Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3779 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3779 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15821/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CONSOLAZIO
NOME,
MAGLIO
NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 350/2019 depositata il 14/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui, per quanto ancora interessa, la Corte di Appello di Salerno ha confermato la condanna di essa ricorrente a tagliare i rami di alcuni alberi, che si protendevano sulla proprietà confinante degli odierni intimati o originari attori, NOME COGNOME e NOME COGNOME, oltre i limiti della ‘servitù di protendimento’ sorta, ai sensi dell’art.1062 c.c., oltre venti anni prima dell’inizio della causa;
la ricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
con il primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione o falsa applicazione dell’art.2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c.
La ricorrente ritiene in contrasto con il suddetto articolo 2697 c.c. l’affermazione della Corte di Appello per cui, a fronte della contestazione degli odierni intimati sulla ‘estensione della servitù di protendimento’, era onere di essa ricorrente dare prova della ‘situazione di fatto esistente al momento della costituzione della servitù e dunque dalla lunghezza entro la quale i rami degli alberi impiantati nella sua porzione di terreno si protendevano originariamente sulla restante parte del fondo … giacché non può revocarsi in dubbio che al momento della proposizione della domanda introduttiva, avvenuta ad oltre venti anni dall’acquisto compiuto dalla COGNOME i rami si sono sviluppati fino a determinare un ampiamento dello ius in re aliena e di riflesso una compressione dell’altrui proprietà in misura maggiore a quella consentita dall’art.1062 c.c.’;
il motivo è fondato.
2.1. La regola di riparto dell’onere della prova concretamente dettata dalla Corte di Appello non tiene conto del contenuto delle situazioni giuridiche contrapposte e quindi contrasta con l’art. 2697 c.c. (‘Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda’) e porta ad una conclusione assurda.
2.2. La Corte di Appello ha dato conto del fatto che gli odierni intimati hanno domandato, ai sensi dell’art. 896, primo comma, c.c., la condanna della ricorrente al taglio di rami che si protendono sul loro fondo.
Ha dato conto del fatto che la ricorrente ha riconvenzionalmente eccepito di avere una ‘servitù di protendimento dei rami’ sorta, ai sensi dell’art.1062 c.c. per destinazione dell’originario proprietario dei fondi poi divenuti di proprietà delle parti.
Ha dato conto del fatto che gli odierni intimati hanno contestato non l’esistenza ma ‘l’estensione della servitù’.
Alla contestazione è sottesa l’affermazione per cui la servitù, dato lo sviluppo nel tempo dei rami, è stata aggrava ta in contrasto con l’art. 1067 c.c.
Il thema probandum era dunque l’aggravamento della servitù.
La Corte di Appello ha infine affermato che, a fronte della suddetta contestazione, la ricorrente avrebbe dovuto provare ‘la lunghezza entro la quale i rami degli alberi impiantati nella sua porzione di terreno si protendevano originariamente sulla restante parte’.
La maggiore lunghezza dei rami al tempo della domanda rispetto alla lunghezza dei rami al tempo del sorgere della servitù è il fatto costitutivo dell’eccezione opposta ex art. 1067 c.c. dagli odierni intimati contro l’eccezione riconvenzionale ex art. 1062 c.c. della ricorrente.
Come tale, ai sensi del già richiamato articolo 2697 c.c., avrebbe dovuto essere provato dagli intimati.
La Corte di Appello ha invece onerato la ricorrente della prova dell’inesistenza di quel fatto.
La conclusione a cui la Corte di Appello è giunta a causa della commessa inversione dell’onere della prova e del relativo non adempimento da parte della ricorrente è che la ricorrente -pur essendo pacificamente titolare di una ‘servitù di protendimento’ dei rami oltre il confine di proprietà degli intimati- dovrebbe tagliare gli alberi fino al confine in accoglimento della originaria domanda ex art. 896 c.c., come se la servitù non esistesse;
3. con il secondo motivo di ricorso vengono denunciate ‘violazione e falsa applicazione, in riferimento all’art. 360 coma primo, n. 3 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 62,115,116, 191, 194 c.p.c.’.
Deduce la ricorrente che la consulenza tecnica d’ufficio, in esito alla quale era stato accertato lo stato dei luoghi e il protendersi dei rami oltre la linea di confine, sarebbe stata disposta dal giudice di primo grado con l’impropria funzione di supplire al difetto delle allegazioni e delle prove a fondamento della domanda degli originari attori;
il motivo resta assorbito. In ragione dell’accoglimento del primo motivo non vi è interesse per il ricorrente al relativo esame;
con il terzo motivo di ricorso viene lamentata la ‘violazione degli artt. 82, 83, 84 c.p.c., 1 r .d. n.1578/1933, 2 l.n.247/2012’ per avere la Corte di Appello ritenuto inammissibile l’eccezione formulata da essa ricorrente, davanti alla medesima Corte all’udienza del 5 luglio 2018, di nullità degli atti e della sentenza di primo grado come conseguenza della cancellazione del difensore della controparte dall’albo professionale.
La Corte di Appello ha motivato la dichiarazione di inammissibilità sul rilievo per cui la cancellazione del difensore della parte dall’albo
è fatto di interesse solo della parte. Ha aggiunto che in ogni caso l’eccezione avrebbe dovuto essere formulata con i motivi di impugnazione della sentenza di primo grado;
6. il motivo è infondato.
La Corte di Appello si è attenuta al principio secondo cui la cancellazione volontaria del difensore dall’albo degli avvocati comporta la perdita dello “status” di avvocato e procuratore legalmente esercente ed integra una causa di interruzione del processo con conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata, che può essere dedotta e provata solo dalla parte colpita dal detto evento, a tutela della quale sono poste le norme che disciplinano l’interruzione, non potendo invece essere rilevata d’ufficio dal giudice né eccepita dalla controparte (Cass. n.999 del 10/01/2024; Cass. n.21359 del 06/10/2020);
7. in conclusione il primo motivo di ricorso deve essere accolto, il secondo resta assorbito, il terzo deve essere rigettato. In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di Appello di Salerno in diversa composizione.
8. il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, dichiara infondato il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese alla Corte di Appello d Salerno in diversa composizione.
Roma 7 febbraio 2024.
Il Presidente NOME COGNOME