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Onere probatorio conto corrente: la prova del correntista

Una società ha citato in giudizio la propria banca per la restituzione di somme indebitamente pagate su un conto corrente. La Corte d’Appello ha respinto la domanda perché la società non ha fornito la serie completa degli estratti conto, impedendo una ricostruzione affidabile del rapporto. La Corte di Cassazione ha confermato questa decisione, ribadendo che l’onere probatorio in conto corrente spetta al cliente e che la documentazione incompleta rende la pretesa indimostrabile, dichiarando il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere probatorio conto corrente: a chi tocca provare i pagamenti indebiti?

Nelle controversie bancarie, una delle questioni più dibattute riguarda l’onere probatorio in conto corrente. Chi deve dimostrare la legittimità o l’illegittimità degli addebiti? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: spetta al correntista che agisce per la ripetizione dell’indebito fornire la prova completa del proprio diritto, depositando tutti gli estratti conto del rapporto. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società avviava una causa contro un istituto bancario, chiedendo la restituzione di somme che riteneva di aver versato indebitamente. Le contestazioni riguardavano l’applicazione di interessi non dovuti, la capitalizzazione trimestrale degli interessi (anatocismo) e l’addebito di spese e commissioni non pattuite su un conto corrente durato dal 1987 al 1999.

Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda della società. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione. Il motivo? La società aveva prodotto in giudizio solo una parte degli estratti conto, a partire dal 1991 e con diverse lacune. Secondo i giudici d’appello, questa documentazione incompleta non permetteva una ricostruzione attendibile del rapporto, rendendo impossibile verificare la fondatezza della pretesa. La consulenza tecnica disposta in primo grado, che aveva tentato di colmare i vuoti documentali, era stata giudicata basata su “ricostruzioni astratte e artificiose”. La società, insoddisfatta, ricorreva quindi in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della società inammissibile, confermando in pieno la sentenza della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per consolidare l’orientamento giurisprudenziale in materia.

L’onere probatorio del correntista nelle cause bancarie

La Cassazione ha chiarito che, in un’azione di ripetizione di indebito, l’onere probatorio grava interamente sul correntista. È il cliente che deve dimostrare non solo l’avvenuto pagamento, ma anche l’assenza di una valida ragione giuridica che giustifichi tale pagamento da parte della banca. Per fare ciò, è indispensabile produrre l’intera sequenza degli estratti conto periodici o altri documenti equivalenti (come le contabili delle singole operazioni) che permettano di ricostruire l’intero andamento del rapporto.

Documentazione incompleta e insindacabilità del giudizio di merito

La Corte ha sottolineato che, sebbene sia possibile in alcuni casi superare le lacune documentali, questa operazione è rimessa alla valutazione insindacabile del giudice di merito. Quest’ultimo deve verificare se l’entità e l’estensione delle lacune siano tali da impedire una ricostruzione affidabile e non meramente ipotetica.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva motivatamente ritenuto che le lacune fossero troppo significative per consentire un accertamento attendibile del dare e dell’avere tra le parti. La valutazione del giudice, in quanto peritus peritorum (esperto degli esperti), può anche discostarsi dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio (CTU), specialmente quando queste si basano su ipotesi ricostruttive non supportate da dati certi.

Le Motivazioni

La Cassazione ha ritenuto inammissibili tutti i motivi di ricorso presentati dalla società. In primo luogo, ha affermato che la Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.), non gravando la società di un onere non suo, ma semplicemente constatando il mancato assolvimento di quello che le spettava. La critica mossa dalla società non verteva su una violazione di legge, ma si risolveva in una contestazione della valutazione delle prove, attività riservata al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità.

Anche le censure relative al presunto travisamento dei documenti e alla mancata valutazione dell’atteggiamento non contestativo della banca sono state respinte. La Corte ha ribadito che la valutazione delle risultanze della CTU e della condotta processuale delle parti rientra nei poteri del giudice di merito. Infine, riguardo alla mancata ammissione di un ordine di esibizione dei documenti mancanti alla banca (ex art. 210 c.p.c.), la Cassazione ha ricordato che tale strumento può essere utilizzato solo se il cliente ha precedentemente esercitato il suo diritto sostanziale di ottenere la documentazione (ex art. 119 TUB) e siano trascorsi 90 giorni senza riscontro, circostanze che la ricorrente non aveva specificato di aver rispettato.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale per chiunque intenda intraprendere un’azione legale contro una banca per la gestione di un conto corrente. La completezza della prova documentale è un presupposto fondamentale. Il correntista non può sperare di vincere la causa fornendo estratti conto parziali e affidandosi a ricostruzioni contabili ipotetiche per colmare i vuoti. L’onere probatorio in conto corrente è un ostacolo che richiede un’attenta e completa preparazione documentale prima di avviare il contenzioso. In assenza di una prova rigorosa e completa, la domanda di restituzione delle somme è destinata a essere respinta.

Su chi ricade l’onere probatorio in un’azione di ripetizione di indebito contro la banca?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere probatorio grava interamente sul correntista che agisce in giudizio. Egli deve fornire la prova della propria pretesa restitutoria producendo la documentazione completa a supporto, come l’integralità degli estratti conto.

È possibile vincere una causa contro la banca presentando estratti conto incompleti?
No. La Corte ha stabilito che la presenza di lacune documentali rilevanti, che non consentono un’adeguata e affidabile ricostruzione dell’andamento del conto, porta al rigetto della domanda. Le ricostruzioni basate su ipotesi ‘astratte e artificiose’ non sono considerate prove sufficienti.

Il giudice è obbligato a seguire le conclusioni della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) che ricostruisce i saldi mancanti?
No. Il giudice è ‘peritus peritorum’ (esperto degli esperti) e ha il potere di disattendere gli esiti della consulenza tecnica, specialmente se ritiene che le ipotesi ricostruttive elaborate dal consulente non presentino adeguati requisiti di affidabilità a causa delle carenze probatorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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