Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23223 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23223 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20521-2020 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 866/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 19/11/2019 R.G.N. 251/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con propria sentenza il Tribunale di Bologna aveva respinto la domanda di COGNOME NOME, volta ad ottenere, da NOME COGNOME la restituzione della somma di € 4.700,00, che
Oggetto
Differenze retributive
R.G.N. 20521/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 25/03/2025
CC
aveva mutuato al Singh in forza di convenzione tra le parti in data 4.1.2013, ed aveva parzialmente accolto la domanda riconvenzionale del Singh, relativa ad un vantato controcredito a titolo di lavoro supplementare/straordinario.
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Bologna, in parziale accoglimento dell’appello proposto da COGNOME NOME contro la sentenza di primo grado, respingeva la domanda riconvenzionale del lavoratore e condannava lo stesso a corrispondere € 4.422,60 e a restituire quanto ricevuto in forza della provvisoria esecutività della pronuncia gravata, oltre agli interessi legali dal dovuto al saldo.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale rilevava: a) che il C.T.U. contabile officiato dal primo giudice aveva formulato una pluralità di ipotesi, una delle quali si appalesava aderente all’impostazione difensiva dell’appellante; b) che, a front e di un orario ordinario mensile di 173 ore il ‘cartellino’ considerato indicava ore ordinarie pari a 129,30 e ore straordinarie pari a 46,30, sicché era di palmare evidenza che, al di là della ripartizione di cui al riassunto in precedenza citato, le ore andavano sommate e solo le eccedenti le predette 173 considerate straordinario; c) che, quindi, risultava di giustizia l’ipotesi 1 della C.T.U., alla stregua della quale, computato quanto già retribuito come ore supplementari o straordinarie nei prospetti paga, il credito del prestatore si appalesava pari a € 219,95, oltre riflessi sul TFR pari a € 57,45; d) che ne conseguiva la reiezione della domanda riconvenzionale e la condanna dell’appellato a corrispondere € 4.700,00, previa detrazione del controcred ito di € 277,40 e, quindi, € 4.422,60, senza accessori in quanto non richiesti.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione di legge ex art. 360 n. 3 cpc per mancata ed erronea applicazione degli artt. 2697 c.c. -2709, e 115 cpc e 116 cpc, 228 cpc 2733 cc con riferimento alla valenza probatoria dei cedolini presenza provenienti dal datore di lavoro e della confessione giudiziale del datore di lavoro’. Deduce essere errata la sentenza di secondo grado che, non tenendo conto dei principi illustrati, si era discostata ‘dalla valorizzazione economica delle ore di lavoro straordinario effettuate dal CTU nella c.d. ipotesi 2 -la quale considera le ore straordinarie indicate dal datore di lavoro nel proprio doc. 6-31 -cartellini marca tempo -riconoscendo il credito del lavoratore di € 9.584,15, così come correttamente statuit o in primo grado’. Deduce, ancora, che la Corte d’appello ‘altresì, avrebbe dovuto tenere conto del principio di ‘non contestazione’ sancito dall’art. 115 c.p.c. in virtù del quale il giudice pone a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita che, in quanto tali, non necessitano di essere provati’. Secondo il ricorrente, infine, la Corte ‘ha altresì completamente errato dando valenza alla eccezione sollevata dal solo difensore del datore di lavoro unicamente nella nota di deposito dei documenti 6)-31) -cartellini marca tempo -, con la quale è stato specificato il fatto che ‘le ore riportate sui cartellini sono ore ‘ordinarie’ anche se riportate come ‘straordinarie’ in quanto nel programma di
gestione è inserito un orario di lavoro predefinito’ poiché costituente mera affermazione, sprovvista di qualsiasi prova, irritualmente introdotta nel giudizio di primo grado e successivamente allo spirare dei termini istruttori; essa, inoltre, è stata non è inserita in alcun atto difensivo rituale ma solo in una nota di deposito, come tale deputata al solo deposito di documenti e non a considerazioni di diritto o di fatto, con violazione del principio del contraddittorio’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di norme di legge ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c., al CCNL Metalmeccanici del 16/06/2011’. Secondo il ricorrente, ‘la Corte felsinea ha preso il valore 173 come riferimento per determinare il numero di ore di lavoro ordinarie, commettendo tuttavia un grave errore e violando il contratto collettivo del settore’.
I motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati per connessione, sono inammissibili.
Rilevato, infatti, che l’impugnata sentenza non è qui censurata sotto il profilo motivazionale, il ricorrente, come si è visto, nel primo motivo si riferisce a più riprese ai doc. n. 6-31 del fascicolo di primo grado della controparte, assumendo che si tratterebbe dei ‘prospetti presenze prodotti dal datore di lavoro, ma anche dei ‘cartellini marca tempo’ (cfr. pagg. 7 -8 del ricorso); laddove la Corte territoriale, nella sua motivazione, ha menzionato soltanto, sia pure a titolo esemplificativo, ‘un riassunto orario, (v. doc. 17 di parte appellante), del maggio 2012, epoca che vedeva già il rapporto di lavoro full time’ (cfr. primo cpv. a pag. 5 della sua sentenza).
4.1. Sempre nel primo motivo, come si è visto, il ricorrente assume che la Corte territoriale avrebbe ‘completamente errato dando valenza alla eccezione sollevata dal solo difensore del datore di lavoro unicamente nella nota di deposito dei documenti 6)-31) -cartellini marca tempo’; tuttavia, dall’intero testo della sentenza gravata non emerge assolutamente che la Corte abbia accolto un’eccezione della controparte formulata dalla controparte in tale nota di deposito, nota, del resto, che la Corte stessa neppure ha menzionato.
Analoghe considerazioni valgono per il secondo motivo.
Invero, in nessun punto della propria decisione la Corte distrettuale ha fatto riferimento al CCNL Metalmeccanici Artigianato del 16/06/2011.
La Corte ha sì fatto riferimento ad ‘orario ordinario mensile di 173 ore’, ma non ha specificato se questo dato fosse stato desunto da detto CCNL, da altra fonte collettiva o dal contratto individuale di lavoro che legava le parti in causa.
Ai fini dei propri calcoli la Corte territoriale ha piuttosto richiamato la ‘ipotesi 1 della ctu’ (cfr. pag. 5 della sua sentenza).
Vanamente, perciò, il ricorrente assume che dal cit. CCNL e, segnatamente, dagli artt. 18 e 28 dello stesso si desumerebbe che le ore di lavoro ordinario ivi previste sarebbero ‘160 e non 173’, lamentando nel contempo la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. senza specificare quale sia l’atto negoziale rispetto al quale sarebbero stati violati dett i canoni ermeneutici legali.
In definitiva, entrambi i motivi di ricorso risultano aspecifici rispetto all’ipotesi della C.T.U. fatta propria dalla Corte di merito nella sua sentenza e non appaiono pertinenti rispetto al ragionamento decisorio svolto dalla stessa Corte.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 25.3.2025.
La Presidente
NOME COGNOME