Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20812 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20812 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11370-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1205/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO depositata il 26/10/2021 R.G.N. 659/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Giudizio di rinvio
R.G.N. 11370/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 27/05/2025
CC
RILEVATO CHE
1. con ordinanza n. 7358/2021 questa Corte osservava che la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 28.10.2014, aveva respinto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto le domande proposte da NOME COGNOME dichiarando la nullità del termine apposto al primo contratto stipulato, per esigenze sostitutive, con RAGIONE_SOCIALE per il periodo dall’1.10.2010 al 28.2.2011 e la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti, con condanna della società al ripristino del rapporto e al risarcimento del danno in misura di quattro mensilità dell’ultima retribuzione;
2. pronunciandosi sul ricorso proposto dalla società, questa Corte accoglieva il primo motivo, con cui era stata dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 1 e 2, e dell’art. 10 d. lgs. n. 368/2001, dell’art. 2697, degli artt. 421 e 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 41 Cost., assumendo che la Corte d ‘A ppello si fosse discostata dall’orientamento del giudice di legittimità, avallato anche dalla giurisprudenza europea, secondo il quale il contratto a termine stipulato per esigenze sostitutive possa, in termini di legittimità dell’apposizione della clausola temporale, essere supportato, in relazione a realtà aziendali complesse, dall’enunciazione di elementi ulteriori quali l’ambito territoriale di riferimento, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto; ribadiva il principio secondo cui, in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214/2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 368/2001, l’onere
di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto; pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma a una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (cfr. Cass. n. 1576/2010, e, tra le altre conformi, Cass. n. 4565/2012, n. 8966/2012, n. 13239/2012, n. 21681/2019); affermava che, nel pervenire alla decisione sfavorevole all’azienda, la Corte distrettuale aveva mancato di considerare detti principi e di farne applicazione alla fattispecie esaminata; pertanto, cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione per procedere a nuovo esame uniformandosi ai principi richiamati;
3. riassunto il giudizio dal lavoratore, la Corte di Milano confermava le statuizioni della prima sentenza del Tribunale di Milano (n. 332/2012) perché, attenendo l’oggetto del giudizio unicamente all’accertamento della legittimità del contratto a termine stipulato tra le parti per il periodo 1.10.2010 –
28.02.2011 per ragioni sostitutive ai sensi dell’art. 1. d. lgs n. 368/2001, nella memoria di costituzione la società aveva dichiarato che avrebbe depositato con separata nota i fascicoli di parte dei precedenti gradi di giudizio, ma tali documenti non risultavano depositati, sicché non era possibile valutare l’idoneità dei documenti indicati dalla società come atti da cui desumere la sussistenza delle ragioni sostitutive poste a fondamento del contratto, con conseguente impossibilità di formulare anche solo un giudizio di verosimiglianza circa l’effettività delle ragioni sostitutive poste a fondamento del contratto in discussione;
4. avverso la seconda sentenza di appello la società propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso il lavoratore; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, la società ricorrente per cassazione deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 420, 421, 437 c.p.c. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di Appello di Milano erroneamente ritenuto che CAI non avesse assolto l’onere probatorio in ordine all’effettiva sussistenza delle ragioni sostitutive dedotte in contratto e del nesso causale intercorrente tra le stesse e l’assunzione, per effetto de l mancato deposito del fascicolo di parte contenente documenti necessari ai fini della pronuncia; assume che, successivamente alla costituzione nel giudizio in riassunzione e in prossimità dell’udienza, era stata
rifiutata immotivatamente dalla Cancelleria l’acquisizione del fascicolo;
con il secondo motivo, deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.), per erronea valutazione degli elementi assunti a fondamento del proprio convincimento;
con il terzo motivo, nullità della motivazione per relationem resa dalla Corte di Appello, per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.;
con il quarto motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per omessa effettuazione dell’indagine in ordine alla sussistenza della causale sottesa all’assunzione;
con il quinto motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., per motivazione apparente e perplessa;
è fondato il primo motivo del ricorso per cassazione;
nel rito del lavoro, il mancato deposito, da parte dell’appellante, del proprio fascicolo e della sentenza impugnata e la mancata o tardiva restituzione del fascicolo ritirato alla chiusura dell’istruzione comporta che il giudice, ove questi non possa supplire con gli atti di causa, debba ordinare all’appellante medesimo, a norma dell’art. 421 c.p.c., detto deposito e che, in caso di inosservanza dell’ordine, stante la persistente carenza della documentazione necessaria ai fini della decisione, egli debba rigettare nel merito l’impugnazione (Cass n. 22749/2010, conf. a Cass S.U. n. 899/1999);
a tali principi, tutt’ora validi e da confermare, anche in regime di processo civile telematico, non si è attenuta la Corte territoriale, che, incaricata dalla pronuncia rescindente di riesaminare i fatti e gli atti di causa alla luce dei principi di diritto ivi espressi, peraltro sulla base dei documenti già acquisiti nelle fasi di merito precedenti, ha imposto una preclusione non necessitata dallo sviluppo processuale della fattispecie concreta, ben potendo ordinare l’acquisizione del fascicolo di parte indispensabile per la decisione (cartaceo o digitalizzato), e, solo in caso di mancata ottemperanza all’ordine, pronunciarsi per il rigetto nl merito delle eccezioni e difese della società;
in questo modo, invece, la Corte è venuta meno all’obbligo di uniformarsi a quanto statuito nella pronuncia rescindente, di cui all’art. 384, comma 2, c.p.c.;
il secondo motivo risulta invece inammissibile, perché non si tratta di omesso esame, ma di valutazione motivata della Corte di merito, quantunque non corretta per le ragioni espresse con riferimento al motivo precedente;
sono altresì inammissibili gli ulteriori motivi;
infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017; conf. Cass, n. 20921/2019), restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053 e 8054/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019);
13. inoltre, la sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio, in quanto il riferimento ai ” precedenti conformi ” contenuto nell’art. 118 disp. att. c.p.c. non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile (cfr. Cass. n. 29017/2021);
14. la sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in relazione al motivo di ricorso accolto (il primo), con rinvio alla Corte d’Appello indicata in dispositivo, per procedere al riesame nel merito della controversia, secondo i principi fissati dalla pronuncia di questa Corte n. 7358/2021;
15. alla Corte di rinvio è demandata anche la regolazione delle spese di lite, incluse quelle del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 27 maggio 2025.