforme».
La valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni piuttosto che di altri, la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito e qui non più sindacabili.
La sentenza impugnata muove dalla corretta premessa teorica ( v. Cass. nr. 1295 del 2023) che, quando a seguito di un controllo, l’INPS disconosca il rapporto di lavoro che costituisce il presupposto dei diritti azionati, grava sul lavoratore l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto d’iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli a tempo determinato; pertanto, in applicazione della indicata regola iuris , con valutazione coincidente con quella del giudice di primo grado, la Corte territoriale è giunta alla conclusione che tale prova non sia stata offerta. Nello specifico, per i giudici territoriali, non hanno rappresentato prove idonee i documenti
di formazione unilaterale del medesimo datore di lavoro (v. pagina 4 della sentenza impugnata) e le deposizioni raccolte lungi dal l’essere considerate intrinsecamente inattendibili per lo status dei testimoni interrogati- si sono piuttosto rivelate carenti di specificità in ordine al concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro subordinato (v., peraltro, in relazione a fattispecie sovrapponibile alla presente, anche Cass. nr. 4207 del 2023).
Le critiche della parte ricorrente pretendono di scalfire la valutazione delle risultanze istruttorie, compiuta in termini concordi dai giudici di primo e di secondo grado, e di ottenere una revisione del giudizio di fatto, attraverso la non pertinente deduzione della violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. Le censure, infatti, non illustrano alcuna delle fattispecie che danno luogo alla violazione dell’indicata norma processuale, secondo le indicazioni di questa Corte. Nel ponderare, criticamente, tutti gli elementi acquisiti al giudizio, i riscontri documentali e le deposizioni assunte, la Corte territoriale ha esercitato il suo prudente apprezzamento, senza attribuire alla valutazione d’una prova il valore proprio di un’altra prova. ( in argomento, ex multis , Cass. nr. 6774 del 2022).
C on la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod.proc.civ., parte ricorrente deduce, tuttavia, un giudicato esterno sopravvenuto, rappresentato da due pronunce del Tribunale di Caltagirone.
Reputa il Collegio che il rilievo di inammissibilità dei motivi di ricorso osti all’esame della relativa questione . La declaratoria di inammissibilità ha determinato la stabilita e irrevocabilità delle statuizioni di merito contestate, con preclusione di ogni ulteriore disamina.
L’applicabilità del giudicato sopravvenuto non può, infatti, accedere ad un ricorso tardivo o, più in generale, inammissibile o improcedibile, ovvero, come nella specie, con motivi inammissibili quale che sia la ragione della relativa declaratoria.
Questa Corte ha già affermato che «nel giudizio di legittimità è preclusa l’applicabilità, d’ufficio, dello ius superveniens ove i motivi di ricorso, che riguardino, anche solo indirettamente, la disciplina sopravvenuta, siano dichiarati inammissibili» (Cass. nr. 23518 del 2018, con richiamo a Cass. nr. 16266 del 2011 e a Cass. nr. 80 del 2011 in motivazione) per qualunque ragione.
Il principio è riferibile anche alla presente fattispecie ove si consideri che il giudicato altro non è che la «legge del caso concreto» ( Cass. sez.un. nr. 226 del 2001) e, quindi, ove sopravvenuto, costituisce ius superveniens .
Per quanto innanzi, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si deve provvedere sulle spese del presente giudizio, in quanto sussistono le condizioni per l’esonero, ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., condizioni , peraltro, già esaminate nella sentenza d’appello (pag . 7 ult. cpv.). Come riportato nello storico di lite, infatti, con l’originario ricorso, unitamente alle domande di riconoscimento del diritto all’iscrizione negli elenchi, i ricorrenti hanno proposto anche quelle dirette ad ottenere le prestazioni previdenziali consequenziali (Cass. nr. 10038 del 2024 con richiamo a Cass. nr. 37973 del 2022, in motiv.).
Sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025