Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24152 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24152 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3790/2020 R.G. proposto da : NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliati agli indirizzi PEC dei difensori iscritti nel REGINDE; -controricorrenti- nonché contro
NOME COGNOME NOME e NOMECOGNOME -intimati-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 1144/2019 depositata il 25/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che :
1. NOME COGNOME ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Genova, in causa tra NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME contro la ricorrente e contro NOME e NOME COGNOME per la divisione del patrimonio ereditario della madre delle parti, NOME COGNOME confermando la sentenza di primo grado, dichiarava, per quanto ancora di interesse, nulla la donazione di 40.000,00 euro effettuata dalla COGNOME in favore della ricorrente il 5 settembre 2007 mediante il trasferimento della somma dal conto corrente della donante presso l’agenzia di Voltri della Intesa San Paolo al deposito titoli della donataria presso la stessa agenzia.
In particolare la Corte di Appello dichiarava che la prospettazione della ricorrente per cui la somma le sarebbe stata data in forza di contratto di rendita vitalizia era rimasta sfornita di ‘prova scritta e di principio di prova scritta’, che la prova non poteva individuarsi nel documento ‘qualificato come testamento olografo in data 27 marzo 2009’, documento che era stato formalmente disconosciuto in primo grado, e di cui non era stata chiesta la verificazione. Aggiungeva che ‘analoghe considerazioni’ valevano per la prospettazione secondo cui la somma sarebbe stata data alla ricorrente in forza di contratto di mantenimento, giacchè la conclusione di un contratto di mantenimento veniva ritenuta inspiegabile alla luce del fatto che ‘la signora NOME godeva di svariate pensioni che le consentivano di provvedere alle sue
esigenze di vita e di cura’ ; che, infine, con riguardo alla ulteriore prospettazione della ricorrente per cui avrebbe dovuto ‘comunque configurarsi una donazione indiretta’, il contratto di donazione tipica ad esecuzione indiretta di somma non modica, quale era il contratto in questione, era soggetto agli stessi requisiti di forma – e quindi avrebbe dovuto essere provato nello stesso modo – della donazione diretta;
NOME, NOME NOME e NOME COGNOME resistono con controricorso;
NOME e NOME COGNOME sono rimaste intimate;
del pari NOME COGNOME è rimasto intimato;
la sola ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che :
1. con il primo motivo di ricorso viene dedotta la ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 1367 c.c., dell’art. 1424 c.c. e dell’art.1350 n.10 c.c., in relazione agli artt. 1322, comma secondo, c.c. e/o 1872 c.c. e/o 770, comma secondo, c.c. e/o 809 c.c., per avere la Corte di Appello escluso l’esistenza nella fattispecie di un valido negozio giuridico tra la Signora NOME COGNOME e la figlia, Signora NOME COGNOME atto a giustificare causalmente la dazione, dalla prima alla seconda, di euro 40.000,00 e comunque ed in particolare per avere escluso l’esistenza di un valido contratto atipico di mantenimento per asserito difetto di forma scritta e per il fatto che la beneficiaria godeva di trattamento pensionistico’. La ricorrente deduce che il contratto di mantenimento, a differenza del contratto di rendita vitalizia, non è soggetto a forma scritta e che quindi la Corte di Appello avrebbe errato nell’affermare che la considerazione per cui la conclusione del contratto di rendita vitalizia non era stato dimostrato non essendone stata data prova scritta né essendo stato offerto al riguardo un principio di prova scritta, era un’affermazione che poteva valere anche per il contratto di mantenimento;
2. con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 214 c.p.c., dell’art. 2699 c.c., dell’art. 620, comma primo, c.c. e conseguente violazione o falsa applicazione dell’art. 718 c.c., per avere la Corte di Appello ritenuto sufficiente il mero disconoscimento per render inutilizzabile a fini probatori, in assenza di verificazione ex art. 216 c.p.c., un documento avente i requisiti formali del testamento pubblicato dalle appellanti successivamente alla sentenza di primo grado’. La ricorrente sostiene che il testamento olografo – quale era il documento 2 menzionato dalla Corte di Appello e nel quale era scritto: ‘voglio che alla mia morte tutto quello che ho è di mia figlia NOME perché lei sta sempre con me’ – non possa, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, essere privato di effetto mediante semplice disconoscimento occorrendo invece che la parte interessata proponga ‘una autonoma domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura’ .
3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché non tiene conto dell’effettivo significato della sentenza impugnata: la Corte di Appello non ha affermato che della conclusione del contratto di mantenimento debba essere data prova mediante atto scritto, trattandosi di contratto soggetto a forma scritta ad substantiam. Dalla lettura della sentenza emerge chiaramente che la Corte di Appello ha escluso che fosse stata data qualsiasi prova della conclusione di una qualsiasi delle ipotesi contrattuali prospettate dalla ricorrente, contratto di rendita vitalizia, contratto di mantenimento e contratto di donazione indiretta. Segnatamente per l’ipotesi di contratto di mantenimento la Corte di Appello ( v. pagina 8 della sentenza impugnata) ha affermato che la prova del contratto di mantenimento non poteva desumersi dal documento 2) e avverso siffatta ratio decidendi non vi è espressa critica.
4. Il secondo motivo è inammissibile perché, oltre a difettare di specificità (art. 366 c.p.c.), dato che il documento 2) non è
trascritto per intero nel ricorso né è allegato al ricorso, non tiene conto di quanto affermato dalla Corte di Appello.
La Corte di Appello ha affermato, in base ad una valutazione in sé e per sé neppure censurata, che il documento 2) non dà prova del contratto.
La Corte di Appello non ha affermato che il documento 2) incorpora un testamento olografo, ma ha, in aggiunta alla prima affermazione, dichiarato che il documento 2) è ‘asseritamente qualificato come testamento olografo’ .
Non può disconoscersi che le implicazioni processuali della deduzione della falsità di un documento sul quale la domanda si fonda (in senso positivo o negativo) sono inevitabilmente le medesime quale che sia il tipo di azione nel cui ambito detta deduzione è formulata, con applicabilità al caso di specie delle disposizioni di cui agli artt. 214 e seguenti c.p.c. Alla stregua di dette premesse, va osservato che – avuto riguardo alla posizione sostanziale degli interessi dedotti in causa dalle parti – nell’ipotesi di conflitto tra eredi legittimi che disconoscano l’autenticità del testamento e chi vanti diritti in forza di questo, l’onere della proposizione dell’istanza di verificazione del documento contestato grava su quest’ultimo, che deve servirsene per vedersi riconosciuta la posizione di vantaggio attribuita dall’atto de quo , mentre nessun onere, oltre quello del disconoscimento, hanno gli altri eredi. Sulla incidenza dell’onere probatorio non ha alcuna influenza la posizione processuale assunta dalle parti, e cioè se l’azione sia esperita dall’erede legittimo (che adduca, quindi, in via principale, la falsità del documento), ovvero dall’erede testamentario che voglia far valere i propri diritti ereditari e si trovi di fronte alla contestazione dell’autenticità del documento da parte dell’erede legittimo. È palese, quindi, che l’odierna ricorrente aveva l’onere di richiedere la verificazione del testamento, per servirsene al fine di vedersi riconosciuta la qualità di erede, mentre nessun onere, oltre quello
del disconoscimento, hanno gli eredi legittimi (Cass. 12.4.2005 n. 7475). Nella fattispecie, pertanto, NOME COGNOME aveva l’onere -che non ha esercitato -di richiedere la verificazione del testamento.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato;
6.le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4 .000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi , oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda