Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7980 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7980 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23706/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, che si è assunta, in qualità di socio unico tutte le attività e passività residue della cessata RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella qualità di socio RAGIONE_SOCIALE nonché di mandante dell’associazione temporanea di imprese costituita con la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, in Liquidazione, in persona del Liquidatore Unico pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco e Legale Rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 677/2020 depositata il 06/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE convenne il giudizio, dinanzi al Tribunale di Catanzaro, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE, in proprio e nella qualità di soci della RAGIONE_SOCIALE, nonché, anche quale mandataria dell’associazione di imprese costituita con la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, al fine di ottenere la condanna delle convenute al risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento, da parte della RAGIONE_SOCIALE agli obblighi nascenti dalla concessione di gestione dei pubblici servizi
di distribuzione dell’acqua potabile, di fognatura e di depurazione delle acque.
Il RAGIONE_SOCIALE dedusse in particolare che il 18 aprile 1995 aveva sottoscritto una convenzione avente ad oggetto la suddetta concessione con la RAGIONE_SOCIALE – nella qualità di capogruppo dell’ATI costituita tra stessa RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE; che la concessionaria, dopo la riscossione dei crediti vantati nei confronti degli utenti finali, avrebbe dovuto corrispondere al RAGIONE_SOCIALE le somme dovute dal concedente alla Regione Calabria per la fornitura dell’acqua, nonché le somme inerenti l’utilizzo di personale comunale nel periodo 1995/1997; che la RAGIONE_SOCIALE, costituita dalle RAGIONE_SOCIALE partecipanti all’RAGIONE_SOCIALE e subentrata nella gestione del rapporto concessorio, aveva omesso il pagamento delle somme risultanti dalle fatture emesse dalla Regione Calabria al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sino all’anno 2002, anno in cui il rapporto venne risolto.
Si costituirono in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e le RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE, eccependo l’inadempimento del RAGIONE_SOCIALE per aver omesso di adeguare le tariffe dei servizi oggetto di concessione e spiegando domanda riconvenzionale in relazione ai maggiori corrispettivi che sarebbero stati dovuti in ragione di tale adeguamento.
Il Tribunale adito, con la sentenza n. 1555/2015, accolse la domanda, evidenziando che le tariffe relative ai servizi oggetto di concessione, nel periodo di vigenza della stessa, erano oggetto di regolamentazione ex lege o di provvedimenti amministrativi e che quindi, considerato che il testo della convenzione subordinava l’adeguamento delle tariffe alla mancanza di una regolamentazione legale, nessun obbligo incombeva al RAGIONE_SOCIALE di procedere al preteso adeguamento. Inoltre, il Giudice di prime cure rilevava la carenza di idonea documentazione probatoria con riferimento alle perdite di esercizio lamentato dalle RAGIONE_SOCIALE convenute.
La decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Catanzaro con la sentenza n. 677/2020, depositata il 6 giugno 2020.
Per quel che qui ancora rileva, la Corte territoriale ha evidenziato che, in base alla convenzione stipulata inter partes, al concessionario spettava il diritto all’adeguamento delle tariffe nel caso in cui, verificatasi la corrispondenza della gestione ai criteri indicati nella stessa convenzione e in alcune delibere CIPE, si fosse comunque determinato uno sbilanciamento economico-finanziario. Inoltre, le perdite di esercizio avrebbero dovute essere certificate da una commissione di controllo tecnico contabile all’uopo istituita. Tuttavia, il verbale della commissione prodotto agli atti non sarebbe idoneo a certificare le perdite come conseguenza della gestione secondo legge del servizio, in quanto in esso sarebbero riportati in maniera confusa considerazione e dati da chiarire, richieste di ulteriore documentazione e chiarimenti da parte della concessionaria (a cui non risulta che quest’ultima abbia dato corso), raccomandazioni a contenere i costi, e comunque si concluderebbe con l’invito rivolto alla RAGIONE_SOCIALE a versare ‘le quote che scaturiscono dalla differenza tra entrate e perdite subite’.
Inoltre, la prova di perdite derivanti da un divario tra costi e ricavi non potrebbe evincersi nemmeno dai bilanci della concessionaria, mancando i c.d. bilanci tecnici (ovvero riepiloghi riguardanti il volume di acqua fatturata su cui calcolare il corrispettivo) e non emergendo da tali bilanci la natura dei costi sostenuti (onde verificarne la loro aderenza alle prescrizioni delle delibere CIPE), né le ragioni del mancato incasso di parte dei canoni.
Alla luce di ciò, ritenendo non provato il diritto della concessionaria all’adeguamento delle tariffe, la Corte ha rigettato l’eccezione di inadempimento formulata da quest’ultima ed ha confermato la condanna della stessa al pagamento dell’importo richiesto dal
RAGIONE_SOCIALE, costituito oltre che dalle somme c.d. riversali in favore della regione Calabria, anche da quelle dovute quale rimborso per l’utilizzo del personale comunale (voce che non era stata contestata dalle convenute).
Avverso tale sentenza ha proposto un primo ricorso la RAGIONE_SOCIALE, quale soggetto assuntore dell’attivo e del passivo della cessata RAGIONE_SOCIALE (compresa la partecipazione nella RAGIONE_SOCIALE in liquidazione), con tre motivi, a cui resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, mentre la RAGIONE_SOCIALE propone controricorso adesivo, spiegando ricorso incidentale, anch’esso affidato a tre motivi, di contenuto e conclusioni identici a quelli del ricorso RAGIONE_SOCIALE
A tale successivo ricorso resiste il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, mentre la RAGIONE_SOCIALE propone controricorso sostanzialmente adesivo.
Il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo la ricorrente RAGIONE_SOCIALE denunzia, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 101,112, 115 e 116 c.p.c. (il primo motivo del ricorso NOME, pur avendo identico contenuto, lamenta la violazione e falsa applicazione del solo art. 112 c.p.c.). Si duole che la Corte d’ Appello di Catanzaro, in contrasto con i principi della disponibilità e del contraddittorio delle parti sulle prove, abbia ‘posto alla base della decisione fatti e prove in contraddizione con la prova che si voleva dimostrare’, con conseguente violazione delle norme indicate, ‘travisando i fatti siccome in contrasto con le risultanze acquisite, per quanto risulta dagli atti processuali e dalle deduzioni delle parti’. Lamenta che:
-i giudici dell’appello non hanno tenuto conto di quanto stabilito nella convenzione stipulata tra le parti circa i criteri e modi per determinare la fissazione delle tariffe per il servizio;
pur avendo smentito quanto affermato dal RAGIONE_SOCIALE circa il fatto che il meccanismo per la copertura delle perdite sarebbe stato limitato alla prima annualità, la Corte D’Appello di Catanzaro non ha dato rilievo a tale circostanza ai fini della decisione;
la Corte avrebbe altresì ignorato le ragioni che avevano indotto il RAGIONE_SOCIALE a consegnare la gestione del servizio idrico e fognario ad una RAGIONE_SOCIALE privata;
i giudici di secondo grado hanno ‘sorvolato a piè pari’ le norme che disciplinano la materia (individuate nella legge 498/1992 e la legge 36/1994), le quali prevedrebbero la possibilità di adeguare l’imposta tariffaria del servizio prestato, per garantire al Concessionario il necessario equilibrio economico;
non è stato considerato che il meccanismo di determinazione tariffaria è strutturato in modo da remunerare gli investimenti, consentendo l’inclusione nel corrispettivo anche degli ammortamenti;
si è ingiustificatamente esclusa la valenza probatoria del verbale della Commissione tecnico-amministrativa, invero puntuale e analitica, e integrante insuperabile prova dello sbilanciamento economico e delle perdite di esercizio;
la Corte di merito ha erroneamente ritenuto non raggiunta la prova delle suddette perdite per il mancato deposito dei c.d. bilanci tecnici, necessari per ottenere un’esatta conoscenza dei volumi d’acqua potabile immessi nella rete. Tali dati sarebbero stati facilmente estrapolabili dai formulari -schede trasmessi dalla RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE e prodotti in atti, ignorati anche dal c.t.u;
-i giudici dell’appello hanno omesso di considerare le perplessità esternate dal collegio che aveva accolto l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado;
non è stata prestata la dovuta attenzione alla consulenza tecnica d’ufficio, dalla quale emergerebbe che il rapporto tra l’acqua fatturata dalla Regione e quella fatturata dal RAGIONE_SOCIALE agli utenti ‘porta ad una differenza che non può essere spiegata con ipotetiche perdite dell’acquedotto o per la mancata riscossione del tributo verso gli utenti morosi’;
-la Corte d’appello ha erroneamente affermato che il disavanzo da cui poteva maturare un diritto all’adeguamento non era quello certificato bilancio;
i giudici hanno omesso di decidere in ordine alla domanda riconvenzionale proposta dalla appellante RAGIONE_SOCIALE.
4.2. Con il secondo motivo di entrambi i ricorsi, si censura la violazione e falsa applicazione della Legge 34/1994 e degli artt. 29, 30 e 34.
I ricorrenti, principale e incidentale, si dolgono che la corte d’appello non abbia riconosciuto che le perdite sono state validamente certificate da parte della Commissione tecnicoamministrativa.
4.3. Con il terzo motivo di entrambi i ricorsi, si chiede che, in ipotesi di accoglimento del primo motivo di ciascun ricorso, la causa venga decisa nel merito, con accoglimento delle domande di risarcimento formulate in via riconvenzionale nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE da parte delle odierne ricorrenti.
Va pregiudizialmente disposta la riunione dei ricorso ex art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 677/2020, impugnata con i medesimi motivi di ricorso, di identico contenuto.
5.1. I primi due motivi di entrambi i ricorsi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono sotto plurimi profili inammissibili.
Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in modo tale da risultare non comprensibili le critiche rivolte alla sentenza
impugnata in vista del controllo di legittimità, in violazione dei requisiti a pena d’inammissibilità prescritti all’art. 366 c.p.c., come interpretato da questa Corte (cfr. Cass. Civ. n. 17698/2014).
Le censure formulate sono prive del requisito dell’autosufficienza, non essendo riportati testualmente, nemmeno per estratto, i documenti che si sostiene che la Corte d’appello di Catanzaro avrebbe omesso di considerare o a cui non avrebbe attribuito la corretta valenza probatoria (la convenzione, il verbale della Commissione tecnico-amministrativa, i formulari-schede relativi ai volumi dell’acqua immessi nella rete, la consulenza tecnica d’ufficio) e non avendo il ricorrente neppure dedotto di aver sottoposte le menzionate censure all’esame del giudice di merito.
La ricorrente non si fa carico di criticare le rationes decidendi , non risultando in particolare censurata l’affermazione secondo cui è nella specie non configurabile il diritto all’adeguamento tariffario per la mancanza di prova circa le perdite di esercizio (non essendo stati prodotti in giudizio bilanci dai quali fosse possibile verificare i volumi di acqua fatturata), e per la non idoneità del verbale della Commissione, in ragione del carattere interlocutorio del suo contenuto, a costituire una certificazione dell’esistenza di uno squilibrio economico che non fosse non generato da una scorretta gestione economico-finanziaria del servizio. A fronte di tali argomentazioni, i ricorrenti si limitano a prospettare una diversa e più favorevole valutazione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo.
All’infondatezza dei suindicati motivi e dall’inammissibilità del 3° motivo, che è in realtà un ‘non motivo’, consegue il rigetto dei ricorsi.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo a carico delle ricorrenti e in favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente, seguono la soccombenza; nulla sulle spese tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 15.200,00, di cui euro 15.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza