Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5312 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5312 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32593/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 3485/2019 depositata il 04/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
– COGNOME NOME ricorre per sette motivi, illustrati da memoria, nei confronti della Banca Monte dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE S.p.A., contro la sentenza del 4 settembre 2019 con cui la Corte d’appello di Venezia, provvedendo in totale riforma di sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Vicenza, ha respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento del complessivo importo di € 35.741,92, regolando le spese di lite in applicazione del principio della soccombenza.
– Resiste quale avente causa dall’intimata RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
3. – Il ricorso contiene i seguenti motivi:
I motivo: in riferimento all’art. 360, co.1, n. 3 c.p.c.: violazione o/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 cpc;
II motivo: in riferimento all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 117 TUB;
III motivo: in riferimento all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 116 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 2697 c.c.;
IV motivo: in riferimento all’art, 360, co. 1 n.4: illogicità della motivazione;
V motivo: in riferimento all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione della L. 108/1996 ( ratio legis ) e del riformato art. 644 c.p. oltre all’art. 2697 c.c.;
VI motivo: in riferimento all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.: sull’eccezione di usura nullità della sentenza per motivazione apparente;
VII motivo: in riferimento all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: usura da patto, violazione e falsa applicazione degli articoli 118 TUB, degli articoll. 1321 c.c., 1325 c.c. e 1326 c.c., in combinato disposto con l’art. 644 c.p.
RITENUTO CHE
– Il ricorso è inammissibile.
4.1. – Sono inammissibili il primo, secondo, terzo e quinto mezzo.
4.1.1. – Per la necessaria intelligenza della vicenda è sufficiente rammentare quanto segue:
-) la banca ha agito in via monitoria nei confronti del COGNOME facendo valere crediti concernenti da un lato l’importo di € 22.770,39, quale saldo passivo di un conto corrente intestato allo stesso COGNOME, dall’altro lato l’importo di € 12.545,77 per rate impagate di un mutuo erogato al medesimo, oltre ad euro 425,76 per una anticipazione sbf rimasta insoluta;
-) contro il decreto ingiuntivo il COGNOME ha spiegato opposizione lamentando, a quanto riesce a comprendersi dall’espositiva del ricorso, esclusivamente l’addebito di interessi usurari, di entità eccedente il 77%, nonché l’addebito di non dovuto anatocismo, sul solo rapporto di conto corrente, mentre, con riguardo al mutuo, sembra che il COGNOME avesse esclusivamente sostenuto in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, senza che dal ricorso emergano ulteriori precisazioni, che la banca avrebbe imputato i versamenti
delle rate « a deconto del saldo di conto corrente » (così a pagina 2 del ricorso, che è sul punto manifestamente privo di autosufficienza); nulla è detto in ricorso sul perché non sarebbe stato dovuto l’importo concernente anticipazione sbf rimasta insoluta;
-) pur questo essendo il quadro delle allegazioni effettuate dal COGNOME, il Tribunale, dopo aver effettuato una prima consulenza tecnica d’ufficio, poi dichiarata nulla in sentenza, ed aver disposto l’espletamento di una seconda consulenza tecnica, che non ha determinato i rapporti di dare ed avere tra le parti per mancanza di documentazione, ha revocato in toto il decreto ingiuntivo e dunque rigettato in toto la domanda spiegata in INDIRIZZO;
-) contro la sentenza ha proposto appello la banca;
-) l’impugnazione è stata accolta con la sentenza qui impugnata, la quale ha per un verso ritenuto che la documentazione prodotta dallo stesso COGNOME valesse a comprovare il credito della Banca laddove contestato, ossia con riguardo al conto corrente, e che, d’altra parte, mancasse la prova della pattuizione di tassi usurari, così come di illegittima capitalizzazione.
4.1.2. – Ciò detto, il primo, secondo, terzo e quinto motivo denunciano tutti violazione dell’articolo 2697 c.c., in collegamento con le norme di volta in volta richiamate, lamentando, in estrema sintesi, che la Corte d’appello abbia ritenuto provato il credito della Banca, concernente il conto corrente, nonostante questa non avesse depositato la serie completa degli estratti conto e non avesse provato l’entità del tasso di interesse applicato, avvalendosi di una consulenza tecnica di parte da esso COGNOME prodotta e che la stessa banca aveva contestato, e senza procedere ad accertare la sussistenza dell’usura, pur a fronte di gravi indizi di essa.
4.1.3. – Ebbene, le censure, laddove lamentano che il giudice di merito abbia ritenuto provato il credito della Banca, sono palesemente fuori bersaglio.
È difatti cosa nota che la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una ipoteticamente incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949).
Detto in altri termini, la violazione della regola dettata in ordine al riparto dell’onere probatorio in tanto può essere predicata, in quanto il giudice, una volta erroneamente addossato l’onere probatorio alla parte che non è invece tenuta a sopportarlo, ritenga che detto onere non sia stato assolto, finendo per far ricadere le conseguenze della prova mancata non sulla parte che ne era realmente onerata, ma sull’altra parte. Viceversa, ove il giudice abbia ritenuto in concreto provato il fatto costitutivo, ovvero quello modificativo, impeditivo o estintivo, non ha senso discorrere di violazione dell’articolo 2697 c.c., dal momento che il giudice non ha in tal caso deciso la lite in applicazione del principio dell’onere della prova, ribaltandone ipoteticamente il riparto, ma ha deciso, nel quadro di applicazione dell’articolo 115 c.p.c., sulla base delle prove proposte dalle parti, oltre che, eventualmente, della non contestazione.
4.1.4. – Ora, nel caso in esame la Corte d’appello, ben lungi dall’applicare il principio dell’onere della prova, e cioè dall’affermare che il credito della banca dovesse dirsi provato per non avere il COGNOME soddisfatto l’onere della prova sul medesimo gravante, ha osservato che il materiale probatorio acquisito agli atti del giudizio, quantunque proveniente dal medesimo COGNOME, dimostrava la sussistenza del credito in discorso, come fatto valere con il ricorso per ingiunzione.
La Corte d’appello ha difatti così motivato: « Il caso di specie tanto più evidenzia che la produzione degli estratti conto da parte della banca non è affatto imprescindibile, in quanto, con riferimento al rapporto di mutuo, ad esempio, non è affatto indispensabile che siano versati in atti gli estratti conto sui quali compaiano le relative annotazioni di accredito-addebito, una volta che risultino in causa – come nel caso di specie – il contratto, il piano di ammortamento e l’erogazione della somma, nonché il mancato adempimento da parte del mutuatario. Ma anche con specifico riguardo al rapporto di conto corrente non può non rilevarsi che la produzione da parte dei clienti … di una relazione fatta da essi redigere da un tecnico contenente la ricostruzione dell’intero rapporto di conto corrente rappresenta una idonea prova in giudizio che il credito della Banca quale risultante dai relativi estratti conto o comunque riconosciuto come tale dai clienti era quello portato nella predetta perizia. Va rimarcato che alla perizia prodotta dai qui appellati risultano allegate delle schede ove sono elencate separatamente e dettagliatamente tutte le spese e le competenze addebitate sul conto nonché i tassi debitori applicati. Orbene l’ultima delle schede allegate alla relazione, intitolata ‘Scritture contabili rilevate sul conto corrente’ … è costituita da più fogli nei quali vengono testualmente riportati, suddivisi per trimestri, tutti i movimenti effettuati dalla accensione dello stesso … alla sua estinzione… con specifica indicazione della data dell’operazione, della data della
valuta, dell’importo, della descrizione dell’operazione, della causale e saldo », non essendo del resto sorta « neppure discussione che quanto esposto in tale relazione non corrisponda alle evidenze delle scritture contabili della banca. Contrariamente a quanto assunto dal tribunale, pertanto, devono ritenersi adeguatamente dimostrata in causa le ragioni creditorie fatte valere dalla banca in INDIRIZZO e sopra ricordate al punto 1. lett. A della narrativa in fatto », e cioè le tre ragioni di credito, rimborso del mutuo, saldo di conto corrente ed addebito di un’anticipazione sbf, precedentemente elencate.
4.1.5. – Quanto, poi, al solo argomento difensivo speso dal COGNOME, concernente il carattere usurario degli interessi praticati sul saldo debitore maturato sul conto corrente, giacché altra specifica contestazione sulla sussistenza del credito azionato in via monitoria – in particolare con riguardo all’anatocismo – non risulta dal ricorso ulteriormente coltivata, la Corte territoriale ha ritenuto non dimostrata la loro usurarietà: « Sul punto non può non muoversi dalla clausola recata dal contratto di conto corrente … per rilevare che la pattuizione prevedeva un tasso debitore del 10,651 fino a 10.000.000 di lire e del 15,030% oltre tale importo. Il tasso effettivo globale medio per i rapporti di conto corrente per il secondo semestre 2000 è dell’11,90% con un tasso soglia del 17,85% … A fronte di tali pacifici elementi era onere del correntista allegare oltre che (i.) la indicazione della pattuizione originaria, anche (ii.) le somme pagate ogni anno a titolo di interessi e non solo l’aliquota in rapporto al capitale oggetto di finanziamento. Ma di tali essenziali dati di riferimento non è dato ricavare alcunché di sufficientemente preciso circostanziato da le allegazioni dei qui appellati, i quali non si sono fatti carico di puntualizzare in termini adeguatamente chiari e specifici le loro doglianze, mentre i calcoli della ‘relazione’ tecnica allegata (che indica un tasso effettivo
globale annuo del 77% risultano incomprensibili … e certamente condotti in modo non corretto, non essendo stato computato il tasso effettivo globale applicato dalla banca secondo le istruzioni della Banca d’Italia, ma secondo il personale convincimento del consulente della parte, che viene incluso ogni e qualsiasi competenza, onere, interesse, anche se non collegato all’erogazione del credito e anche se inerente ad altri rapporti … Ne viene che neppure l’accertamento compiuto dal tribunale in riscontro alla usurarietà dei tassi convenuti dalla banca … può essere condiviso, in quanto non idoneamente supportato dalle risultanze di causa che, per quanto pure evidenziato non danno alcun effettivo fondamento la tesi dei ricorrenti. È appena il caso di rilevare che il generico, quanto indeterminato, riferimento alle emergenze di una non meglio precisata relazione tecnica svolta in sede di procedimento penale non vale a dare concretezza al riscontro dell’ipotesi di usura, non solo perché è carente di ogni argomentata dimostrazione, ma anche perché, come innanzi rilevato, il riscontro dell’usura (originaria) richiede la verifica di ben precisi dati ed elementi che non consta siano stati compiuti né secondo quale modalità di calcolo … In disparte il rilievo che sul mutuo e sull’anticipazione sbf neppure vi era una chiara allegazione di usurarietà e che, in ogni caso, la restituzione degli importi capitali non avrebbe mai potuto essere disconosciuta ».
Orbene, detta motivazione è perfettamente armonica con il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte riassunto nella massima che segue: « Nelle controversie relative alla spettanza e alla misura degli interessi moratori, l’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che il debitore che intenda dimostrare l’entità usuraria degli stessi è tenuto a dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori e quelli applicati in concreto, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli
altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto » (Cass. Sez. Un., 18 settembre 2020, n. 19597).
A ciò può soltanto aggiungersi che dal ricorso non risulta nemmeno genericamente descritto l’adempimento dei menzionati oneri.
4.2. – Il quarto mezzo è inammissibile dal momento che l’attuale formulazione dell’articolo 360 c.p.c. non consente la denuncia della generica illogicità della motivazione, quando questa non si traduca nei quattro vizi radicali elencati da Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053, vizi sulla cui insussistenza, nel caso di specie, non è il caso di dilungarsi, essendo stata in buona parte trascritta la motivazione, largamente eccedente la soglia del « minimo costituzionale »
4.3. – Eguali considerazioni valgono per il sesto mezzo: che quella della Corte d’appello sia motivazione meramente apparente, cioè tautologica, inidonea ad esprimere la ratio decidendi che sostiene la pronuncia, è tesi spiegata contro l’evidenza.
4.4. – Il settimo mezzo è inammissibile: in esso si lamenta violazione dello ius variandi del tasso applicato, questione totalmente nuova, giacché non trattata nella sentenza impugnata, senza che essa, alla lettura del ricorso, risulti esattamente essere stata sollevata nel corso del giudizio, come tale inammissibile in sede di legittimità (cfr. nelle rispettive motivazioni, tra le più recenti, Cass. n. 5131 del 2023 e Cass. n. 25909 del 2021).
– Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis .
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2023.