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Onere della prova servitù: chi prova l’aggravamento?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3779/2024, interviene su un caso di servitù di protendimento di rami. La Corte ha stabilito un principio fondamentale sull’onere della prova servitù: spetta a chi lamenta l’aggravamento della servitù (il proprietario del fondo servente) dimostrare che i rami si sono estesi oltre la misura originaria, e non al titolare della servitù provare il contrario. La sentenza di merito è stata cassata per aver erroneamente invertito tale onere probatorio.

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Onere della Prova Servitù: Rami Invadenti e Regole Processuali

L’onere della prova servitù è un principio cardine del nostro sistema processuale, e la sua corretta applicazione è fondamentale per la risoluzione delle controversie, specialmente in materia di diritti reali. Con la recente ordinanza n. 3779 del 12 febbraio 2024, la Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento su chi debba provare l’aggravamento di una servitù di protendimento, come nel classico caso dei rami di un albero che invadono la proprietà del vicino.

La vicenda: rami contesi e una servitù in discussione

Il caso trae origine dalla richiesta dei proprietari di un fondo di condannare la vicina al taglio dei rami dei suoi alberi che si protendevano sulla loro proprietà. La vicina si difendeva eccependo l’esistenza di una “servitù di protendimento dei rami”, sorta per destinazione del padre di famiglia oltre vent’anni prima, ai sensi dell’art. 1062 c.c.

I proprietari del fondo “invaso” non contestavano l’esistenza della servitù in sé, ma la sua estensione. Sostenevano che, con il passare del tempo, la crescita naturale dei rami avesse aggravato la servitù, in violazione dell’art. 1067 c.c., comprimendo il loro diritto di proprietà in misura maggiore rispetto a quanto originariamente costituito. La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, accoglieva la tesi dei vicini, ma commetteva un errore cruciale: addossava alla titolare della servitù l’onere di provare quale fosse l’estensione originaria dei rami al momento della costituzione della servitù stessa. Non avendo fornito tale prova, la proprietaria veniva condannata al taglio dei rami.

L’Onere della Prova nella Servitù secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, accogliendo il motivo di ricorso basato sulla violazione dell’art. 2697 c.c. (Onere della prova). Il principio espresso è chiaro e logico: l’onere della prova servitù, quando si discute di un suo aggravamento, segue regole precise.

La Corte ha spiegato che la maggiore lunghezza dei rami al momento della domanda, rispetto a quella esistente al sorgere della servitù, costituisce il fatto su cui si fonda l’eccezione di aggravamento sollevata dai proprietari del fondo servente. Secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., “chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su una corretta interpretazione delle regole di riparto dell’onere probatorio. La Corte d’Appello ha commesso una “inversione dell’onere della prova”. Non spettava alla titolare della servitù (la ricorrente) dimostrare un fatto negativo, ovvero che i rami non fossero cresciuti, ma spettava a chi lamentava l’aggravamento (gli intimati) dimostrare il fatto positivo, cioè la crescita dei rami oltre la misura originaria.

In sostanza:
1. La ricorrente ha eccepito in via riconvenzionale l’esistenza della servitù (art. 1062 c.c.).
2. Gli intimati hanno contro-eccepito l’aggravamento di tale servitù (art. 1067 c.c.).

L’aggravamento è un fatto modificativo del diritto originario. Pertanto, l’onere della prova servitù per questo specifico aspetto gravava sugli intimati. Imporre alla ricorrente di provare l’estensione iniziale dei rami, a distanza di decenni, equivale a chiederle una prova estremamente difficile, se non impossibile (la cosiddetta probatio diabolica), portando a una conclusione assurda: pur essendo pacificamente titolare di una servitù, sarebbe stata costretta a eliminarla come se non esistesse.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso attenendosi al corretto principio di diritto sull’onere della prova servitù: spetta al proprietario del fondo servente, che lamenta l’aggravamento della servitù, fornire la prova che la situazione attuale sia più gravosa di quella esistente al momento della costituzione del diritto. Questa decisione ripristina la corretta applicazione delle regole processuali e tutela il titolare di un diritto da oneri probatori ingiusti e sproporzionati.

Chi deve provare l’aggravamento di una servitù, ad esempio per la crescita dei rami di un albero?
L’onere della prova spetta al proprietario del fondo che subisce la servitù (fondo servente). È lui che, eccependo la modifica o l’aggravamento del diritto, deve dimostrare i fatti su cui si basa la sua eccezione, come la maggiore estensione dei rami rispetto al momento in cui la servitù è sorta.

Cosa succede se un avvocato viene cancellato dall’albo professionale durante una causa?
La cancellazione volontaria di un avvocato dall’albo integra una causa di interruzione del processo. La conseguente nullità degli atti successivi può essere fatta valere solo dalla parte colpita da tale evento (ovvero la parte il cui avvocato è stato cancellato) e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice né eccepita dalla controparte.

Se esiste una servitù di protendimento dei rami, il vicino può comunque chiederne il taglio?
Il vicino può chiedere il taglio solo se dimostra che la situazione si è aggravata rispetto a quella originaria, violando l’art. 1067 c.c. Se l’estensione dei rami rientra nei limiti della servitù come originariamente costituita, il proprietario del fondo servente deve tollerarla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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