Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6742 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 6742 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28494-2022 proposto da:
NOME COGNOME NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
ASSESSORATO DELLA FAMIGLIA, DELLE POLITICHE SOCIALI E DEL LAVORO DELLA REGIONE SICILIANA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 215/2022 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 19/05/2022 R.G.N. 219/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Caltanissetta confermava la sentenza ( n. 41/2021) con la quale il Tribunale di Enna aveva dichiarato l’illegittimità della diffida accertativa emessa dalla DTL di Enna nei confronti di COGNOME NOME con cui era intimato allo stesso di pagare a COGNOME NOME la complessiva somma di E. 32.237,24 a titolo di retribuzioni, ratei di 13^ e 14^ mensilità, contributi non versati e quote TFR per il periodo 1.3.2005-31.12.2007; previa riunione nel medesimo giudizio, confermava altresì la sentenza n. 155/21 con la quale lo stesso Tribunale di Enna aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso sulla base della predetta diffida accertativa.
La Corte, con riferimento ad entrambi i procedimenti, riteneva corretta la statuizione del tribunale con riguardo alla carenza di potere della DTL di adottare la diffida accertativa allorchè non sia già accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro cui ri ferire la pretesa. Il giudice d’appello, sulla base dell’istruttoria svolta, valutava quindi la assenza di prova certa, il cui onere era incombente sulla lavoratrice, circa la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti nel periodo in contestazione.
Avverso detta decisione COGNOME NOME proponeva ricorso. Illustrato da memoria, cui resisteva con controricorso il COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va valutata la eccezione, sollevata dalla parte controricorrente, sulla nullità della procura alle liti perché rilasciata su supporto cartaceo e copiata per immagine su supporto informatico senza asseverazione di conformità.
A tal riguardo, a seguito di controllo del fascicolo d’ufficio deve evidenziarsi che, come anche indicato dalla ricorrente in memoria, la certificazione conformità è contenuta nella relata di notifica allegata alla pec inviata in data 21.11.22 insieme al ricorso ed alla procura alle liti ed è anche contenuta nel file ‘attestazioni conformità’. L’eccezione deve essere disattesa.
1)Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 416 co.3 c.p.c (art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.) quanto alla continenza tra
le due cause, la sussistenza di fatti non contestati e la insussistenza di difetti allegatori e probatori.
Sulla premessa che i due giudizi sopra indicati erano in un rapporto di continenza tra di loro, la ricorrente assume che nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, l’opponente non ave va mai negato l’esistenza di un rapporto di lavoro tra le parti con riferimento al periodo in esame. Assume altresì che in quel giudizio l’opponente non ave va neppure formulato richieste istruttorie. Da tali premesse ritiene di far conseguire l’operare del principio di non contestazione a fronte del quale non vi era un onere allegatorio e probatorio della lavoratrice.
Nel motivo, pur senza specifica indicazione del vizio denunciato, è altresì contestata la decisione con riguardo alla valutazione dei testi ed alla ritenuta carenza di elementi di prova relativi alla esistenza del rapporto di lavoro.
Con riferimento al primo profilo della censura, giova chiarire che la corte d’appello ha ampiamente motivato circa la necessità che, a fronte di una azione di accertamento negativo del credito oggetto di ingiunzione di pagamento, quale quella in origine proposta dal datore di lavoro, fosse onere della lavoratrice fornire la prova non solo del credito vantato ma delle ragioni dello stesso, ovvero del rapporto di lavoro tra le parti. La Corte di merito, dando atto che già il tribunale, investito delle questioni, aveva ritenuto insufficienti gli elementi di prova idonei a dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro, ha escluso che essa possa ritenersi non contestata nei precedenti giudizi, sia monitorio che in sede di opposizione (pgg 11-15 sentenza).
La valutazione della Corte, coerente con i principi del Giudice di legittimità (Cass. n. 26908/2020) impositivi di un onere di specifica contestazione a fronte di una altrettanto specifica allegazione dei fatti posti a fondamento della domanda, ha negato che il debitore (il COGNOME) avesse improntato la propria difesa sul presupposto certo dell’esistenza del rapporto di lavoro, avendo infatti allegato in sua difesa ‘circostanze neutre a tal fine’.
Ha così escluso che si fosse concretizzata una non contestazione su fatti, quali quelli posti a fondamento della originaria domanda di pagamento delle differenze retributive, il cui onere allegatorio e
probatorio restava, insufficientemente adempiuto, a carico della lavoratrice.
Trattandosi di giudizio di merito espresso in coerenza con i principi regolatori dell’onere probatorio, ogni censura in merito deve ritenersi inammissibile in questa sede di legittimità
Altresì non ammissibile è la contestazione relativa alla valutazione fatta dalla corte territoriale delle risultanze istruttorie, ampiamente argomentata dal giudice d’appello e dunque coerentemente espressa nell’ambito dei poteri valutativi a lui conferiti , non sindacabili in questa sede di legittimità.
Assorbita risulta peraltro ogni ulteriore doglianza relativa ai conteggi riferiti alle somme in origine domandate.
Il ricorso, per quanto rilevato, è inammissibile.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 4.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma il 19 dicembre 2023.
La Presidente