Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2264 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2264 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
R.G.N. 29423/2022
C.C. 24/10/2024
SANZIONI AMMINISTRATIVE
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 29423/2022) proposto da:
AVV. COGNOME NOMECOGNOME, rappresentato e difeso da se stesso ai sensi dell’art. 86 c.p.c. nonché, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. NOME NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima, in Roma, alla INDIRIZZOINDIRIZZO; – ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e con lo stesso domiciliata in Roma, INDIRIZZO; controricorrente – avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 7358/2022, pubblicata l’11 maggio 2022 ;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 24 ottobre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria depositata ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c. dal ricorrente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di pace di Roma, decidendo – con sentenza n. 30265/2017 -sull’opposizione formulata da COGNOME A. NOME nei confronti di Roma Capitale, con la quale venivano impugnati alcuni verbali di accertamento elevati tra i 5 maggio e il 12 giugno 2017 con riferimento
alla violazione al c.d.s. consistita nella utilizzazione senza autorizzazione della corsia preferenziale di INDIRIZZO, l’accoglieva, sul presupposto della ravvisata sussistenza dell’esimente della buona fede, ritenendo scusabile l’errore nel quale erano incorso i conducenti dei veicoli del ricorrente.
Il Tribunale di Roma, pronunciando sull’appello formulato da Roma Capitale, lo accoglieva con sentenza n. 7358/2022 e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, confermava la legittimità dei verbali di accertamento opposti, condannando l’appellato alla rifusione delle spese del grado, dichiarando il non luogo a provvedere su quelle del giudizio di primo grado poiché Roma Capitale si era costituita a mezzo di un proprio funzionario senza il deposito di attestazioni di spese rimborsabili.
A sostegno dell’adottata decisione il Tribunale capitolino rilevava che la prova dell’adeguatezza della segnaletica incombeva al trasgressore e non era stata congruamente fornita ed escludeva che, nella fattispecie, potesse ritenersi essersi configurata l’esimente della buona fede.
COGNOME impugnava per cassazione la citata sentenza di appello con ricorso affidato a quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’intimata Roma Capitale.
Il Consigliere delegato della Sezione, in persona del dr. NOME COGNOME ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ravvisandone la sua manifesta infondatezza.
Il citato ricorrente COGNOME con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso in virtù del comma 2 dell’indicato art. 380 -bis c.p.c.
Il giudizio è stato, conseguentemente, fissato per l’adunanza camerale nelle forme dell’art. 380 -bis.1. c.p.c. (il cui collegio è stato composto tenendo conto del principio enunciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 9611/2024), in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma 1, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – l’omesso esame di documenti decisivi, avuto riguardo alle concrete circostanze da cui desumere l’inadeguatezza della segnaletica sulla strada oggetto degli accertamenti e dei conseguenti verbali di contestazione elevati a suo carico.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – l’omesso esame di un ulteriore documento asseritamente decisivo (allegato n. 11 del fascicolo di parte riferito alla mozione n. 50 del 27 giugno 2017 dell’Assemblea capitolina) con riferimento all’art. 115 c.p.c.
Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente prospetta – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione dell’art. 3 della legge n. 689/1981 ‘sulla corretta interpretazione della buona fede’.
Rileva il collegio che il primo ed il secondo motivo – esaminabili congiuntamente, siccome all’evidenza connessi -sono manifestamente infondati.
Innanzitutto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, deve trovare conferma il principio in base al quale solo quando l’opponente deduca l’inesistenza della segnaletica la prova contraria spetta all’Amministrazione, posto che l’esistenza del segnale di preavviso o di divieto è elemento costitutivo della fattispecie sanzionata, nel mentre quando l’opponente deduca come nel caso di specie -la non adeguatezza della segnaletica, la relativa prova incombe sullo stesso opponente (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 7715 del 09/03/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 36275 del 23/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 23566 del 09/10/2017; Sez. 2, Sentenza n. 9033 del 05/05/2016; Sez. 1, Sentenza n. 6242 del 21/06/1999).
Sulla base di tale presupposto si rileva che il Tribunale romano ha dato ampia contezza circa l’esecuzione di interventi di adeguamento della segnaletica, individuando precipuamente gli elementi probatori da cui ha desunto detta conclusione, che non risultano smentiti da quelli indicati dal ricorrente e riproposti anche nella memoria difensiva.
Infatti, il Tribunale di Roma ha esaminato i documenti allegati dai ricorrenti, ricostruendo i passaggi salienti del processo di sospensione e
successiva riattivazione della corsia preferenziale sulla strada in questione.
Il Giudice di merito, in particolare, ha evidenziato:
che detta corsia era stata riattivata previa installazione della segnaletica di preavviso a ml. 180 dall’inizio della stessa, come da determina dirigenziale del 21 febbraio 2017, e di un apposito dispositivo per la rilevazione automatica degli accessi non autorizzati;
che la ripresa del divieto di transito nella zona de qua era stata preceduta dalla previsione di un periodo di sperimentazione dal 20 aprile 2017 al 2 maggio 2017 nonché dall’espletamento di un periodo di pattugliamento;
che, con Delib. 10 marzo 2017, erano state date precise disposizioni all’Atac in ordine alle caratteristiche della necessaria segnaletica, mentre, con nota del 3 aprile 2017, il Dipartimento competente aveva incaricato Roma Servizi di assumere tutte le iniziative informative necessarie ed aveva richiesto in data 18 aprile 2017 l’autorizzazione alla pubblicazione dell’informativa relativa al ripristino, cui si dava corso;
che la segnaletica verticale, coperta durante il periodo di sospensione dell’operatività della corsia preferenziale, era stata nuovamente scoperta in vista della sua riattivazione, a decorrere dal 20 aprile 2017;
che detta riattivazione era stata adeguatamente pubblicizzata dal 30 marzo 2017 sul sito relativo ai bus turistici ed anche attraverso l’emissione di due comunicati stampa del 20 e 21 aprile 2017, mentre dal 2 maggio 2017 erano state aggiornate le informazioni relative alla corsia preferenziale in questione;
-che dal 20 aprile 2017 al 10 maggio 2017, sulle vie limitrofe (debitamente indicate nel corpo della motivazione della sentenza d’appello) erano stati apposti dei pannelli informativi, che recavano appunto l’informazione secondo cui in (Omissis) era stata ripristinata la corsia preferenziale, sempre attiva;
che, come da attestazione della Polizia municipale, tra il 20 aprile 2017 e il 13 maggio 2017, era stata assicurata la presenza di 32 presidi per consentire all’utenza di adeguarsi alla nuova disciplina del traffico;
che l’Atac aveva comunicato che in data 20 e 21 aprile 2017 aveva provveduto a realizzare la segnaletica orizzontale e a installare quella verticale prevista dalla determinazione dirigenziale;
che dalla documentazione offerta emergeva che, al momento della riattivazione della corsia preferenziale, era presente sia adeguata segnaletica orizzontale sia adeguata segnaletica verticale, secondo le prescrizioni del c.d.s.
Né -va aggiunto – il giudice di merito era tenuto a dar conto di ogni singola prova o indizio acquisito (non avendo, comunque, escluso la rilevanza di possibili documenti decisivi), posto che l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017; Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014; Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014; Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006).
Manifestamente privo di fondamento è anche il terzo motivo.
Infatti, al documento a cui ha posto riferimento il ricorrente (la mozione n. 50 del 27 giugno 2017 dell’Assemblea Capitolina) non può ascriversi alcuna idonea rilevanza probatoria e, quindi, va esclusa ogni decisività rispetto al suo omesso esame, trattandosi di un atto politico (o, ancor meglio, di un mero atto di raccomandazione politica) e non gestionale.
Ci si trova, perciò, al cospetto di un documento che -pur ponendo riguardo alla vicenda delle violazioni amministrative relative all’attraversamento della corsia preferenziale in INDIRIZZO Portonaccio nel periodo in questione -si risolve in un mera sollecitazione ‘ad attivare gli
Uffici competenti affinché verifichino la possibilità di revocare in autotutela tutte le contravvenzioni’ emesse dal 2 maggio al 27 giugno 2017, ma senza contenere alcun provvedimento specifico in tal senso, né è risultato che sia esso stato successivamente adottato dalla competente P.A. con riferimento al verbali di accertamento oggetto di opposizione da parte dell’attuale ricorrente.
Pure il quarto ed ultimo motivo si atteggia come manifestamente infondato.
Costituisce, a tal proposito, principio consolidato che, in materia di sanzioni amministrative, è sufficiente l’accertamento della violazione, posto che la previsione di cui all’art. 3 della legge n. 689/1981 – secondo la quale, per le violazioni amministrativamente sanzionate, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa – postula una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all’agente, sul quale grava, pertanto, l’onere della dimostrazione di aver agito senza colpa (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 11777 del 18/06/2020; Sez. 2, Sentenza n. 6625 del 09/03/2020; Sez. 2, Sentenza n. 720 del 15/01/2018; Sez. 2, Sentenza n. 13610 del 11/06/2007).
In aggiunta si osserva che l’esimente della buona fede, applicabile anche all’illecito amministrativo disciplinato dalla citata legge n. 689/1981, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa (al pari di quanto avviene per quella penale in materia di contravvenzioni) solo laddove sussistano elementi positivi (ovvero circostanze concrete, di tempo o di luogo), idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta, e risulti che il trasgressore abbia fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11977 del 19/06/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 33441 del 17/12/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 20219 del 31/07/2018; Sez. 62, Ordinanza n. 19759 del 02/10/2015; Sez. L, Sentenza n. 16320 del 12/07/2010; Sez. 5, Sentenza n. 23019 del 30/10/2009).
Nel caso di specie, il Tribunale si è attenuto a tali principi.
Infatti, ha escluso la scusabilità dell’errore, in quanto dagli elementi probatori offerti risultava che Roma Capitale – per un verso – avesse dato attuazione al ripristino della corsia preferenziale, provvedendo a realizzare idonea segnaletica (materialmente eseguita a cura dell’Atac), e – per altro verso – avesse diligentemente compiuto tutto quanto possibile per informare l’utenza dell’intervenuta riattivazione della corsia preferenziale di cui è causa, anche mediante diffusione di comunicati e notizie non previste dalla normativa di settore.
8. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere dichiarato manifestamente infondato in tutti i suoi motivi, con conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si quantificano nei sensi di cui in dispositivo.
Essendo stato definito il giudizio in conformità alla proposta di definizione anticipata, vanno applicati -ai sensi dell’art. 380 -bis, ultimo comma, c.p.c. -il terzo e quarto comma dell’art. 96 c.p.c., per le cui statuizioni si rinvia allo stesso dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 500,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre a rimborso forfettario delle spese generali, iva e c.p.a., nella misura e sulle voci come per legge.
Condanna, altresì, lo stesso ricorrente al pagamento, a favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., della somma equitativamente determinata nella misura di euro 400,00, nonché all’ulteriore pagamento, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 96, comma 4, c.p.c., dell’importo di euro 500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della