Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35061 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35061 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 2075 del ruolo generale dell’anno 2024 , proposto da
Azienda Sanitaria Locale Napoli 1 Centro (c.f. P_IVA), in persona del Direttore Generale, ing. NOME COGNOME legale rappresentante pro tempore , con sede in Napoli, INDIRIZZO, rappresentata e difesa, giusta procura su supporto analogico separato da considerarsi in calce al ricorso, in virtù di delibera di conferimento incarico n. 50 dell’11 gennaio 2024, dall’avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE), che dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notifiche al fax NUMERO_TELEFONO e alla pec EMAIL con cui è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME.
Ricorrente
contro
Gestione laboratorio analisi cliniche Milano RAGIONE_SOCIALE, sedente in Napoli al INDIRIZZO.INDIRIZZO in persona del suo legale rappresentate p.t. Dott.sa NOME COGNOME P.IVA P_IVA, rapp.to e difeso giusta procura speciale alla lite rilasciata su foglio
separato della quale è stata estratta copia digitalmente sottoscritta allegata al controricorso dall’avv. NOME COGNOME (CF CODICE_FISCALE EMAIL) elett.te domiciliata presso il di lui studio in Salerno alla INDIRIZZO84122) e domicilio digitale EMAIL, ove dichiara, ai sensi e per gli effetti del II comma dell’art. 176 cpc, di voler ricevere le comunicazioni inerenti il presente giudizio.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n° 2740 depositata il 14 giugno 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Con sentenza n° 10646/2019 il tribunale di Napoli accoglieva la domanda dell’attore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE diretta ad ottenere la condanna della convenuta Asl Napoli 1 Centro al pagamento delle prestazioni sanitarie attinenti alla branca di patologia clinica effettuate nel marzo e nell’aprile 2017, per le quali erano state emesse le fatture n° 3 del 5 aprile e n° 4 del 5 maggio 2017.
2 .-L’appello dell’Asl veniva respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
Osservava la Corte (dopo aver respinto l’eccezione di carenza di giurisdizione del giudice ordinario) che il tribunale aveva correttamente deciso la lite: l’Asl, pur avendone l’onere, non aveva provato il superamento del tetto di spesa (circostanza impeditiva del diritto azionato) e le sue due note (prot. n° 53853 del 31 luglio 2017 e prot. n° 1968 del 26 ottobre 2017) erano inidonee a tale dimostrazione, trattandosi di documenti di provenienza dalla stessa Azienda pubblica.
D’altra parte, l’Asl non aveva prodotto l’unico atto in grado di dirimere in via definitiva la questione, ossia la delibera del direttore
generale dell’Asl, che, preso atto dei dati a consuntivo e dei lavori del tavolo tecnico, e quindi previa apposita istruttoria, avrebbe dovuto attestare lo sforamento del tetto e la data in cui si sarebbe verificato, oltre ad indicare la parte di fatturato di ciascun centro che non poteva essere remunerata perché resa senza rispetto del tetto di spesa.
Ne derivava l’irrilevanza della successiva critica alla sentenza, secondo la quale -anche a voler ritenere che in atti vi fosse la prova del superamento del tetto di spesa alla data del 28 febbraio 2017, indicata nella nota prot. 53853/2017 -la domanda avrebbe dovuto comunque essere accolta, in quanto non sempre il verificarsi del superamento è circostanza da sola sufficiente per giustificare il rifiuto del pagamento del corrispettivo delle prestazioni rese oltre il budget .
Nel caso di specie, il meccanismo contrattuale indicato dall’appellante (art. 5 del contratto) non era, infatti, invocabile, in quanto la mancata dimostrazione del superamento del tetto era assorbente.
In ogni caso, come correttamente rilevava l’appellata, la comunicazione previsionale ed effettiva dello sforamento del limite di spesa era stata tardivamente inviata alla struttura privata nel maggio 2017, quando il primo trimestre di quell’anno era ampiamente decorso: ne derivava che la struttura, non avendo l’Asl adottato alcun tempestivo provvedimento di regressione tariffaria, come previsto dall’art. 5 lettera a) del contratto, aveva continuato legittimamente a rendere prestazioni pienamente remunerabili.
Da ultimo, la Corte, conformemente alla decisione del primo giudice, escludeva che con la pattuizione dell’art. 11 del contratto il Laboratorio avesse espresso una preventiva rinuncia a tutelarsi in sede giurisdizionale in relazione ai provvedimenti di determinazione
di tetti di spesa ed alle tariffe prestazionali, rendendo quindi improcedibile l’azione giudiziale introdotta.
La rinunzia espressa nel citato articolo, infatti, concerneva i provvedimenti a monte della stipula del contratto, ossia quelli che contribuivano all’individuazione del contenuto dello stesso.
Essa non incideva, invece, sulla fase di attuazione del rapporto e, in particolare, sulle problematiche afferenti il superamento in concreto del tetto di spesa.
Inoltre, la clausola richiamava atti aventi natura autoritativa, sicché non era estensibile a mere comunicazioni, per giunta derivanti da organi non rappresentativi dell’Asl.
3 .- Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Azienda Usl Napoli 1, affidando il gravame a due motivi.
Resiste il Laboratorio, che conclude per l’inammissibilità dell’impugnazione e in ogni caso per il suo rigetto.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Entrambi i litiganti hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo l’Asl ricorrente deduce la n ullità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 115, 116, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché violazione e/o falsa applicazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, in relazione all’art. 360, primo comma, n° 3 e 4, cod. proc. civ.
La Corte di Appello e, prima, il Tribunale avrebbero omesso di rilevare d’ufficio l’inesistenza del contratto con riferimento alle mensilità (marzo e aprile 2017) in cui sarebbero state eseguite le prestazioni per il cui saldo il laboratorio aveva agito in giudizio, tenuto conto che il contratto sottoscritto tra le parti il 7 dicembre 2017 era privo di efficacia retroattiva.
5 .- Il mezzo è infondato.
Va premesso che la nullità del contratto può essere rilevata d’ufficio dal giudice, anche in fase d’appello e nel giudizio di cassazione, purché non si sia formato un giudicato espresso in ordine alla validità dell’accordo negoziale nei gradi precedenti (Cass., sez. 1, 22 giugno 2022, n° 20170; Cass., sez. 6-1, 15 settembre 2020, n° 19161).
La Corte d’appello, dunque, ben può in tesi -rilevare d’ufficio, in base alle risultanze ritualmente acquisiti al processo, la inesistenza di un provvedimento amministrativo di accreditamento e/o la mancanza di specifici rapporti contrattuali, integrativi o attuativi di detto provvedimento (Cass., sez. 3, 19 novembre 2015, n. 23657).
Nondimeno, come si desume dalla trascrizione della decisione di primo grado riportata nella sentenza d’appello, il tribunale aveva condannato l’Asl Napoli 1 a pagare al laboratorio attore euro 15.688,00 oltre accessori.
Tale condanna -che presuppone dal punto di vista logico e giuridico l’affermazione della validità del contratto tra PA e struttura privata anche per il periodo marzo-aprile 2017 -non è stata impugnata da alcuna delle parti in causa, in quanto i motivi di appello formulati dalla Asl concernevano tutt’altri temi, ossia il rigetto delle eccezioni di carenza di giurisdizione (primo motivo), il malgoverno dell’onere probatorio sul tetto di spesa (secondo motivo), il mancato rispetto del procedimento di determinazione della regressione tariffaria (terzo mezzo), l’esistenza di una esplicita e preventiva rinuncia del Laboratorio ( ex art. 11 del contratto) a tutelarsi in via giurisdizionale e la conseguente improcedibilità della domanda (quarta doglianza).
Come è dato notare, anche la Asl era partita dal presupposto dell’esistenza e validità del contratto (anche per le prestazioni di marzo ed aprile 2017), tanto da invocare la clausola contenuta nell’art. 11 dell’accordo: sicché la questione della sussistenza del
contratto, positivamente affermata dal primo giudice, doveva ritenersi coperta dal giudicato, in ragione dell’art. 346 cod. proc. civ., e, come tale non più contestabile dalle parti, né rilevabile d’ufficio dalla Corte territoriale.
Questa preclusione opera, ovviamente, anche nel presente grado di giudizio, dove la Corte di cassazione non può che partire dal presupposto della validità di un contratto almeno per il periodo marzo-aprile 2017, coperto, come già detto, dal giudicato.
6 .-Col secondo motivo l’Asl deduce n ullità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 115, 116, 132, secondo comma, n° 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. nonché degli artt. 8quinquies , 8sexies e 8octies del D.Lgs. n. 502/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n° 3, cod. proc. civ..
Lamenta la ricorrente che la Corte avrebbe applicato al caso l’art. 5, lettera a), del contratto, senza considerare che le prestazioni erano state erogate nei mesi di marzo e aprile 2017 e fatturate nei mesi di aprile e maggio 2017, quindi, dopo la data (24 febbraio 2017 quella prevista e 28 febbraio 2017 quella accertata) di esaurimento del limite di spesa, con la conseguenza che l’Asl non doveva applicare la regressione tariffaria, ma doveva solo comunicare al Laboratorio lo sforamento.
Inoltre, nonostante la Corte avesse ritenuto provato il superamento del budget , non vi era alcuna norma prevedente l’obbligatorietà di una deliberazione di accertamento e applicazione della regressione tariffaria, mentre il rispetto del tetto doveva essere dimostrato dalla struttura privata.
Mancando, inoltre, anche la delibera del tavolo tecnico, il credito non era né certo, né liquido, né esigibile.
Con un ultimo profilo (pagina 27 sub lettera m), l’Asl censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l’art. 11 del contratto
non contenesse una rinuncia del Laboratorio alla propria tutela in sede giurisdizionale.
7 .- Il mezzo è, anzitutto, inammissibile in quanto -pur sotto l’egida del n° 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. tratta in modo promiscuo mezzi di ricorso eterogenei.
Non è infatti consentito proporre cumulativamente mezzi di impugnazione eterogenei, in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso, in quanto il motivo, con tale tecnica espositiva, finisce per riversare impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole critiche alla decisione impugnata ( ex plurimis , Sez. III, 23 giugno 2017 n° 15651; Sez. VI, 4 dicembre 2014 n° 25722; Sez. II, 31 gennaio 2013 n° 2299; Sez. III, 29 maggio 2012 n° 8551; Sez. I, 23 settembre 2011 n° 19443; Sez. V, 29 febbraio 2008 n° 5471).
In altre parole, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa sposta sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendogli, inammissibilmente, il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass., sez. I, 23 settembre 2011, n° 19443).
Nel motivo, infatti, la ricorrente si lamenta della ‘ motivazione illogica, contraddittoria ed erronea ‘ e della ‘ violazione o falsa applicazione ‘ di norme di legge.
Ebbene, sol che si legga il motivo in esame, si può agevolmente notare che esso contiene censure diverse, riconducibili all’art. 360, n° 3 e n° 5 (peraltro con riferimento al testo pregresso del n° 5), benché l’intestazione della censura faccia riferimento all’art. 360 n° 4.
Ne discende, pertanto, come già anticipato, l’inammissibilità della censura in esame.
In secondo luogo, il motivo non coglie nemmeno le plurime rationes decidendi della decisione.
Secondo la prima ratio (esposta alle pagine 13-14) non vi era prova del superamento del tetto di spesa, diversamente da quanto addotto dalla ASL appellante (secondo cui il Tribunale lo aveva accertato).
Stando alla seconda ratio (pagine 13-19), la Asl aveva impugnato la sentenza di primo grado fraintendendone la motivazione.
Il primo giudice, infatti, non aveva predicato il mancato superamento del tetto di spesa, ma aveva affermato che l’Asl era onerata di dimostrare tale travalicamento e non lo aveva fatto; e che, comunque, anche a ritenere la prova di esso, la domanda era ugualmente da respingere, poiché non sempre il superamento del tetto era circostanza da sola sufficiente a giustificare il mancato pagamento del corrispettivo delle prestazioni rese ultra budget : tanto che, nella fattispecie, la data previsionale di sforamento del primo trimestre era stata comunicata alle strutture private solo il 3 maggio 2017, ossia a trimestre ampiamente scaduto.
E dato che il provvedimento di regressione tariffaria non era stato adottato (come ammesso dalla stessa Asl nella prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ.), non sussistevano cause modificative o estintive del credito del Laboratorio.
Anche l’applicazione invocata dall’Asl dell’art. 5, lettera b), del contratto Asl-Laboratorio era irrilevante, poiché, una volta chiarito che non vi era prova del superamento del tetto di spesa per inidoneità delle note prodotte dall’Asl, non avevano senso le ulteriori osservazioni fondate sulla diversa ipotesi in cui, invece, tale nota fosse risultata idonea allo scopo.
Terza ratio : la tesi dell’Asl (avvenuto superamento del tetto) era comunque indimostrata, poiché l’appellante non aveva provveduto
al deposito in sede di gravame dei documenti versati in atti in primo grado.
A fronte di tali percorsi motivazionali, la ricorrente deduce che il giudice di secondo grado avrebbe omesso di considerare che le prestazioni erogate nel marzo-aprile 2017 erano state fatturate ad aprile e maggio 2017, quindi dopo la data di esaurimento del limite (pagina 16, lettera b); che non vi era obbligo per l’Asl di adottare un provvedimento di regressione tariffaria (pagina 16-17, lettera c); che era la controparte onerata di dimostrare il mancato superamento del limite (pagina 17, lettera d); che la ricostruzione storica del dato normativo evidenziava che il superamento del limite di spesa non consente alla struttura di pretendere il pagamento dei servizi (pagine 17-19, lettera e); che la dimostrazione dell’insussistenza del travalicamento deve essere data dalla struttura privata (pagina 19, lettera f); che, in mancanza della delibera del tavolo tecnico, il credito della struttura privata non è esigibile (pagina 19, lettera g); che anche la giurisprudenza di merito condivide tale tesi (pagine 1926, lettera h); che l’onere di provare il mancato sforamento spetta alle singole strutture (pagina 2627, lettera i); che nessuna norma impone all’Asl di deliberare la regressione tariffaria (pagina 27, lettera l); che l’art. 11 del contratto inter partes prevedeva la rinuncia della struttura a qualsivoglia contestazione dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, delle tariffe e di ogni altro atto collegato o presupposto (pagine 17-28, lettera m); che spettava alla controparte provare l’eventuale erroneità dei tagli subiti al fatturato liquidato (pagina 28, lettera n); che controparte era comunque consapevole degli sforamenti dei tetti fissati di anno in anno, avendo sempre ricevuto i monitoraggi, le date di esaurimento dei tetti di spesa e i consuntivi (pagina 28, lettera o); che anche la giurisprudenza del Consiglio di stato recepiva tali tesi (pagina 2829, lettera p).
Ora, la ricorrente -pur partendo dal presupposto corretto che il limite di spesa è invalicabile e che la non remunerabilità delle prestazioni extra budget deriva direttamente dalla legge, senza che occorra un provvedimento della Pubblica amministrazione ( ex multis : Cass., sez. 1, 19 settembre 2024, n° 25184) -non aggredisce adeguatamente, con le plurime ed eterogenee critiche, i passaggi motivazionali con i quali è stata ribadita la carenza di prova del tetto e del suo superamento e l’inidoneità a tal fine delle due note (prot. n° 53853 del 31 luglio 2017 e prot. n° 1968 del 26 ottobre 2017), limitandosi a censurare la decisione con le critiche fuori fuoco sopra riassunte e che, quanto all’onere della prova del superamento del tetto, contrastano apertamente con l’orientamento ormai consolidato di questa Suprema Corte (per tutte, Cass., sez. I, 13 febbraio 2023, n° 4375).
La Corte, dunque -lungi dal dare per riconosciuto o provato il superamento del tetto di spesa (come invece vorrebbe la ricorrente) -ha ritenuto che l’onere probatorio a carico dell’Asl di dare prova dell’intervenuto sforamento del budget fosse rimasto inadempiuto, come correttamente aveva già sostenuto il primo giudice, e che anche la questione della applicabilità del meccanismo contrattuale previsto dall’art. 5 non era dirimente.
La terza ratio sopra riassunta è stata, poi, del tutto pretermessa dall’Asl ricorrente.
Ad abundantiam va aggiunto che nemmeno sembrano condivisibili i due precedenti della Corte d’appello di Napoli del 2016 e del 2018 (trascritti in ricorso alle pagine 2026), posto che l’orientamento in essi espresso è stato superato proprio da quello contrario e più recente di questa Corte, sopra indicato.
Quanto, infine, alla questione interpretativa dell’art. 11, il mezzo si appalesa stravagante anche per la ragione che l’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica dei contratti e che la
violazione di queste regole non può dirsi sussistente sol perché il giudice di merito abbia scelto una, piuttosto che un’altra, tra le molteplici interpretazioni del testo contrattuale (Cass., sez. 3, 10 maggio 2018, n° 11254, con menzione di altri precedenti): profili totalmente mancanti nel motivo in esame.
8 .-In conclusione, il ricorso va respinto e alla soccombenza dell’Asl segue la sua condanna alla rifusione delle spese del presente grado, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 15.688,00) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo. Condanna la ricorrente a rifondere alla resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 3.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 17 dicembre 2024, nella camera di