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Onere della prova trasferte: chi deve dimostrarle?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso di un’azienda, confermando che l’onere della prova per ottenere sgravi contributivi sulle indennità di trasferta spetta interamente al datore di lavoro. L’azienda non è riuscita a dimostrare la natura occasionale delle trasferte dei propri dipendenti, requisito essenziale per beneficiare delle agevolazioni. La Suprema Corte ha ribadito che chi intende usufruire di un’eccezione alla regola generale dell’obbligo contributivo deve fornire una prova rigorosa dei presupposti richiesti dalla legge.

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Onere della prova trasferte: spetta sempre al datore di lavoro

L’onere della prova trasferte dei dipendenti per ottenere agevolazioni contributive è un tema cruciale per ogni azienda. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: spetta esclusivamente al datore di lavoro dimostrare in modo inequivocabile la sussistenza dei requisiti per beneficiare di sgravi sui contributi versati per le indennità di trasferta. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso

Una società si era opposta a un avviso di addebito emesso dall’INPS per il mancato versamento di contributi, sanzioni e interessi, per un importo di oltre 47.000 euro. La contestazione dell’ente previdenziale nasceva da un verbale ispettivo che aveva riqualificato le indennità di trasferta erogate ai dipendenti, ritenendole parte della retribuzione imponibile.

L’azienda sosteneva che si trattasse di trasferte occasionali, come disciplinate dall’art. 51, comma 5, del d.P.R. 917/86, che prevede un regime di esenzione contributiva. Mentre il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla società, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dell’INPS. Secondo i giudici d’appello, la società non era riuscita a fornire la prova necessaria per dimostrare i presupposti per l’applicazione del regime agevolato.

La decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova trasferte

La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, articolando diversi motivi di doglianza, tra cui la violazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) e un’errata valutazione dei fatti. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato i motivi infondati o inammissibili, confermando la sentenza d’appello.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su un principio giurisprudenziale consolidato: gli sgravi contributivi costituiscono un’eccezione alla regola generale dell’obbligo di contribuzione. Di conseguenza, chi intende beneficiarne ha l’onere della prova trasferte e deve dimostrare rigorosamente il possesso di tutti i requisiti di legge. In questo caso, l’azienda avrebbe dovuto provare che le prestazioni lavorative erano svolte “fuori sede” solo occasionalmente e non come modalità abituale.

I giudici hanno sottolineato come la società non abbia fornito elementi sufficienti per distinguere le proprie circostanze dall’ipotesi dei cosiddetti “trasfertisti abituali” (disciplinati dal comma 6 dell’art. 51), la cui indennità è considerata corrispettivo di un obbligo contrattuale e, quindi, retribuzione a tutti gli effetti. I motivi di ricorso sono stati ritenuti inammissibili perché, anziché contestare la violazione di norme di diritto, miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove (come gli statini paga), attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un messaggio chiaro per tutti i datori di lavoro: la gestione delle indennità di trasferta richiede massima attenzione e una documentazione precisa e puntuale. Non è sufficiente affermare la natura occasionale degli spostamenti; è necessario essere in grado di provarla con dati oggettivi e incontrovertibili. L’onere della prova trasferte grava interamente sull’azienda, e la sua mancata soddisfazione comporta l’assoggettamento a contribuzione piena delle somme erogate, con conseguenti sanzioni. Una corretta tenuta della documentazione non è solo un adempimento burocratico, ma una condizione essenziale per difendere le proprie ragioni in caso di ispezione.

A chi spetta l’onere della prova per ottenere gli sgravi contributivi sulle trasferte dei dipendenti?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare la sussistenza dei requisiti che danno diritto a sgravi contributivi o esoneri per le trasferte spetta interamente ed esclusivamente al datore di lavoro che intende beneficiarne.

Perché la Corte ha ritenuto insufficienti le prove presentate dall’azienda?
La Corte ha ritenuto le prove insufficienti perché l’azienda non ha dimostrato i presupposti fattuali per l’applicazione del regime agevolato. Non è riuscita a provare che le trasferte fossero genuinamente occasionali e non correlate a una modalità fisiologica e costante di svolgimento dell’attività lavorativa, come la manutenzione di impianti fuori dalla sede aziendale.

Qual è la differenza tra ‘trasfertisti occasionali’ e ‘trasfertisti abituali’ secondo la sentenza?
La sentenza distingue i ‘trasfertisti occasionali’ (art. 51, comma 5, d.P.R. 917/86), che sono coloro destinati solo occasionalmente a lavorare fuori sede, dai ‘trasfertisti abituali’ (art. 51, comma 6), la cui attività lavorativa si svolge contrattualmente in luoghi sempre variabili e diversi, senza una sede di lavoro fissa prestabilita. L’indennità per questi ultimi è considerata parte della retribuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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