Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28189 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28189 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/10/2025
OGGETTO: PUBBLICO IMPIEGO
13.12.2024, N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24.09.2025 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTO
Il Tribunale di Roma ha rigettat o l’opposizione al passivo RAGIONE_SOCIALE liquidazione coatta amministrativa dell’RAGIONE_SOCIALE, proposta da NOME COGNOME unitamente ad altri lavoratori, per l’esclusione degli importi richiesti a titolo di compenso incentivante, differenze retributive, indennità di responsabilità esterna per le mansioni superiori di autista soccorritore svolte dal 1° aprile 2012 al 1° maggio 2014.
Gli originari ricorrenti avevano proposto domanda di riconoscimento del credito ai sensi dell’art. 208 RAGIONE_SOCIALE legge n. 267/1942 ed il Commissario Liquidatore con comunicazioni del 15.1.2019 aveva trasmesso le ‘Schede creditore’ da cui risultava il rigetto delle loro richieste per mancanza RAGIONE_SOCIALE certificazione datoriale.
Il Tribunale, disposta la separazione delle cause e concesso alle parti termine per memorie difensive e di replica, ha ritenuto tempestiva l’opposizione ed ha ritenuto che sia disciplinata unicamente dall’art. 209 L.F. ; ha pertanto escluso l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE legge n. 241/1990 ed ha considerato superflua la motivazione del provvedimento di esclusione, escludendo che l’inesistenza di tale obbligo violi il diritto RAGIONE_SOCIALE difesa del creditore.
Ha poi rilevato che le mansioni concretamente svolte dal COGNOME non erano state indicate nella domanda formulata dal medesimo ai sensi dell’art. 208 del r.d. n. 267/1942 né in sede di opposizione; ha evidenziato che il COGNOME si era limitato ad affermare di avere svolto mansioni riconducibili al profilo professionale sociosanitario di cui all’art. 12, comma 1, del CCNL 2006 -2009 quale autista soccorritore delle ambulanze del RAGIONE_SOCIALE‘.
A fronte di tale difetto di allegazione, ha ritenuto preclusa al Collegio l’operazione di sussunzione nell’inquadramento di riferimento o superiore, stante l’impossibilità di accertare in fatto le mansioni concretamente svolte dal G amba, in termini di abitualità e prevalenza sotto il profilo quantitativo, qualitativo e temporale, e di raffrontare tali dati con la contrattazione tempo per tempo applicabile.
Ha aggiunto che il COGNOME non aveva fornito alcuna prova in ordine allo svolgimento di mansioni superiori; ha escluso che nella memoria RAGIONE_SOCIALE parte opposta fosse ravvisabile una mancata contestazione dello svolgimento di mansioni superiori, avendo la difesa erariale evidenziato la mancata descrizione delle attività quotidianamente svolte e la mancata enucleazione di fatti storici su cui i testi potessero essere chiamati a rispondere.
Avverso tale provvedimento il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito con
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., error in procedendo , travisamento RAGIONE_SOCIALE prova e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Evidenzia che nella memoria di costituzione RAGIONE_SOCIALE controparte del 3.1.2020 COGNOME non aveva contestato lo svolgimento dell’attività di autista -soccorritore da parte del COGNOME ed aveva specificamente indicato le concrete attività svolte dal medesimo nell’ambito di dette mansioni ; precisa che si era limitata a contestare la sussumibilità di tali mansioni in una qualifica superiore rispetto a quella di appartenenza.
Sostiene che il Tribunale era vincolato dRAGIONE_SOCIALE disposizione contenuta nell’art. 115 cod. proc. civ. a ritenere accertate le mansioni in concreto svolte dal COGNOME e che la prova testimoniale era superflua.
Critica la sentenza impugnata per avere escluso la possibilità di effettuare il giudizio trifasico e per avere ritenuto il fatto non provato nonostante abbia ritenuto assolto l’onere di allegazione.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, comma primo, n n. 4 e 5 cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso che il COGNOME avesse assolto in tal modo l’onere di allegazione.
Torna a sostenere che avrebbero dovuto essere ritenuti provati, in quanto non erano stati oggetto di contestazione, lo svolgimento, da parte del COGNOME, di mansioni di autista soccorritore e le specifiche attività svolte dal medesimo.
Sostiene che lo svolgimento di mansioni di autista soccorritore da parte del COGNOME costituisce un fatto storico riportato nella memoria COGNOME.
3. Le censure sono inammissibili.
Il Tribunale ha ritenuto che il mancato assolvimento dell’onere di allegazione abbia precluso il giudizio trifasico ed ha escluso che nella memoria difensiva COGNOME, che aveva evidenziato la mancata enucleazione di fatti storici, fosse ravvisabile la mancata contestazione.
3.1 Le censure, nel prospettare la mancata contestazione dello svolgimento dell’attività di autista -soccorritore da parte del COGNOME, non assolvono agli oneri imposti dall’art. 366 n. 4 e dall’art. 369 n. 4 cod. proc. civ., in quanto non trascrivono il ricorso di primo grado, evidentemente necessario sia per stabilire se -al contrario di quanto affermato dal Tribunale -esso conteneva la descrizione puntuale delle mansioni svolte, sia per discorrere di mancata contestazione di tali allegazioni.
Infatti, il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, atteso che l’onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (Cass. 3 aprile 2025, n. 8900).
Oltre a ciò, è vero che nella memoria di costituzione di COGNOME si fa riferimento alle attività del ricorrente come svolte « in qualità di autista soccorritore », ma è evidente dalle altre parti RAGIONE_SOCIALE stessa memoria riportate nel ricorso per cassazione che in realtà vi era piena contestazione RAGIONE_SOCIALE pretesa avversaria, svolta argomentando sulla natura puramente tecnica delle mansioni dispiegate in quella veste, a fronte di una figura di autista soccorritore di livello superiore che, per ricorrere, necessiterebbe invece prestazioni riportabili
al l’ ambito socio-sanitario, come precisato in dettaglio da Cass. 5 agosto 2019, n. 20915.
Il che è poi nel complesso quanto affermato dal Tribunale, allorquando ha richiamato le difese ‘giuridiche’ di COGNOME sulla figura dell’autista soccorritore, nonché i rilievi ripetutamente svolti sempre da COGNOME in ordine RAGIONE_SOCIALE mancata allegazione di fatti storici e delle attività svolte quotidianamente e che fossero riconducibili alle effettive mansioni per le quali erano rivendicate le differenze retributive.
In tal modo il ricorso finisce dunque per non confrontarsi con la ratio decidendi quale esplicitata dal provvedimento impugnato, così manifestandosi anche da questo punto di vista come inammissibile, ancor prima che infondato; ciò senza contare che spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dRAGIONE_SOCIALE controparte (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3680; Cass. 28 ottobre 2019, n. 27490).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
6 . Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Lavoro RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione, il 24 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME