Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24630 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24630 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere Rel.
NOME
Consigliere
Dott. NOMECOGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
ingiuntivo; mediazione
obbligatoria; onere a
carico del creditore op-
posto
CC 9/7/2025 CC
Cron. n. 29930/2020
R0N. 11368/2017
sul ricorso n. 29930/2020 r.g. proposto da:
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE – CONSORZIO PER L’AREA DI RAGIONE_SOCIALE INDUSTRIALE DELLA PROVINCIA DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio dello avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 870/2020, depositata il 25/2/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/7/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
In data 15/9/2014 il Tribunale di Napoli ingiungeva al Consorzio RAGIONE_SOCIALE Napoli di pagare in favore della ricorrente Telecom RAGIONE_SOCIALE.p.a. la somma di euro 20.642,15, a titolo di corrispettivo per l’erogazione di prestazioni di telefonia fissa e mobile, rese negli anni 2006-2007, in favore dell’ingiunta.
Con atto di citazione notificato il 6/11/2014 il RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione a decreto ingiuntivo eccependo, in via preliminare, l’improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 2, com -ma 2, del Regolamento AGCOM, avente ad oggetto il pagamento di crediti contestati a seguito della formale disdetta delle utenze telefoniche da parte dell’utente.
Nel merito, l’opponente sosteneva che il credito non era provato dai documenti prodotti, costituiti dalle n. 30 fatture e da un estratto conto predisposto unilateralmente.
Si costituiva in giudizio la Telecom Italia chiedendo il rigetto dell’opposizione.
3.1. Il Tribunale concedeva termine per la presentazione della domanda di mediazione, che non veniva però presentata da alcuna delle parti costituite.
Il Tribunale, con la sentenza n. 305 dell’11/1/2016, dichiarava l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione in ordine all’opposizione presentata dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE
In motivazione, si chiariva che la controversia, avente ad oggetto il recupero di crediti «già contestati» dall’utente, rientrava tra quelle soggette, a pena di improcedibilità, al tentativo obbligatorio di conciliazione ai sensi dell’art. 2, comma 2, del Regolamento AGCOM.
Si aderiva all’orientamento di legittimità in tema di procedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo (si citava Cass. n. 24629 del 2015), reputandosi che, se le parti non avevano esperito la mediazione disposta dal magistrato, il giudice doveva dichiarare improcedibile l’opposizione al decreto ingiuntivo e non la domanda monitoria consacrata nel provvedimento ingiuntivo.
L’onere della mediazione obbligatoria, non adempiuto nel termine concesso dal giudice, gravava sull’opponente, che aveva il potere, l’onere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, a pena di consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.
Avverso tale sentenza proponeva appello il Consorzio RAGIONE_SOCIALE chiedendo che fosse dichiarata la procedibilità della domanda di opposizione al decreto ingiuntivo, in quanto nella fattispecie l’esperimento del tentativo di conciliazione non costituiva condizione di procedibilità.
In subordine, l’appellante chiedeva l’accertamento dell’esclusione dal campo di applicabilità del Regolamento AGCOM della domanda di opposizione relativa a crediti derivanti da contratti di telefonia mobile, con dichiarazione di procedibilità dell’opposizione inerente a crediti derivanti da contratti di telefonia mobile, il cui servizio non era stato oggetto di contestazione da parte dell’utente finale.
Chiedeva che fosse dichiarata comunque improcedibile la domanda monitoria.
5.1. Con il primo motivo d’appello il Consorzio RAGIONE_SOCIALE sosteneva che la controversia non rientrava tra quelle soggette alla condizione di
procedibilità della domanda di mediazione introdotta dall’art. 5, comma 1bis , del d.lgs. n. 28/2010, in forza dell’esclusione prevista dall’art. 2, comma 2, del Regolamento AGCOM per i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo in materia di contratti per la fornitura di servizi di telecomunicazioni.
5.2. Con il secondo motivo d’appello il Consorzio affermava che la disdetta e, quindi, la contestazione «avrebbe riguardato unicamente i servizi di telefonia fissa, circostanza, oltre che nuova, anche non provata ».
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5.3. Il Consorzio censurava la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che gravava «sull’opponente l’onere della mediazione obbligatoria, e che, omessa la mediazione, l’opposizione sia divenuta improcedibile con conseguente irrevocabilità del decreto ingiuntivo».
Veniva riportata la pronuncia di legittimità n. 24629 del 2015, in base alla quale, gravava sull’opponente l’onere della mediazione obbligatoria.
Il Consorzio appellante sosteneva, al contrario, «che la sanzione dell’improcedibilità dovrebbe colpire non l’opponente, che esercita il proprio diritto di difesa tutelato dalla Costituzione, ma la pretesa creditoria avanzata dall’opposto in via monitoria».
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 870/2020, depositata il 25/2/2020, rigettava l’appello, pur dichiarando inammissibili i motivi di gravame.
6.1. Anzitutto, con riferimento al primo motivo d’appello, la Corte territoriale rilevava che «l’assunto è contrario a quanto sostenuto in primo grado dallo stesso appellante che, come accennato, eccepì nell’atto di opposizione l’improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione nella presente controversia, avente a oggetto crediti contestati».
Tra l’altro, l’appellante non aveva censurato specificamente le argomentazioni della sentenza impugnata in base alle quali la controversia era soggetta alle condizioni di procedibilità del tentativo obbligatorio di conciliazione, in quanto relativa un credito «già oggetto di contestazione da parte dell’utente».
Il motivo, dunque, era inammissibile ex artt. 342 e 345 c.p.c., in quanto introduceva una nuova argomentazione «contraria a quanto sostenuto dall’appellante in primo grado e senza confutare in modo specifico quanto affermato dalla sentenza».
6.2. Il secondo motivo era, quindi, inammissibile ex art. 345 c.p.c.
6.3. Quanto al terzo motivo d’appello, la Corte territoriale evidenziava che la tesi, pur sostenuta in passato da parte della giurisprudenza di merito, non era condivisibile, stante la struttura bifasica del giudizio monitorio, diretta a conciliare il fine di conseguire la rapida formazione di un titolo esecutivo e la salvaguardia del diritto del contraddittorio.
Terminata la prima fase, a cognizione sommaria, con l’emanazione del decreto ingiuntivo, il debitore ingiunto poteva instaurare la seconda fase del giudizio, a contraddittorio differito, in assenza della quale il decreto diveniva definitivo.
Incombeva dunque sull’opponente, che aveva instaurato la fase dell’opposizione, l’onere di provvedere alla mediazione.
Anche in questo caso il motivo era inammissibile in quanto la decisione del primo giudice era stata «solo genericamente contestata dall’appellante, quindi, anche tale motivo di appello è inammissibile sensi dell’art. 342 c.p.c.».
6.4. Da ultimo, la Corte territoriale affermava che «è il caso di rilevare che l’appellante non ha mai contestato, nel merito, se non
genericamente in primo grado, l’ an e il quantum della pretesa creditoria fatta valere dalla Telecom».
Avverso tale sentenza proposto ricorso per cassazione il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Napoli, depositando anche memoria scritta.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Il Procuratore Generale, nella persona del Dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «omessa, illogica e contraddittoria e travisata motivazione per il travisamento dei fatti circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, numeri e 3 e 5, c.p.c. – Erronea applicazione delle disposizioni di legge secondo il d.lgs. n. 28 del 4/3/2010 di cui all’art. 5 e seguenti, e successive modifiche di cui all’ultimo intervento con legge n. 96 del 21/6/2017 ratione temporis – Errata e scorretta interpretazione della normativa sulla mediazione obbligatoria in ambito di telefonia di cui al combinato disposto d.lgs. 2259/2003 e Regolamento AGCOM di cui all’art. 2, comma 2, delibera AGCOM n. 173/07/Cons – Illogica e contraddittoria e travisata motivazione per il travisamento dei fatti circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., e dei richiamati articoli del codice di rito 112,113,115,116 c.p.c.».
In particolare, il ricorrente deduce che deve tenersi ormai conto del recente intervento di questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 19596 del 2000, con la quale si è ritenuto che «l’onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo debba ricadere sul creditore opposto».
L’inammissibilità del motivo d’appello di cui all’art. 342 c.p.c. è superata dal contenuto stesso del gravame, evidenziando il ricorrente che «uanto esposto in diritto, si evinceva chiaramente ed incontestabilmente dalla difesa di parte ricorrente, soprattutto in sede di appello al punto 3) dell’impugnativa ed in modo specifico dalla pagina 7 alla pagina 12, nelle quali venivano riportate le ricche argomentazioni motivazionali a sostegno della tesi del ricorrente».
È stata dunque confutata in modo preciso la parte della motivazione del giudice d’appello per cui «la decisione del primo giudice, che richiama gli accennati, consolidati principi, è genericamente contestata dall’appellante e, quindi, anche tale motivo di appello è inammissibile sensi dell’art. 342 c.p.c.».
2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta «omessa, illogica contraddittoria e travisata motivazione per il travisamento dei fatti circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c. – Erronea applicazione delle disposizioni di legge secondo il d.lgs. n. 259 del 1/8/2003 di cui all’art. 84 e seguenti; Errata e scorretta interpretazione della normativa sulla mediazione obbligatoria in ambito di telefonia di cui al combinato disposto d.lgs. 2259/2003 e Regolamento AGCOM di cui all’art. 2, comma 2, delibera AGCOM n. 173/07/Cons – Illogica contraddittoria e travisata motivazione per il travisamento dei fatti circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. e della richiamata normativa di cui alla legge n. 249 del 1997, art. 1, comma 11».
Il giudice di gravame ha erroneamente ritenuto l’inammissibilità dei motivi d’appello, muovendo dal presupposto che parte appellante avesse, dapprima eccepito l’inammissibilità della domanda monitoria (in primo grado), e di poi, in sede d’appello, la procedibilità della proposta opposizione.
In realtà, ad avviso del ricorrente, questi non ha eccepito l’improcedibilità dell’opposizione, ma della domanda monitoria ai sensi dell’art. 84 del d.lgs. n. 259 del 2003, rilevando contestualmente che, in materia di telefonia, operava la disciplina speciale sulle procedure conciliative.
La questione risulta ormai decisa in diritto con la sentenza di questa Corte, a Sezioni Unite, n. 8240 del 2020.
Si è ritenuto, dunque, che il tentativo obbligatorio di conciliazione non è richiesto prima dell’emissione del decreto ingiuntivo.
Spetta, invece, alla parte opposta ingiungente l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione (si cita Cass. n. 19596 del 2020).
Chiarisce il ricorrente che, dunque, «versandosi in ipotesi di conciliazione obbligatoria, prima della pronuncia della Adita Corte con la sentenza n. 8240/2020, il ricorrente ben ha fatto ad eccepire l’improcedibilità della domanda monitoria, in quanto sino a quel momento la questione era dibattuta da un punto di vista giurisprudenziale».
Erroneamente, dunque, la Corte d’appello ha ritenuto che il motivo fosse inammissibile.
Del pari, erroneamente la Corte territoriale ha affermato che l’appellante non avrebbe confutato in modo specifico la disposizione del «giudice del tribunale».
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente deduce «omessa, illogica contraddittoria e travisata motivazione dei fatti di causa circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 633 c.p.c. e seguenti – Omesso esame del giudicante dell illogica contraddittoria e travisata motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., per
insussistenza del contratto e dei requisiti di cui all’art. 633 e 634 c.p.c.».
La Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che anche questo motivo di gravame fosse inammissibile per la genericità delle contestazioni sollevate dal ricorrente nel corso dei due giudizi di merito.
In realtà, l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo dimostrerebbe il contrario («si vedano le pagine 3,4, e 5 del giudizio di opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo»).
Il credito sarebbe stato contestato ed impugnato nella sua interezza e nella sua natura, unitamente ai documenti esibiti.
Le fatture prodotte in atti, infatti, erano prive di contratto e di accettazione dei documenti fiscali.
Inoltre, nel processo di cognizione che segue l’opposizione a decreto ingiuntivo, la fattura emessa non costituisce fonte di prova, a favore della parte che lei emessa, dei fatti che la stessa parte ha dichiarato.
Il primo ed il secondo motivo di impugnazione, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono fondati.
4.1. In primo luogo, i due motivi di ricorso risultano autosufficienti, essendo stati articolati nel pieno rispetto di cui all’art. 366, n. 6, c.p.c.
Ed infatti, il ricorrente ha indicato con precisione le pagine dello atto d’appello in cui è perimetrato il motivo di impugnazione, riportandone anche uno stralcio.
Pertanto, nell’atto d’appello si è censurata la sentenza di primo grado, in quanto l’onere di promuovere il procedimento di mediazione spettava esclusivamente al creditore opposto, e non all’opponente.
Si legge nel motivo di ricorso per cassazione, pagina 11, che «è pertanto chiarito che spetti alla parte opposta, terminata la prima
udienza del giudizio di opposizione, avviare il procedimento di mediazione», precisandosi che «uanto esposto in diritto, si evinceva chiaramente ed incontestabilmente dalla difesa di parte ricorrente, soprattutto in sede di appello al punto 3) dell’impugnativa ed in modo specifico dalla pagina 7 alla pagina 12, nelle quali venivano riportate le ricche argomentazioni motivazionali a sostegno della tesi del ricorrente».
Nel primo motivo si riportava altresì il contenuto di pagina n. 12 dell’appello, ove si leggeva che « consegue che, nella fattispecie per cui è causa, anche a voler ritenere che la stessa possa essere soggetta all’obbligo di mediazione di cui al d.lgs. 28/2010, avrebbe dovuto disporsi la revoca del decreto ingiuntivo e non la improcedibilità della domanda di opposizione, posto che il mancato perfezionamento della condizione di procedibilità non già dell’opposizione, bensì della domanda monitoria».
In sostanza, già nel motivo d’appello si chiedeva di riformare la sentenza di primo grado, in quanto l’onere di proporre la mediazione obbligatoria spettava al creditore opposto, e non all’opponente.
Peraltro, la novità della questione sollevata in appello va esclusa anche perché si trattava di una questione di diritto rilevabile d’ufficio.
4.2. Non sussisteva neppure l’inammissibilità ex art. 342 c.p.c., come affermato dal Giudice di secondo grado, nel senso che il Consorzio avrebbe mutato del tutto la propria prospettiva difensiva, in quanto in prime cure, avrebbe dedotto l’improcedibilità della domanda giudiziale introdotta con il ricorso per decreto ingiuntivo, per il mancato esperimento della mediazione obbligatoria, mentre in sede d’appello la difesa del Consorzio si sarebbe soffermata sulla considerazione che la controversia non rientrava tra quelle soggette alla condizione di procedibilità della domanda di mediazione ex art. 5, comma 1bis , del d.lgs. n. 28 del 2010, in forza dell’esclusione
prevista dall’art. 2, comma 2, del Regolamento AGCOM per i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo in materia di contratti per la fornitura di servizi di telecomunicazioni.
L’assunto sarebbe stato contrario a quanto sostenuto in primo grado dallo stesso appellante.
In realtà, però, non si ravvisa alcuna contraddittorietà tra la difesa del Consorzio in prime cure, con l’introduzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, e l’atto d’appello.
Ciò in quanto all’epoca dell’introduzione del giudizio di primo grado non era ancora intervenuta la sentenza di questa Corte, a Sezioni Unite, n. 8240 del 2020, con la quale si è statuito che il ricorso per decreto ingiuntivo, nella materia in esame, può essere presentato anche senza previo tentativo obbligatorio di conciliazione.
Una volta ritenuto ammissibile l’appello, che rispettava i requisiti di cui all’art. 342 c.p.c., quanto alla sua specificità, i motivi di ricorso per cassazione sono fondati, alla luce delle recenti pronunce di questa Corte, a Sezioni Unite, sul tema.
5.1. In particolare, si evidenzia che questa Corte, a Sezioni Unite, ha ritenuto che, in tema di controversie tra le società erogatrici dei servizi di telecomunicazioni e gli utenti, non è soggetto all’obbligo di esperire il preventivo tentativo di conciliazione, previsto dall’art. 1, comma 11, della l. n. 249 del 1997, chi intenda richiedere un provvedimento monitorio, essendo il preventivo tentativo di conciliazione strutturalmente incompatibile con i procedimenti privi di contraddittorio o a contraddittorio differito (Cass., Sez. U, 28/4/2020, n. 8240).
5.2. Inoltre, con la successiva sentenza, sempre a Sezioni Unite, n. 19596 del 18/9/2020, si è chiarito definitivamente che nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1bis , del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il rela-
tivo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.
Del resto, le statuizioni di questa Corte hanno trovato cristallizzazione nell’art. 7, comma 6, lettera e), del d.lgs. n. 149 del 2022, che ha inserito. dopo l’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, l’art. 5-bis (Procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo), a mente del quale «uando l’azione di cui all’art. 5, comma 1, è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l’onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. Il giudice alla prima udienza provvede sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione se formulate e, accertato il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui art. 6. A tale udienza, se la mediazione non è stata esperita, dichiarava l’improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese».
E’ inammissibile il terzo motivo.
7.1. Infatti, qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della ” potestas iudicandi ” sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam , su tale ultimo aspetto (Cass., Sez. U, 6/9/ 2013, n. 244; Cass., sez. 5, 12/12/2024, n. 32092; Cass., sez. 6-5,
19/12/2017, n. 30393; Cass., sez. 1, 16/6/2020, n. 11675; Cass., sez. 6-2, 11/3/2022, n. 7995).
Nella specie la Corte territoriale, dopo aver dichiarato inammissibili i tre motivi di gravame, si è soffermata sul merito, rilevando che l’appellante non aveva mai contestato l’ an e il quantum della pretesa creditoria della Telecom.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 luglio 2025