Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12265 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12265 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
La Corte di Appello di Napoli ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME, dipendente della ASL di Caserta con mansioni di infermiere professionale (categoria D). avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che aveva respinto le domande del medesimo, volte ad ottenere l’accertamento del suo diritto ad usufruire del servizio mensa e/o di modalità alternative, come il ticket mensa, per l’attività lavorativa prestata dal le ore 20.00 alle ore 8.00 nel periodo dal 2001 al 2008.
Il COGNOME aveva dedotto di avere osservato un orario di lavoro di 36 ore settimanali articolato su tre turni (8.00-14.00; 14.00-20.00 e 20.00-8.00) e di avere ricevuto il ticket mensa, nel periodo dal 2001 al 2008, solo riguardo al turno mattutino e al turno pomeridiano, avendo la ASL Caserta comunicato a tutti i presidi e distretti l’attribuzione del ticket mensa anche per il turno 20.00 -8.00 solo con nota prot. n. 489/PROV del 4.3.2009.
La Corte territoriale, richiamati i propri precedenti, per la ragione più liquida ha accolto l’eccezione di prescrizione quinquennale del credito formulata dalla ASL.
Ha evidenziato che il ricorso di primo grado del 28.11.2017 era intervenuto quando il termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 2948 n. 4 cod. civ. era ampiamente maturato.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
La ASL di Caserta ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
1.L ‘unico motivo di ricorso è così rubricato: ‘1 . Sulla prescrizione; Sui poteri istruttori d’ufficio di cui all’art. 421 c.p.c.; Sull’onere di allegazione e sull’onere probatorio; Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.; Violazione del principio del contraddittorio art. 101 c.p.c. e del diritto di difesa art. 24 della costituzione in relazione all’art. 360, n . 3 c.p.c .’.
Il ricorrente addebita alla Corte territoriale di avere ignorato che nel punto 5 della parte in fatto del ricorso di primo grado aveva dedotto di avere ripetutamente sollecitato la ASL Caserta a mezzo raccomandate A/R e di avere dunque rivendicato il proprio diritto ed interrotto i termini di prescrizione.
Evidenzia che al doc. n. 4 erano stati allegati gli atti interruttivi, costituiti dalla raccomandata A/R del 3.5.2004, dalla raccomandata A/R del 9.12.2008, dalla raccomandata A/R del 2.11.2011 e dalla raccomandata A/R del 18.8.2016, da cui si desumeva l’i nterruzione dei termini.
Precisa che la documentazione prodotta nel giudizio di primo grado era stata allegata in un unico file in formato PDF e che il foliario/indice dei documenti era stato redatto tramite uso di segnalibro, come da disposizione del 2015 del Presidente della Sezione Lavoro di Santa Maria Capua Vetere.
Sostiene che la Corte territoriale era incorsa in un errore materiale, in quanto aveva omesso di valutare la suddetta documentazione, nonostante il tempestivo deposito della documentazione con il ricorso e l’indicazione con segnalibro.
Argomenta che ai sensi dell’art. 421 c.p.c., qualora sia opportuno integrare il quadro probatorio già tempestivamente delineato dalle parti, e dunque colmare eventuali lacune, e sempre che la parte non sia incorsa in una preclusione a causa della sua colpevole inerzia processuale e l’iniziativa dell’ufficio sia indispensabile e non volta a supplire le carenze probatorie delle parti, se il giudice rileva irregolarità che possono essere sanate negli atti e nei documenti, ne informa le parti e assegna loro un termine per provvedere.
Aggiunge che l’eccezione di interruzione della prescrizione, configurandosi come eccezione in senso lato, può essere rilevata d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo.
Lamenta che prima della decisione al ricorrente non era stata offerta la possibilità di depositare memorie con osservazioni sulla questione.
Il ricorso è inammissibile.
Al di là della modalità di formulazione il ricorso, che denuncia il vizio di violazione di legge ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., prospettando un ‘errore materiale’, consistito nell’omessa valutazione , da parte del giudice di appello della documentazione con ‘segnalibro/indice/foliario’ , al ricorso di primo grado, non assolve compiutamente agli oneri di cui all’art. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ.
La censura proposta si limita a prospettare che nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado il COGNOME aveva dedotto di avere ripetutamente sollecitato la ASL di Caserta a mezzo raccomandate A/R, rivendicando il proprio diritto ed interrompendo i termini di prescrizione, ma non deduce di avere indicato nel ricorso di primo grado le date degli atti interruttivi, non riproduce né sintetizza il contenuto degli atti interruttivi, né precisa se nel ricorso di primo grado erano stati specificamente indicati i documenti posti a base della domanda ed offerti in comunicazione; inoltre non sintetizza l’atto di appello .
La censura fa leva su una disposizione del 2015 del Presidente della Sezione Lavoro di Santa Maria Capua Vetere, sulla base della quale sarebbe stato redatto e allegato al ricorso un documento esterno costituito da un file PDF denominato ‘segnalibro/indice/foliario’ che avrebbe contenuto i suddetti documenti e sarebbe stato depositato telematicamente, senza peraltro indicare in quale atto dei gradi di merito l’avrebbe menzionata e senza localizzarla.
L’onere della parte di indicare puntualmente il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure è stato recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, sia pure nell’ambito dell’affermata necessità di non intendere il principio di autosufficienza del ricorso in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza C.E.D.U. Succi e altri c. Italia del 28.10.2021 (Cass. SU n. 8950/2022).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza sono liquidate come in dispositivo.
5 . Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte