Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10370 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10370 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30795/2019 R.G. proposto da :
COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente- contro
CONDOMINIO INDIRIZZO ANCONA, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n.1310/2019 depositata il 3.9.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 2011 i coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME, potendo vantare congiuntamente la proprietà di quattro unità immobiliari nel Condominio di Ancona, INDIRIZZO, di cui tre al piano terra (una del solo COGNOME e le altre, al pari della quarta unità in comproprietà) ed una al terzo piano, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Ancona il Condominio di INDIRIZZO, al fine di ottenere la declaratoria di nullità o l’annullamento della delibera assembleare del 19.4.2011, che aveva posto interamente a loro carico le spese di ripristino delle loro unità immobiliari condominiali, lesionate per il cedimento delle fondazioni dovuto alla rottura di una condotta fognaria condominiale, violando gli articoli 1123 e 2051 cod. civ., e per la condanna del Condominio al pagamento dell’importo di € 15.805,86 a favore del COGNOME e di € 3.245,60 a favore suo e della consorte COGNOME, a titolo di ristoro per equivalente per il ripristino dei locali danneggiati dal malfunzionamento della condotta fognaria condominiale, nonché al risarcimento dei danni subiti per il mancato utilizzo dell’unità immobiliare al piano terra dichiarata inagibile.
Si costituiva il Condominio, che eccepiva la nullità dell’atto di citazione ed in particolare l’indeterminatezza della domanda di risarcimento danni avversaria, chiedendo per il resto la reiezione delle domande avversarie.
Con sentenza n. 2074/2014, il Tribunale di Ancona, previo espletamento di CTU, accoglieva la domanda attorea volta a ottenere la declaratoria di nullità della delibera impugnata, condannava il Condominio al pagamento delle spese di ripristino delle unità immobiliari, e respingeva invece la domanda risarcitoria, in quanto gli attori non avevano integrato la domanda entro il termine dell’art. 183 comma 6° n. 1 c.p.c. ed essa risultava generica, non essendo identificato né identificabile l’unità immobiliare al piano terra inagibile, né l’intestazione della stessa e
mancando qualsiasi documentazione indicativa della data dell’inagibilità, oltre al difetto di prove circa l’effettivo valore locativo del bene, non potendosi desumere tali dati dalla CTU espletata.
Avverso questa sentenza, COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano appello, dolendosi del rigetto della domanda risarcitoria.
Si costituiva il Condominio, chiedendo il rigetto del gravame e la conferma della sentenza di prime cure.
Con la sentenza n. 1310/2019 del 24.7/3.9.2019, la Corte di Appello di Ancona rigettava il gravame e condannava gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.
Avverso questa sentenza, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto tempestivo ricorso a questa Corte il 14.10.2019, affidandosi a due motivi ed il Condominio ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza della camera di consiglio del 10.4.2025, sia i ricorrenti che il controricorrente hanno depositato memorie ex art. 380bis .1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo articolato motivo i ricorrenti lamentano, in riferimento ai nn. 3), 4) e 5) dell’art. 360, primo comma c.p.c.:
la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4) c.p.c., 118 comma 2 disp. att. c.p.c., 24 e 111 Cost e 112 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello si sarebbe limitata a condividere i rilievi del Tribunale, con motivazione apparente e meramente assertiva. In particolare, la Corte d’Appello non avrebbe spiegato perché non sarebbe risultato provato il danno da mancato godimento dell’immobile nonostante la dichiarata inagibilità, e perché non sarebbero risultate individuate le superfici, la destinazione e le caratteristiche dell’unità immobiliare inagibile, posto che gli stessi sarebbero stati descritti nell’atto introduttivo,
nell’ATP allegatovi dell’ing. COGNOME negli allegati all’ATP prodotti con le note ex art. 183 comma 6° n. 2) c.p.c., oltre che nella CTU espletata dal medesimo professionista nel giudizio di merito;
l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dai documenti sopra elencati;
la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., per aver la Corte distrettuale posto a fondamento della decisione non le prove offerte dalle parti, bensì circostanze di fatto inesistenti;
la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056, 2051, 2697, 2727, 2729 cod. civ. e 14, 112, 189 c.p.c., in quanto la Corte distrettuale avrebbe erroneamente omesso di procedere alla liquidazione secondo equità del danno nonostante l’inagibilità accertata, attribuendo esclusiva rilevanza all’importo indicato nelle conclusioni del giudizio di secondo grado, comprensive di un risarcimento danni superiore a quello richiesto in primo grado.
Il primo articolato motivo di ricorso é volto a contrastare l’impugnata sentenza contemporaneamente in relazione all’art. 360 comma primo n. 3), 4) e 5) c.p.c. sotto il profilo dell’error in iudicando per violazione degli articoli 1223, 1226, 2056, 2051, 2697, 2727 e 2729 cod. civ. e degli articoli 14, 112, 115 e 189 c.p.c. , della nullità per vizio di motivazione, e dell’omessa considerazione di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, rappresentati da alcuni documenti ritenuti non adeguatamente valutati dai giudici di merito.
La circostanza che l’unico motivo di ricorso sia articolato in più profili, ciascuno dei quali avrebbe ben potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non è certo, di per sè sola, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione. Per rendere ammissibile il ricorso è sufficiente che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, onde consentirne, se
necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. sez. un. 6.5.2015 n. 9100).
Nella specie i singoli profili di censura risultano compiutamente argomentati, e possono quindi essere esaminati secondo l’ordine alfabetico di prospettazione, come se si trattasse di motivi diversi.
1A) Va anzitutto rilevata l’infondatezza del motivo attinente alla mancanza, o mera apparenza della motivazione, con la quale la Corte d’Appello ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento dei danni da inagibilità, provocata dal cedimento delle fondazioni, dovuto a perdite di una condotta fognaria condominiale, lamentati dagli originari attori ed attuali ricorrenti.
Si premette che per le sezioni unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. sez. un. 19.6.2018 n.16159, che menziona Cass. sez. un. 3.11.2016 n. 22232). Ancor più di recente, Cass. sez. un. 27.12.2019 n. 34476 ha avuto modo di ribadire che ” nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione “.
Orbene, Il giudice di secondo grado ha correttamente inquadrato il danno in questione, in linea con la più recente giurisprudenza di questa Corte, come danno conseguenza accertabile per presunzioni previa allegazione della parte danneggiata dei fatti dai quali desumere presuntivamente il pregiudizio (sono state citate Cass. n.15111/2013, Cass. n. 378/2005, Cass. n. 25898/2016, Cass. n.13071/2018 e Cass. n. 31233/2018, alle quali più recentemente é seguita nello stesso senso Cass. sez. un. 15.11.2022 n. 38645, i cui principi, dettati in materia di occupazione senza titolo, sono stati ritenuti applicabili anche agli immobili inagibili a causa del comportamento colposo di terzi da Cass. 2.12.2024 n. 30791), e non come danno evento, osservando, in linea con la sentenza di primo grado, che gli attori con l’atto di citazione non avevano esattamente individuato l’unità immobiliare al piano terra (tra le quattro indicate in citazione, tre al piano terra ed una al terzo piano, delle quali una sola di proprietà esclusiva di COGNOME NOME e tre in comproprietà con COGNOME NOME) risultata inagibile, la superficie della stessa, ritenuta non ricavabile dalla relazione dei Vigili del Fuoco di Ancona del 29.4.2010 in atti, e la sua effettiva destinazione avuto riguardo alle caratteristiche funzionali e dimensionali, omettendo di fornire tali precisazioni nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c. autorizzata, nonostante le contestazioni di genericità mosse sul punto dal Condominio nella comparsa di risposta, e limitandosi ad allegare documenti con la memoria ex art. 183 comma 6° n. 2) c.p.c. dopo la maturazione delle preclusioni relative alla fissazione del thema decidendum.
La sentenza di secondo grado ha poi rimarcato, quanto all’incertezza del danno lamentato, che gli attori nel giudizio di primo grado avevano fatto riferimento ad un importo mensile perso nettamente inferiore a quello poi richiesto nell’atto di appello (nel
quale si erano basati sul canone di locazione ritraibile dalle unità abitative del piano terra subalterni accorpati 2/3, in cui erano stati riscontrati danni, stimato dal CTU in € 820,00 mensili), e che la stessa CTU espletata in primo grado aveva ritenuto il canone stimato, come meramente ipotetico, per l’impossibilità di quantificare il risarcimento in relazione al mancato utilizzo del locale al piano terra, come detto non identificato dagli attori, anche per l’incertezza sul fatto che esso si trovasse, prima di diventare inagibile per il cedimento delle fondazioni dovuto alla perdita della condotta fognaria condominiale, in uno stato manutentivo soddisfacente, e per l’impossibilità di dedurre le imposte ed aliquote da scomputare da un eventuale canone di locazione percepibile.
E’stata poi confermata la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva rimarcato, a proposito della genericità della domanda risarcitoria, che gli attori avevano allegato all’atto di citazione originario solo la deliberazione dell’assemblea condominiale impugnata del 19.4.2011, e non la relazione redatta in sede di ATP dall’ing. COGNOME con le foto e le planimetrie sulle unità immobiliari allegate, relativa all’accertamento delle cause del cedimento delle fondazioni e delle fessurazioni dei muri riscontrate in varie unità immobiliari condominiali, relazione che nella citazione era stata solo menzionata, e la circostanza che il Condominio nella sua comparsa di risposta abbia fatto riferimento ad alcuni stralci di quella relazione, avendo preso parte all’ATP, non é di per sé indicativa del fatto che tale relazione fosse stata prodotta nel giudizio di merito risarcitorio.
Quanto alla richiesta di rinnovazione della CTU, che era stata effettuata dagli appellanti, il giudice di secondo grado ha evidenziato, a pagina 17, che tale strumento non é utilizzabile per esonerare la parte dall’onere di allegare e provare i fatti o le circostanze posti a base delle sue domande.
La Corte d’Appello ha poi correttamente escluso a pagina 15 la possibilità della liquidazione equitativa del danno lamentato dagli attori ex artt. 1226 e 2056 cod. civ., in quanto gli attori non avevano fornito i dati necessari per addivenire all’apprezzamento equitativo, e del resto per giurisprudenza consolidata di questa Corte non si può procedere ad una liquidazione equitativa ex art. 1226 cod. civ. se non è stata data prova dell’esistenza del danno e dell’impossibilità, o estrema difficoltà di fornirne prova (Cass. 24.1.2025 n. 1746; Cass. sez. lav. 30.10.2020 n. 24146; Cass. n.20889/2016). E’ quindi di tutta evidenza che non siamo in presenza di una motivazione meramente apparente.
I ricorrenti hanno poi accennato, in tale motivo, anche alla natura contraddittoria e perplessa della motivazione dell’impugnata sentenza, per avere respinto la domanda di risarcimento dei danni per inagibilità di un’unità immobiliare al piano terra non meglio individuata, dopo avere invece condannato il Condominio al pagamento a favore degli attori delle somme necessarie al ripristino delle unità immobiliari danneggiate degli attori secondo la stima del CTU, ma dopo la riforma dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. apportata dall’art. 54 comma 1 lettera b) del D.L. 22.6.2012 n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7.8.2012 n. 83, la motivazione insufficiente, o contraddittoria, non é più censurabile nel giudizio di legittimità.
La motivazione effettivamente fornita nell’impugnata sentenza soddisfa pienamente il cosiddetto ‘minimo costituzionale’ e consente appieno di comprendere le ragioni della decisione adottata, né sono stati individuati motivi specifici d’impugnazione ai quali la Corte d’Appello, pur avendoli valutati congiuntamente, non abbia dato risposta, per cui é insussistente anche l’ipotizzata violazione dell’art. 112 c.p.c..
E’ evidente poi che, dati i limiti di sindacabilità della motivazione in sede di legittimità, non possono i ricorrenti pretendere una diversa
valutazione del materiale istruttorio da parte di questa Corte, al fine di conseguire il risarcimento danni, che attraverso la plausibile e chiara motivazione illustrata é stato loro negato, neppure attraverso una combinazione di censure diretta ad ottenere una rivalutazione del merito.
1B) Il motivo 1B é inammissibile per ‘doppia conforme’ ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c., in quanto le sentenze di primo e di secondo grado hanno concordemente negato il risarcimento dei danni da inagibilità di una delle quattro unità immobiliari al piano terra degli attori, per la mancata allegazione e prova della specifica unità immobiliare interessata, della sua intestazione, dell’estensione della superficie inagibile, della destinazione e dello stato manutentivo esistente al momento dell’accertata inagibilità, e comunque il vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. può essere invocato per l’omessa considerazione di un fatto storico principale, o secondario decisivo oggetto di discussione tra le parti, e non allo scopo di sollecitare una rivalutazione di una serie di documenti per inficiare il libero convincimento legittimamente basato, dai giudici di merito, su altri elementi di prova, o su motivazioni che precludano l’attrazione di quei documenti dall’ambito probatorio a quello delle allegazioni, effettuate nei termini preclusivi in modo insufficiente.
1C) Il motivo 1C) é inammissibile.
Per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale
attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (vedi Cass. sez. un. 30.9.2020 n. 20867), ed il cattivo apprezzamento delle prove é sindacabile in sede di legittimità nei ristretti limiti in cui ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. Nella specie, al contrario, la CTU espletata non é stata ignorata, ma valutata criticamente dalla Corte d’Appello sulla base dei limiti espressi, dallo stesso ausiliario, circa l’utilizzabilità a fini risarcitori del canone delle unità immobiliari al piano terra nelle quali erano stati riscontrati i danni, e quanto agli altri documenti invocati dagli attori a supporto delle loro pretese risarcitorie, il giudice di secondo grado ha correttamente tenuto conto delle già intervenute preclusioni maturate, in punto di oneri di allegazione, al momento della produzione di essi con la memoria ex art. 183 comma 6° n. 2) c.p.c., e del fatto che la CTU non poteva svolgere una funzione sostitutiva dell’onere di allegazione e prova gravante sugli asseriti danneggiati.
1 D) Il motivo 1D) é inammissibile, perché al di là del richiamo a molteplici violazioni di legge, tende in realtà ad ottenere davanti a questa Corte, giudice di legittimità, un nuovo giudizio di merito in ordine all’esistenza del danno da inagibilità di un’unità immobiliare al piano terra, per di più riferendosi per la prima volta, non alla perdita della facoltà di godimento diretto, o di locazione di tale unità immobiliare, ma al tempo occorrente per l’esecuzione dei lavori di ripristino.
Col secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4) dell’art. 360, primo comma, i ricorrenti prospettano la nullità della sentenza impugnata e del procedimento per violazione degli artt. 132 comma 2 n. 4) c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 24 e 111 Cost. e 163, 164 e 183 c.p.c., in quanto la Corte distrettuale avrebbe erroneamente ritenuto tardiva l’allegazione degli elementi utili ai fini della domanda risarcitoria, quando invece gli stessi sarebbero
già stati indicati nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e nell’ATP dell’ing. COGNOME ad esso allegato ex art. 163, comma 3, n. 5 c.p.c.. Peraltro, il giudice di seconde cure non avrebbe potuto affermare che le produzioni e richieste istruttorie di cui alle note ex art. 183 comma 6° n. 2) c.p.c. erano inammissibili in quanto volte ad ampliare il thema decidendum , posto che le stesse erano dirette a dimostrare fatti già tempestivamente allegati dagli attuali ricorrenti.
Il secondo motivo censura l’impugnata sentenza, per avere reso una motivazione meramente assertiva e tautologica, nel confermare la decisione di primo grado, che aveva rilevato la carente precisazione della domanda risarcitoria degli attori, sia nell’individuazione dell’unità immobiliare al piano terra alla quale si riferiva la lamentata inagibilità, sia in ordine alla quantificazione del danno, ignorando il principio giurisprudenziale per cui l’identificazione della causa petendi andava operata con riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, che potevano svolgere una funzione di chiarificazione del quadro allegatorio già prospettato purché fossero specificamente indicati nell’atto di citazione come prescritto dall’art. 163 comma 3 n. 5) c.p.c. (Cass. n.3363/2019; Cass. n.7115/2013).
Il motivo é infondato, in quanto la Corte d’Appello non si é limitata a fornire una motivazione tautologica e meramente assertiva, ma attraverso il controllo degli atti, ha verificato che gli attori nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c., nonostante le eccezioni sollevate dal Condominio nella comparsa di risposta circa la genericità della domanda risarcitoria avanzata dagli attori per l’impossibilità di utilizzo di una delle tre unità immobiliari poste al piano terra, non hanno compiuto alcuna precisazione di quella domanda attraverso la specificazione dell’unità immobiliare al piano terra interessata dall’inagibilità, limitandosi a produrre con la
memoria ex art. 183 comma 6° n. 2) c.p.c. alcuni documenti (tra essi gli allegati all’ATP della relazione dell’ing. COGNOME ed al n. 2 una nota di identificazione delle unità immobiliari), evidentemente non utilizzabili per l’assolvimento dell’onere di allegazione per essere già maturate le preclusioni relative alla fissazione del thema decidendum.
I ricorrenti, peraltro, travisano il significato delle sentenze citate nel motivo in questione (Cass. n. 3363/2019; Cass. n. 7115/2013), che lungi dall’attribuire ai documenti una funzione sostitutiva delle allegazioni mancate delle parti, hanno stabilito che non possono i documenti prodotti ampliare, di per sè, il thema decidendum , in assenza di allegazioni congruenti che ne assumano il contenuto rappresentativo nell’alveo degli elementi fattuali già posti a fondamento della pretesa spiegata con l’atto a ciò deputato. Ciò in quanto i documenti (da indicarsi ai sensi del n. 5) del comma 3 dell’art. 163 cod. proc. civ.) rivestono eminentemente una funzione probatoria, che, come tale, non può surrogare quella dell’allegazione dei fatti, imposta (a pena di nullità ex art. 164 c.p.c.) dal n. 4) del comma 3 dell’art. 163 c.p.c., potendo essi, nel contesto di un impianto allegatorio già delineato, essere semmai di chiarimento della portata e dei termini dei fatti addotti.
Le spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico dei ricorrenti in solido.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, respinge il ricorso di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME e li condanna in solido al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente,
liquidandole in € 200,00 per spese ed € 4.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 10.4.2025