Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5090 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5090 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9085-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME, che la rappresenta e difende; – ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 3925/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 01/10/2021 R.G.N. 1830/2019;
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/01/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che :
Con sentenza n. 3925 dell’1.10.2021, la Corte d’appello di Napoli, pronunciando in sede di rinvio dalla Corte di cassazione (ordinanza n. 8918/2019), in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullità del contratto di somministrazione concluso tra la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per il periodo dall’1 ottobre 2005 al 31 gennaio 2006 ed ha dichiarato costituito tra la lavoratrice NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dall’1 ottobre 2005; ha ordinato a RAGIONE_SOCIALE di ripristinare la funzionalità del rapporto e l’ha condannata a pagare l’indennità risarcitoria, di cui all’art. 32, comma 5, legge n. 183 del 2010, nella misura di 2,5 mensilità della retribuzione globale di fatto percepita all’epoca della risoluzione, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
La Corte territoriale ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non avesse dato prova del rispetto delle percentuali di cui alla clausola di contingentamento e della effettività della causale indicata nel contratto; che la somministrazione risultava avvenuta al di fuori de i limiti e delle condizioni di cui all’art. 20, d.lgs. 276 del 2003, ed era quindi irregolare, ai sensi dell’art. 27 del decreto legislativo citato.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. NOME COGNOME ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
5. Con il primo motivo di ricorso è deAVV_NOTAIOa, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 20, comma 4, d.lgs. 276 del 2003 e degli artt. 22 e 25 del c.c.n.l., per avere la Corte di rinvio errato nell’interpret are e applicare le norme suddette ritenendo operante, con riferimento al caso di specie, la cd. clausola di contingentamento. La società assume che non aveva alcun obbligo di rispettare limiti percentuali di assunzione perché, all’epoca di conclusione del contratto per cui è causa, non vi era alcuna disposizione collettiva che, con riferimento alla disciplina della somministrazione, avesse fissato limiti percentuali di assunzione; che ai sensi dell’art. 20, comma 4 cit., ‘la individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi’; che il c.c.n.l. applicato da RAGIONE_SOCIALE nel periodo per cui è causa, sottoscritto l’11 luglio 2003, non prevedeva limiti quantitativi per il ricorso alla somministrazione di lavoro, come è intuibile in ragione del fatto che trattasi di contratto collettivo anteriore al d.lgs. 276 del 2003, con cui è stato introAVV_NOTAIOo l’istituto della somministrazione di lavoro; che gli artt. 22 e 25 del c.c.n.l. prevedevano limiti quantitativi per le ipotesi di lavoro a tempo determinato e di lavoro temporaneo, istituto quest’ultimo disciplinato dalla legge n. 196 del 1997; che la non applicazione dei limiti quantitativi previsti per il lavoro interinale allo strumento della somministrazione di lavoro si ricava dalla disposizione transitoria di cui all’art. 86, d.lgs. 276 del 2003; che solo con il contratto collettivo de ll’11 luglio 2007 sono stati
introAVV_NOTAIOi specifici limiti quantitativi sull’utilizzo del personale somministrato.
Il motivo non è fondato.
Come si ricava dalla ordinanza rescindente, la sentenza d’appello cassata aveva respinto l’impugnazione della lavoratrice sul rilievo che ‘sia nel contratto di somministrazione sia nel contratto individuale di lavoro fossero state esplicitate in termini concreti e sufficientemente esaustivi le ragioni del ricorso alla somministrazione…e che la documentazione proAVV_NOTAIOa dalla società desse contezza dell’effettività’ della causale adAVV_NOTAIOa (pag. 3, terzo cpv.); inoltre, ritenendo ‘infondato l’ulteriore motivo di gravame relativo al mancato rispetto della clausola di contingentamento’; al riguardo i giudici d’appello avevano osservato che ‘sebbene gravasse sul datore di lavoro l’onere della prova del rispetto dei requisiti per la stipula del contratto a termine, trattandosi di un fatto negativo (non avere stipulato un numero di contratti superiore ad un determinato limite), fosse onere della parte ricorrente allegare il fatto positivo, cioè che il datore di lavoro nel periodo in questione avesse stipulato un det erminato numero di contratti’ (Cass. n. 8918/2019, pag. 4, terzo cpv.).
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 8918/2019, ha giudicato ‘fondati i rilievi concernenti l’onere della prova dell’osservanza della percentuale dei lavoratori da assumere con contratto di somministrazione’. Ha osservato: ‘la questione della prova del rispetto del limite percentuale di contingentamento è stata risolta dalla Corte territoriale ritenendo che il lavoratore fosse onerato dell’allegazione di un fatto positivo (e cioè della stipula da parte della società di determinato numero di contratti di somministrazione), ricadendo su RAGIONE_SOCIALE l’onere di
provare il fatto negativo; nella specie tale onere positivo non sarebbe stato assolto dal ricorrente’ (pag. 6 -7). Ha statuito, in base ai principi generali, che ‘è il datore di lavoro (utilizzatore), tenuto all’osservanza della c.d. clausola di contingentamento, che deve provare il rispetto del previsto limite percentuale, id est il mancato superamento di tale limite (v. Cass. 19 novembre 2015, n. 23704; Cass. 10 marzo 2015, n. 4764; Cass. 19 gennaio 2013 n. 701; Cass. 28 giugno 2011, n. 14283; Cass. 19 gennaio 2010, n. 839); è sufficiente, dunque, che il lavoratore deduca l’avvenuto superamento della percentuale di contingentamento per far scattare l’onere probatorio della società’ (pag. 7). Ha analizzato anche l’affermazione, contenuta nella decisione d’ap pello, secondo cui la deduzione della lavoratrice sarebbe stata ‘per di più formulata in modo errato atteso che il richiamo agli artt. 22 e 25 c.c.n.l. non si riferisce alla somministrazione’ ed ha ritenuto che ‘questa non costitui(sse) autonoma ratio decidendi (la ratio decidendi è – in sostanza – un’asserita inidoneità della deduzione del superamento della clausola di contingentamento)’ aggiungendo che ‘un eventuale erroneo riferimento normativo o agli articoli d’un dato c.c.n.l. non inficia di per sé sol o un motivo di gravame’ (pag. 8).
9. È vero, come sostiene la società attuale ricorrente, che l’ordinanza n. 8918/2019 aveva ad oggetto la questione della ripartizione degli oneri di allegazione e di prova rispetto alla domanda di illegittimità della somministrazione di lavoro a termine, (oltre che per difetto della causale giustificativa) per mancato rispetto dei limiti percentuali. Ma è altrettanto vero che la decisione di legittimità, al pari delle sentenze di merito, si è basata sul presupposto logico indispensabile della esistenza e
vincolatività di una clausola di contingentamento e dell’obbligo della società di rispettare la stessa. Difatti, la insufficiente allegazione (del fatto positivo concernente il numero di contratti di somministrazione oltre il limite consentito) da parte de lla lavoratrice costituisce l’unica ragione su cui i giudici di appello avevano fondato il giudizio di non contestazione del rispetto della clausola di contingentamento, ritenendo di conseguenza non necessaria la relativa prova. Anche il rilievo aggiuntivo, sulla erronea deduzione della lavoratrice perché riferita agli artt. 22 e 25 del c.c.n.l. che non trattano della somministrazione, è stato letto dai giudici di legittimità come finalizzato, nell’ottica della sentenza d’appello, a rimarcare la inidoneità (e imprecisione) di quanto deAVV_NOTAIOo dalla RAGIONE_SOCIALE ma non a mettere in dubbio l’esistenza di un tetto numerico ai contratti di somministrazione.
10. D’altra parte, in nessun punto della citata ordinanza rescindente si fa riferimento al fatto che la società avesse specificamente sollevato la questione, logicamente preliminare e assorbente, della inesistenza, all’epoca, di limiti quantitativi per la somministrazione di lavoro e il motivo di ricorso oggi in esame non contraddice né smentisce tale constatazione. L’affermazione (a pag. 8, penultimo cpv, del ricorso per cassazione) secondo cui la società aveva ‘sin dalla memoria di costituzione’ deAVV_NOTAIOo c he ‘il CCNL RAGIONE_SOCIALE del 2003 non prevedeva limiti quantitativi per il ricorso alla somministrazione di lavoro’ non è accompagnata da alcuna trascrizione delle espressioni contenute negli atti processuali di primo e secondo e grado e neppure dalla esatta localizzazione degli stessi (v. sul punto Cass., S.U. 8050 del 2022; Cass. n. 12481 del 2022).
11. Costituisce orientamento costante quello per cui, ‘in ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logicogiuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità’ (v. Cass. n. 7091 del 2022; n. 20887 del 2018; n. 20981 del 2015; n. 17353 del 2010).
12. A tali principi si è uniformata la Corte di rinvio, che ha considerato preclusa ogni indagine sulla esistenza e vincolatività, nella fattispecie in esame, di limiti percentuali per la stipula di contratti somministrazione di lavoro. Non vi è dubbio che l’operatività della clausola di contingentamento costituisse necessario presupposto logico giuridico della decisione di legittimità, risultando altrimenti priva di qualsiasi effetto la accertata violazione di norme di diritto sulla ripartizione degli oneri di allegazione e prova in ordine al rispetto della clausola medesima.
13. Con il secondo motivo si censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per violazione degli artt. 2712 e 2719 c.c., dell’art. 39, primo comma, d.l. 112 del 2008, conv. dalla legge 133 del 2008, e dell’art. 2423 c.c. per avere la Corte di rinvio ritenuto che il documento attestante il rispetto della clausola di contingentamento,
sottoscritto da persona qualificata e non contestato in giudizio, non fosse idoneo a dimostrare l’osservanza del limite di assunzione. La società rileva che il documento proAVV_NOTAIOo da RAGIONE_SOCIALE (depositato come doc. n. 6 in primo grado e come doc. n. 8 in allegato al ricorso per cassazione) è stato sottoscritto dal Responsabile delle risorse umane e organizzazione del contenzioso del lavoro di RAGIONE_SOCIALE, dirigente nominativamente indicato (AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO) che, sotto la sua responsabilità e nella veste appena descritta, ha dichiarato e attestato una serie di dati. Osserva che la statuizione della sentenza impugnata, secondo cui ‘sarebbe stato utile verificare un estratto del libro unico o dei bilanci della convenuta’, non tiene conto della oggettiva impossibilità per RAGIONE_SOCIALE di produrre tali corposi documenti e non considera che il libro unico del lavoro e il bilancio non contengono dati necessari ad accertare il mancato superamento della soglia numerica di assunzioni; peraltro, l’obbligo di istituire il Lul è stato introAVV_NOTAIOo col d.l. 112 del 2008, quindi in epoca successiva alla stipula del contratto per cui è causa (2005).
Il motivo non è fondato.
15. La Corte di rinvio ha ritenuto non assolto l’onere probatorio gravante sulla società, in merito al rispetto della clausola di contingentamento, giudicando insufficiente la prova documentale fornita dalla stessa (prospetto firmato dal dirigente), sia per le sue caratteristiche intrinseche (provenienza dalla società, assenza di qualsiasi crisma di formalità) e sia, comunque, perché non corroborata da altri elementi indiziari (ricavabili dal Lul o dai bilanci).
16. In una fattispecie analoga a quella per cui è causa, questa Corte ha affermato che ‘In tema di contratto di lavoro a tempo determinato nel settore delle poste, ex art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, ai fini del
rispetto della percentuale di contingentamento costituisce elemento probatorio liberamente valutabile il documento proAVV_NOTAIOo dall’ente e sottoscritto da un dirigente nominativamente indicato, attestante i numeri dei dipendenti assunti e dei contratti a tempo determinato stipulati nel periodo di riferimento, senza la necessità di una conferma testimoniale ovvero di una diversa verifica’ (Cass. n. 12801 del 2018). Proprio in ragione dell’essere la valutazione del documento rimessa al giudice di merito, e nella specie dal medesimo motivatamente eseguita, la censura in esame risulta inammissibile.
17. Non vi è spazio per ritenere integrata la violazione delle disposizioni invocate dalla società non essendo rinvenibili, e neanche individuate nel ricorso, affermazioni della sentenza impugnata che si pongano in contrasto con le stesse. Né ha pregio l’o sservazione sul mancato disconoscimento, da parte della lavoratrice, della conformità del prospetto ai fatti in esso contenuti (art. 2712 c.c.) o della conformità della copia all’originale (art. 2719 c.c.), atteso che l’art. 2712 c.c. riguarda ‘fatti’ o ‘cose rappresentate’, mentre il prospetto di cui si discute ha ad oggetto dati (sui contratti di somministrazione a termine conclusi dalla società) che non rientrano nella sfera di conoscenza della lavoratrice, e l’art. 2719 c.c. concerne esclusivamente la conformità delle copie fotografiche all’originale, che non è qui in discussione.
18. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 115, 116, 188 e 244 c.p.c., per non avere la Corte di appello ammesso la prova per testi, in relazione alla sussistenza delle ragioni deAVV_NOTAIOe nel contratto di somministrazione e al rispetto della clausola di contingentamento, pure a fronte di specifiche circostanze articolate con la memoria di
costituzione. La società, oltre a depositare il documento esplicativo del progetto Gestione Cliente (indicato nella causale del contratto di somministrazione sottoscritto con la RAGIONE_SOCIALE) e il documento relativo all’organico nella Regione Campania nel 2005, aveva chiesto di essere ammessa a provare le circostanze deAVV_NOTAIOe attraverso i testimoni (ora indicati a pag. 25 del ricorso per cassazione), che avrebbero potuto spiegare se il progetto Gestione Clienti fosse stato implementato, nel periodo con siderato, presso l’U.P. di Acerra, quale ricadute avesse eventualmente sulla organizzazione dell’attività di sportelleria a cui era assegnata la COGNOME e quale fosse il numero dei dipendenti, a tempo determinato e indeterminato, in Campania nell’anno 2005 .
Il motivo è infondato.
20. Sulla questione della clausola di contingentamento, la Corte di rinvio (sentenza, pag. 4, secondo cpv.) ha giudicato prova inidonea e insufficiente il prospetto proAVV_NOTAIOo da RAGIONE_SOCIALE; ha inoltre rilevato come tale documento fosse stato proAVV_NOTAIOo a sostegno delle ‘generiche deduzioni di cui al capo 11 pag. 7 della memoria di costituzione di primo grado’.
21. La società ricorrente allega di aver articolato prove per testimoni (i cui nominativi sono indicati a pag. 25 del ricorso) anche sulle circostanze in fatto descritte al capo 11 della memoria di costituzione in primo grado, avente il seguente tenore: ‘P er quanto assolutamente inapplicabili al caso di specie, RAGIONE_SOCIALE ha costantemente osservato i limiti percentuali stabiliti dall’art. 22 del CCNL 2003 fissati nell’8% del numero dei lavoratori in servizio nell’ambito della stessa regione alla data del 31 dicembre dell’anno precedente’. Pur in mancanza di una esplicita statuizione di inammissibilità della prova testimoniale su
tale capitolo, gli argomenti usati dalla Corte di rinvio danno logicamente conto delle ragioni del rigetto dell’istanza istruttoria, legate alla genericità delle circostanze articolate dalla società. Il capitolo di prova su cui era richiesto l’esame dei testimoni contiene solo asserzioni sull’avvenuto rispetto dei limiti percentuali e nessun dato o riferimento specifico.
22. L’infondatezza della censura sulla mancata ammissione della prova testimoniale in ordine al rispetto della clausola di contingentamento e, quindi, la definitività della statuizione di mancato rispetto della clausola medesima, rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure sull’errata valutazione di insussistenza della causale giustificativa della somministrazione a termine. Un eventuale accoglimento di tali censure non potrebbe modificare l’esito della controversia.
Le considerazioni svolte conducono al rigetto del ricorso.
24. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza nei confronti della controricorrente, con liquidazione come in dispositivo. Non si provvede sulle spese nei confronti della parte rimasta intimata.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e
accessori come per legge, con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO, antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 18 gennaio 2024