Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25804 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25804 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8581/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona della sua procuratrice AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 1480/2022 depositata il 03/03/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n° 16300/2016 (R.G. 45635/2016), notificato il 20.7.2016, emesso dal Tribunale di Roma il 6.7.2016 in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria dell’RAGIONE_SOCIALE, nell’importo di € 58.534,69, oltre accessori e spese, per fornitura di energia elettrica.
RAGIONE_SOCIALE, a fondamento dell’opposizione eccepiva: a) l’inammissibilità del procedimento monitorio per illiquidità e incertezza della pretesa creditoria e mancata produzione delle fatture indicate negli allegati estratti contabili; b) la mancata dimostrazione del credito azionato per non essere state riportate nelle fatture le letture del contatore dalle quali ricavare i consumi reali, nonché l’eccezione quinquennale ex art. 2948 C.C. nel caso la stessa risultasse maturata, attesa la genericità del ricorso ingiuntivo che impediva di svolgere una difesa compiuta e precisa. Il Tribunale di Roma, con sentenza ex art. 281 sexies C.P.C. n° dalle ingiunte, dichiarava infondato il preteso credito, revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite per € 13.851,50 e al risarcimento dei danni per lite temeraria
22849/2019, in accoglimento dell’opposizione interposta nell’importo di € 10.000,00 liquidato in via equitativa
2. La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 1480 del 3 marzo 2022, accoglieva il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE e riformava la sentenza del Tribunale. Riteneva che il giudice di primo grado avesse
erroneamente interpretato il principio dell’onere della prova e il principio di non contestazione incorrendo in errore nel ritenere ammissibile il deposito documentale effettuato dall’azienda.
Infatti, pur in mancanza di una formale opposizione da parte di RAGIONE_SOCIALE, il giudice avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il deposito, poiché i termini ex art. 183 c.p.c., aventi natura perentoria, erano scaduti ed era, quindi, precluso il deposito di documentazione. Inoltre, riteneva che l’RAGIONE_SOCIALE non avesse superato la presunzione di veridicità della contabilizzazione effettuata da RAGIONE_SOCIALE.
Propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi illustrati da memoria.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo, le ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113, 115, 116, 183 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nonché degli artt. 2730, 2733, 2734, 2739 e 2697 c.c. e dell’art. 26, commi 2 e 4, d.p.r. n. 633/1972, oltre che dell’art. 111 Cost, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.
Si dolgono dell’erroneità della sentenza là dove la c orte d’ appello ha ravvisato la tardività della produzione delle note di variazione avvenuta in primo grado, con il foglio di precisazione delle conclusioni, perché così statuendo avrebbe omesso di considerarne la loro funzionalità e necessarietà rispetto all’assunzione del giuramento decisorio.
Lamentano che la corte di merito ha omesso di: (i) esaminare il valore decisivo e risolutivo della dichiarazione confessoria resa da RAGIONE_SOCIALE con memoria del 9.01.2019, avendo ivi confermato l’emissione delle predette note e di aver azzerato il suo credito verso le appellanti; (ii) argomentare sulla mancata produzione, da parte dell’appellata, delle letture del contatore e del conguaglio
sulla base dei consumi effettivi, con conseguente assenza di prova dell’esistenza del credito vantato. Sotto questo profilo, la motivazione del giudice del gravame sarebbe meramente apparente.
5.2. Con il secondo motivo denunciano la violazione e/o falsa applicazione ancora degli artt. 113, 115, 116 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonché degli artt. 2730, 2733, 2734, 2739 e 2697 c.c., oltre che dell’art. 26, commi 2 e 4, d.p.r. n. 633/1972 e dell’art. 111 Cost. (art. 360, comma 1, nn. 3, 4, e 5, c.p.c.).
Lamentano la contraddittorietà ed apparenza della motivazione, in quanto frutto dell’erronea valutazione delle emergenze processuali e probatorie nonché la violazione della regola di ripartizione dell’onere della prova, del principio di non contestazione e della c.d. presunzione di veridicità della contabilizzazione.
Si dolgono che la corte di merito sia incorsa in un duplice errore: da un lato, non aver considerato come tempestiva la contestazione sulla certificazione dei consumi attribuita, da RAGIONE_SOCIALE, ad RAGIONE_SOCIALE, dedotta in primo grado con la terza memoria ex art. 183 c.p.c.; dall’altro lato, per aver ritenuto che fossero provate le letture rilevabili dal contatore, i consumi e le tariffe applicabili a fronte di una generica contestazione delle stesse opponenti e di dati non dimostrati dalla stessa RAGIONE_SOCIALE.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Va anzitutto osservato che le ricorrenti si limitano a elencare le norme di diritto pretesamente violate dalla decisione impugnata senza invero esaminarne il contenuto e confrontarlo con le statuizioni della sentenza, in contrasto con il principio consolidato in base al quale il vizio di violazione di legge non può come nella specie sostanziarsi nella mera indicazione delle norme asseritamente violate dal giudice di merito, ma, in ossequio all’onere di specificità dei motivi sancito dall’art. 366, comma 1, n.
4, c.p.c., ne deve esaminare il contenuto precettivo, confrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza di secondo grado, in modo da dimostrare come queste contrastano col precetto normativo (cfr. tra le tante, da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 4 marzo 2024, n. 5700; Cass. civ., Sez. II, Ord., 23 febbraio 2024, n. 4877; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14 febbraio 2024, n. 4145; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 12 gennaio 2024, n. 1346; Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 dicembre 2023, n. 35425; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 novembre 2023, n. 32483; Cass. civ. Sez. I, Ord., 12 luglio 2023, n. 19822).
Del resto, costituisce principio altrettanto consolidato quello per cui non è configurabile alcuna violazione né tantomeno falsa applicazione di legge, quando con la censura si denuncia, come pure avvenuto nel ricorso de quo , l ‘ asseritamente erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, perché in tal modo la doglianza si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo e applicativo della norma di diritto e, come tale, inerisce alla valutazione del giudice di merito, preclusa in questa sede (cfr. tra le molte, in motivazione, Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5436; Cass. civ., Sez. III, Ord., 16 febbraio 2024, n. 4291; Cass. civ., Sez. I, Ord., 16 gennaio 2023, n. 1015; Cass. civ., Sez. I, Ord., 17 novembre 2023, n. 31959; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 novembre 2022, n. 35041, Cass. civ., Sez. I, Ord., 17 novembre 2022, n. 33961).
Non risultano altresì distinte, con specifiche argomentazioni, le ipotesi di omesso esame di fatti decisivi da quelle di nullità della sentenza per assenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, dalla sua illogicità e contraddittorietà.
In particolare, quanto alle prime, il vizio di cui al n. 5, nella sua attuale formulazione, presuppone la sussistenza di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, non considerato dal giudice del gravame.
Ebbene, la giurisprudenza di questa Corte, con indirizzo ormai unanime, ha chiarito come non rientrano nella nozione di fatto: (a) le argomentazioni o deduzioni difensive; (b) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti; (c) una moltitudine di fatti e circostanze o il vario insieme dei materiali di causa (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5375; Cass. civ., Sez. V, Ord., 23 febbraio 2024, n. 4942; Cass. civ., Sez. III, Ord., 15 febbraio 2024, n. 4163; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 22 gennaio 2024, n. 2226; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14 dicembre 2023, n. 35106).
Nel caso in esame le censure svolte dalle ricorrenti -riguardanti l’asserita dichiarazione confessoria di RAGIONE_SOCIALE, la mancata produzione delle letture del contatore e del conguaglio, la tardiva contestazione della certificazione dei consumi e l’avere ritenuto provate dette letture, come pure i consumi e le tariffe applicabili- non integrano quei fatti richiesti dal n. 5, nei termini chiariti dalla giurisprudenza appena illustrata. Questo perché, in realtà, riguardano le valutazioni istruttorie compiute dal giudice del gravame che, però, in quanto attengono l’accertamento di merito, non possono essere oggetto di doglianze in questa sede.
D’altronde, nemmeno è configurabile nella fattispecie, con riferimento al vizio di cui al n. 4, un’omessa pronuncia o una motivazione illogica, apparente e contraddittoria, attenendo le relative doglianze, nella sostanza, a profili di mero fatto che, ancora una volta, tendono a suscitare nella Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello. Ma l’accertamento dei fatti, così come l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, è attività riservata al giudice del merito, al quale compete non solo la valutazione delle prove, ma anche la scelta di quelle ritenute più idonee a dimostrare
la veridicità dei fatti ad esse sottesi. Scelta anch’essa insindacabile in sede di legittimità (v. Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5375; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 19 febbraio 2024, n. 4370; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 30 gennaio 2024, n. 2745; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 gennaio 2024, n. 2009; Cass. civ., Sez. III, Ord., 29 dicembre 2023, n. 36393; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 dicembre 2023, n. 35375; Cass. civ., Sez. I, Ord., 6 novembre 2023, n. 30878).
Quanto sopra, pertanto, impedisce a questa Corte di riesaminare e valutare autonomamente il merito della controversia de qua, evidenziando, nell’ambito dei suoi poteri di controllo, sotto il profilo logico-formale, la correttezza giuridica della valutazione compiuta dal giudice del merito.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 12 marzo 2024.
Il Presidente NOME COGNOME