Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1253 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1253 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/01/2025
R.G.N. 3366/23
C.C. 5/12/2024
Appalto -Subappalto -Pagamento corrispettivo
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 3366/2023) proposto da: RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380 -bis , secondo comma, c.p.c., dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 606/2022, pubblicata il 28 settembre 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dalla ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso ex art. 702bis c.p.c., depositato il 2 ottobre 2014, la RAGIONE_SOCIALE adiva il Tribunale di Messina, chiedendo che la RAGIONE_SOCIALE fosse condannata al pagamento della somma di euro 63.869,87, giusta fattura n. 301 del 18 ottobre 2012, a titolo di saldo dei lavori effettuati in subappalto presso i cantieri siti nel Comune di Messina, installati rispettivamente presso la rotonda di INDIRIZZO –INDIRIZZO, il INDIRIZZO e INDIRIZZO, oltre interessi di mora.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale resisteva all’accoglimento della domanda, sostenendo che aveva onorato tutti gli impegni assunti nei confronti della Conbit e aveva provveduto all’integrale pagamento delle fatture da quest’ultima emesse.
Quindi, il Tribunale adito, con ordinanza n. 151/2016 del 14 dicembre 2016, rigettava la domanda di pagamento del corrispettivo per le opere in tesi eseguite.
2. -Con atto di citazione del 18 gennaio 2017, la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado,
lamentando: 1) l’erronea distribuzione dell’onere probatorio; 2) l’erronea e insufficiente valutazione della produzione documentale versata in atti, sia in ordine alla mancata contestazione dei documenti di trasporto, dei formulari di trasporto dei rifiuti e delle comunicazioni dell’Ispettorato del lavoro, sia quanto alle fatture emesse e alla documentazione bancaria prodotta.
Insisteva poi nella richiesta di ammissione della prova testimoniale articolata nel primo grado di giudizio e non ammessa.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE la quale instava per il rigetto dell’appello proposto e la conferma dell’ordinanza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Messina, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’impugnazione e, per l’effetto, confermava integralmente l’ordinanza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il titolo delle pretese avanzate doveva individuarsi nei singoli contratti di noleggio e fornitura conclusi mentre, a fronte della contestazione di controparte, era onere del richiedente dimostrare l’esistenza di un rapporto contrattuale riconducibile al subappalto; b ) che Bredil aveva dimostrato la mancata ricezione del fax asseritamente inviato da Conbit il 22 settembre 2009, col quale l’appellant e sosteneva di avere trasmesso lo stralcio dei lavori Conbit, con il libretto delle misure e i SAL con i prezzi; c ) che tutte le fatture emesse nell’arco temporale compreso tra il 29 febbraio 2008 e il 22 luglio 2009, regolarmente saldate da RAGIONE_SOCIALE, indicavano, quale
attività svolta da Conbit, il nolo a freddo, la fornitura e la posa in opera di conglomerato bituminoso e la scarifica, mentre la fattura n. 301 del 2012 faceva riferimento, per la prima volta a distanza di circa tre anni, al libretto delle misure e ai SAL 3 e 4 per lavori eseguiti fino al mese di aprile 2009, sulla scorta di un asserito contratto di subappalto, di cui non era stata però provata l’esistenza; d ) che il credito di cui alla fattura RAGIONE_SOCIALE non era incluso nel mastrino del 4 giugno 2009, benché a quella data l’opera rivendicata fosse stata in tesi ultimata; e ) che non costituivano prova del credito le fatture emesse dai trasportatori quali soggetti terzi, che peraltro verosimilmente erano state contabilizzate, in difetto di prova contraria, nelle richieste di corrispettivo rivolte da RAGIONE_SOCIALE Bredil nell’anno 2009.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
-All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio depositata il 31 maggio 2024, comunicata il 31 maggio 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 14 giugno 2024, la RAGIONE_SOCIALE ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
5. -Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., la violazione
dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la richiesta di pagamento inoltrata inerisse ad un rapporto contrattuale diverso rispetto al precedente rapporto di noleggio e fornitura instaurato tra le parti e che, in ordine a tale ulteriore rapporto, non fosse stata fornita la prova della prestazione, travisando così le prove in atti con motivazione illogica e contraddittoria.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
Ora, a fronte di una ‘doppia conforme’ (quanto alla ritenuta esistenza di un nuovo rapporto, privo di dimostrazione quanto alla sua esecuzione), con instaurazione del giudizio di gravame successivamente all’11 settembre 2012, come nella specie, ai sensi dell’art. 348 -ter , quinto comma, c.p.c., vigente ratione temporis (e ora dell’art. 360, quarto comma, c.p.c.), la doglianza di omesso esame di fatti decisivi, formulabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., non può essere proposta (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8775 del 03/04/2024; Sez. 2, Sentenza n. 5074 del 26/02/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; Sez. 5, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 5, Sentenza n. 26860 del 18/12/2014).
Inoltre, alla luce del contrasto risolto recentemente dalle Sezioni unite (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024), in ordine ai fatti sostanziali, l’asserito travisamento del contenuto oggettivo della prova -ossia la svista concernente la ricognizione del fatto probatorio in sé ( demonstratum ) e non la verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio ( demonstrandum ) -, allorché abbia costituito un punto
contro
verso sul quale la sentenza si sia pronunciata (ovvero se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti) e sia decisivo, può essere sindacato solo ai sensi del vizio di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9719 del 10/04/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 9675 del 10/04/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 8775 del 03/04/2024), vizio nella fattispecie precluso.
2. -Con il secondo motivo svolto la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., la violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla richiesta di prova per testi avanzata nel giudizio di prime cure e reiterata in appello, così omettendo fatti decisivi con motivazione contraddittoria, né considerato le fatture e la contabilità esibita.
2.1. -Il motivo è infondato.
2.1.1. -E ciò perché parte istante -anche all’esito dell’opposizione spiegata avverso la proposta di definizione anticipata -ha dato semplicemente atto di avere proposto le richieste istruttorie, debitamente riportate nel corpo del ricorso di legittimità, nel giudizio di primo grado (giudizio in cui dette istanze sono state disattese nel corso della trattazione) e di averle reiterate in sede di gravame, senza nulla rilevare in ordine alla riproposizione dell’istanza di ammissione al momento della decisione del giudizio di prime cure, dovendosi -per l’effetto ritenere rinunciate (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 10767 del 04/04/2022; Sez. 2, Sentenza n. 33103 del 10/11/2021; Sez. 2,
Ordinanza n. 15029 del 31/05/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 19352 del 03/08/2017; Sez. 3, Sentenza n. 16290 del 04/08/2016).
Ricadeva, infatti, sulla ricorrente che ha lamentato la mancata ammissione da parte del giudice di appello della prova testimoniale l’onere di dimostrare tale circostanza processuale (ossia la reiterazione delle istanze istruttorie all’udienza di precisazione delle conclusioni nel giudizio di prime cure), a pena di inammissibilità (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 22883 del 13/09/2019).
2.1.2. -Tanto premesso, si rileva, in ogni caso, che il vizio di omessa pronuncia sulle richieste istruttorie reiterate in appello può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 18072 del 01/07/2024; Sez. 6-1, Ordinanza n. 16214 del 17/06/2019; Sez. 6-1, Ordinanza n. 5654 del 07/03/2017; Sez. 3, Sentenza n. 11457 del 17/05/2007).
Di tale certezza non vi è traccia, stante che il giudice di merito ha escluso che l’esecuzione delle opere per le quali è stato preteso l’ulteriore corrispettivo fosse avvenuta, sulla scorta di precisi elementi documentali di segno contrario: -la dimostrazione della mancata ricezione del fax asseritamente inviato da Bredil a Conbit il 22 settembre 2009, col quale
l’appellante sosteneva di avere trasmesso lo stralcio dei lavori RAGIONE_SOCIALE, con il libretto delle misure e i SAL con i prezzi; l’indicazione in tutte le fatture emesse nell’arco temporale compreso tra il 29 febbraio 2008 e il 22 luglio 2009, regolarmente saldate da RAGIONE_SOCIALE, quale attività svolta da RAGIONE_SOCIALE, del nolo a freddo, della fornitura e della posa in opera di conglomerato bituminoso e della scarifica, mentre la fattura n. 301 del 2012 faceva riferimento, per la prima volta a distanza di circa tre anni, al libretto delle misure e ai SAL 3 e 4 per lavori eseguiti fino al mese di aprile 2009, sulla scorta di un asserito contratto di subappalto, di cui non era stata però provata l’esistenza; – la mancata inclusione nel mastrino del 4 giugno 2009 del credito di cui alla fattura COGNOME, benché a quella data l’opera rivendicata fosse stata in tesi ultimata.
2.1.3. -Quanto all’asserita mancata considerazione delle fatture esibite a prova dell’esecuzione del subappalto, in tema di contratto di appalto (o di subappalto), l’appaltatore (o il subappaltatore) che chieda il pagamento del proprio compenso ha l’onere di dimostrare la congruità della somma pretesa, con riferimento alla natura, all’entità e alla consistenza delle opere realizzate, non costituendo idonee prove dell’ammontare del credito le fatture emesse dal medesimo appaltatore (o subappaltatore), poiché si tratta di documenti fiscali provenienti dalla parte stessa, né la contabilità redatta dal direttore dei lavori o dallo stesso appaltatore (o subappaltatore), a meno che non risulti che essa sia stata portata a conoscenza del committente e che questi l’abbia accettata senza riserve (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14399 del 23/05/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 1918 del
18/01/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 7593 del 16/03/2023; Sez. 2, Sentenza n. 13860 del 03/05/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 25577 del 21/09/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2490 del 29/01/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 26517 del 19/10/2018).
2.1.4. -In ultimo, si evidenzia che -a fronte della pretesa di pagamento del corrispettivo per un’opera eseguita a titolo di appalto (o di subappalto) -, in esito alla contestazione dell’appaltante, è onere dell’appaltatore (o del sub -appaltatore) provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 25410 del 23/09/2024; Sez. 6-2, Ordinanza n. 98 del 04/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 936 del 20/01/2010; Sez. 2, Sentenza n. 3472 del 13/02/2008).
Prova che nella fattispecie, per le argomentazioni anzidette, è difettata.
3. -In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00
e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; condanna altresì la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma equitativamente determinata in euro 4.000,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 2.000,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda