Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30375 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30375 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1458/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (-) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 317/2021 depositata il 03/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
– RAGIONE_SOCIALE, in qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE, aveva chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per € 46.520,69, oltre accessori e spese, a carico di NOME COGNOME in relazione a rapporti bancari intercorsi tra le parti e assunti in sofferenza per l’importo indicato. L’ingiunta aveva proposto opposizione per una serie di motivi sia in rito che nel merito. La banca si era ritualmente costituita contestando tutti i profili di opposizione proposti.
– L’adito Tribunale di Spoleto, concessa la provvisoria esecutorietà del provvedimento monitorio, aveva invitato le parti ad attivare il procedimento di mediazione ai sensi del d.lgs. n. 28/2010, indicando in 15 giorni il termine entro cui provvedere e fissando l’udienza di rinvio per la verifica di espletamento dell’incombente; detta udienza era stata anticipata con provvedimento non comunicato all’attuale ricorrente e ne era stato disposto conseguentemente il differimento; il termine inizialmente concesso per l’incombente non era stato rispettato ed anzi il procedimento di mediazione era stato radicato dall’opponente dopo la data dell’udienza di rinvio originariamente fissata e dopo la data dell’udienza differita per omessa comunicazione della disposta anticipazione della stessa.
– In conseguenza di ciò il Tribunale di Spoleto, in applicazione del provvedimento normativo richiamato, aveva dichiarato improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo e confermato quest’ultimo.
– Proposto dalla soccombente NOME COGNOME appello avverso la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Perugia aveva rigettato l’impugnazione in base alle seguenti considerazioni:
-) l’opponente a decreto ingiuntivo ha introdotto la mediazione sia oltre i termini concessi dal primo Giudice, sia oltre i tre mesi previsti dall’art. 6 del d.lgs. n. 28/2010 per l’espletamento della mediazione assistita;
-) anche ove non si ritenga perentorio il termine concesso dal Tribunale di Spoleto, sicuramente perentorio e quindi non superabile per consentire l’espletamento del
tentativo di mediazione si deve considerare il termine di tre mesi previsto per la sospensione del giudizio dall’art. 6 d.lgs. cit., essendo tale carattere insito nella ratio sottesa alla normativa introdotta nel 2010, di evidente finalità deflattiva confermata dalla inapplicabilità della sospensione feriale dei termini.
– Avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo.
– Non si è difesa RAGIONE_SOCIALE, pur ritualmente intimata.
– Ha depositato ex art. 111 c.p.c. controricorso RAGIONE_SOCIALE, in qualità di cessionaria di RAGIONE_SOCIALE, contrastando il proposto ricorso per cassazione con adesione al deciso di merito quanto alla perentorietà dei termini per l’instaurazione del procedimento di mediazione e invocando comunque il ricorrere dei presupposti per l’operatività a favore della banca creditrice del principio di prospective overruling.
– RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO CHE
– L’unico motivo di ricorso denuncia Violazione e falsa applicazione del d. lgs. N.28 del 2010, art.5, rilevante ex art.360 co 1 n.3 c.p.c.
La Corte d’Appello avrebbe erroneamente identificato nell’opponente la parte tenuta ad introdurre il procedimento di mediazione obbligatorio, in violazione del disposto dell’art. 24 Cost, posto a presidio e garanzia del diritto di difesa. L’opponente, convenuto in senso sostanziale, tempestivamente costituendosi avrebbe espresso in maniera inequivoca la volontà di difendersi attraverso l’unico strumento posto a sua disposizione dall’ordinamento, appunto la proposta opposizione. Non si potrebbe onerare la parte opponente delle conseguenze pregiudizievoli consistenti «nell’effetto preclusivo dell’attività difensiva conseguente alla declaratoria di improcedibilità del giudizio di opposizione e alla irrevocabilità del decreto ingiuntivo» (così il ricorso a pag.10). L’onere di introduzione del procedimento di mediazione e le conseguenze della mancata attivazione dovrebbero invece essere poste a carico dell’opposto, creditore-attore in senso sostanziale, la cui inerzia non determinerebbe alcun effetto
preclusivo di merito, essendo sempre possibile la riproposizione del ricorso monitorio.
Rileva ancora la ricorrente che l’art. 5, co 4, lett. A), d.lgs. n. 28/2010 dispone che i commi 1 bis e 2 della norma non si applicano nei procedimenti per ingiunzione fino alle pronunce sulle istanze di concessione e di sospensione della provvisoria esecutorietà, a conferma del fatto che sarebbe a carico del creditore l’iniziativa di promuovere la mediazione, e richiama, in particolare, la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n.19596/2020 che, proprio con riferimento al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, pone l’onere di promuovere la procedura di mediazione a carico della parte opposta dopo la valutazione delle istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo.
In definitiva, secondo la ricorrente, l’accoglimento del motivo dovrebbe comportare la cassazione della sentenza impugnata, con revoca del decreto ingiuntivo opposto per improcedibilità del giudizio sulla pretesa creditoria della banca azionata in via monitoria e con le pronunce conseguenti in punto spese, e il cui contenuto si sintetizza come segue:
RITENUTO CHE
10. – Il ricorso è inammissibile.
10.1. – Con l’unico motivo NOME COGNOME non mette più in discussione il carattere perentorio del termine per l’introduzione del procedimento di mediazione in pendenza del giudizio, quantomeno del termine di tre mesi previsto dall’art. 6 d. lgs. cit. certamente non ottemperato in concreto (come accertato nella sentenza impugnata), che costituisce la ratio decidendi del Giudice d’Appello, di conferma della sentenza di primo grado quanto all’esistenza dei presupposti per la declaratoria di improcedibilità del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: i rilievi svolti in questa sede si fondano integralmente solo sulla non corretta identificazione del soggetto tenuto all’introduzione del procedimento di mediazione nell’ipotesi di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (non è applicabile al presente procedimento, radicato nel 2015, l’art. 5 bis del d.lgs. cit., introdotto dal d. lgs. n. 149/2022, in vigore dal 30.6.2023).
L’inammissibilità discende dalla considerazione che la questione dell’identificazione soggettiva proposta in questa sede non risulta fosse stata sottoposta alla Corte
d’Appello: a seguito della dichiarazione di improcedibilità da parte del Giudice di primo grado, difatti, NOME COGNOME aveva proposto impugnazione deducendo solo «la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia sostenendo che è stata operata una lettura non corretta dell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010 ove, sulla scorta del suo carattere perentorio, conduce a sanzionare chi si sia attivato nell’espletamento della procedura di mediazione dopo 15 giorni concessi dal Giudice nonostante la fattiva partecipazione alla procedura della controparte e la sua conclusione con un verbale negativo» (così testualmente la sentenza d’appello).
In questa sede, viceversa, NOME COGNOME svolge una tesi difensiva completamente diversa, sostenendo che l’adempimento dell’onere di mediazione, e quindi le conseguenze della mancata tempestiva attivazione, doveva gravare sulla banca ricorrente in monitorio e non sull’opponente ingiunta.
10.2. – Per giurisprudenza di legittimità assolutamente pacifica (cfr. nelle rispettive motivazioni, tra le più recenti, Cass. n. 5131 del 2023 e Cass. n. 25909 del 2021), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, nel motivo così articolato il ricorrente deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. Infatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio a quo, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; 7981/07; Cass. 16632/2010), rilevabilità d’ufficio che certo non ricorre nel caso di specie, sol che si consideri che la rilevazione officiosa dell’improcedibilità del giudizio per omesso esperimento del procedimento di mediazione è confinata in limine, nel giudizio di merito, alla stregua del cit. d.lgs. n. 28/2010.
In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere – qui rimasto inadempiuto – di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000), e, in caso di pronuncia sul punto ad opera del primo Giudice, la
proposizione di specifico motivo di appello al fine di evitare la formazione di giudicato interno.
11. – Sussistono i presupposti per l’integrale compensazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, per l’applicabilità del disposto dell’art. 92 co 2 c.p.c., come corretto dall’intervento della Corte costituzionale effettuato con sentenza n. 77/2014. Sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato versato, ex art.13 co 1 quater DPR n.115/2002, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, con integrale compensazione delle spese processuali di fase.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13 comma 1 bis.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte