Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34631 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34631 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35514-2019 proposto da:
COGNOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 560/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 30/05/2019 R.G.N. 2211/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
31/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
ASpI
R.G.N. 35514/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 31/10/2024
CC
L a Corte d’appello di Catanzaro confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda di NOME NOME svolta nei confronti dell’Inps e avente ad oggetto la corresponsione dell’indennità di disoccupazione (ASpI).
Riteneva la Corte che COGNOME NOME non avesse allegato e quindi nemmeno provato l’esistenza dei requisiti costitutivi del diritto.
Avverso la sentenza, COGNOME NOME ricorre per due motivi, illustrati con memoria.
L’Inps resiste con controricorso.
All’o dierna adunanza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con i due motivi di ricorso, COGNOME NOME deduce omesso esame di un fatto decisivo e violazione degli artt.2116, 2729 c.c., 27 R.D.L. n.636/39 e 40 l. n.153/69. La Corte aveva negato la prova dei requisiti costitutivi del diritto all’indennità di disoccupazi one senza aver considerato che era stato prodotto in primo grado il certificato del Centro per l’Impiego e la comunicazione del licenziamento.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente data la loro stretta connessione, sono inammissibili.
La sentenza è fondata su una duplice ratio decidendi : non solo l’assenza di prova, ma anche l’assenza di allegazione dei requisiti costitutivi del diritto (v. Cass.4293/16 sull’affermazione per cui l’omessa
allegazione e l’omessa prova riscontrat e in sentenza, costituiscono una duplicità di ragioni decisorie).
Il ricorso contesta l’assenza di prova, ma nulla deduce sull’assenza di allegazione. In particolare, la ricorrente nulla argomenta sul fatto che, al di là dei documenti prodotti in primo grado, il ricorso originario allegasse la sussistenza dei presupposti costitutivi del diritto. Va del resto ricordato che la mera produzione di documenti non assolve all’onere di allegazione, occorrendo che lo specifico contenuto dei documenti sia richiamato nel corpo dell’atto al fine di enuc learne la loro rilevanza (v. Cass.21032/08).
Ora, non censurando il ricorso per cassazione la ratio decidendi fondata sul mancato assolvimento dell’onere allegativo, diviene inammissibile la censura incentrata sull’onere probatorio: questa, infatti, quand’anche fondata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza, che continuerebbe a reggersi sull’autonoma ratio non impugnata (Cass.2108/12, Cass.9752/17, Cass.18119/20).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in €200 per esborsi, € 2800 per compensi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attes a l’inammissibilità , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del 31.10.24