Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28581 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28581 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11362/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7494/2021 depositata il 11/11/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/09/2025 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di cessionaria del credito vantato da NOME COGNOME, conveniva dinanzi il Tribunale Civile di Roma la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere l’integrale indennizzo dei danni materiali occorsi al veicolo Chrysler Dodge, tgt. TARGA_VEICOLO di proprietà del cedente credito COGNOME. A fondamento della domanda deduceva che: a) in data 21.1.2017, detto veicolo era regolarmente parcheggiato in sosta in Roma, INDIRIZZO Ingrao; b) il giorno seguente, 22.1.2017, lo COGNOME, tornando a riprendere il proprio veicolo, aveva notato che ignote persone lo avevano vandalizzato, realizzando profonde rigature sulla RAGIONE_SOCIALE e danneggiando lo specchietto retrovisore esterno sinistro; c) a seguito dell’atto vandalico occorso, le riparazioni erano ammontate ad Euro 6.450,00 (seimilaquattrocentocinquanta/00); d) lo COGNOME aveva immediatamente sporto denuncia contro ignoti e, successivamente, aveva ceduto il proprio credito ad essa RAGIONE_SOCIALE; aveva denunciato il sinistro alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma quest’ultima aveva contestato l’indennizzo e non aveva corrisposto alcunché.
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, la quale: in via preliminare, eccepiva la nullità della cessione del credito, la decadenza dal diritto all’indennizzo per violazione delle disposizioni di cui agli artt.li 1913, 1914 e 1915 c.c. e delle condizioni generali di assicurazione, l’improponibilità della domanda per violazione delle condizioni generali di assicurazione; nel merito, deduceva mancanza di prova dell’evento denunciato e di un danno indennizzabile ai sensi di polizza.
Istruita la causa, il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 3162/2020, rigettava la domanda con condanna della società attorea alla rifusione delle spese processuali in favore della RAGIONE_SOCIALE convenuta.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE, insistendo nell’accoglimento della domanda di pagamento, originariamente proposta.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE contestando ed impugnando l’appello in quanto infondato in fatto e in diritto e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7494/2021, rigettava l’appello e condannava parte appellante alla rifusione delle spese relative al grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte
I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso tre motivi.
1.1. Con il primo motivo, cha articola ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. nella parte in cui la corte territoriale avrebbe <> affermato che ‘ la sentenza impugnata è pienamente condivisa e fatta propria da questa Corte e deve intendersi richiamata nella motivazione di rigetto’ , senza alcun esame critico delle doglianze da essa avanzate in sede di atto di appello.
1.2. Con il secondo motivo, che articola ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui la corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi su due dei motivi contenuti nel suo ricorso in appello (e precisamente sui motivi nn. 2 e 3), nonché avrebbe omesso di esaminare l’eccezione e doglianza da essa avanzata.
Precisamente deduce che la corte territoriale non si è pronunciata: a) né sul motivo secondo dell’atto di appello, con il quale essa RAGIONE_SOCIALE si era lamentata del fatto che – benché avesse inoltrato numerose volte la richiesta di nomina del tecnico fiduciario alla RAGIONE_SOCIALE convenuta, mettendo a disposizione il veicolo e adempiendo correttamente ai propri oneri contrattuali – la RAGIONE_SOCIALE era restata sempre silente per oltre un anno; b) né sul terzo motivo dell’atto di appello con il quale si era lamentata del fatto che il giudice di primo grado aveva rigettato la richiesta di ammissione alla prova contraria, formulata in sede di memoria ex art. 183 comma 6 numero 3 c.p.c., nonché la richiesta di c.t.u., formulata in sede di memoria ex art. 183 comma 6 numero 2 c.p.c.
Sottolinea che <>; e che, contrariamente a quanto evidenziato dalla RAGIONE_SOCIALE, il veicolo era stato venduto dallo COGNOME dopo più di un anno dall’evento vandalico.
Osserva altresì che la corte territoriale ha affermato che: <>, senza considerare che essa RAGIONE_SOCIALE in sede di atto di appello aveva espressamente evidenziato: <>, ribadendo poi nel proseguo dell’atto
di gravame che <>.
1.3. Con il terzo motivo la RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 – 116 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. nella parte in cui la corte territoriale – ritenendo non assolto l’onere della prova, che su di essa gravava – avrebbe omesso di valutare la documentazione presente in atti (precisamente: il contratto assicurativo, la denuncia sporta dallo COGNOME presso la Stazione dei Carabinieri, il materiale fotografico raffigurante il veicolo danneggiato e vandalizzato, le fotografie delle varie fasi di riparazione effettuate e la quantificazione dei danni).
Sostiene che la corte territoriale ha confuso la documentazione necessaria per provare il furto di un veicolo con la documentazione necessaria per provare un atto vandalico, per la quale è sufficiente la denuncia sporta all’Autorità di Polizia, le fotografie dell’atto vandalico, il contratto di polizza RAGIONE_SOCIALE, le fotografie delle riparazioni e la relativa documentazione fiscale e tecnica.
Il ricorso è inammissibile.
2.1. Inammissibile e comunque infondato è il primo motivo.
Sono passati ormai otto anni da quando le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 7074/2017 (pagg. 10-11) si sono così espresse:
<>.
In definitiva, occorre qui ribadire che, ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366, n. 6, c.p.c., il ricorrente deve indicare non soltanto il tenore della motivazione del primo giudice, specificamente condivisa dal giudice di appello, ma anche le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, proprio al fine di evidenziare che il giudice di secondo grado, con la resa motivazione, non ha assolto il suo dovere motivazionale.
Orbene, nel caso di specie, la società ricorrente ha adempiuto all’onere di cui all’art. 366 n. 6, in relazione alla motivazione della sentenza di primo grado, in quanto, pur non evocandola nel motivo in esame, l’ha adeguatamente evocata in quella che ha chiamato ‘sintesi della decisione impugnata, etc.’, ma non ha affatto adempiuto a detto onere in relazione alle critiche mosse avverso la sentenza di primo grado.
Invero, parte ricorrente – sia nell’esposizione del motivo sia nella parte che precede detta illustrazione -non ha fornito alcuna riproduzione (non soltanto in forma diretta ma anche in forma indiretta rinviando alla parte dell’atto corrispondente) del primo motivo di appello; e a pag. 11 si è limitata ad alludere all’atto di appello in questi temini: <>. In tal modo, la società ricorrente ha inammissibilmente demandato a questa Corte di ricercare nelle sedi dell’atto di appello ciò che avrebbe potuto corroborare il suo assunto. Peraltro, anche a voler procedere alla lettura dell’atto di appello, si rileva che solo la pag. 5 concerneva il motivo di appello sulla mancata prova del fatto, che sarebbe oggetto della pretesa motivazione per relationem .
D’altronde il motivo, se mai fosse ammissibile, sarebbe comunque infondato, in quanto, contrariamente a quanto deduce la società ricorrente, la corte territoriale non soltanto ha aderito a quanto argomentato dal giudice di primo grado, ma, dopo aver richiamato il principio affermato da Cass. n. 1558/2018, ha aggiunto ulteriori argomentazioni a sostegno della decisione assunta, spiegando (anche richiamando le note conclusive della odierna ricorrente) perché l’onere probatorio, evocato da detto principio, non era stato assolto, dapprima evocando le note conclusive della qui ricorrente e, poi, enunciando ampia motivazione nella pagina 4,
In definitiva, il motivo si risolve in una critica priva di correlazione con l’effettività della motivazione.
2.2. Il secondo motivo è in parte assorbito ed in parte inammissibile.
E’ in parte assorbito, in quanto l’inammissibilità del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo motivo quanto alle
deduzioni fino al secondo rigo della pag. 16 del ricorso: esse si riferiscono ad un omesso esame del secondo e del terzo motivo di appello, concernenti questioni che la corte territoriale non ha all’evidenza esaminato in ragione del rigetto del primo motivo di appello (concernente la prova del fatto dannoso).
Ed è inammissibile nella parte finale (precisamente pag. 16, sub 2), in quanto parte ricorrente ha denunciato omesso esame di deduzioni formulate con l’atto di appello, ma poi contraddittoriamente ha riportato il passo della sentenza che si è occupato del punto: la censura è inammissibile, quindi, secondo la prospettazione della stessa società ricorrente, in quanto è proprio quest’ultima ad evidenziarne la sua infondatezza in relazione alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c.
2.3. Inammissibile, infine, è anche il terzo motivo.
Invero, la società ricorrente prospetta la violazione dell’art. 2697 c.c. senza rispettare il criterio – a suo tempo indicato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 16598 del 2016 (in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto) e successivamente più volte ribadito (cfr., tra le tante, Cass. n. 26769/2017 e n. 13395/2018) – secondo il quale la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., è configurabile nell’ipotesi in cui (che nel caso di specie non ricorre) il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, ma non è configurabile nell’ipotesi in cui (come per l’appunto si verifica nel caso di specie) oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (valutazione quest’ultima sindacabile in sede di legittimità entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 n. 5 c.p.c.).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da
parte resistente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 1.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente ed a favore del competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contr ibuto unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente
NOME COGNOME