Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24131 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24131 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21112-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 803/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/02/2022 R.G.N. 1379/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 21112/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 26/06/2025
CC
RILEVATO CHE
Con sentenza del giorno 28.2.2022 n. 803, la Corte d’appello di Roma accoglieva il gravame proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto l’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE all’avviso di addebito per il pagamento di euro 47.489,79 a titolo di contributi, sanzioni e diritti di riscossione, in relazione alle omissioni contributive indicate nel verbale ispettivo del 14.12.2015.
La Corte d’appello ha accolto il gravame dell’Inps, ritenendo che la controversia dovesse essere governata alla stregua del principio per cui in tema di riduzione di obblighi contributivi relativi ai casi trasferta o di rimborso delle spese di viaggio di cui all’art. 51 comma 5 del d.P.R. n. 917/86 (relativi ai ‘trasfertisti occasionali’, cioè, coloro che vengono destinati per lo più occasionalmente a svolgere la propria attività fuori dalla sede di lavoro), compete al richiedente, che intende beneficiarne, l’onere di provare il possesso dei requisiti che , per legge, danno diritto all’esonero (o alla detrazione) di volta in volta invocato. Tuttavia, la società RAGIONE_SOCIALE non aveva saputo dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di tale regime e le circostanze dedotte nella prova per testi, a tal fine articolate dalla società, non erano idonee a riscontrare gli elementi differenziali con la distinta ipotesi di cui all’art. 51 comma 6 del d.P.R. n. 917 cit. (relativa ai trasfertisti abituali, la cui indennità, rappresenta, invece, il corrispettivo di un obbligo contrattualmente assunto dai lavoratori, che svolgono la loro attività in luoghi sempre variabili e diversi, quindi, al di fuori di una vera e propria sede di lavoro prestabilita), e a giustificare l’esenzione rivendicata dalla società, relativamente a tutti i lavoratori interessati dal trattamento e a tutte o a un determinato numero di trasferte.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione sulla base di cinque motivi, mentre l’Inps ha resistito con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in conseguenza della violazione dell’art. 7 -quinquies comma 2 del d.l. n. 193/16 e del combinato disposto dell’art. 51 commi 5 e 6 del d.P.R. n. 917/86, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello aveva erroneamente ritenuto che incombesse sul datore di lavoro l’onere della prova in ordine ai presupposti fattuali per l’ accesso ai benefici contributivi previsti in caso di trasferte dei dipendenti con riduzione superiore a quella riconosciuta dall’Inps, che fosse riconducibile all’ipotesi di cui comma 5 dell’art. 51 cit.
Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2697 c.c., con conseguente violazione del combinato disposto dell’art. 14 della legge n. 689/81 e dell’art. 13 comma 4 lett. a) del d. lgs. n. 124/04 nonché dell’art. 22 comma 1 della legge n. 689/81, dell’art. 6 comma 1 del d.lgs. n. 150/11, dell’art. 414 c.p.c., dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 24 Cost. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 e 4 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto sussistere la fattispecie dell’evasione contributiva in riferimento agli emolumenti corrisposti a titolo di trasferte senza verificare se il dipendente si fosse, o meno, effettivamente recato in trasferta e dove la trasferta si fosse svolta.
Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 comma 1 c.p.c. e dell’art. 416 comma 3 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché vi era una variabilità e altalenanza delle indennità di trasferta corrisposte ai singoli dipendenti, con ciò a ri prova dell’assunto che fossero indennità di trasferta forfetarie e genuine, correlate a singole trasferte e che ne escludeva fissità e continuatività da poterle intendere come parte della retribuzione ordinaria, così da dover essere disciplinate dall’art. 51 comma 5 cit., e non dal comma 6, come contestato dall’Inps.
Con il quarto motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo ovvero omesso esame circa un documento decisivo, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., censurando sotto il versante del vizio motivazionale, la statuizione di mancata dimostrazione della sussistenza dei presupposti per ottenere l’agevolazione contributiva, alla luce di 18 statini paga di vari dipendenti, scelti a campione, prodotti in giudizio unitamente alla specifica dei costi delle trasferte rimborsate, da cui risultava la variabilità degli importi delle indennità di trasferta, in dipendenza delle trasferte effettuate fuori Roma, così da accreditare l’assunto della occasionalità della loro corresponsione e non che costituissero componente fissa della retribuzione.
Con il quinto motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 51 comma 5 e comma 6 del d.P.R. n. 917/86, in conseguenza della violazione dell’art. 7 -quinquies comma 1 del d.l. n. 193/16, con conseguente violazione dell’art. 115 comma 1 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., declinando, sotto il profilo della violazione di legge, la censura della statuizione di
mancata dimostrazione della sussistenza dei presupposti per ottenere l’agevolazione contributiva.
Il primo motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘ In tema di sgravi contributivi, che costituiscono una situazione di eccezione in senso riduttivo dell’obbligo contributivo, spetta al datore di lavoro, che pretenda di usufruire di quelli previsti per il caso di trasferta dei dipendenti o di rimborso per spese di viaggio, dimostrare il possesso dei requisiti legittimanti l’esonero’ (Cass. n. 18160/18, 13011/17) .
Nel caso di specie, come evidenziato dalla Corte d’appello, la società non aveva provato l’esistenza dei fatti che avrebbero legittimato l’applicazione della predetta riduzione del carico contributivo, in riferimento alla prestazione di lavoro svolta ‘fuori sede’.
Il secondo motivo è inammissibile perché tende a una nuova valutazione dei fatti oggetto di controversia (la prestazione di lavoro svolta ‘fuori sede’), attraverso un nuovo apprezzamento del materiale probatorio risultante dal verbale ispettivo neppure riportato, profili incensurabili in cassazione, se non in ristretti limiti non ricorrenti nella specie (v., fra tante, Cass. n. 11892/2016, 27000/2016).
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto non si confronta con la statuizione espressa dalla Corte d’appello, nel senso che la società datrice non aveva provato i presupposti della parziale esenzione, cioè che le trasferte non fossero correlate a una vicenda di fisi ologico svolgimento dell’attività lavorativa di manutenzione degli impianti e degli ascensori fuori della sede dell’azienda, ma fossero, in tesi, soltanto occasionali. Il quarto e quinto motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono inammissibili, sia perché contestano la
mancata valorizzazione degli statini paga e la specifica dei costi delle trasferte rimborsate ai dipendenti, cioè, un profilo che attiene alla valutazione delle risultanze istruttorie che è una questione di competenza esclusiva del giudice del merito, ince nsurabile in cassazione, se non in ‘ristretti’ limiti ( fra tante, Cass. n. 11892/2016, 27000/2016), sia perché la parte ricorrente non ha riportato in ricorso dove e quando abbia specificamente dedotto che la documentazione, di cui in tesi ne sarebbe stato omesso l’esame, era fondamentale e decisiva ai fini della decisione della causa.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente a pagare all’Inps le spese di lite che liquida nell’importo di € 5.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26.6.2025.