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Onere probatorio: appello respinto per prove incerte

Un pedone chiede il risarcimento per essere stato investito da un’auto in manovra, ma la sua domanda viene respinta. La Corte d’Appello conferma la decisione, sottolineando la mancanza di un adeguato onere probatorio a causa di testimonianze contraddittorie e generiche sulla dinamica del sinistro.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere probatorio nel sinistro stradale: quando la prova è insufficiente

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari offre spunti cruciali sul tema dell’onere probatorio nei casi di risarcimento danni da sinistro stradale. La decisione sottolinea un principio fondamentale: chi agisce in giudizio per ottenere un risarcimento deve fornire prove chiare, precise e concordanti. In assenza di una ricostruzione certa dei fatti, la domanda non può essere accolta. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I fatti di causa

Un cittadino conveniva in giudizio il proprietario di un’autovettura e la sua compagnia di assicurazione, chiedendo il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti. L’attore sosteneva di essere stato investito mentre si trovava a piedi, fermo sul lato della strada, da un’auto che stava effettuando una manovra di parcheggio in retromarcia. L’urto lo avrebbe fatto cadere rovinosamente a terra, causandogli gravi lesioni personali.

Mentre il proprietario del veicolo, citato in giudizio, non si costituiva e veniva dichiarato contumace, la compagnia assicurativa si opponeva alla richiesta, contestando la ricostruzione dei fatti.

La decisione di primo grado: la domanda risarcitoria respinta

Il Tribunale di Foggia, dopo aver raccolto le prove (testimonianze, documenti e una consulenza tecnica d’ufficio), respingeva la domanda del danneggiato. La decisione si fondava sulla valutazione negativa delle prove raccolte, ritenute insufficienti a dimostrare la dinamica del sinistro. In particolare, il giudice evidenziava:
* Contraddittorietà delle dichiarazioni: erano emerse notevoli discrepanze tra quanto dichiarato dallo stesso attore nei suoi atti e quanto riferito dall’unico presunto testimone oculare.
* Incertezza sull’impatto: non era stato chiarito con sufficiente precisione quale parte del corpo fosse stata effettivamente colpita dal veicolo.
* Inattendibilità del teste: la testimonianza presentava elementi di inverosimiglianza e contrasto con le affermazioni dell’attore.
Di conseguenza, il Tribunale condannava l’attore al pagamento delle spese legali e delle spese di consulenza tecnica.

L’appello e l’onere probatorio del danneggiato

Il danneggiato impugnava la sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Bari, lamentando un’errata valutazione delle prove da parte del primo giudice. Sosteneva che le dichiarazioni del testimone fossero in realtà sovrapponibili e che la dinamica fosse stata sufficientemente provata, anche grazie alla documentazione medica che confermava la compatibilità delle lesioni con l’incidente descritto.

Le motivazioni della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione, confermando integralmente la sentenza di primo grado. I giudici hanno ribadito che l’onere probatorio, ai sensi dell’art. 2697 del Codice Civile, grava interamente sull’attore. Nel caso di specie, tale onere non è stato assolto.

La Corte ha rilevato gravi e insanabili contraddizioni:
1. Dinamica del sinistro: L’attore affermava di essere stato investito mentre era “fermo a piedi”, mentre il testimone dichiarava che la vittima “gli venne incontro” nel momento dell’incidente. Questa discrepanza è stata considerata fondamentale per minare l’attendibilità della ricostruzione.
2. Credibilità del testimone: La Corte ha ritenuto poco verosimile che il testimone, trovandosi dall’altra parte del marciapiede, fosse riuscito ad allertare il conducente bussando sul finestrino del veicolo.
3. Soccorsi post-incidente: Non era chiaro chi avesse trasportato il danneggiato al Pronto Soccorso. L’attore sosteneva fosse stato il conducente dell’auto investitrice, mentre altre testimonianze suggerivano un intervento del testimone stesso.

Un punto di particolare interesse giuridico toccato dalla Corte riguarda il valore probatorio delle dichiarazioni rese ai sanitari del Pronto Soccorso. I giudici hanno chiarito che, sebbene tali dichiarazioni siano annotate in un atto redatto da un pubblico ufficiale, la loro efficacia probatoria (fino a querela di falso, ex art. 2700 c.c.) copre solo la provenienza della dichiarazione e il fatto che sia stata resa, ma non la veridicità del suo contenuto. In altre parole, il referto medico prova che il paziente ha detto di essere stato investito, non che l’investimento sia effettivamente avvenuto come descritto.

Le conclusioni

La sentenza conferma un principio cardine del nostro ordinamento: non basta affermare di aver subito un danno per ottenere un risarcimento. È necessario provarlo con elementi certi, precisi e non contraddittori. L’onere probatorio impone al danneggiato di fornire al giudice un quadro chiaro e coerente. In assenza di tale prova, anche a fronte di lesioni fisiche reali, la domanda risarcitoria è destinata ad essere respinta. Questa decisione serve da monito sull’importanza di raccogliere e presentare prove solide e testimonianze credibili fin dalle prime fasi di una controversia legale.

Chi deve provare come è avvenuto un incidente stradale?
In base al principio dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.), spetta alla persona che chiede il risarcimento del danno (l’attore) dimostrare i fatti che costituiscono il fondamento della sua pretesa, inclusa l’effettiva dinamica dell’incidente.

Una testimonianza è sempre sufficiente per vincere una causa?
No. Una testimonianza è efficace solo se viene ritenuta dal giudice attendibile, precisa e non contraddittoria. Se le dichiarazioni del testimone sono generiche, incoerenti con altre prove o tra di loro, il giudice può ritenerle non sufficienti a provare i fatti, come avvenuto in questo caso.

Le dichiarazioni rese al Pronto Soccorso hanno valore di prova legale assoluta?
No. Secondo la Corte, le dichiarazioni riportate su un referto medico fanno fede, fino a querela di falso, del fatto che il paziente le abbia rese al medico (pubblico ufficiale), ma non provano la veridicità del contenuto di tali dichiarazioni. Pertanto, non possono da sole dimostrare la dinamica di un sinistro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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