Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2810 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2810 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13162/2023 R.G. proposto da:
DA NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale: EMAILordineavvocatitrevisoEMAIL
-ricorrente – contro
DA COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Venezia n. 385/2023,
pubblicata in data 16 febbraio 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17
dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME:
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Venezia, la nipote NOME COGNOME chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 129.046,08, oltre interessi; deduceva, in particolare, di essere creditore: a) della somma di euro 11.257,06 per pretesi conguagli ed a titolo di restituzione di somme versate al padre della convenuta, NOME COGNOME, nel 1997; b) della somma di euro 27.621,33 per canoni di locazione, afferenti a un contratto stipulato con Wind s.p.a. relativo ad un impianto di telecomunicazioni; c) della somma di euro 35.000,00 quale compenso maturato, quanto meno dal 1998, per l’amministrazione e gestione delle parti comuni di INDIRIZZO, di cui era comproprietario con la nipote; d) della ulteriore somma di euro 55.168,37 per uscite varie a decorrere dall’anno 2004.
La convenuta, costituendosi in giudizio, oltre a contestare la domanda avversa, chiedeva, in via riconvenzionale, il rendiconto da parte dell’attore in merito alla gestione di Palazzo Muti Baglioni e la ripetizione di tutte le somme, pari ad euro 443.954,94, versate all’attore in relazione al mandato e non rendicontate, oltre al risarcimento dei danni da inadempimento.
A ll’esito della fase di rendimento del conto, il Tribunale adito rigettava integralmente le domande dell’attore e lo condannava a restituire alla convenuta, ex art. 2033 cod. civ., la somma di euro 443.945,94, oltre interessi dalla domanda; rigettava, invece, la domanda di risarcimento dei danni.
In parziale accoglimento del gravame proposto dal
soccombente, la Corte d’appello ha rigettato la domanda riconvenzionale ex art. 2033 cod. civ.
Dato atto che il rendiconto prodotto dall’appellante non conteneva una esatta indicazione delle entrate e delle uscite, con una puntuale allegazione della relativa documentazione, la corte territoriale ha evidenziato che NOME COGNOME, pur avendo chiesto la restituzione di una serie di pagamenti allo zio versati nel corso degli anni a titolo di rimborso spese relative all ‘ amministrazione dell’immobile, non aveva fornito la prova che gli esborsi effettuati , almeno dal 2004, fossero privi di causa, non potendo tale prova essere ricavata dal mancato rendiconto dello zio. Al riguardo la corte ha precisato: ‹‹la mera circostanza che l’appellante non abbia saputo rendere conto in modo corretto, come sopra evidenziato, ancora non dimostra che effettivamente le spese non siano state sostenute. Se infatti la mancata redazione del rendiconto determina il rigetto della domanda di pagamento di spese che non risultano altrimenti provate, esso non legittima la restituzione delle somme comunque pagate, essendo il pagamento assistito da una presunzione di sussistenza della relativa causa, salva dimostrazione in positivo della sua assenza››.
NOME COGNOME propone ricorso per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso NOME COGNOME.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ., in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve darsi atto che la qualifica ‘Conte’ davanti a ‘COGNOME‘ , presente in ricorso, è contraria all’art. XIV trans. Cost.
Sempre in via preliminare, deve rilevarsi la tardività del controricorso, in quanto il ricorso è stato notificato in data 13 giugno 2023, mentre il controricorso è stato depositato il 10 agosto 2023, anziché entro il 24 luglio 2023.
I giudizi di cassazione intrapresi con ricorso notificato dopo il 1° gennaio 2023, invero, sono sottoposti all’art. 370 cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 3, comma 27, del d.lgs. n. 149 del 2022, che ha eliminato l’obbligo di notifica del controricorso, con la conseguenza che il controricorrente deve ritenersi costituito ritualmente mediante deposito di tale atto (Cass., sez. 3, 07/02/2024, n. 3559).
Con il primo motivo la ricorrente denunzia: ‹‹ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1713 c.c. e dell’art. 2729 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto: – che la mancata presentazione del rendiconto non comporti l’inversione dell’onere della prova a carico del mandatario in relazione anche agli obblighi restitutori di quanto ricevuto a causa e in ragione del mandato; – che i pagamenti effettuati dal mandante al mandatario nel corso del rapporto di mandato siano assistiti da una presunzione di causa solvendi ›› .
Nel ribadire che le somme, alla cui restituzione NOME COGNOME è stato condannato in primo grado, sono state corrisposte all’odierno controricorrente a fronte delle richieste per spese di amministrazione del palazzo COGNOME INDIRIZZO, si sostiene che la corte territoriale avrebbe omesso di considerare che, ai sensi dell’art. 1713 cod. civ., l’obbligazione del mandatario di rimettere al mandante ‘ciò che ha ricevuto a causa del mandato’ deriva dalla presentazione del rendiconto e che tale obbligazione va interpretata quale obbligo di restituire ciò che il mandatario ha ricevuto per consentire l’espletamento del mandato, ivi compresi i ‘mezzi’ (nel caso di
specie, le somme di denaro ) fornitigli per l’adempimento dell e obbligazioni da contrarre a tal fine, nei limiti in cui non siano stati utilizzati.
Addebita, altresì, la ricorrente al giudice di appello di avere reso una motivazione contenente affermazioni tra loro inconciliabili, perché se, da un lato, aveva correttamente rigettato le domande di pagamento avanzate dalla controparte , rilevando che ‘l’obbligo del rendiconto gravante sul mandatario consiste nell’informare il mandante di ciò che è accaduto e cioè nell’informazione di fatti storici che hanno prodotto entrate ed uscite di denaro per effetto dell’attività svolta…’, dall’altro tale principio non era stato applicato quando , accertata l’assenza di rendiconto , ne aveva tratto l’inesistenza del diritto del mandatario a ricevere ulteriori somme ed escluso il diritto del mandante di ottenere la restituzione di quanto versato senza giustificazione; e aggiunge che la sentenza incorre pure nella violazione dell’art. 2729 cod. civ. nella parte in cui il giudice del merito si spinge ad affermare che ‘il pagamento (è) assistito da una presunzione di sussistenza della relativa causa, salvo dimostrazione in positivo della sua assenza’ (pag. 13 della motivazione), non considerando che le quietanze rilasciate dal controricorrente provavano esclusivamente l’avvenuto pagamento, ma che da tale fatto noto non era possibile risalire al fatto ignoto (ragione giustificatrice dell’esborso).
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia: ‹‹ Violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 c.c. e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., per illogica inversione dell’onere probatorio, avendo la Corte d’appello statuito il rigetto della domanda di restituzione proposta dalla Prof.ssa COGNOME ex art. 2033 c.c. imponendo un thema probandum di impossibile soddisfacimento, in assenza di valido rendiconto da parte del mandatario ›› .
I l giudice d’appello non avrebbe fatto buon governo dei criteri di ripartizione dell’onere della prova in tema di azione di indebito pagamento; e la ricorrente rimarca di avere allegato la prova dei pagamenti effettuati e di avere addotto l’inesistenza di una causa debendi , in ragione del mancato rendiconto.
I due motivi, strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati, e sono infondati.
5.1. Dal ricorso (pagine 3s.), come pure dalla sentenza impugnata, emerge che l’odierna ricorrente a veva chiesto il rendiconto della gestione di INDIRIZZO, sito a Venezia, di cui è comproprietaria unitamente allo zio -il quale dal 2000 al 2013 aveva provveduto all ‘amministrazione dell’immobile e la restituzione dell’importo di euro 443.954,94 corrisposto al parente ‘in relazione al mandato e non rendicontata’ .
5.2. Secondo quanto è stato chiarito in sede di elaborazione giurisprudenziale, l’obbligazione del mandatario, prevista dall’art. 1713 cod. civ., di rendere il conto del suo operato comporta che lo stesso giustifichi in che modo abbia svolto la sua opera, mediante la prova di tutti gli elementi di fatto che consentano di individuare e vagliare le modalità con cui ha eseguito l’incarico e di stabilire se il suo operato sia stato conforme ai criteri di buona amministrazione, in aderenza a quanto disposto dall’art. 1710 cod. civ. (Cass., sez. 2, 15/02/1995 n. 1600; Cass., sez. 3, 27/04/1982 n. 2634). Si tratta quindi di un negozio con funzione cognitiva della situazione preesistente (cioè dell’esecuzione del mandato) e ‹‹ costitutiva di un’attuale obbligazione diretta a definire un regolamento d’interessi collegato con il preesistente rapporto di mandato ›› (conforme Cass., sez. 3, 22/08/1985 n. 4480).
L’obbligo di rendiconto imposto al mandatario dall’art. 1713 cod. civ., pertanto, ‘ comporta che questi dia ragione del modo in cui ha
svolto la sua attività, mediante la prova dell’entità e della causale degli esborsi e degli incassi e di tutti gli elementi di fatto dai quali sia possibile accertare le modalità di svolgimento dell’incarico, anche in relazione ai fini da perseguire ed ai risultati raggiunti ‘ , nonché ‘ valutare se la sua condotta sia stata adeguata al criterio di buona amministrazione ‘ dettato dall’art. 1710 cod. civ. (così Cass., sez. 3, 27/04/1982 n. 2634, seguita da Cass., sez. 1, 12/07/1990 n. 7213, Cass., sez. 3, 9/02/2004 n. 2428, Cass., sez. 1, 21/04/2004 n. 7592, Cass., sez. 1, 10/12/2009 n. 25904, Cass., sez. 3, 14/11/2012 n. 19991; Cass., sez. 3, 17/04/2024 n. 10479 ; e cfr., per l’affine fattispecie dell’amministratore condominiale, Cass. sez. 6 -2, 17/01/2019 n.1186).
5.3. È ben vero che, nella specie, le questioni prospettate con i mezzi di ricorso in esame si inseriscono nell’ambito di un giudizio nel quale la domanda di condanna alla restituzione di somme ex art. 2033 cod. civ. si correla ad altra diretta ad ottenere il rendiconto e che il mandatario – come si afferma nella sentenza impugnata – non ha presentato un rendiconto idoneo ad essere qualificato come tale.
Ritiene tuttavia il Collegio, come questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare (cfr. tra le altre: Cass., sez. 3, 20/01/1981, n. 485; Cass., sez. 1, 11/11/2013, n. 25302), che l’ inosservanza dell’ordine del giudice in ordine al rendimento del conto non genera a carico del convenuto/mandatario l’inversione dell’onere della prova, che resta pur sempre a carico dell’attore che si assume creditore.
Ciò comporta, da un lato, che, nel caso de quo , la ripartizione dell’onere probatorio gravante sulle parti deve essere regolata avendo riguardo non al rapporto contrattuale -mandato – tra le stesse intercorso, ma alle norme dettate in tema di indebito (Cass., sez. 1, 8/03/2001 n. 3387; Cass., sez. 3, 3/03/1998 n. 2334; Cass., sez. 1, 28/07/1997 n. 7027; Cass., sez. 2, 18/12/1995 n. 12897; con
riguardo all’onere probatorio circa la mancanza della causa debendi : Cass., sez. 3, 14/05/2012 n. 7501; Cass., sez. L, 11/10/2010 n. 22872; Cass., sez. 2 27/11/2018, n. 30713) . D’altro lato, ne deriva che l a mancanza della prova dell’adempimento dell’obbligo del mandato non equivale a provare il quantum che l’odierna ricorrente pretende ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., come rilevato dalla corte territoriale a pag. 12 della sentenza impugnata: la sussistenza dell’inadempimento all’obbligo di rendiconto in capo all’odierno controricorrente non esclude, invero, che, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., l’odierna ricorrente, che ha proposto nei confronti dell’ accipiens l’azione di indebito oggettivo, s ia tenuta a dimostrare sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustificasse, integrando l’inesistenza della causa debendi quale elemento costitutivo (unitamente all’avvenuto pagamento e al collegamento causale) della domanda di indebito oggettivo, la cui prova – mediante fatti positivi contrari, o anche presuntivi – incombe all’attore (Cass., sez. 3, 13/02/1998 n. 1557; Cass., sez. L, 13/11/2003 n. 17146). Tanto porta ad escludere la fondatezza, sotto tutti i profili denunciati, del primo motivo di ricorso, che poggia sul presupposto che la mancata presentazione di un rendiconto ed il mancato adempimento, da parte del mandatario, dell’onere di fornire al mandante le informazioni necessarie a dimostrare le entrate e le uscite di denaro resesi necessarie per effetto dell’attività svolta determinino una inversione dell’onere della prova : difatti, anche se la condotta del mandatario è idonea a provare l’inadempimento alle obbligazioni derivanti dal mandato -e quindi, in ultima analisi, la sussistenza dell’ an della pretesa, che ne è derivata -, tale condotta non vale a far ritenere raggiunta, nemmeno in via presuntiva, la prova dello specifico quantum , qui preteso dalla odierna ricorrente e mai riconosciuto dal controricorrente.
6. Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Nulla deve disporsi in merito alle spese di lite, in ragione del rilevato tardivo deposito del controricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione