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Onere della prova usura: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un correntista contro un istituto di credito. L’ordinanza chiarisce che l’onere della prova in materia di usura grava sul debitore, il quale deve fornire allegazioni specifiche e dettagliate. La Corte sottolinea che il giudice di merito può legittimamente fondare la propria decisione anche su prove documentali prodotte dalla stessa parte che contesta il credito, senza che ciò costituisca una violazione delle regole sulla ripartizione dell’onere probatorio.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova usura: la Cassazione stabilisce i paletti

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione I Civile, n. 5312 del 28 febbraio 2024, offre importanti chiarimenti sull’onere della prova usura nei contenziosi bancari. La decisione sottolinea come spetti al correntista, che lamenta l’applicazione di tassi usurari, fornire prove specifiche e dettagliate, e come il giudice possa valutare liberamente tutto il materiale probatorio in atti, anche quello prodotto dalla parte che contesta.

I Fatti del Caso: Debiti su Conto Corrente e Mutuo

La vicenda trae origine dall’opposizione di un cliente a un decreto ingiuntivo ottenuto da un istituto di credito. La banca richiedeva il pagamento di una somma derivante dal saldo passivo di un conto corrente, da rate di mutuo insolute e da un’anticipazione non rimborsata. Il cliente si opponeva, lamentando principalmente l’applicazione di interessi usurari e anatocismo sul solo rapporto di conto corrente.

Il Tribunale di primo grado, dopo due consulenze tecniche, revocava il decreto ingiuntivo. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione, accogliendo l’appello della banca. Secondo i giudici di secondo grado, il credito dell’istituto era stato sufficientemente provato e, al contrario, il correntista non aveva dimostrato in modo adeguato la presunta usurarietà dei tassi, né l’illegittima capitalizzazione degli interessi.

La decisione della Cassazione e l’onere della prova usura

Il correntista ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandolo su sette motivi. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire principi fondamentali in materia di prova nei contenziosi bancari. Il cuore della decisione ruota attorno alla corretta interpretazione dell’art. 2697 del Codice Civile, che disciplina l’onere della prova.

La Corte ha chiarito che non vi è violazione di tale norma quando il giudice di merito, valutando le prove acquisite, ritiene che la parte onerata (in questo caso, la banca per la prova del suo credito) abbia adempiuto al proprio onere. L’errore nella valutazione delle prove non configura una violazione della regola di riparto, ma un eventuale vizio di motivazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ritenuto provato il credito della banca basandosi anche su una perizia di parte prodotta dallo stesso correntista, dalla quale emergeva la ricostruzione dell’intero rapporto. Questo, secondo la Cassazione, è un procedimento logico e legittimo.

La prova dell’usura: un onere specifico del debitore

Per quanto riguarda l’eccezione di usura, la Cassazione ha confermato l’orientamento secondo cui l’onere della prova usura spetta al debitore. Quest’ultimo non può limitarsi a una generica contestazione, ma deve fornire allegazioni precise e circostanziate. Deve indicare la pattuizione originaria, le somme pagate a titolo di interessi, l’aliquota applicata e il Tasso Effettivo Globale Medio (T.E.G.M.) di riferimento. Nel caso esaminato, le allegazioni del correntista sono state ritenute generiche e i calcoli presentati nella sua relazione tecnica incomprensibili e non conformi alle istruzioni della Banca d’Italia, rendendo l’eccezione infondata.

Inammissibilità degli altri motivi

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso. Le censure relative alla illogicità o apparenza della motivazione sono state respinte, poiché la sentenza d’appello era stata ampiamente e chiaramente argomentata. Infine, il motivo relativo alla violazione dello ius variandi (la facoltà della banca di modificare unilateralmente i tassi) è stato giudicato inammissibile in quanto questione nuova, mai sollevata nei precedenti gradi di giudizio.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la propria decisione sul principio consolidato secondo cui la violazione dell’art. 2697 c.c. si verifica solo se il giudice attribuisce l’onere della prova a una parte diversa da quella su cui grava per legge, e non quando, semplicemente, valuta le prove in modo ritenuto errato dal ricorrente. La Corte d’Appello, infatti, non ha invertito l’onere probatorio, ma ha ritenuto che il credito della banca fosse provato sulla base della documentazione disponibile, inclusa quella fornita dal debitore stesso. Questa valutazione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Per quanto concerne l’usura, la motivazione si basa sull’inadempimento da parte del correntista degli oneri di allegazione specifica richiesti dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Sez. Un., n. 19597/2020), rendendo la sua doglianza generica e, quindi, non accoglibile.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce due messaggi chiari per chi affronta un contenzioso bancario. In primo luogo, chi contesta un credito deve essere consapevole che tutti i documenti che produce in giudizio possono essere utilizzati dal giudice per formare il proprio convincimento, anche a suo svantaggio. In secondo luogo, e più specificamente, l’eccezione di usura richiede un rigore probatorio elevato. Non basta affermare che i tassi sono usurari; è necessario dimostrarlo con calcoli precisi, allegazioni specifiche e un confronto puntuale con i tassi soglia, secondo le modalità previste dalla normativa e dalle istruzioni delle autorità di vigilanza. In assenza di tale rigore, l’eccezione è destinata a fallire.

Chi deve provare l’usura in un contratto bancario?
La prova dell’usura spetta al debitore che la eccepisce. Egli deve fornire allegazioni specifiche e dettagliate, dimostrando il tipo contrattuale, la clausola sugli interessi, gli importi concretamente applicati e la misura del Tasso Effettivo Globale Medio (T.E.G.M.) nel periodo di riferimento per dimostrare il superamento del tasso soglia.

Può un giudice basare la sua decisione su documenti prodotti dalla parte che contesta il credito?
Sì. Il giudice ha il potere di valutare tutto il materiale probatorio acquisito agli atti del processo, indipendentemente da quale parte lo abbia prodotto. Può quindi legittimamente ritenere provato il credito di una banca anche sulla base di una perizia o di documenti depositati dallo stesso debitore che si oppone.

Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione introduce una questione mai discussa nei gradi di giudizio precedenti?
Il motivo di ricorso viene dichiarato inammissibile. Non è consentito introdurre per la prima volta in sede di legittimità questioni o temi di indagine nuovi che non siano stati oggetto di dibattito e decisione nei precedenti gradi di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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