Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25522 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25522 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10860/2019 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO – rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME unitamente all’avvocato COGNOME NOME, con diritto di ricevere le comunicazioni presso gli indirizzi pec dei Registri di Giustizia;
-ricorrente-
contro
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL TURISMO, SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA, BELLE ARTI E PAESAGGIO DEL FRIULI VENEZIA NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. depositata il 11/10/2018.
123/2018
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n.123/2018 pubblicata l’11/10/2018, ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con il RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi: RAGIONE_SOCIALE).
La controversia ha per oggetto la asserita illegittimità della procedura di interpello – indetto con decreto dirigenziale n. 2 dello 01/08/2016 per il conferimento degli incarichi di responsabile RAGIONE_SOCIALE aree funzionali Patrimonio archeologico ed Educazione e ricerca, nell’ambito della quale il ricorrente aveva presentato due distinte domande classificandosi al secondo ed al terzo posto, con la condanna del RAGIONE_SOCIALE a dare avvio ad un nuovo interpello ed al risarcimento dei danni per perdita di chances , esistenziale, professionale ed all’immagine professionale.
Il Tribunale di Trieste, nel contraddittorio che le Amministrazioni convenute e nella contumacia RAGIONE_SOCIALE controinteressate NOME COGNOME ed NOME COGNOME, ha rigettato tutte le domande proposte rilevando che la domanda volta ad ottenere l’emissione di un nuovo provvedimento di interpello era già in astratto inaccoglibile non potendo dall’ eventuale violazione dei principi di correttezza e buona fede conseguire l’invalidità del provvedimento di conferimento dell’incarico ma unicamente conseguenza risarcitorie e che quanto al danno da perdita di chance mancava la prova anche presuntiva della possibilità per il COGNOME di prevalere sulle colleghe vincitrici, laddove non si fosse
verificato l’inadempimento del datore di lavoro, non risultando alcuna allegazione sul punto.
La Corte d’appello di Trieste ha egualmente rilevato che nel ricorso ex art. 414 cod. proc. civ. l’appellante non aveva svolto deduzioni di natura comparativa volte ad ottenere, in luogo RAGIONE_SOCIALE due colleghe vincitrici, l’attribuzione dell’incarico di responsabile per le aree funzionali oggetto dell’interpello; né aveva formulato una domanda esplicita in tal senso. La Corte territoriale ha poi richiamato Cass. Sez. Lav. 30/09/2009, n. 20279 quanto ai limiti del sindacato giurisprudenziale sugli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali. La Corte territoriale ha infine ritenuto che l’assenza di deduzioni di natura comparativa circa la posizione dei diversi candidati non consentisse di formulare alcuna prognosi circa la probabilità di conferimento dell’incarico all’appellante, con esclusione di ogni pregiudizio risarcibile.
Per la cassazione della sentenza d’appello ricorre NOME COGNOME, con ricorso affidato a tre motivi.
Le Amministrazioni e le altre parti private sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., dell’art. 97 Cost. e dell’art. 63 comma 2 d.lgs. n. 165 del 30/03/2001, in relazione all’art. 360 comma primo num.3) cod. proc. civ. Lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare quanto dedotto e provato con riferimento alla inammissibilità RAGIONE_SOCIALE domande di partecipazione RAGIONE_SOCIALE controinteressate, e della conseguente ingiusta collocazione in graduatoria come vincitrici. Deduce la violazione dei principi stabiliti
dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento ai poteri e doveri del datore di lavoro nell’ambito RAGIONE_SOCIALE procedure concorsuali di selezione del personale, ed in particolare dell’obbligo datoriale di rispettare le regole poste per la selezione, oltre ai principi di correttezza e buona fede. Secondo il ricorrente le deduzioni svolte con riferimento al suo posizionamento ricorrente in graduatoria, alle qualifiche possedute dai componenti della commissione istruttoria, alla omessa redazione dei verbali RAGIONE_SOCIALE operazioni della commissione, alla compilazione RAGIONE_SOCIALE schede di valutazione, ai giudizi espressi dalla commissione, se valutate, avrebbero determinato l’accertamento della illegittimità della procedura.
Con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 comma secondo num. 4) c.p.c., in relazione all’art. 360 comma primo num. 4) cod. proc. civ., lamentando la motivazione apparente perché la Corte territoriale avrebbe omesso di statuire sulle specifiche censure e doglianze avanzate dal ricorrente.
Con il terzo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, con riferimento all’art. 360 comma primo num. 5) cod. proc. civ., con riferimento ad asserite circostanze di fatto pertinenti al posizionamento del ricorrente in graduatoria, alle qualifiche possedute dai componenti della commissione istruttoria, alla omessa redazione dei verbali RAGIONE_SOCIALE operazioni della commissione, alla compilazione RAGIONE_SOCIALE schede di valutazione, ai giudizi espressi dalla commissione.
Il primo motivo è inammissibile. Secondo il costante orientamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici
operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476).
Il motivo all’esame in parte si risolve nella prospettazione di una diversa qualificazione dei fatti già accertati, inammissibile per le ragioni appena esposte. In parte si sostanzia nella doglianza dell’omesso esame di una serie di asserite «circostanze di fatto», in astratto meglio sussumibili ex art. 360 comma primo num. 5) inammissibili per una pluralità di ragioni concorrenti.
In primo luogo la Corte territoriale ha confermato la sentenza del Tribunale per le medesime ragioni giuridiche già ritenute dal giudice di prime cure, e con riferimento ai medesimi fatti. Trova pertanto applicazione la disposizione dettata dall’art. 348 ter ultimo comma cod. proc. civ.
Inoltre il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. dv. e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il
“dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso.» (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053).
Il ricorrente ha richiamato le deduzioni svolte nei propri scritti difensivi, ma non nei motivi di ricorso non ha svolto alcuna deduzione circa la decisività dei «fatti» (ma in realtà: valutazioni giuridiche) di cui lamenta l’omesso esame.
A questo proposito, con considerazioni pertinenti anche al tema dell’interesse giuridico alla impugnazione ex art. 100 cod. proc. civ., deve rilevarsi che le domande del ricorrente sono state rigettate perché la Corte territoriale, così come il primo giudice, hanno sostanzialmente ritenuto che questi si fosse limitato a proporre una sorta di domanda di mero accertamento della astratta legittimità della procedura di interpello, senza la proposizione di alcuna domanda di attribuzione a sé degli incarichi di responsabile RAGIONE_SOCIALE aree funzionali attribuiti alle controinteressate; senza la deduzione di circostanze di fatto tali da rendere attuale il suo interesse alla legittimità della procedura, potendo confidare nella attribuzione dell’incarico. Rectius , le domande spiegate dal ricorrente non rendono evidente il suo interesse alla impugnazione ex art. 100 cod. proc. civ., poiché non risulta accertato che – con ragionevole probabilità la ripetizione dell’interpello nei termini da lui prospettati determinerebbe – secondo la regola del più probabile che non -l’attribuzione a sé degli incarichi oggetto di causa.
Nel suo motivo di ricorso il ricorrente non ha nemmeno affrontato la ratio decidendi , limitandosi a riproporre le sue tesi e deduzioni. Il motivo è pertanto inammissibile.
11. Il secondo motivo è inammissibile. Il motivo è un inestricabile coacervo di ragioni diverse di impugnazioni, tra loro in contrasto. Per un verso lamenta la motivazione apparente, al tempo stesso lamenta l’omessa pronuncia ex art. 112 cod. proc. civ.. Sul punto si intende dare continuità all’orientamento di questa Corte, poiché «l’inconciliabilità della denuncia dei due vizi si evidenzia, perché una motivazione omessa sugli oggetti cui si riferisce il precetto dell’art. 112 c.p.c. si risolve nell’addebito alla sentenza di merito di non avere pronunciato su una domanda o un’eccezione, di modo che, se quel giudice ha adottato una motivazione, sebbene ritenuta apparente, è palese che sulla domanda e sull’eccezione ha pronunciato.» (Cass. Sez. U. 20/03/2017, n. 7074).
Il terzo motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni concorrenti. In primo luogo la Corte territoriale ha confermato la sentenza del Tribunale per le medesime ragioni giuridiche già ritenute dal giudice di prime cure, e con riferimento ai medesimi fatti. Trova pertanto applicazione la disposizione dettata dall’art. 348 ter ultimo comma cod. proc. civ.
Inoltre il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. dv. e 369, secondo comma, n.
4), cod. proc. civ. – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso.» (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053).
Il ricorrente ha richiamato le deduzioni già svolte nei propri scritti difensivi, ma nei motivi di ricorso non ha svolto alcuna deduzione circa la decisività dei «fatti» (ma in realtà: valutazioni giuridiche) di cui lamenta l’omesso esame. Giova rilevare che la Corte territoriale ha rigettato l’appello (anche) sul presupposto che: a) il ricorrente non avesse svolto alcuna «valutazione comparativa volta a dimostrare la sussistenza del diritto ad ottenere, in luogo RAGIONE_SOCIALE colleghe effettive vincitrici, la nomina in contestazione»; b) il ricorrente non avesse proposto, nel ricorso ex art.414 cod. proc. civ., di una «esplicita domanda volta ad ottenere in sede giudiziale l’attribuzione dell’incarico di responsabile». Deve quindi ritenersi che il ricorrente non abbia attaccato la ratio decidendi , deducendo la «decisività» di «fatti» (ma in gran parte: valutazioni giuridiche) che decisivi non possono essere se non si censura la specifica ratio .
Per questi motivi deve dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
Nulla va disposto quanto alle spese non avendo le parti intimate svolto RAGIONE_SOCIALE difensiva.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un, 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/09/2024.